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Kataweb News;
Luglio 2007
News di
Kataweb (Gruppo L'Espresso)
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"A proposito di OGM"
Pubblichiamo l'ntervista al prof. Adolfo Panfili fatta da
Kataweb, che ci sembra offrire una buona panoramica sul
problema. |
Per avere il parere di un eminente scienziato
sulle biotecnologie e sull’applicazione degli organismi
geneticamente modificati in agricoltura abbiamo incontrato il prof.
Adolfo Panfili: del Dipartimento di Scienze Biomediche
dell’Università degli Studi di Siena, Specialista in Ortpedia e
Traumatologia presso l’Universita’ Cattolica, co-fondatore della
Rivista Medica Italiana, fondatore e Presidente Onorario
dell’Associazione Internazionale di Medicina Ortomolecolare (su
volere del premio Nobel Linus Pauling e’ stato il primo ad aver
introdotto in Europa ed Italia la Medicina Ortomolecolare), Tutor
per l’omeopatia e l’agopuntura presso riconosciuto dalla CEE ed
autore di molti libri tra i quali "Ogm e clonazione: la bomba e’ nel
piatto".
Professore, quali, se esistono, i vantaggi reali dell’introduzione
degli Organismi geneticamente modificati in agricoltura?
Di vantaggi in agricoltura si potrà parlare solo dopo aver eseguito
studi che consentano realmente di valutarne l’incidenza. Già per ora
il Nuovo Rapporto della Monsanto è quantomeno sconcertantere ed
eloquente piuttosto del contrario. Infatti nuove analisi condotte
sulla soia transgenica "Roundup Ready" evidenziano profonde
alterazioni genetiche nella soia OGM prodotta da questa
multinazionale. Ciò assume ancor più fosche tinte se solo si osserva
che dei 10 milioni di soia importati nel ns paese, un buon 40 % del
totale (qualcuno afferma l’80%) è costituito da soia transgenica
come ha affermato il 6 Febbraio 2001 nel corso di una conferenza
Stampa il collega Prof. Gianni Tamino del Comitato Nazionale
Biosicurezza e Biotecnologie.
Inoltre il 18 maggio 2000: i responsabili della multinazionale
Monsanto hanno convocato un incontro con i rappresentanti
dell’autorità di controllo britannica "Advisory Committee on Novel
Food and Processes (acnfp)" allo scopo di chiarire alcuni aspetti
relativi alla soia geneticamente modificata "Roundup Ready", di cui
la Gran Bretagna è stata la nazione referente in Europa per le prove
sperimentali.
Nel corso dell’incontro è emersa una scioccante rivelazione, infatti
i responsabili della Monsanto hanno comunicato all’ACNFP di aver
riscontrato, dopo ulteriori analisi sulla soia "Roundup Ready", due
sequenze genetiche nuove e impreviste rispetto a quanto descritto
nel 1996 nella notifica autorizzativa per la commercializzazione.
Ulteriori analisi di Southern blot (il DNA frammentario viene
fissato su di un supporto solido) e successivo clonaggio e
sequenziamento hanno evidenziato la presenza di un nuovo inserto
genetico composto da 937 paia di basi e con 72 paia di basi di
omologia con il gene CP4-EPSPS (gene inserito nella soia per la
tolleranza all’erbicida glufosinato)
Il sequenziamento delle regioni fiancheggianti l’inserto principale
ha evidenziato la presenza di un frammento genetico di 250 paia di
basi del CP4-EPSPS all’estremità 3 dell’inserto.
Le due sequenze generiche nuove e impreviste sono state analizzate
per quanto riguarda le proteine eventualmente espresse (ogni gene
contiene infatti l’informazione per sintetizzare una proteina), ma
la tecnica di Northern blot (tecnica per isolare l’RNA, cioè il
passaggio intermedio tra DNA e proteina espressa) non è stata in
grado di rilevarle. A questo proposito Monsanto ipotizza che, in
base alla loro composizione, queste sequenze geniche siano
impossibilitate a sintetizzare proteine.
Resta tuttavia inspiegabile il motivo che ha indotto Monsanto a non
analizzare l’espressione proteica delle nuove sequenze utilizzando
tecniche molto più sensibili come la RT-PCR o l’RNA se protection.
L’instabilità genetica riscontrata è forse una prevedibile
manifestazione di flusso genetico? Ciò di cui si ha invece certezza,
per stessa ammissione del rapporto di Monsanto, è che l’assetto
genetico della Soia Roundup autorizzata non corrisponde più a quello
della Soia Roundup attualmente commercializzata.
E questa documentazione ancora non esiste?
Non esiste uno studio scientifico in grado di provare l’efficacia
degli Organismi Geneticamente Modificati in agricoltura. Anzi: le
linee transgeniche sono per natura instabili infatti:
· la tecnica della coltura tissutale introduce di per sé nuove
variazioni genetiche con un’altra frequenza (fenomeno come
variazioni somaclonali). Questo molto probabilmente perché le
cellule sono rimosse dall’ambiente fisiologico interno della pianta
il quale, insieme all’ambiente ecologico, mantiene stabili
l’espressione genica, la struttura del geni e il genoma nelle
cellule e nell’organismo nel suo insieme. Unilever ha utilizzato
tecniche di coltura tissutale per rigenerare la palma da olio da
piantare in Malesia molti anni fa: l’esperimento è stato
abbandonato, perché molte piante sono morte o non hanno prodotto
fiori.
· il processo di inserzione genica è casuale, cosa che può causare
molti effetti genetici collaterali.
· il DNA estraneo integrato nel genoma degli organismi transgenici
altera la strutura dei suoi cromosomi e può innescare nuovi
arrangiamento cromosomici, influenzando ulteriormente la funzione
genica.
· il vettore integrato che contiene il transgene e il gene marcatore
ha il potenziale per fuoriuscire nuovamente e per inserirsi in
un’altra posizione, provocando ulteriori alterazioni genetiche.
· il forte carattere a mosaico della maggior parte dei costrutti
vettoriali li rende strutturalmente instabili e inclini a
ricombinarsi. Questo potrebbe essere il motivo per cui le piante
transgeniche resistenti al virus generano virus ricombinanti più
facilmente delle piante transgeniche.
· l’uso di promotori aggressivi, spesso tratti da virus per
aumentare l’espressione dei transgeni provoca stress, sbilancia il
sistema fisiologico e potrebbe di conseguenza, contribuire
all’instabilità.
· tutte le cellule possiedono meccanismi che inattivano e facilitano
i geni estranei. Un comune meccanismo è la metilazione (reazione
chimica che aggiunge un gruppo metilico alla base adenina e citosina
del DNA) che blocca l’espressione del gene.
La resistenza spesso coinvolge ipermutazioni o amplificazioni dei
geni che codificano per gli enzimi in grado di detossificare le
sostanze chimiche, e far parte dei meccanismi del "genoma fludio"
che si riscontrano in tutte le cellule esposte a sostanze tossiche.
La tolleranza al glufosinato si può indurre facilmente nelle linee
cellulari vegetali esposte agli erbicidi, e coinvolge amplificazioni
di geni detossificanti. Allo stesso modo, le piante transgeniche
tolleranti agli erbicidi affretteranno il processo di diffusione di
tolleranza agli erbicidi fra le piante infestanti, ancge in assenza
di impollinazione incrociata.
E la resistenza degli Ogm ai pesticidi e alle pesti?
Questo non e’ confermato, anzi tutt’altro. E poi in che arco di
tempo riusciamo a mantenere un vantaggio? Le biotecnologie devono
poter usufruire di un concetto di sicurezza, deve esserci un
contenimento dei fattori di rischio, anche ambientali. Bisogna
vedere anche che livello di educazione e di sensibilizzazione c’e’
negli utilizzatori di questa metodica. A me sembra che si stiano
veramente precorrendo i tempi.
Ci sono danni gia’ conosciuti legati alla distribuzione di Ogm in
campo aperto. E’ gia’ certo, per esempio, che un campo transgenico,
tramite il polline, inquina i campi "naturali" vicini. Che ne pensa?
Si’, e’ vero. Esiste un’induzione, una migrazione della semente che
puo’essere inquinante ed inquinata. Inquinante nel senso che puo’
andare ad attivare delle derivazioni genetiche ulteriori, superiori
di quella della semente gia’ biologicamente modificata. Ma possono
nascere anche altri cloni dei quali noi non sappiamo il reale
comportamento a distanza. Percio’ stiamo giocando veramente Alla
roulette russa con il tamburo del revolver completamente carico.
C’e’anche un problema legato alla biodiversita’?
Glia Americani sono uno splendido popolo che a scelto di
standardizzare ahimè la loro qualità di vita. Guardate i loro
shopping centre, i loro alberghi, i loro campi da golf o di
football, i loro grattacieli, persino la loro scrittura è
standardizzata. Anche nei lineamenti hanno finito per
assomigliarsi….la biodiversità per loro è un controsenso scomodo
commercialmente da gestire, nell’era del franchising totale.
Nel mondo dell’industria e del commercio la produzione materiale ha
cominciato ad offuscare quella culturale. Le multinazionali dei
media stanno impiegando la rivoluzione digitale nelle comunicazioni
allo scopo di connettere il mondo e, nel farlo, spingono
inesorabilmente la sfera economica nel dominio di quella economica,
dove tutto viene mercificato sotto forma di esperienza culturale,
spettacoli commerciali di massa, intrattenimento individuale e
magari contrabbandato per "Scienza".
Il passaggio dalla vecchia economia alla nuova è in corso da tempo e
la mercificazione della cultura porta con sé un cambiamento
fondamentale nella natura dell’occupazione. Nel XXI secolo, una
quota sempre più consistente di lavoro umano, fisico ed
intellettuale, dalle mansioni manuali ripetitive alle più
sofisticate attività professionali, sarà svolta da macchine
pensanti. Forse nel 2050 , basterà il 5% della popolazione adulta
per gestire e far funzionare i settori produttivi tradizionali. Le
nuove opportunità di occupazione si avranno, per la maggior parte,
nelle attività culturali remunerate al servizio della sfera
economica. E’ questo il caso delle sementi
Molte di queste sementi, come per esempio la semente "terminator",
prevede la semplificazione di alcune biotipologie – come i tipi di
riso- che perdono la caratteristica di biodiversita’ che ha
consentito l’evoluzione della razza umana. Monoibridandole, creando
un basso indice di biodiversita’, diminuiamo la chance di
ricombinazione a livello genico oltre che delle sementi stesse anche
di chi utilizza queste sementi. Ricordiamoci che la forza di una
razza, sia nell’ambito del mondo animale sia di quello vegetale, e’
insita nella diversita’. L’endogamia (matrimonio tra consaguinei,
sia nel mondo vegetale che animale) porta rapidamente
all’indebolimento prima ed alla scomparsa della specie in questione
in base al Principio Darwiniano della "sopravvivena del più adatto"
(The survival of the fittest, nda).
E’ necessario pertanto mantenere e proteggere l’eterogeneità e
mantenere un sistema aperto in entrata e in uscita per garantire la
vita e la sua qualità.
Dietro alle biotecnologie c’e’ un business enorme.
L’India, secondo paese al mondo per popolazione, con grande atto di
forza ha proibito l’uso della tecnologia Terminator concepita da
Melvin Oliver del Dipartimento dell’Agricoltura Americano (USDA)
concepita per impedire all’agricoltore di riutilizzare le sementi
costringendoli a pagare ogni anno l’accesso a sementi che un tempo
essi stessi producevano e riutilizzavano per anni ed anni dopo
l’acquisto iniziale.
Per milioni di coltivatori, la cui sopravvivenza è legata ai semi
che riescono ad accumulare e scambiare con i vicini, in un commercio
informale e sotterraneo, dover negoziare con le multinazionali delle
bioscienze un accesso alle sementi limitato ad un unico ciclo
produttivo, potrebbe significare un passo verso lo sfacelo. Pensate
al rischio di guerre, sommosse civili e catastrofi naturali di ogni
genere, in situazioni di questa portata, le scorte di sementi
possono essere distrutte e non rese disponibili e se gli agricoltori
non possono seminare quello che raccolgono e sono completamente
dipendenti da questo sistema, si aprono le porte alle possibilità di
carestie e denutrizione….e questo solo per il business di poche
multinazionali.
La biotecnologia degli OGM riguarda la Scienza della Nutrizione,
pilastro fondamentale di qualsiasi branca medica e come tale non può
essere gestita solo da strutture commerciali che giustificano solo
dei targets eminentemente economici di guadagno. Sicuramente gli Ogm
potrebbero essere un business estremamente conveniente, ma a che
prezzo?
Creare la dipendenza di popolazioni orientali nei confronti degli
USA per l’acquisto di sementi Terminator a chi giova?
Colonizzare l’Oriente trasformandolo in un cliente delle
multinazionali occidentali?
Sembra un incubo riuscito, cerchiamo ora, se è ancora possibile di
svegliarci e di recuperare il senso comune delle cose.
Chi sperimenta e chi produce rappresentano grandezze non univoche.
Così come patate e fragole non sono uguali e tali devono restare,
altrettanto scienza e commercio dovrebbero restare distinte. Secondo
il Principio Fondamentale dell’Indeterminazione della Meccanica
Quantistica di Werner Heisenberg che ammonisce che è il processo
stesso di misurazione perturba il sistema osservato, pertanto "ogni
volta che uno scienziato viene condizionato nella sua osservazione"
da qualcosa o da qualcuno….l’esperimento dal suo punto di vista,
perde di scientificita’, perché inficiato dalle aspettative di chi
"tifa" in maniera più o meno spudorata perché lo svolgimento
dell’evento stesso segua tappe già preordinate e prevedibili.
Anche se nel mondo macroscopico degli interessi commerciali questo
principio sembra avere un’influenza trascurabile, l’introduzione di
valori d’incertezza minimi nelle misure rendono gli eventi
fisicamente osservabili parziali ed incompleti essendo tutte le
teorie plausibili solo a livello statistico..e la statistica è
risaputo studia i fenomeni collettivi di qualunque genere servendosi
di metodi matematici fondati sul calcolo delle probabilità e nella
scienza ora come non mai c’è bisogno di più certezze, le probabilità
sembrano non essere più sufficienti in questa New Economy.
Gli scienziati dovrebbero ottenere risultati scientificamente
riproducibili, obiettivi e coerenti indipendentemente da chi finanza
le loro imprese e a dispetto delle loro aspettative.
Ciò non dovrebbe stupire più di tanto se si considera che più
dell’80% della Ricerca Scientifica moderna è finanziato dalle
multinazionali. Ciò significa che la ricerca scientifica è posseduta
dalle multinazionali stesse, che "tifano" affinchè i loro
esperimenti scientifici confermino le loro aspettative commerciali,
ecco perché la Scienza è più florida negli USA, più che in ogni
altro L’Italia è un paese essenzialmente unico nel quale la
biodiversità nel corso di secoli e millenni ha contribuito a
renderlo prezioso ed inimitabile . Pensate al Parmigiano Reggiano,
al Chianti, al Brunello di Montalcino, alla dieta mediterranea, ecc.
Tutti questi gioielli spariranno come per sortilegio improvviso se i
nostri cugini "impazziti" continueranno a clonarci anche l’anima..
E’ vero che essere scienziati in Italia e’ cosi’ difficile?
Ribalterei la proposizione affermando piuttosto che "fare Scienza
serenamente" oggi è paradossalmente più difficile in sistemi ove la
redittività commerciale premia più del risultato obiettivo finale
creando i presupposti della realizzazione di una scienza
consumistica e non del consumismo della scienza, che dovrebbe
sottendere al perseguimento di una scienza votata a migliorare la
qualità della vita asservendosi alle vere necessità umane e non il
portafoglio degli appaltatori commerciali.In Italia esistono
possibilità a tutt’oggi inespresse, ma nutro profonda fiducia nelle
capacità degli italiani come popolo che ha fatto della biodiversità
il suo emblema, la sua cultura, la sua realtà veramente unica.
Mio nonno paterno mio omonimo, che fu Direttore del Ministero
dell’Agricoltura e Foreste molti decenni orsono soleva rispondere a
chi gli chiedeva quale fosse la malattia più grave per l’Umanità:
"la Cretinaggine! Infatti un cretino rimane un cretino sia che lo si
trasporti al Polo Nord o al Tropico del Cancro". Penso che per gli
scienziati possa valere lo stesso principio (non quello della
cretineria, ovviamente) ma piuttosto il concetto che se ami fare
qualche cosa sia essa Scienza o vendere i giornali ai semafori,
l’importante è farlo bene e…divertendosi e dando il meglio di sè.
E poi forse più che di un problema di carenza di fondi (che comunque
e’ un problema reale), sarebbe più giusto parlare di una carenza di
vocazioni a fare una scienza meno opulenta ed un po’ più francescana
a prescindere da ubicazioni topografiche che diciamocelo pure sono
sempre piuttosto relative..
Forse a volte non si fa qualche ricerca perche’ e’ "scomodo" farla e
si sceglie di farne un’altra solo perché è più ben remunerata.
Comunque non si può generalizzare perché esistono scienziati che
hanno scelto di costruire qui il loro santuario interiore
infischiandosene dei blasoni. Anche qui vale il socratico concetto
del "Suino felix o del filosofo scontento.." per quale retaggio
decidiamo di propendere?
L’Italia non un posto dal quale fuggire, ma uno splendido paese dove
scegliere di restare per ricostruire ciò che i nostri avi dall’epoca
di Augusto avevano intrapreso rendendoci un faro di luce
risplendente per l’umanità intera.
Firmerebbe l’appello di 885 scienziati che, richiamando il
"Principio di Precauzione", appoggiano la posizione assunta dal
Ministro Pecoraro Scanio?
Più che della mia modesta ed insignificante firma di medico credo
che il Ministro abbia bisogno di ritrovare un po’ di fiducia in se
stesso e nella classe degli scienziati illuminati che possono meglio
di chiunque altro aiutarlo nella diffusione della presa di coscienza
e consapevolezza scientifica di un popolo, quello italiano che vuole
sapere e conoscere per poter rendere l’Italia ed il mondo intero un
posto più ospitale per tutti. Ripeto, se c’e’ un contatto diretto
tra il finanziatore e l’esecutore dello studio, noi contravveniamo
il primo principio della scienza. Il Principio di Precauzione, non
può prescindere dal creare una consapevolezza comune che renda ogni
singolo individuo parte integrante del tutto come nell’Apologo di
Menenio Agrippa al popolo romano.
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