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 Menopausa

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Per molte donne in menopausa si apre un periodo di incertezza. Dopo aver ricevuto per decenni assicurazioni sulla opportunità di ricorrere alla terapia ormonale sostitutiva per alleviare i disturbi della mezz'età, ieri le donne hanno ricevuto una doccia fredda: il governo americano fa marcia indietro, ferma uno studio che stava conducendo sui benefici degli ormoni e consiglia alle pazienti che ne facevano parte come volontarie di interrompere l'assunzione del farmaco. Gli scienziati che gestivano lo studio per conto del governo, hanno spiegato: «Il nostro messaggio è chiaro: la terapia a base di estrogeno e progestinico non dovrebbe essere seguita per periodi di tempo prolungati, poiché genera più rischi che benefici».


Lo studio, noto nel mondo medico con il titolo di Women's Health Initiative (Iniziativa per la salute delle donne), era stato inaugurato otto anni fa, allo scopo appunto di determinare se davvero le terapie ormonali avessero la capacità di proteggere il cuore, prevenire l'osteoporosi, migliorare la salute in generale, oltre che a risparmiare alla donna i più comuni disturbi della menopausa, come le vampe di calore, l'emotività, l'ansia, l'insonnia, la sudorazione, le palpitazioni. Per lo studio, il più grande mai inaugurato dal governo Usa sulla salute femminile, erano state arruolate 16 mila e 608 volontarie. A metà di costoro è stata data una pillola del composto di estrogeno e progestina, all'altra metà una pasticca di zucchero. Lo studio doveva concludersi nel marzo del 2005. Invece gli scienziati lo hanno fermato con tre anni di anticipo, perché i dati dimostravano che l'assunzione del composto ormonale aumentava del 41 per cento il rischio di ictus, del 29 per quento quello di infarto e del 24 per cento quello di cancro al seno. Unico dato confortante: una riduzione di un terzo del cancro al colon e delle fratture del bacino, «ma questi due rischi - hanno sottolineano i medici - possono essere comunque fortemente diminuiti con altre medicazioni o con un diverso stile di vita».
Una delle autrici dello studio, la dottoressa Suzanne Fletcher, della Harvard Medical School consiglia senz'altro una rivalutazione da parte dei ginecologi: «Noi raccomandiamo ai medici di non prescrivere più questa combinazione ormonale per periodi di tempo prolungati».
Per l'appunto, la terapia ormonale è stata finora raccomandata soprattutto come cura a lungo termine. Intorno al commercio di queste pillole girano interessi di miliardi di dollari. Negli Stati Uniti numerose campagne pubblicitarie in tv e sulla stampa hanno trasmesso un messaggio di benessere, giovinezza, salute per le donne in terapia ormonale. Ultimamente la campagna ha avuto i volti della cantante Patti La Belle e della attrice e modella Lauren Hutton. Sei milioni di donne usano la terapia combinata estrogeno-progestinico, cioè il 38 per cento delle americane in menopausa. Ed è proprio l'alto numero di donne che ne fanno uso, e il timore di registrare una impennata nei casi nazionali di infarto, ictus e cancro al seno, che ha convinto i medici a interrompere lo studio e a rendere note le proprie preoccupazioni.
Le case farmaceutiche hanno risposto ieri sottolineando che il risultato dello studio è già riassunto nei foglietti di istruzione delle medicine, e hanno rinnovato l'invito a tutte le pazienti a discutere il proprio caso con il medico di fiducia. Lo stesso studio peraltro conferma l'efficacia e la validità della terapia per periodi brevi per i classici disturbi della menopausa.

 

La soia aiuta a prevenire la menopausa

Le proprietà della soia recentemente emerse sono: l'attività antiosteoporotica; l'attività regolarizzante il ciclo mestruale e anti-menopausa; l'attività anabolizzante e antagonista sul catabolismo tissutale della terza età. Oltre alle proteine molto ben studiate e con rilevanti attività biologiche, fra cui quelle di attivare i recettori delle lipoproteine LDL, che eliminano il colesterolo aterogeno e determinano ipocolesterolemia, la soia contiene altri componenti di grande interesse. Fra questi gli isoflavoni genisteina e daidzeina, sostanze ad attività ormonica di tipo estrogenico/antiestrogenico, responsabili di importanti attività sul ciclo mestruale e la menopausa. Secondo il dr. Setchell, l'elevato contenuto di isoflavoni nella dieta delle donne orientali promuove una menopausa più tardiva e minori disturbi in post-menopausa.

Fra i dati di questi ultimi tempi, forse quello più significativo è fornito dal prof. Arjmandi di Chicago, che ha dimostrato come la somministrazione di proteine di soia (non è chiaro se l'effetto sia legato alle proteine o ad altre componenti) abbia un potente effetto antiosteoporotico sugli animali da laboratorio anziani. L'effetto è per lo meno pari a quello che si riscontra con la somministrazione di ormoni estrogeni nella donna.
La miniera "farmacologica" della soia non si ferma qui. La soia contiene anche lecitina, utile complemento dietetico per rifornire di acetilcolina le cellule cerebrali. Nei programmi di prevenzione/riabilitazione dei deficit conoscitivi nell'anziano, la somministrazione di lecitina, talora in quantità elevate, può fornire in alcuni casi risultati apprezzabili.

La soia contiene ancora fibre, in parte idrosolubili, ad elevate potenzialità. Le fibre della soia sono utili come supporto al trattamento del diabete o delle iperlipidemie e, in alcuni casi, possono migliorare la funzione intestinale.
Infine le proteine di soia costituiscono un importante supporto dietetico sia per migliorare la funzione dei muscoli sia anche per vivere più a lungo. La soia ha uno dei più alti contenuti proteici in campo alimentare (40-50%); pertanto è più facile usare la soia, rispetto alla classica bistecca (che contiene solo il 20% di proteine), per ottenere una dieta iperproteica, utile a chi vuole sviluppare i muscoli. Le proteine di soia contengono una quantità ridotta di aminoacidi solforati (cisteina-metionina) rispetto alle proteine animali, ma superano i cereali in contenuto di lisina; pertanto è opportuno associare la dieta di proteine di soia a riso e grano, assai ricchi in cisteina.
In aggiunta, la dieta di soia può esercitare un'importante azione anti-vecchiaia, contrastando il calo di funzione renale tipico dell'invecchiamento; si ha così una migliore funzione depuratrice dell'organismo, con minore accumulo di scorie. A questa particolare tollerabilità delle proteine di soia da parte del tessuto renale, si associa anche un'ottima tollerabilità a livello gastrico, dove le proteine di soia inducono una minore acidità e possono essere di complemento alla terapia dell'ulcera.

Queste azioni protettive delle proteine vegetali, in particolare delle proteine della soia, ne hanno suggerito anche la possibile valutazione in campo di prevenzione dei tumori. Numerosi dati sperimentali, suffragano l'ipotesi che questo tipo di trattamento dietetico possa ritardare la comparsa di tumori assai frequenti: il cancro mammario, del colon ed anche il cancro polmonare. Nelle aree del mondo dove la soia è la principale fonte alimentare di proteine, l'infarto miocardico è pressoché sconosciuto, ma anche l'incidenza di tumori è assai ridotta rispetto al mondo occidentale.


Secondo il Prof. Iritani di Osaka, infine, le proteine di soia sopprimono gli enzimi lipogenici del tessuto adiposo nell'animale obeso, prevenendo in questo modo l'ingrassamento.

La dieta di soia offre quindi grandi prospettive non solo nel trattamento del malato, ma anche nella medicina preventiva della persona sana. Le proteine di soia insomma hanno raggiunto i vertici mondiali dell'attenzione scientifica dopo che uno studio di meta-analisi, condotto nell'Università del Kentucky dal Prof. James Anderson, ha confermato che questo tipo di trattamento dietetico è in grado di ridurre il colesterolo quanto e in certi casi più dei farmaci. Si tratta di una conferma di studi in gran parte italiani che datano ormai quasi 20 anni.

 

 

 

 

 Prevenzione delle fratture da Osteoporosi

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Il 20% della fascia di donne di  età compresa tra i 60 ed i 70 anni  è affetto da osteoporosi. Tali percentuali tendono ad innalzarsi  fino al 45-75% nelle decadi successive. Annualmente in Italia si verificano circa 40,000 fratture dei femore, 70.000 fratture dei polso e se ne stimano 80.000 vertebrali, A Verona in particolare si verificano circa 500 fratture di femore imputabili alla patologia osteoporotica e circa il doppio sono stimate quelle vertebrali, spesso misconosciute,

I costi socio-economici delle fratture da osteoporosi sono enormi, basti pensare alle spese per l'ospedalizzazione, la riabilitazione e l'assistenza socio-sanitaria per le complicanze e le disabilità conseguenti. La frattura di femore, ad esempio, causa il numero maggiore di giorni di degenza ospedaliera, rispetto a diverse altre importanti patologie tipiche dell'anziano quali l'infarto miocardio, il diabete mellito e le patologie respiratorie. li solo costo annuale di ospedalizzazione per frattura di femore in Italia è stimato nell'ordine dei 1.000 miliardi. Nel 1998 al Parlamento europeo è stato posto in evidenza che più di 500.000 posti letto ospedalieri sono normalmente occupati da pazienti osteoporotici, per una spesa annua di 3.500 milioni di Ecu, cifre che potrebbero raddoppiare nei prossimi 50 anni. Il problema, tipico dell'età senile, è destinato ad aggravarsi per il progressivo innalzamento dell'età media e quindi per l'invecchiamento della popolazione. Nel mondo tra cinquant'anni il numero di persone con più di 65 anni passerà dagli attuali 340 ai 1.550 milioni. Il nostro Paese è al momento l'unico in cui il numero degli ultrassessantacinquenni ha superato quello dei giovani sotto i 15 anni. Verona non fa eccezione e nel 2009 gli ultrassessantenni rappresenteranno il 30% della sua popolazione. Se nel 1950 c'era un ottantenne ogni 92 persone, oggi ne troviamo uno ogni 27 e nel vicino 2004 ve ne sarà uno ogni 10 persone. Sulla base di questo progressivo invecchiamento della nostra popolazione è facile prevedere chevi sarà un drammatico aumento della patologia osteoporotica e delle fratture conseguenti. È necessario pertanto pensare ad interventi preventivi generalizzati a livello territoriale.  

 

Fratture osteoporotiche e deficit di vitamina D

 

L'incremento dell'apporto di calcio negli anziani riveste un ruolo importante nella prevenzione dell'osteoporosi, ma risulta anche evidente che un adeguato rilievo debba essere dato all'assunzione di vitamina D. Questa vitamina è necessaria non solo per lo sviluppo osseo e la crescita dei bambini, ma anche per il mantenimento dell'integrità del tessuto osseo negli adulti. In particolare, una carenza di vitamina D rappresenta un fattore di rischio per fragilità scheletrica negli anziani e per le fratture ossee osteoporotiche, specie di femore. La vitamina D stimola infatti l'assorbimento intestinale di calcio, aumentando i I beneficio di una dieta ricca di calcio, rallenta la perdita ossea, favorisce la mineralizzazione scheletrica e forse anche la neoformazione ossea. Uno stato carenziale di vitamina D provoca difetti di mineralizzazione ossea e favorisce od aggrava condizioni di osteoporosi, anche tramite l'aumento compensativo dei livelli ematici dell'ormone paratiroideo che, a sua volta, stimola il riassorbimento e la perdita di massa ossea. Uinsufficienza di vitamina D è stata correlata anche a deficit muscolari e dell'equilibrio, la cui correzione potrebbe ridurre il rischio di cadute e quindi anche di fratture, specie negli anziani.

L'organismo umano dispone di vitamina D attraverso due fonti: la produzione cutanea, stimolata dall'esposizione solare, e l'alimentazione, il cui contributo è tuttavia limitato ai prodotti lattiero-caseari, alle uova ed al pesce. In alcuni Paesi (Usa e soprattutto del Nord Europa) taluni prodotti lattiero-caseari, cereali ed alimenti per l'infanzia sono addizionati di vitamina D. Lipovitaminosi D è relativamente rara in soggetti giovani e riconducibile o a gravi carenze dietetiche o a malattie renali od epatiche croniche, malassorbimento intestinale o all'uso di alcuni farmaci (fenitoina, carbamazepina e rifampicina).

Gli stati carenziali di vitamina D sono invece molto frequenti tra gli anziani. Oltre ad una riduzione della capacità di sintesi cutanea della vitamina D, l'invecchiamento s'accompagna spesso ad una riduzione dell'esposízione alla luce solare, a minore assunzione alimentare di vitamina D e a diminuzione del suo assorbimento intestinale. È stato dimostrato che la correzione con vitamina D di una concentrazione sierica anche leggermente ridotta e la contemporanea somministrazione di calcio riduce in misura sostanziale il rischio di fratture osteoporotiche e di fratture dell'anca, in particolare negli anziani.

La supplementazione vitaminica D deve dunque rappresentare un passo obbligato e preliminare in qualsiasi strategia di prevenzione delle fratture osteoporotiche nelle persone anziane. Ciò vale anche per la prevenzione secondaria poiché è stato dimostrato che in pazienti con femore fratturate, l'apporto immediato di vitamina D e la conseguente soppressione del l'iperparatiroidismo possono facilitare il processo riiparativo della frattura, la osteo- sintesi dell'eventuale protesi e la riduzione del rischio successivo di nuove fratture. Sono raccomandati apporti supplementari di vitamina D rispettivamente di 400 Ul/die in soggetti di età compresa tra 51 e 70 anni e di 600 UI/die in coloro che hanno superato i 70 anni. Per attenuare la perdita di massa ossea, in particolare durante i mesi invernali, e ridurre le fratture possono rendersi necessari quantitativi maggiori di vitamina D, in genere 800-1.000 UI/die. La somministrazione settimanale, mensile od annuale di boli di vitamina D potrebbe rappresentare un'alternativa nella prevenzione dell'ipovitaminosi D, essendo stati riportati effetti analoghi alla somministrazione di dosi equivalenti giornaliere. L’intervallo terapeutico della vitamina D è molto ampio, Dosi di vitamina D pari a 2.000 Ul/die sono perfettamente tollerate anche in persone con un ottimale apporto di questa vitamina.

I dati epidemiologici e le informazioni fisiopatologiche e cliniche sull'importanza di un adeguato apporto di vitamina D negli anziani contrastano con i numerosi studi effettuati sia in Italia che in altri Paesi che documentano ancora un'elevata prevalenza di ipovítaminosi D, specie nei mesi invernali. Questa carenza è più frequente nei Paesi mediterranei ed in particolare in Italia, probabilmente per l'erronea presunzione che le condizioni climatiche ci esentino da questo problema.

Un'indagine epidemiologica osservazionale condotta a Verona presso l'Azienda ospedaliera, dell' Ulss 20, dell'Università e della Regione Veneto, finalizzata allo studio del problema  della prevenzione dell'ipovitaminosi negli anziani, ha documentato: in donne ultrasessantacinquenni afferenti ad un centro per lo screening dell'osteoporosi nei mesi invernali un deficit di vitamina D nel 60% dei casi, percentuale che scendeva mediamente al 35% nei mesi primaverili ed autunnali ed al 20% nei mesi estivi. La prevalenza di ipovitaminosi D nei mesi invernali superava il 70% in particolare nelle donne ultrasettantenni; le donne con deficit di vitamina D, a parità delle altre covariabili, avevano un densità minerale ossea femorale significativamente inferiore rispetto alle pazienti senza ipovitaminosiD; nei soggetti con ipovitaminosi D sono stati osservate alterazioni bioumorali indicanti una condizione di accellerata perdita minerale ossea. Quadri laboratoristici suggestivi di concomitante osteomalacia si sono osservati nel 5% delle pazienti.

Questi dati confermavano l'opportunità di approccio preventivo globale con vitamina D in tutta la popolazione anziana femminile, a co~ sti accettabili ed almeno nei mesi invernali. L'intervento preventivo è consistito nel proporre nei mesi invernali, specie in occasione della vaccinazione antiinfluenzale, la somministrazione di un bolo di vitamina D (1 fiala per os di 400.000 111) in tutti i distretti sanitari a tutte le donne ultrasessantacinquenni per le quali non vi fossero controindicazioni e che non fossero già in trattamento con vitamina D o suoi metaboliti. Contemporaneamente è stato diffuso uno specifico manuale di educazione igienico-alimentare e si sono inoltre avviate iniziative d'informazione e sensibilizzazione dei medici di base, molti dei quali hanno autonomamente provveduto alla somministrazione di vitamina D nelle loro pazienti a rischio.

Sono state sinora trattate 5.500 donne anziane, In un campione di queste è stato osservato che i livelli di vitamina D circolante aumentava a distanza di 2 settimane da 11 a 19 ng/ml (valori normali) 15-100 ng/ml), confermando l'assoluta sicurezza del dosaggio proposto, in un campione più vasto di questa stessa popolazione è stato inoltre osservato che una singola somministrazione di vitamina D associata ad un'ampia campagna di informazione, riduce l'incidenza di ipovitaminosi D dall'80 al 20%. Abbiamo stimato che circa l'80% delle pazienti trattate fosse presente un quadro di ipovitaminosi D latente o conclamata. Dai dati della letteratura è presumibile che in questi ultimi casi si assisterà ad un miglioramento sia del trofismo osseo che del rischio di cadere.

Questa esperienza indica la necessità e la possibilità in questo campo di interventi preventivi territoriali su larga scala ed a costi ridotti. I costi di questa profilassi dei deficit invernale di vitamina D sono intorno alle 3.000 lire per anziano/anno. Sulla base di dati epidemiologici e clinico-terapeutici è possibile prevedere una riduzione dell'incidenza di frattura di femore in soggetti anziani ad alto rischio (es. soggetti in case di riposo) dei 15%, dal 2, 1% all'1,8% con un "Number Needed to Treac (Nnt) di 320 ed un costo per frattura prevenuta di solo un milione. Se questo tipo di proiezioni saranno confermate dalla ricerca in corso risulterà che la somministrazione di un bolo annuale di vitamina D può rappresentare un intervento sulla popolazione anziana altamente vantaggioso anche in termini di rapporti costi/benefici.

 

 
 

 

 Arteriosclerosi

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L'omocisteina è un aminoacido solforato, intermedio metabolico nel  metabolismo della metionina a cisteina. La conversione dell'omocisteina a metionina (processo di rimetilazione) o la sua conversione a cisteina (transulfurazione) rappresentano le principali vie metaboliche in grado di mantenerne stabili i livelli intracellulari entro uno stretto range. Il suo rilascio controllato nel circolo ematico, d'altra parte, consente di misurarne le concentrazioni plasmatiche, che rappresentano un accurato indice dello stato dell' omocisteina tessutale (figura sotto).

 

Numerosi rilievi epidemiologici hanno evidenziato una correlazione fra incidenza di eventi clinici a genesi vascolare (trombosi venosa ed manifestazioni emboliche, maggiore incidenza di malattia aterosclerotica)  in diversi distretti (circolo coronarico, cerebrale e periferico) e livelli sierici di omocisteina.

Attualmente la presenza di elevati livelli plasmatici circolanti di omocisteina (iperomocisteinemia) è considerata un fattore di rischio indipendente di patologia vascolare. Elevati livelli sierici di omocisteina possono dipendere da fattori diversi, sia congeniti (deficit enzimatici), che acquisiti; l'iperomocisteinemia 

è in molti casi correggibile con opportuna terapia (prevalentemente a base di vitamine a dosaggi farmacologici, associata a una dieta adeguata) (tabella 1).

 

 

Congenite

Acquisite

Deficit di 5,10 Metilene Tetraidrofolato-reduttasi (MTHFR)

Nutrizionali (Carenza di Folati, vitamina B12 e vitamina B6)

Deficit di Cistationina b-sintasi Farmaci (metotrexate, carbamazepina, fenitoina, isoniazide)
Deficit di Cobalamina reduttasi Endocrine (Ipotiroidismo)
(Malattia da) Efflusso Lisosomiale

Altre patologie (Insufficienza renale, Psoriasi, IBD)

Defici di Metiltransferasi associata alla Cobalamina reduttasi  
Deficit di Cistationinasi  
Deficit di Metionina sintasi  

 

L'iperomocisteinemia è particolarmente frequente nei soggetti anziani, spesso sottoposti a terapie in grado di interferire col metabolismo degli aminoacidi soforati, o affetti da condizioni patologiche o in situazioni socio-ambientali responsabili di una cattiva alimentazione, spesso alla base di quei deficit vitaminici che rappresentano una causa molto frequente di incremento dei livelli plasmatici di omocisteina. Di recente, inoltre, diversi studi hanno dimostrato una aumentata prevalenza di iperomocisteinemia in soggetti anziani con diversi gradi di involuzione cognitiva: il rapporto causa-effetto fra iperomocisteinemia e demenza è però ancora tutto da chiarire.
Lo screening per iperomocisteinemia è indicato in tutti i soggetti che presentano una tendenza a sviluppare patologie a genesi vascolare, in particolare in assenza di altri fattori di rischio; è proponibile anche a tutti coloro che hanno una familiarità positiva per trombofilia
Il dosaggio dell'omocisteina può essere eseguito sia in condizioni basali (prelievo in paziente a digiuno dalla mezzanotte precedente) che dopo prova da stimolo con metionina (il suo precursore, che viene somministrato per os in quantità proporzionale al peso del soggetto): il rilievo di elevati livelli di omocisteinemia dopo carico con metionina consente, secondo le diverse casistiche, di evidenziare una percentuale di soggetti portatori di un difetto del metabolismo dell'omocisteina variabile fra il 20 e il 30% , altrimenti non evidenziabile dal solo dosaggio basale.

 

 


 

 

 

 Il mal di schiena

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La maggior parte delle linee guida concorda sul fatto che tutti i dolori alla schiena, esclusi quelli da sindrome della cauda equina, richiedono un tentativo di terapia conservativa per almeno un mese.

Il riposo a letto, tradizionalmente considerato uno dei cardini della terapia del dolore alla schiena, sembra invece di scarsa utilità in base agli studi più recenti.

Per i pazienti con i reperti tipici di ernia del disco il valore del riposo a letto sembrerebbe maggiore. E' chiaro però che una prolungata immobilizzazione apporta più svantaggi che benefici. Bisogna però evitare di stare seduti, in quanto questa posizione aumenta il carico meccanico sul complesso anteriore della colonna vertebrale che comporta un aumento della pressione intradiscale. La posizione ortostatica invece tende dirigere il carico sul complesso posteriore allentando la fatidica pressione discale.

Il primo interesse del paziente è l'attenuazione del dolore e a questo scopo è opportuno prendere in considerazione la diminuzione immediata della pressione intradiscla realizzabile con il posizionamento di un corsetto  in tela armata da mantenere anche durante il riposo notturno per almeno i primi 10 giorni. Ciò premesso può risultare utile la somministrazione di antinfiammatori naturali tipo Arnica, colocynthis, ecc. e solo qualora questi non abbiano sortito adeguato effetto antalgico sarà plausibile ricorrere a farmaci maggiori tra i quali sono efficaci sia il paracetamolo sia i FANS; nella scelta va tenuto presente che analgesici e antinfiammatori vanno somministrati per almeno una settimana e spesso la somministrazione sinergica con gli antinfiammatori naturali corona il risultato con l’attenuazione dei sintomi.

In caso di dolore sciatico molto accentuato, se i FANS non hanno ottenuto la remissione, si può provare un cortisonico per tre o quattro giorni.

I miorilassanti non sono più efficaci dei FANS nel trattamento della lombalgia acuta e il loro utilizzo in associazione non ha dimostrato alcun vantaggio. In oltre il 30 per cento dei pazienti che assumono miorilassanti sono stati riportati effetti collaterali, inclusa la sonnolenza e le cadute negli anziani.
I trattamenti fisici consigliati al paziente descritto in apertura, quali massaggi, diatermia, ultrasuoni, ionoforesi, laser transcutaneo, biofeedback e stimolazione nervosa transcutanea (TENS) non hanno in effetti un'efficacia provata nel trattamento della lombalgia acuta. Le infiltrazioni di trigger point nella schiena, delle faccette articolari, le iniezioni di steroidi, lidocaina od oppioidi nello spazio epidurale non hanno un'efficacia dimostrata nel trattamento del dolore acuto del rachide lombare. Anche le trazioni e l'uso di busti e tutori non sembrano efficaci nel trattamento della lombalgia acuta.

La manipolazione, definita come sollecitazione manuale della colonna mediante sistemi di leva nel trattamento della fase acuta può temporaneamente diminuire il dolore e migliorare la funzionalità. La cura non deve superare le due settimane: nessuno studio ha dimostrato l'efficacia dell'uso prolungato della manipolazione per evitare le recidive.

L'esercizio fisico è una terapia comunemente utilizzata e spesso mal compresa. Anche in condizioni di ernia acuta l'inattività prolungata va evitata. Ai pazienti dovrebbe essere prescritto di cominciare a camminare il più presto possibile, concedendo eventualmente due giorni di riposo se il dolore è troppo forte. Entro la prima settimana il paziente dovrebbe essere istruito a camminare venti minuti ogni tre ore di posizione supina. Per evitare l'indebolimento dovuto all'inattività, sino a quando il malato non ritorna al lavoro sono consigliabili esercizi di resistenza quali il camminare, la cyclette, il nuoto e persino la corsa leggera. Questi esercizi non sollecitano la schiena più della posizione seduta sul bordo del letto per un uguale periodo di tempo.

Un'altra modalità terapeutica che ha ricevuto molta attenzione è la cosiddetta scuola della schiena (low back school), utile soprattutto per chi svolge un lavoro manuale faticoso. In queste strutture i pazienti vengono educati alle tecniche corrette per stare seduti, in piedi e per alzarsi, e ricevono nozioni di biomeccanica del rachide e fisiopatologia del dolore. Chi riceve questo tipo di informazione ritorna al lavoro prima e in genere riduce l'incidenza delle lesioni alla schiena sul posto di lavoro.

 

Quando rivolgersi al chirurgo

La presenza di un disco protruso alle indagini diagnostiche o di un dolore alla schiena senza segni neurologici non costituiscono un'indicazione adeguata per il trattamento chirurgico. Si può prendere in considerazione la decompressione di una radice nervosa quando vi sia un'ernia ben documentata da indagini diagnostiche, una sindrome dolorosa corrispondente, un deficit neurologico alla visita e una mancata risposta al trattamento conservativo e comunque l’ernia dovesse risultare migrata nel canale.

La terapia dell'ernia discale può essere conservativa oppure chirurgica.

La terapia conservativa, che viene proposta in prima istanza, si avvale dell'uso di farmaci naturali e/o in sinergia con antidolorifici, antinfiammatori steroidei o non, e miorilassanti e del riposo a letto. Il trattamento chiropratico e/o osteopatico “specializzato” è spesso risolutivo, ma il criterio prognostico si basa essenzialmente sulla  qualità tecnica dell’intervento. Esiste un progetto di legge il N° 375 presentato fin dal 1996 dalla Camera dei Deputati per regolamentare queste professioni e di conseguenza creare un registro e magari un Albo Professionale che garantisca la serietà della preparazione di questa futura insostituibile categoria di professionisti. Sarebbe auspicabile avere un minor numero di medici in Italia ed un maggior numero di chiropratici ed osteopati…chissà?

Una volta attenuato o scomparso il dolore, è utile un trattamento fisico con cicli di fisiokinesiterapia e nuoto, soprattutto per tonificare i muscoli paravertebrali. Altre metodiche terapeutiche incruente prevedono la magneto-terapia, gli ultrasuoni, l'elettrostimolazione transcutanea, etc.

Non tutti i soggetti traggono benefici duraturi dalla terapia conservativa e, nei casi refrattari, o con deficit neurologici progressivi, si deve pensare di ricorrere alla terapia chirurgica

Le tecniche chirurgiche variano a seconda del livello dell'ernia:

ernia del disco cervicale: la decompressione della radice e del midollo si attua mediante l'asportazione del disco intervertebrale e di eventuali osteofiti; l'approccio chirurgico si avvale di due vie d'accesso: quella anteriore secondo Cloward (discectomia anteriore)e quella posteriore (laminectomia associata o meno a foraminotomia);

ernia del disco toracico: le tecniche chirurgiche prevedono la laminectomia, la costotransversectomia e l'approccio transtoracico;

ernia del disco lombo-sacrale: l'approccio posteriore alla colonna lombo-sacrale impiega varie tecniche chirurgiche: 

  • la microdiscectomia si avvale dell'uso del microscopio operatorio e viene attuata attraverso una limitata incisione chirurgica, mediante approccio interlaminare, cioè tra le due lamine ossee vertebrali, nel rispetto delle strutture osteoligamentose della colonna e dell'"ecologia" della radice;

  • la discectomia percutanea, che consiste nell'asportazione dell'ernia attraverso uno strumento-cannula che frammenta ed aspira, sotto controllo radioscopico, il materiale discale erniato;

  • la chemionucleolisi, cioè nell'iniezione di un enzima proteolitico, la chimopapaina, nel disco lombare o lombosacrale, con conseguente digestione chimica del materiale erniato e decompressione della/e radice/i e del midollo. Casistiche ampie relative alle ultime due metodiche, che vanno per lo più riservate a protrusioni discali piuttosto che alle ernie vere e proprie, non hanno mostrato i risultati un tempo sperati. 

La procedura chirurgica più comune per trattare un disco erniato acuto è la discectomia, efficace nel 60-80 per cento dei casi. Dal 5 al 10 per cento dei pazienti richiede un altro intervento a causa di una recidiva o del mancato riconoscimento di una stenosi spinale. La discectomia microscopica permette una piccola incisione e meno dolore postoperatorio, ma ha un tasso più elevato di ricadute.

Comunque, la causa più comune di fallimento della chirurgia del disco è la scarsa selezione dei pazienti, che vengono inviati all'intervento per trattare dolori di schiena isolati, in assenza di anomalie neurologiche, anche quando la causa del dolore non è certa, oppure quando lo stato psicologico del malato non permette che scarsi risultati.

Vi sono infine metodi di decompressione indiretta della radice nervosa, oggi molto meno utilizzati, che impiegano la chemonucleolisi, l'iniezione di chimopapaina o di altri enzimi per sciogliere il disco.
Queste tecniche sono meno efficaci rispetto alla discectomia standard e danno complicazioni più rare ma più gravi, come mielite trasversa, reazioni allergiche e spasmo muscolare persistente.

 

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 La rigenerazione dei tessuti in ortopedia

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Utilizzo dei fattori di crescita piastrinici per la rigenerazione tessutale in ortopedia e traumatologia


L’esperienza clinica di questi ultimi anni ha evidenziato come particolarmente le lesioni traumatiche acute a carico di muscoli, tendini e capsule articolari beneficino in modo sensibile del trattamento con Fattori di crescita piastrinici, in relazione anche all’età del paziente, al distretto corporeo interessato ed al grado di funzionalità della zona colpita. In effetti pazienti giovani quali gli sportivi, sia a livello professionistico che amatoriale avanzato, trovano giovamento dall’utilizzo di Fattori di crescita piastrinici non tanto per un miglioramento delle prestazioni, quanto per una riduzione del periodo di danno funzionale con guarigione più rapida del traumatismo.

Nei pazienti più anziani, nei quali la patologia degenerativa o è in stadio più avanzato o riveste già i caratteri della cronicità, i meccanismi riparativi possono essere sensibilmente ridotti anche in relazione alla funzionalità delle piastrine medesime od alla concomitante presenza di patologie associate di tipo cronico

Il ruolo principale delle Piastrine, elementi corpuscolati del sangue prodotti dal midollo osseo, si esplica nel controllo della fase iniziale della coagulazione del sangue.

Negli ultimi anni sono stati identificati al loro interno delle particolari molecole, conosciute come e Fattori di Crescita Piastrinici, che hanno rivoluzionato la prospettiva del trattamento delle malattie infiammatorie a carico di tendini, muscoli ed articolazioni nei settori sia medico che chirurgici.

Le piastrine sono paragonabili ad officine che elaborano, immagazzinano e quindi rilasciano, numerosi fattori di crescita capaci di stimolare le cellule della cute, del muscolo, dei legamenti e tendini, dell’osso, dei vasi sanguigni a produrre nuovo tessuto nelle zone lesionate.

La rivascolarizzazione della zona lesionata (neoangiogenesi) e la capacità di ridurre il grado della degenerazione e morte cellulare(apoptosi) dei tessuti lesi sono effetti legati al lento e costante rilascio locale dei fattori di crescita contenuti in abbondanza nei granuli delle piastrine, e all'azione di tutta una serie di mediatori chimici.

Tutte queste sostanze sono normalmente presenti nell'organismo e, trovandosi in particolari circostanze e concentrati in quantità considerevoli, hanno modo di manifestare tutte le potenzialità rigenerative di cui sono dotati, innescando un meccanismo a catena che inizia ed amplifica il processo di risoluzione del disturbo fino a poco tempo prima ritenuto “inguaribile”.

Con un procedura rapida ed indolore, senza ricovero, con un semplice prelievo di sangue le piastrine vengono ottenute per centrifugazione a bassa velocità, direttamente dallo stesso sangue del paziente (donazioni autologa) evitando pertanto qualsiasi problema d’incompatibilità e garantendo le condizioni di sterilità proprie degli emocomponenti trasfusionali.

Una freccia in più nella faretra a disposizione del medico per contrastare con modalità non farmacologiche dolore ed infiammazione.

Il futuro del dolore e della sofferenza grazie a questi fattori di crescita piastrinici sembra avere le ore contate.

Attualmente le Piastrine, risospese in piccole quantità di plasma (PRP, Plasma ricco in piastrine) e dopo miscelazione con opportuni attivatori, vengono utilizzate dalle nostre equipe oltre che nella traumatologia sportiva, ed Ortopedica maggiore, oltre che nella riparazione delle ulcere cutanee e nei decubiti.

Nell'arco di pochi anni pertanto l’impiego delle piastrine si è moltiplicato, anche in considerazione della facilità di preparazione, del bassissimo costo di produzione a paragone degli elevatissimi costi dei tessuti artificiali ingegnerizzati, della sicurezza trasfusionale (piastrine autologhe), dell’assenza di effetti indesiderati e tossicità ed, aspetto di non secondaria importanza, della percezione da parte del paziente di una modalità terapeutica non farmacologica eseguita con sangue proprio.

Sussistono di contro controindicazioni al loro utilizzo particolarmente per quei pazienti con diminuzione del numero di piastrine o con malattie ematologiche a carico della funzionalità delle piastrine, nonché l’assunzione di farmaci che ne inibiscano l’attivtà (antiaggreganti, aspirina), cosiccome la concomitante presenza di infezioni virali in atto.

In accordo anche con la normativa nazionale in materia di produzione e gestione di sangue autologo, le sole strutture accreditate alla valutazione di idoneità, prelievo e preparazione di tale emocomponente, nonché alla fase di registrazione delle procedure con garanzia di tracciablità del percorso clinico dell’emocomponente sono i Servizi di Immunoematologia e Medicina Trasfusionle, ubicati sul territorio delle ASL, i quali svolgono il compito di referente istituzionale per la gestione degli emocomponenti attraverso l’esecuzione di indagini ematologiche e virologiche previste dalla legge ed inoltre svolgono compiti di emovigilanza in termini di appropriatezza, sicurezza e gestione degli eventi avversi.

 

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 La sindrome da fatica cronica (CFS)

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La salute non è un diritto che l’uomo acquisisce alla nascita, ma piuttosto la conseguenza di una serie di scelte intelligenti e comunque  è uno stato provvisorio che non lascia presagire nulla di buono visto che presto o tardi tutti di qualche patologia dovremo pur morire. Ciò non significa certo dare il “benvenuto” alle malattie, ma che un po’ di dolore, in dosi per così dire omeopatiche, rinforza l’individuo, evitando di abbassare la guardia evitando così di  pensare  di essere invulnerabili.

 Fare il tagliando alla propria vettura prima che si fermi sul ciglio della strada “en panne” può creare la giusta analogia  con il proprio stato di salute… Controllarsi sempre e regolarmente, anche se vi sentite bene, ricordando la saggezza cinese che consigliava di pagare il medico quando si sta bene e d i smettere di farlo quando ci si ammalava.

L’essere medico non garantisce una polizza vita contro le malattie e l’invecchiamento anzi forse siamo proprio noi medici, come afferma Roberto Gervaso nel suo libro “Salute!” i più “ vigliacchi” , perché abbiamo terrore delle malattie, non ci fidiamo dei colleghi e come il classico calzolaio giriamo con le scarpe sfondate  e  pur predicando la prevenzione più che la cura, inrelatà non ci controlliamo mai, o quasi , forse perché stando sempre a contatto con il male preferiamo fare come lo struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia per non pensare... Stare sempre a contatto con il male non è semplice e reagiamo come possiamo, dimenticando spesso la gioia dell’essere sani, parliamo sempre solo di lavoro e molti di noi non hanno neppure tempo per vivere, prigionieri di ospedali, sale operatorie ed ambulatori:  cattedrali della guarigione spesso più di 12 ore al giorno».

Dovremmo tentare diventare un po’ più "amici" del dolore, provando a far diventare anche gli altri un po’ più "amici" delle malattie. Tra le malattie cosiddette “oscure”, una in particolare merita di essere affrontata in questo contesto di prevenzione della Iuvenologia: la Sindrome da fatica cronica (CFS)

La Sindrome da fatica cronica (CFS) è una patologia  debilitante caratterizzata da profonda esauribilità muscolare, astenia, stanchezza, diminuità capacità di concentrazione.

Tra le varie ipotesi etiopatogenetiche si è generata parecchia confusione diagnostica tanto che spesso ci si orienta su questa ipotesi sulla base di un semplice criterio di esclusione. Chi ne è affetto può sentirsi esausto anche soltanto dopo una leggera attività fisica e comunque non vi è correlazione alcuna tra intensità dell'esercizio fisico e sfiancamento susseguente. Oltre al senso di fatica i pazienti riferiscono in genere sintomi non specifici, tra i quali astenia generalizzata, malessere, febbricola, mal di gola, dolenzia ed eventualmente modesto ingrossamento linfoghiandolare, disturbi della memoria e della concentrazione, aumento dell'irritabilità, insonnia e depressione, dolori ai muscoli e alle articolazioni. Quest’ampio corteo sintomatologico allorché riscontrato in individui anziani può confondere l’aspetto diagnostico generale ed ingenerare nel malato una sensazione di profondo sconforto e scoraggiamento da non confondere con una “Sindrome Depressiva Primaria”.

La CFS può persistere per molti anni, anche se in un certo numero di pazienti si assiste a un miglioramento dei sintomi, spontaneo o dopo aver intrapreso un’idonea terapia di supporto ortomolecolare.
Nonostante le controversie attuali nel mondo medico-scientifico, addirittura sulla reale esistenza della CFS, l'Organizzazione mondiale della Sanità ha descritto, nella sua decima classificazione internazionale delle malattie del 1992, una sindrome sovrapponibile alla CFS con la dizione
"sindrome da fatica post-virale ed encefalite benigna post-virale.

Questa sindrome, non ha niente a che vedere con la fisiologica stanchezza alla quale tutte le persone vanno più o meno frequentemente incontro nel corso dell’anno, né tantomeno con lo stress, la depressione o la “vecchiaia”!

 Spesso i pazienti con CFS sono persone adulte od anziane in precedente perfetta salute che improvvisamente sono diventate disabili sia dal punto di vista fisico che mentale.

La causa della CFS non è stata ancora identificata, ma certo emerge sempre più chiaramente che la CFS contiene patologie di diversa natura eziopatogenetica, per esempio post-infettiva o post-intossicazione, ed è associata ad alterazioni neuroendocrinologiche o muscolari che ne sostengono i sintomi.
Non è disponibile ancora alcun test diagnostico specifico, che evidentemente risolverebbe molti dei problemi attuali. Va dunque ricordato a questo proposito che altre malattie, per esempio la depressione o la sindrome ansiosa o l'influenza, per nominare le più frequenti, non hanno test diagnostici specifici e spesso gli esami o le indagini radiologiche o quant'altro sono del tutto nella normalità.

Va tenuto presente però che un marcato affaticamento può essere associato con molte malattie ben definite, come i tumori, le patologie autoimmuni, le disfunzioni ormonali e le infezioni. Dal momento che molti di questi processi patologici possono essere suscettibili di efficace trattamento e possono essere potenzialmente mortali, devono ovviamente essere escluse prima di poter fare diagnosi di CFS. Questo d'altra parte, come già sottolineato, è uno dei due criteri principali per porre diagnosi di CFS.

 

L'impegno della ricerca

Sebbene la diagnosi possa essere fatta solo per esclusione, la CFS è una condizione clinica reale, le sue cause e il suo trattamento sono oggetto di intensa ricerca da molti gruppi di studiosi nel mondo, specialmente negli Usa, in Australia, in Nuova Zelanda e in Gran Bretagna. Relazioni sulla CFS sono state presentate a incontri specifici e pubblicate su importanti riviste scientifiche. Sono stati organizzati negli ultimi anni congressi scientifici ai quali hanno preso parte ricercatori di prestigiose università sia americane che europee, quali il Meeting di Aviano del 10 settembre 1993 e il 1° Meeting internazionale europeo sulla CFS di Dublino del maggio 1994. Al convegno di Aviano hanno partecipato, per esempio, Jay Levy, professore all'Università di California a San Francisco, illustre immunologo e virologo, che è stato tra i primi a isolare il virus dell'Aids, Anthony Komaroff, dell'Università di Harvard a Boston, e il dottor Keiji Fukuda, responsabile della ricerca sulla CFS ai CDC di Atlanta. Questi ultimi, che si occupano dello studio delle malattie, in particolare dal punto di vista epidemiologico, hanno da tempo istituito - con fondi provenienti direttamente dal governo americano (che finanzia così solo l'Aids e la sindrome di Lyme) –, un ufficio sulla CFS con personale e progetti speciali.

Tuttavia le informazioni in nostro possesso sono ancora poche e molti dei risultati sono preliminari. Inoltre, notizie non corrette e prive di qualsiasi fondamento scientifico sulla CFS provenienti alle volte da ciarlatani, hanno creato confusione tra i pazienti e i medici, oltre che nell'opinione pubblica.

Si sono costituite anche molte associazioni di pazienti, negli Stati Uniti in particolare, dove grazie ai fondi così raccolti stanno supportando in maniera significativa la ricerca su questa sindrome. Va ancora sottolineato che in quel paese la ricerca sulla CFS è finanziata direttamente dal governo. Anche in Italia si è costituita la CFS Associazione Italiana già dal 1992, ma non esiste alcun supporto governativo da parte delle tradizionali agenzie di ricerca italiane per l'approfondimento di questa sindrome.

Lo scopo finale è infatti quello di rendere meno disagevole per i malati e i loro familiari questa malattia così debilitante e ancora sconosciuta nel nostro Paese.

 

Come identificare sintomi sospetti?

LA CFS viene di solito diagnosticata in seguito a una storia di una sindrome suggestiva di CFS, e attraverso l'esclusione sistematica di altre malattie.

Un paziente deve accusare una grave stanchezza da un tempo minimo di 6 mesi, non causata da altre malattie conosciute.

Attualmente un gruppo di studio internazionale coordinato dal dottor Fukuda (comprendente ricercatori provenienti da Stati Uniti, Australia, Svezia, Olanda e Italia), al quale ho partecipato personalmente, ha redatto una nuova definizione di CFS che è stata pubblicata sugli Annals of Internal Medicine del dicembre 1994. Sostanzialmente con questa nuova definizione si cercherà di rendere più semplice l'attuale definizione dei CDC e di permettere la diagnosi di CFS anche in presenza di depressione.

 

Un'eziologia multifattoriale?

La causa della CFS non è ancora stata identificata, ma esistono varie teorie. L'ipotesi virale. Si basa sul fatto che all'esordio della CFS vi è spesso una infezione virale, per esempio una sindrome influenzale, varicella, rosolia, mononucleosi, infezione da citomegalovirus, epatite virale ecc. Vi è anche la possibilità che un singolo agente infettivo, non ancora identificato, provochi di per sé la CFS, anche se quest'ipotesi gode oggi di poco credito tra i ricercatori. Mentre alcuni virus, come per esempio il virus di Epstein Barr (EBV), occasionalmente provocano un'infezione cronica che esita in una stanchezza persistente, non si conosce oggi alcun virus che sia la causa della CFS.

Rimanendo nell'ambito delle ipotesi virali, si pensa che un virus già conosciuto possa attivare cronicamente il sistema immunitario. Come risultato, persisteranno in circolo tassi elevati di fattori immunoattivanti, alcuni dei quali sono in grado, a dosaggi elevati, di provocare stanchezza.

Andando più nel dettaglio, di solito, anche se non sempre, la CFS compare dopo un evento precipitante quale una malattia simil-influenzale oppure un'influenza tipica, una gastroenterite, una miocardite, una varicella ecc.

Un recentissimo e importante studio sulla mononucleosi infettiva ha evidenziato che la malattia può evolvere verso la CFS con una certa frequenza. Su oltre 150 pazienti con mononucleosi infettiva acuta seguiti nel tempo dal momento della diagnosi, si è riscontrato che dopo 6 mesi circa nel 10% dei casi persistevano sintomi suggestivi di CFS, secondo i criteri dei CDC di Atlanta. Comunque non è escluso che intervengano fattori predisponenti, in particolare stimoli comportamentali o familiari.

 

L'ipotesi immunitaria

La CFS non sarebbe altro che una disregolazione immunitaria in risposta a uno stimolo che potrebbe essere infettivo ma anche di altra natura. Numerose anomalie immunologiche aspecifiche sono state infatti descritte nella CFS: alterazioni dell'immunità cellulo-mediata, in particolare con variazioni del numero e della funzionalità delle cellule natural killer, ipogammaglobulinemia parziale, elevati livelli di immunocomplessi circolanti, elevati livelli di anticorpi virus specifici e di autoanticorpi circolanti. Anche per questa ragione negli Stati Uniti le associazioni di pazienti invece di CFS usano la terminologia CFIDS, Chronic Fatigue Immunedisfunction Syndrome o sindrome da stanchezza cronica e da disfunzione immunitaria. Altre teorie sulle cause della CFS propongono disturbi del sistema endocrino e della sfera psicologica quali fattori determinanti nel provocare la CFS.

 

L'ipotesi tossinfettiva

È emerso recentemente per la prima volta che la CFS può essere provocata da un'intossicazione alimentare causata da un pesce chiamato ciguatera. Questi dati sono stati riferiti dal professor Pearn del Royal Children Hospital di Brisbane in Australia. Lo stesso ricercatore ha riportato che un virus responsabile della poliartrite epidemica, scoperto nel 1979 nel Queensland, e implicato anche nella Ross-River-Fever, è oggi riconosciuto essere un'importante causa di CFS in molte parti del mondo tropicale e subtropicale.

 

L'ipotesi carenziale

I ricercatori giapponesi provenienti dall'Università di Osaka hanno recentemente riportato dati riguardanti una possibile correlazione tra CFS e deficit di acilcarnitina. Uno studio condotto su settantatré pazienti con CFS e 308 volontari per valutare la concentrazione di carnitina e acilcarnitina nel siero ha evidenziato un calo significativo della prima nel gruppo di pazienti affetti da CFS. Dato che i livelli di acilcarnitina sono risultati normali nei pazienti senza CFS, ma allettati in seguito a fratture ossee, il calo osservato nei soggetti con CFS non poteva dipendere dalla diminuzione dell'attività giornaliera. L'ipotesi del gruppo giapponese è che, indipendentemente dai fattori eziologici coinvolti nella malattia, il processo patogenetico possa portare alla comparsa di disfunzioni metaboliche che includono anomalie del metabolismo della carnitina, responsabili della fatica generalizzata, dei dolori e della debolezza muscolari, della pessima tolleranza allo sforzo anche minimo e dei disturbi neuropsicologici tipici dei pazienti con CFS. È interessante tra l'altro osservare che in Giappone, paese noto per la sua frenetica attività lavorativa, il governo ha istituito e finanziato un gruppo di studio apposito sulla CFS che ha già individuato centinaia di casi nella popolazione.

 

L'ipotesi metabolica

Studi molto recenti hanno dimostrato la presenza di alterazioni muscolari in un sottogruppo di pazienti con CFS. Secondo le ricerche condotte dal professor Behan, direttore della Clinica delle malattie nervose dell'Università di Glasgow, l'alterazione sarebbe a livello mitocondriale. Alle medesime conclusioni è arrivato anche un gruppo dell'Università di Chieti, coordinato dal professor Eligio Pizzigallo, che, studiando alcuni pazienti con CFS, ha dimostrato la presenza di diverse anomalie muscolari: alterazioni mitocondriali, degenerazione grassosa, irregolare produzione di fibre muscolari. Queste evidenze, d'altronde, costituiscono un punto di partenza razionale per spiegare la stanchezza riferita dai pazienti.

 

Le opzioni terapeutiche

In assenza di conoscenze certe sulla causa della CFS, è difficile identificare trattamenti efficaci.
L'approccio terapeutico alla CFS è solitamente sintomatico, ma va sottolineato che non vi è ancora un consenso sul ruolo di farmaci, supplementi vitaminici e terapie psicologiche. Conseguentemente, i trattamenti riportati in letteratura sono aneddotici e altamente speculativi. Delle terapie via via proposte, solo sette sono state sottoposte a valutazione approfondita. Molti degli studi clinici condotti in quest'ambito hanno però arruolato un numero esiguo di pazienti cosicché i risultati, sia negativi che positivi, devono essere valutati con molta cautela. Magnesio. Un recente lavoro, comparso sulla rivista Lancet, riportava che, rispetto ai controlli, nei pazienti affetti da CFS i livelli di magnesio eritrocitario risultavano ridotti. In base a questi rilievi, 15 dei pazienti studiati furono trattati con magnesio per via intramuscolare e 17 con placebo. Tra i pazienti del primo gruppo, 15 hanno risposto favorevolmente al trattamento, mentre nel secondo gruppo solo in 3 pazienti è stato ottenuto un miglioramento dei sintomi. Oltre ad aver arruolato un campione molto esiguo, questo studio non ha valutato le possibilità terapeutiche del magnesio somministrato per os.
In lettere successive, sempre pubblicate sulla rivista Lancet, altri ricercatori hanno segnalato invece che, tra pazienti affetti da CFS da loro trattati, i livelli di magnesio eritrocitario risultavano ridotti solo in un limitato numero di casi.

Secondo un'altra esperienza riportata dalla California dalla dottoressa Jessop, l'80% dei 40 pazienti da lei trattati con magnesio ha ottenuto un miglioramento di alcuni sintomi, ma soltanto il 30% ha presentato un miglioramento dell'astenia. Il protocollo della dottoressa Jessop comprende un trattamento con magnesio per via intramuscolare settimanalmente per 6 settimane, seguito, in caso di risposta favorevole, dal passaggio alla via orale.

Nell'esperienza clinica vi sono stati risultati estremamente positivi nei pazienti che presentavano una diminuzione dei livelli del magnesio eritrocitario prima della terapia utilizzando l’integrazione ortomolecolare.
Infatti alcuni dei pazienti con magnesemia ridotta beneficiano della terapia con magnesio per via orale, trattamento che, però, sembra essere ugualmente efficace anche in altri pazienti con magnesemia normale.


Acetilcarnitina

I dati del gruppo giapponese sullo "Studio della sindrome da stanchezza cronica", sponsorizzato ufficialmente dal ministero della Sanità giapponese, ha evidenziato un deficit di acilcarnitina nei pazienti con CFS.

Per valutare le concentrazioni nel siero di carnitina sono stati studiati 27 pazienti con CFS e 41 volontari. Mentre i valori della carnitina libera non differivano significativamente nei due gruppi, le concentrazioni di acilcarnitina erano significativamente diminuite nei pazienti con CFS. I dati giapponesi suggeriscono pertanto che non vi sono anormalità nella sintesi della carnitina, ma che nei pazienti con CFS esiste una sintesi alterata o un'eccessiva secrezione urinaria della acilcarnitina. Questa carenza potrebbe provocare un deficit energetico a livello del muscolo scheletrico e spiegare pertanto la stanchezza generalizzata, i dolori muscolari, la debolezza muscolare e lo sfiancamento anche dopo uno sforzo fisico minimo, caratteristici dei pazienti con CFS.

In uno studio randomizzato doppio cieco, ricercatori americani hanno evidenziato una riduzione significativa della progressione della malattia di Alzheimer nei pazienti trattati con acetilcarnitina nei confronti di un gruppo di controllo. Il meccanismo con il quale il farmaco agirebbe nella malattia di Alzheimer è sconosciuto, ma è di notevole interesse che la somministrazione di acilcarnitina abbia un effetto positivo sulla memoria e le capacità cognitive, disturbi presenti anche nei pazienti con CFS.

Nell'esperienza di Aviano sono stati ottenuti buoni risultati somministrando ai pazienti con CFS carnitina e acetilcarnitina per via orale, sia impiegati da soli che in combinazione con pidolato di magnesio e alte dosi di vitamina B12. Complessivamente, un terzo dei pazienti così trattati ha ottenuto risultati molto positivi, alcuni dei quali perdurano nel tempo.

Vitamina B12. Il razionale per l'utilizzo di cobalamina ad alte dosi nella CFS deriva da alcuni studi sull'anemia macrocitica, pubblicati sul New England Journal of Medicine (Lindenbaum J et al, 1988, 318: 1720-28; Beck WS et al, 1988, 318: 26). L'esatto meccanismo di azione della vitamina B12 nella CFS non è ovviamente conosciuto ma, visto il dosaggio elevato necessario per ottenere una risposta positiva, si potrebbe pensare che essa non agisca come una vitamina, bensì come un modificatore della risposta biologica.
Su oltre 2000 pazienti trattati in questo modo, Paul Cheney, che è uno dei medici americani con maggiore esperienza nel trattamento della CFS, riferisce di aver ottenuto risposte positive in molti casi somministrando dosaggi fino a 500 mcg tre volte alla settimana per via intramuscolare. Da questo gruppo americano viene riportata invece una netta riduzione dell'efficacia quando la vitamina B12 ad alte dosi viene somministrata per via orale o intranasale. Il trattamento è relativamente poco costoso, privo di effetti collaterali, e si possono programmare terapie anche per un periodo di tempo relativamente lungo (3-6 mesi). Anche nell'esperienza di Aviano le alte dosi di vitamina B12, in associazione a carnitina e magnesio, hanno evidenziato benefici in un sottogruppo di pazienti con CFS. Più recentemente un altro gruppo di studio ha misurato il livello di folati serici in 60 pazienti con CFS e ne ha riscontrato una deficienza nel 50% dei casi.

 

Il "caso" ciguatera

È emerso recentemente che la CFS può essere provocata da un'intossicazione alimentare da ciguatera, un pesce che diventa pericoloso quando infettato da un protozoo chiamato Gambierdiscus toxicus. La ciguatera si trova soprattutto nei mari tropicali, in Australia e ai Caraibi, ma l'intossicazione può colpire chiunque perché il pesce, congelato, è facilmente reperibile nei mercati di tutto il mondo. L'intossicazione subacuta e cronica causa perdita di energia, astenia soggettiva e obiettiva e sintomi neuromuscolari. L'intossicazione acuta non è rara nel mondo tropicale e subtropicale e colpisce anche turisti che ritornano verso i climi temperati. Normalmente i casi più gravi evolvono in forme subacute o croniche. Vi può essere anche una recrudescenza dei sintomi dopo che i pazienti sono venuti di nuovo a contatto con cibo intossicato, che può essere pesce o carne di maiale o di pollo alimentati con mangimi contenenti la carne del pesce infettato dal protozoo. L'effetto tossico acuto e cronico è il risultato di anomalie a livello dei canali del sodio delle membrane dei tessuti eccitabili, in particolare le cellule dei muscoli scheletrici. Solitamente coloro che soffrono di intossicazione subacuta e cronica da ciguatera sono erroneamente diagnosticati affetti da malattie neuropsichiatriche. Nella regione dell'Australia denominata Queensland sono stati documentati almeno 2000 casi di intossicazione negli ultimi vent'anni, e molti di questi sono evoluti in una classica CFS. Nelle fasi acute dell'intossicazione può essere utile l'impiego del mannitolo, soprattutto per evitare le manifestazioni subacute e croniche di CFS.

 

La sindrome del Golfo

Dopo la guerra del Golfo del 1990, circa 30.000 soldati americani hanno riportato diversi problemi sanitari, da tumori a difetti congeniti nella prole. Molti però soffrono di una sindrome simile alla CFS. Alcuni sono immobilizzati a letto per l'estrema stanchezza, che è comunque il sintomo comune a tutti i malati, insieme a dolori muscolari, febbricola, disturbi della concentrazione e della memoria ecc. Le ipotesi alla base di questa patologia non ancora spiegata, sono varie, ma ci si orienta soprattutto sull'esposizione all’uranio impoverito (DU) contenuto nelle munizioni utilizzate durante il conflitto.

 

Le nuove frontiere della ricerca

Attualmente negli Stati Uniti si stanno studiando le possibilità terapeutiche di un farmaco che si ritiene dotato di attività antivirale e immunomodulatrice, sia nell'Aids che nella CFS. Risultati che provengono da studi non ancora pubblicati in letteratura, ma che sono stati discussi in diverse riunioni, riportano un notevole beneficio per alcuni pazienti affetti da CFS grave. Purtroppo però il farmaco ha dimostrato anche una considerevole tossicità per cui sono senz'altro necessari studi ulteriori, che sono peraltro in atto.

 

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 Candida, l'epidemia del XXI secolo

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Pensate che questa forma primordiale di vita nella sua veste di parassita abituale del nostro intestino è capace di provocare nella maggioranza dei casi, fatta esclusione dei malati particolarmente gravi, infezioni del cavo orale, della vagina e della cute.

Il modo di vivere dell'attuale e dell'ormai prossimo terzo millennio: l'inquinamento, i farmaci prescritti in eccesso, inclusa la pillola anticoncezionale, le droghe, il costante aumento del consumo di alcolici, di alimenti spazzatura energeticamente morti, gli additivi, i conservanti, i coloranti, i pesticidi, i diserbanti, lo zucchero... ciò che ormai viene definito come “ il ritmo del vivere moderno “, stanno lentamente cambiando il sistema immunitario dell'uomo e di conseguenza la sua vita.
Numerose sono le schiere di micropredatori che minacciano l'integrità della salute dell'uomo. Di questa vasta schiera fanno parte organismi microscopici altamente differenziati tra di loro come virus, batteri, protozoi, funghi, lieviti.

Non è certo nostra recondita aspirazione entrare nel dettaglio di questo complicatissimo mondo invisibile, ma soltanto tributare a questo universo parallelo il giusto valore. Dopo tutto, tre miliardi di anni fa, quando ancora forse non esistevano forme di vita vegetali o animali, la nostra Madre Terra era il pianeta dei microrganismi e dei lieviti in particolare. Le generazioni dei lieviti si susseguono con rapidità impressionante.

In condizioni ambientali idonee, se temperatura e sostegno nutrizionale lo consentono, da un singolo lievito come la Candida se ne possono ottenere, in brevissimo tempo, milioni di esemplari. Un intestino sano è il primo mattone che poniamo per costruire il solido edificio della salute e ci consente di rendere il sistema immunitario competente, ovvero in grado di affrontare, superare e vincere le mille sfide ed insidie della vita quotidiana. Abbiamo tutti bisogno di mantenere un sistema ecologico fisiologico bilanciato, un terreno dove ci siano sufficienti germi alleati per combattere i germi invasori e mantenere il fungo o i lieviti sotto controllo, piuttosto che trasformarlo in un avido famelico ed insaziabile Minotauro capace di devastare il giardino in cui è stato accolto.

In questo ampio contesto un ruolo di particolare importanza è rivestito dalle infezioni da Candida e dalla proliferazione di Lieviti, che da ora in poi verranno impiegati in questo libro spesso come sinonimo l'uno dell'altra.
La Candida è un'epidemia figlia del XX secolo, spesso conseguenza di un adattamento biologico alla miriade di farmaci che hanno costellato il firmamento della farmacopea mondiale nel volgere degli ultimi decenni. La qualifica di “ silenziosa “ a questa vera e propria epidemia riaccende sfumate memorie di colore medioevale, che si ricollegano al tema del contagio, insidioso ed ineluttabile, che imperversava nella nostra penisola allorché la peste o altre malattie si abbattevano, come la falce di una nemesi divina, sulla popolazione indifesa ed inconsapevole.

Oggi i tempi sono diversi, e di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, ma il tema di scottante attualità del contagio silenzioso, nonostante l'evidente evoluzione medico-scientifica è tuttora valido e scatena numerosi interrogativi e perplessità nei medici coscienziosi. E’ stata questa la scintilla che ha innescato in me e mia moglie il desiderio di divulgare, per puro amore della scienza, queste poche e modeste nozioni diagnostiche e terapeutiche. Come una sorta di testamento spirituale questo volume dovrebbe facilitare la gestione del complesso rapporto paziente - terapeuta, con il presuntuoso anelito di aiutare chiunque eserciti l'attività di guaritore con radicata passione; un messaggio che speriamo possa raggiungere chiunque si accosti al problema salute con umiltà e dedizione, cancellando termini ermetici ed iconoclastici, che rendono sempre più incomprensibile l'arte universale della Medicina, frazionandone la sua basilare integrità, creando un baratro d'incomunicabilità tra gli uomini.

Sarà un giorno bellissimo quello in cui l'uomo si accorgerà che la medicina è una ed una sola e che a nulla valgono i cento, mille frazionamenti, realizzati da noi medici, di questo fantastico microcosmo universale, rappresentato dal corpo umano, che la Medicina Ortomolecolare si sta proponendo di unificare, nel firmamento di un ben più vasto macrocosmo dove c'è posto per tutti... Candida compresa!

 

Che cos'è un fungo?

La famiglia dei funghi include muffe e lieviti. I lieviti sono dei funghi unicellulari di dimensioni comprese tra i 4 ed i 6 micron, che si moltiplicano molto rapidamente in un ambiente acido (ph = 4), ricco di zuccheri ed amidi. Queste muffe crescono dalle dimensioni di un grano di miglio e vengono definite spore, fino a sviluppare dei lunghi filamenti denominati hiphae.

Una cellula madre può formare numerosi tralci che possono indirizzarsi in tutte le direzioni, fino a quando poi il bocciolo madre diviene di volume così importante da strangolarsi e separarsi dalla cellula madre stessa per formare un'ulteriore cellula figlia. Si tratta di semplici piante carenti di clorofilla che vivono da saprofiti cibandosi indifferentemente sia di materia vivente che morta.

I lieviti sono organismi monocellulari che si riproducono per scissione e possiedono enzimi capaci di convertire lo zucchero in etanolo (alcol). Tale processo definito fermentazione provoca il rilascio di ossido di carbonio (CO2). Nel processo di panificazione per esempio il pane si rigonfia a causa della produzione di questo gas. Altri prodotti del metabolismo fermentativo del fungo sono tre molecole dal nome altisonante: l'acido citrico, l'acido ossalico, e l'acido butirrico.


Nell'intestino sano, adeguati quantitativi di quest'ultimo acido grasso, l'acido butirrico, sono prodotti dall'azione di alcuni batteri sulle fibre provenienti dalla dieta. La mucosa dell'intestino possiede alcune cellule tra le più veloci nell'accrescimento e l'acido butirrico fornisce ingenti energie indispensabili per far fronte a tale esigenza e nei casi patologici per perseguire più rapidamente la guarigione.
Bassi livelli di acido butirrico predispongono all'insorgenza di malattie intestinali in soggetti predisposti. I funghi producono spore che a loro volta possono produrne altre ancora; è inoltre possibile per questi microorganismi la disseminazione con il vento.
I funghi sono ubiquitari: li troviamo nel nostro organismo, nel terreno, nell'aria; alcuni sono utili per la digestione, per la cucina domestica, per la panificazione, per produrre antibiotici; altri ancora sono responsabili di patologie negli esseri umani, negli animali e nelle piante. E’ solo la Candida che può causare problemi? Assolutamente no.
Sono noti ben oltre 250 tipi di lieviti diversi di cui almeno 140 possono vivere in simbiosi sull'uomo. Di questi, almeno una settantina sono capaci di essere patogeni, ovvero dannosi, per l'essere umano. Allorché l'organismo viene indebolito dall'accrescimento eccessivo di Candida a livello intestinale, allora ben altri funghi possono attecchire sul terreno individuale indebolito e provocare l'incremento della virulenza di alcuni batteri o virus potenzialmente pericolosi.
 

Cosa può provocare la crescita della Candida?

Allorché la Candida o qualsiasi altro lievito pericoloso colonizzano l'intestino, dove risiedono delle sostanze chiamate enzimi, indispensabili per digerire ed assimilare i cibi quotidiani, questa funzione fondamentale viene inibita. Ciò provoca rallentamento della digestione, intolleranze alimentari, meteorismo (aria nell'intestino) ed altri sintomi a carico del sistema digerente. L'eccessivo accrescimento di questi parassiti intestinali interferisce anche con l'assorbimento ed il metabolismo dei nutrienti essenziali: aminoacidi, vitamine e minerali. Tali sostanze sono determinanti per edificare cellule, ormoni, tessuti ecc. e mantenere l'equilibrio armonico dell'organismo. L'infezione da Candida è il motivo per il quale molte persone che seguono una dieta perfettamente bilanciata ed equilibrata possono presentare ciononostante deficienze dei principali nutrienti, evidenziabili con lo studio dell'età biologica cellulare attraverso la valutazione quantitativa degli antiossidanti circolanti.
Quando ci troviamo di fronte ad una proliferazione di Candida, possiamo osservare dei mutamenti strutturali di questo microorganismo che variano dalla forma semplice che ricorda molto l'aspetto di un uovo fritto, denominata blastospora, ad una forma molto più complicata ed invasiva caratterizzata da tentacoli in accrescimento, denominati hiphae, capaci di penetrare come rami di un'edera attraverso le pareti intestinali alterandone la permeabilità selettiva, predisponendo l'organismo ad infezioni ed allergie. Questa situazione consente alle tossine (incluso l'alcool) elaborate dalla Candida di circolare liberamente e di raggiungere i più disparati distretti corporei colonizzandoli a loro volta e sviluppando ulteriori pericolose infezioni.

 

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 Stipsi

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Prendiamo come modello epidemiologico una delle patologie più diffuse: la STIPSI. Da studi di epidemiologia sulla popolazione emerge che la stipsi interessa circa il 10% degli uomini e oltre il 25% della popolazione femminile e che la frequenza aumenta con l’età.


L'autogestione della patologia da parte del paziente avviene spesso e in modo errato, con l’abuso di prodotti lassativi da banco o di erboristeria che non solo danno benefici transitori, ma anzi con il passare del tempo ne determinano un peggioramento che in alcuni casi diventa difficile da trattare e può sfociare in patologie degenerative o pre-neoplastiche come la melanosi intestinale.


La complessità della sindrome richiede invece la consultazione del medico che, con le moderne tecniche diagnostiche a disposizione, come per esempio la colonscopia si riesce ad ottenere un corretto inquadramento della patologia ed ad adattare la terapia in modo mirato ad ogni singolo paziente.
Dal punto di vista terapeutico sono stati fatti numerosi passi avanti con l’introduzione di lassativi dotati di pochi effetti collaterali e ben tollerati e con l’uso di prodotti a base di fibre e probiotici, essenziali per un buon funzionamento dell’intestino. Inoltre negli ultimi anni sono state introdotte tecniche riabilitative per il trattamento di alcune stipsi specifiche.


Anche la terapia chirurgica, nei casi in cui si rende necessaria, utilizza tecniche meno cruente; in particolare viene applicata la cosiddetta tecnica di Longo per il trattamento del prolasso rettale che, rispetto al passato e condotta in pazienti ben selezionati, porta ad ottimi risultati.

 

 


 

 

 

 

 Depressione

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La depressione è una malattia iscritta nei nostri geni e l’usura del tempo può fare affiorare questo messaggio. Una malattia primaria che può essere unipolare, con ricorrenti episodi solo depressivi, o bipolare, con fasi alterne, malinconiche e maniacali.
Tra le differenti malattie, grande rilievo riveste la cura della depressione, malattia che avanza in silenzio. Degli otto milioni di italiani che ne soffrono, solo un quinto si avvicina alla terapia, come se il "male oscuro" non fosse una malattia da curare, ma un destino ineluttabile

E’ ora di fare una breccia in questo muro di silenzio, e nessuno può farlo meglio di chi questa difficile esperienza l’ha vissuta in prima persona, lasciandosela alle spalle grazie a cure specifiche e alla collaborazione con il proprio medico.
 

Si può guarire dalla depressione?

Questo tema è al centro dell’attenzione degli psichiatri, essendo da tutti avvertita la necessità di dare agli interventi psichiatrici la dignità di interventi medici a tutti gli effetti. E’ evidente, al riguardo, che questo non significa aspirare sempre e comunque alla guarigione totale delle patologie psichiche, ma è altrettanto evidente che questa è una caratteristica dell’intera disciplina medica. Così, ad esempio, si può parlare di guarigione dalla bronchite, anche se possono benissimo ripresentarsi delle ricadute o la malattia può lasciare uno stato anatomo-funzionale differente rispetto a quello riscontrabile precedentemente all’esordio del processo morboso

Vi sono al riguardo dei dati precisi sulla "guaribilità" delle patologie psichiche. Così, ad esempio, si può affermare con sicurezza che il 70-80 % dei disturbi depressivi guarisce; o che nella stessa percentuale guarisce il disturbo di panico; o, ancora, che la possibilità di guarigione attiene a circa il 50% dei disturbi ossessivo-compulsivi. Il depresso avverte dentro di sé che l’abituale tensione psichica si sta spegnendo, come se in una casa venisse a mancare l’energia elettrica. Uno dei prodromi della depressione è la perdita di interesse per l’eros: niente più erezione od orgasmo

 

 

 

 

 Metalli pesanti: intossicazione ed amalgame odontoiatriche

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Un altro problema che crea sempre più allarme nell'opinione pubblica, a causa delle gravi conseguenze che esso provoca all'organismo, è quello dell'inquinamento da metalli . Sono stati infetti identificati legami molto stretti tra l'insorgere di varie affezioni e la presenza nel nostro organismo di metalli in quantità inaccettabili. Da una recente inchiesta dell'American Chemical Registry di Washington risulta che attualmente vengono utilizzate dal mercato oltre 14 milioni di sostanze chimiche diverse . La grande maggioranza di queste sostanze chimiche viene rilanciata nell'ambiente , interferendo quindi necessariamente con i nostri ecosistemi biologici.

Tra tutte le sostanze inquinanti i metalli pesanti sono i composti più pericolosi e dannosi. In particolare, la ricerca tossicologica ha recentemente dimostrato l' estrema pericolosità della esposizione cronica a bassi dosaggi.

Infatti, i metalli pesanti  penetrano in maniera insidiosa nel nostro organismo attraverso cibi, bevande, aria atmosferica, abiti e trasporti. La loro azione consiste nel bloccare l'attività  di numerosi complessi enzimaticii. E’ convinzione diffusa inoltre, che i metalli pesanti giochino un ruolo causale o concausale in un numero di patologie assai più vasto di quello attualmente accertato. I metalli pesanti più comuni quotidianamente assunti dall’ambiente con aria, acqua e cibo sono il piombo, il mercurio, l’arsenico, il cadmio, l’alluminio, il nickel e lo stagno. L’assorbimento dei metalli pesanti a livello gastrointestinale varia a seconda delle condizioni dell’ospite, della composizione (inorganica od organica) e dello stato di valenza (elementare o ionico) del metallo. Il sangue è il principale mezzo di trasporto dei metalli secondo cinetiche dipendenti da: diffusibilità, forma di legame, velocità di biotrasformazione e disponibilità di ligandi intracellulari. Le principali vie di escrezione dei metalli sono quella renale e quella gastrointestinale. In minima parte l’eliminazione può avvenire per salivazione, traspirazione, esalazione, allattamento, esfoliazione della pelle e perdita di unghie e capelli.  Alcuni organi (ossa, fegato e rene) sequestrano determinati metalli in concentrazione relativamente elevate e per anni.

Alcuni metalli come il ferro, il rame e il selenio in bassissime concentrazioni (tracce) sono necessari allo svolgersi delle normali funzioni metaboliche, ma risultano essere tossici a dosaggi superiori.  Altri metalli, invece, come il piombo, il mercurio e l’alluminio, vengono definiti xenobiotici e in teoria esercitano effetti tossici sull’organismo qualsiasi sia il livello di esposizione. Il livello dei metalli nel sangue e nelle urine riflette la recente esposizione agli stessi e la valutazione risulta generalmente di forte sottostima rispetto alla quantità dei metalli effettivamente accumulata nei tessuti e negli organi.  Il contenuto dei metalli nei capelli è in rapporto alla quantità del metallo presente nel sangue al momento in cui il capello veniva formandosi e non riflette l’accumulo a lungo termine che si è verificato a livello degli organi; inoltre solo determinate forme del metallo si accumulano nel capello, come avviene per il mercurio organico (pesce contaminato) , ma non per quello inorganico (vapori dall’amalgama). 

Un metodo agile ed obiettivo e scientificamente valido per la   determinazione della tossicità da metalli pesanti è  il test per la ricerca dei Metalli Tossici Urino-Fecali che  consiste nel confronto tra i valori di metallo tossico presente nelle urine e nelle feci (quest’ultime secondo Nylander riuscirebbero a concentrare i metalli fino a 10 volte di più dell’apparato escretore renale, fornendo dati ancor più dettagliati ed amplificati .

 

Un approfondimento sull’argomento è  pubblicato nel libro.”Il Dente Avvelenato”

 

Vi presentiamo uno stralcio della pubblicazione sul Rilascio di Mercurio da Otturazioni in Amalgama  del dr F.Ronchi (Tratto dalla Rivista Internazionale "Dental Cadmos, anno 66, n°19, 15 Dicembre 1998 - Per gentile concessione della Masson Editore)

 

SINTESI

Il dibattito circa la tossicità dell’amalgama d’argento si sta finalmente spostando dall’area dentale verso altri settori della medicina e della biologia. I risultati delle ricerche svolte negli ultimi vent’anni stanno iniziando a fornire al dentista clinico una visione d’insieme degli effetti che questo materiale da otturazione altamente efficace, economico e diffuso ha sulla salute in genere. Il destino metabolico a cui va incontro il mercurio liberato dall’amalgama e la sua capacità di depositarsi nei tessuti sono stati ampiamente documentati mentre nuovi dati suggeriscono la presenza di micromercurialismo nei  pazienti odontoiatrici.

 

CARATTERISTICHE DEL MATERIALE

La preparazione dell’amalgama prevede la miscelazione di una componente liquida rappresentata dal mercurio con una componente solida costituita da fini particelle di una lega contenente argento ed altri metalli, tra cui lo stagno il rame ed a volte lo zinco. Le percentuali di ciascun metallo nella lega permettono di classificare i prodotti finale come amalgami tradizionali ed amalgami non gamma-2 o ad alto contenuto di rame, laddove i secondi rappresentano l’evoluzione merceologica dei primi, offrendo caratteristiche meccaniche e di resistenza alla corrosione nettamente superiori.

Durante la miscelazione delle due componenti si assiste alla cosiddetta amalgamazione, ovvero alla dissoluzione delle particelle solide da parte del mercurio fino ad ottenere un prodotto plastico, il quale successivamente cristallizza formando appunto una amalgama di metalli.

La micro struttura di questo materiale è complessa e dipende fortemente dalle caratteristiche delle particelle con cui è realizzata la polvere : in esso sono sempre riconoscibili dei nuclei della lega iniziale parzialmente disciolti ed intrappolati in una matrice di prodotti di reazione costituita da varie fasi metalliche. Negli anni lo studio delle reazioni di amalgamazione e della composizione finale dell’amalgama ha portato a delineare l’esistenza di un complesso sistema di fasi, che si differenziano notevolmente da quelle presenti nelle leghe per via della tendenza ad evolvere in senso dinamico, subendo importanti processi di riorganizzazione interna(30).

Per lungo tempo si è ritenuto e professato che l’amalgama, una volta completamente indurita, fosse un materiale assolutamente inerte e stabile, in cui tutto il mercurio libero viene interamente e permanentemente sequestrato all’interno di legami chimici con gli altri metalli, incapace di liberarsi nel cavo orale. Una simile rassicurante visione è frutto di approssimazioni notevoli, quali ritenere che i legami di tipo metallico che vengono a realizzarsi tra i componenti delle fasi siano paragonabili a forti legami di tipo covalente oppure, ancora, omettere il fatto che l’amalgamazione non è un processo che avviene in rapporti stechiometrici bensì prevede un notevole eccesso di mercurio, il quale necessariamente permane in sovrabbondanza nella struttura dell’amalgama cristallizzata, nonostante la più efficace condensazione.

D’altra parte le reazioni descriventi il processo di amalgamazione di mercurio e lega si sono progressivamente complicate, con l’introduzione di nuove formulazioni per la fase gamma-1 e l’identificazione di una nuova fase metallica (30) nominata b1 (beta-uno), per la quale sono state proposte le composizioni 0.475Hg/0.45Ag/0.075Sn oppure 1Ag/1Hg

La fase b1, contenente una quota minore di  mercurio legato, rappresenta un evoluzione nel tempo della fase gamma 1 a cui consegue l’arricchimento della quota di mercurio libero nell’amalgama, il quale può affiorare per capillarità verso la superficie sotto forma di gocce metalliche

Il rilascio di mercurio da parte delle otturazioni in amalgama è da imputare quasi interamente a questo fenomeno fisico, mentre riveste un ruolo del tutto marginale la corrosione del materiale, i cui prodotti ne contengono solo minime percentuali. Contrariamente a quanto auspicato, l’aumento della resistenza alla corrosione degli amalgami non gamma-2 non ha affatto comportato una diminuita cessione di mercurio bensì esattamente il contrario, essendo stata eliminata proprio la fase più stabile dal punto di vista del sequestro di mercurio a favore di fasi più instabili.

L’entità del mercurio introdotto  in eccesso durante l’amalgamazione, a cui si aggiunge progressivamente la quota che si libera per l’evoluzione del sistema di fasi, è presente in un quantitativo totale in grado di sostenere la cessione di mercurio per tutta la durata clinica dell’otturazione.

 

RILASCIO DI MERCURIO IN VIVO

Il rilascio di vapori di mercurio, ovvero della forma metallica Hg0, all’interno del cavo orale è ampiamente dimostrato a livello clinico ed è possibile ottenute precise misurazioni di concentrazione nei soggetti portatori di otturazioni in amalgama.

I primi studi in tal senso, ad opera di Svare, hanno dimostrano concentrazioni basali almeno triple nell’aria espirata da tali soggetti quando confrontati con soggetti privi di amalgame ed aumenti repentini nell’emissione di mercurio durante la masticazione (25).

Il protocollo sperimentale è stato successivamente migliorato da Vimy e Lorscheider, i quali hanno eliminato alcune variabili scarsamente controllabili  legate alla misurazione del mercurio nel flusso d’aria espirato ed hanno sviluppato una metodica di campionamento direttamente dell’aria intraorale (26). La nuova procedura di rilevamento ha conseguentemente permesso di arrivare ad una precisa determinazione del quantitativo di  mercurio liberato dalle otturazioni in condizioni basali, senza carico masticatorio, e durante la masticazione (fig. 1). I risultati a cui sono giunti i due autori dimostrano una differenza significativa tra il livello di vapori di mercurio nel cavo orale di soggetti con otturazioni in amalgama e soggetti di controllo, privi di restauri ; per i primi il livello medio basale é di 4.91 +/- 0.90 mg /m3, contro lo 0.54 +/- 0.37 mg /m3 dei soggetti di controllo. Tale valore resta pressoché invariato nei pazienti privi di restauri anche durante la masticazione di chewing gum per cinque minuti consecutivi, mentre si innalza drasticamente fino ad un valore medio di 29.10 +/- 6.07 mg /m3 nei portatori di amalgame.

Un ulteriore studio effettuato dagli stessi autori ha fornito dati di grande interesse circa la dinamica del rilascio di mercurio durante la masticazione, dimostrando che esso aumenta rapidamente fin dai primi minuti in cui l’otturazione viene caricata (fig 2) e poi impiega un tempo eccedente i 90 minuti per ritornare a livelli basali (27).

Numerosi altri fattori fisici possono esacerbare l’emissione di vapori di mercurio tra cui i rialzi termici determinati dall’ingestione di cibi o bevande calde, le forze occlusali che si esercitano sulle superfici del restauro a seguito del bruxismo, lo spazzolamento, tutte le forme di bimetallismo orale ed anche l’esposizione a campi elettromagnetici ad alta frequenza.

 

ESPOSIZIONE ED ASSORBIMENTO

La principale via di assimilazione del mercurio liberato dalle otturazioni in amalgama è rappresentata dalla inalazione del vapore(fig 3), il quale è in grado di diffondere, con una efficienza prossima al 100%, a livello del letto alveolare ed è complessivamente assorbito, tenuto conto degli spazi morti funzionali, nella misura del 80% per via polmonare (33). La via intestinale, tipica delle forme organiche del mercurio, quale il metilmercurio contento nel pesce, non sembra essere particolarmente rilevante per l’assorbimento della forma metallica Hg0. Tutte le altre forme chimiche di mercurio, tra cui gli ioni, sono scarsamente rappresentate nel quadro complessivo del rilascio da parte dell’amalgama ed hanno, conseguentemente, un peso specifico pressoché irrilevante rispetto al vapore di mercurio.

Altre vie di assorbimento note e documentate, anche se di modesta entità, sono per via della mucosa orale e direttamente tramite i tessuti dentino-pulpari esposti, al di sotto delle otturazioni, a concentrazioni elevatissime di mercurio.

La dose di mercurio assorbita giornalmente, imputabile alle amalgame, è fortemente variabile da persona a persona e dipendente da numerosi fattori quali il numero di otturazioni nel cavo orale, la loro superficie complessiva e lo stile di vita. Esiste tuttavia il consenso nel ritenere che nel soggetto medio, con un numero medio di restauri, tale valore si attesti sui 10mg /die, con una variabilità individuale compresa fra 1.2 e 100 mg /die (27, 33). Tali valori sono da paragonare con i dati forniti dall’OMS sull’esposizione della popolazione generale alle varie fonti di mercurio(Tab I), da cui si evince che l’amalgama è la principale sorgente di questo elemento, considerato che il consumo di pesce comporta un assunzione media di 2.4 mg /die, le altre fonti alimentari di 3.6 mg /die e l’inquinamento ambientale di 0.04 mg /die. (33)

 

DESTINO ORGANICO

Il destino organico del vapore di mercurio, una volta assimilato, è la conversione nella forma ionica ad opera di una catalasi ematica o tissutale (13). La forma metallica Hg0 è fortemente liposolubile ed è in grado di superare direttamente la barriera emato-encefalica e placentare, dando origine a forme di sequestro dovute alla ionizzazione in tali tessuti ed alla conseguente impossibilità per la molecola di fuoriuscirne. L’emivita ematica del mercurio inorganico è particolarmente breve per via della rapida distribuzione ai tessuti ; la misurazione del mercurio ematico non rappresenta quindi un valido parametro di valutazione di forme di intossicazioni croniche (33, 3).

Numerose sperimentazioni effettuate sugli animali impiegando traccianti radioattivi ed attraverso indagini autoptiche in soggetti portatori di amalgame hanno permesso di definire precisamente le caratteristiche di accumulo del mercurio inorganico, il quale, essendo un metallo pesante, è solo parzialmente eliminato attraverso le urine e le feci e presenta una forte tendenza a depositarsi nei tessuti. Tra i bersagli preferenziali di questo metallo si annoverano il Sistema Nervoso Centrale ed in particolare l’ipofisi, tutti gli organi parenchimatosi ed in particolar modo il rene, il fegato ed i tessuti ectodermici (33). Il sistema delle emivite del mercurio a livello tissutale è particolarmente complesso essendo un parametro sito specifico e risultante delle diverse forme biochimiche di sequestro che si realizzano nei diversi distretti dell’organismo. Bernard e Purdue hanno sviluppato delle equazioni empiriche che descrivono un modello multicompartimentale, caratterizzato da quattro sistemi con emivite diverse, compreso un compartimento con emivita pari a 27 anni (3). E’ da notare che i compartimenti non si identificano necessariamente con un tessuto bensì con un forma chimica di deposito che pertanto può esistere in diversi organi contemporaneamente. Vimy ha successivamente potuto sviluppare una routine di calcolo iterativo che simula la quantità totale di mercurio depositato nei tessuti dato un valore costante (fig 4) di assorbimento ed un lasso di tempo ed, al contrario, il tempo necessario al raggiungimento di un equilibrio (fig 5) nei quattro compartimenti descritti dalle equazioni (28)

Se si considera una esposizione base di 30 mg /die, corrispondente, secondo gli autori, alla quantità di mercurio assorbita da un individuo portatore di 12 superfici ricostruite in amalgama i primi tre compartimenti raggiungono l’equilibrio dopo 5, 100 e 300 giorni rispettivamente. La situazione é invece critica nel quarto compartimento, che non raggiunge l’equilibrio prima dei 100000 giorni (270 anni !) ed incomincia a presentare un flesso solo dopo 10000 giorni (27 anni).

Dai risultati si deduce che i primi tre compartimenti smettono di accumulare ulteriore mercurio dopo circa una settimana, tre mesi e mezzo e poco meno di un anno, mentre il quarto non si satura mai, determinando un crescendo continuo del contenuto totale corporeo.

Sia gli studi su modelli animali (7) che gli esami tossicologici effettuati su tessuti prelevati da cadaveri (17) hanno confermato l’esistenza di accumuli rilevanti di mercurio anche al livello di esposizione determinato delle otturazioni in amalgama ed hanno permesso una mappatura precisa degli organi bersaglio di questo fenomeno (fig 6).

 

CONSEGUENZE DELL’INTOSSICAZIONE CRONICA : EFFETTI CLINICI E BIOLOGICI

Le conoscenze scientifiche sulle conseguenze delle intossicazioni croniche di lunga durata sono tuttora limitate ed insufficienti. Molto è noto sulla tossicità acuta del mercurio, a cui si associa una sintomatologia franca, patognomonica e sovente drammatica, mentre scarsi sono invece i dati disponibili circa gli effetti clinici che si verificano a bassi livelli di esposizione, come nel caso dell’amalgama. Il micromercurialismo è notoriamente un quadro patologico difficile da diagnosticare per via dell’aspecificità e numerosità dei sintomi con i quali può presentarsi. A tuttora tutti gli studi epidemiologici hanno preso in considerazione popolazioni limitate ed una sintomatologia molto ampia, fornendo dati scarsamente significativi e mai conclusivi. Molto frequentemente esiste inoltre una notevole difficoltà nel valutare l’entità e l’esistenza stessa dei segni clinici : basti pensare a quanto sono difficilmente quantificabili alcuni sintomi di tipo psichiatrico quali la depressione e l’irascibilità, a quanto é comune ed assolutamente non patognomonica la cefalea e di come sia del tutto soggettiva l’interpretazione di stati quale l’affaticamento.

Da un punto di vista tossicologico non é possibile, allo stato attuale, definire un livello al quale si ha l’assenza assoluta di effetti ne un livello di sicurezza per l’esposizione della popolazione generale al mercurio, come si evince anche dai rapporti specifici dell’OMS. Nella valutazione dei rischi connessi all’esposizione cronica al mercurio occorre ricordare che può esistere patologia anche in condizioni di silenzio sintomatico, che certe manifestazioni possono non essere immediatamente riconducibili al mercurio a causa delle loro multifattorialità e che comunque può esistere il rischio di patologia, magari a lungo termine ed in via di possibilità.

Nel caso specifico alcuni effetti sono dose dipendenti mentre altri, di natura allergica ed immunitaria, possono non esserlo. In alcuni casi esiste una notevole incertezza sull’entità degli effetti in rapporto alla dose: come avviene per le radiazioni ionizzanti é possibile che esista una correlazione lineare tra dose ed effetto ma che, al di sotto di una certa soglia, gli effetti si perdano nel rumore statistico. In questi casi non necessariamente si potrà parlare di assenza di effetti ma piuttosto di impossibilità di misurazione. Come per le radiazioni, é probabile che anche per il mercurio esista un livello accettabile da un punto di vista del rapporto costi beneficio, ma non uno sicuro in senso assoluto.

 

REAZIONI ALLERGICHE

L’allergia al mercurio sembra essere la sintomatologia legata dall’amalgama con la maggiore incidenza nella popolazione e può presentarsi in forma localizzata, con reazioni confinate al cavo orale, oppure essere di tipo sistemico.

Tipicamente possono comparire dermatiti, eczema, urticaria o reazioni eritematose, con l’interessamento della faccia, del collo , delle braccia e delle gambe e del torace. La percentuale di pazienti palesemente allergici al mercurio contenuto negli amalgami si attesta su valori nell’ordine del 5%, ma occorre ricordare che vari studi hanno evidenziato reazioni di ipersensibilità cutanea al mercurio somministrato tramite patch test (tipicamente 0.5ml di una soluzione di cloruro di mercurio allo 0.1%) nel 2 - 35% dei soggetti portatori di otturazioni e che questi valori sono notevolmente maggiori nel caso vengano impiegate metodiche più sensibili quali il MELISA (Memory Lymphocyte Immuno Stimulatory Assey), originariamente sviluppato per lo screening degli epitopi allergenici dei farmaci a basso peso molecolare (23) Tale metodica é fortemente specifica e notevolmente più sensibile del patch test, riuscendo ad evidenziare anche soggetti normalmente negativi agli altri esami allergologici epicutanei.

Attualmente molti casi di lichen planus sono attribuiti a reazioni di tipo allergico dipendenti dal otturazioni in amalgama ed una delle strategie terapeutiche frequentemente applicata prevede proprio la rimozione di tale materiale (21). Vari studi hanno cercato di perfezionare un protocollo diagnostico atto a predire il livello di beneficio atteso per il paziente affetto da lichen che si sottopone alla bonifica dei restauri in amalgama, ottenendo generalmente una sottostima dei risultati rispetto ai miglioramenti clinici successivamente registrati (20). In tal senso le reazioni dermocutanee ai test per contatto sembrano essere solo parzialmente correlate alla presenza di lesioni orali lichenoidi ed, in caso di negatività, non dimostrano l’estraneità del mercurio nella eziopatogenesi del processo patologico.

 

EFFETTI SUL SISTEMA IMMUNITARIO

Negli ultimi dieci anni grande attenzione é stata posta sulla capacità del mercurio inorganico di alterare la funzione del sistema immunitario. Ciò che sembra ormai certo é l’esistenza di effetti dose dipendente coesistenti con altri dose indipendenti ma legati ad alcuni genotipi del complesso maggiore di istocompatibilità. La suscettibilità al mercurio é dunque anche un fatto di tipo soggettivo, per il quale non é possibile stabilire parametri e soglie certe. Attualmente si é a conoscenza del fatto che il mercurio mercurico é un potente stimolante dei linfociti T umani in vitro e che possiede, già alle concentrazioni riscontrabili comunemente nel sangue, notevoli capacità di legame sulla membrana cellulare e di captazione da parte del nucleo.

Herrstrom ha dimostrato una bassa ma comunque significativa correlazione tra numero di otturazioni in amalgama ed alterazioni numeriche dei linfociti B e T, i T4 e T8, dei monociti ed dei granulociti, oltre che di  fattori umorali quali le immunoglobuline di classe IgC, IgG1, IgC2, IgC3, IgG4, IgA, IgM, IgE, l’albumina, l’alfa-1-antitripsina, l’oromucoside e gli anticorpi anti nucleo (8).

Da tempo é nota la capacità del cloruro di mercurio e del mercurio metallico di indurre fenomeni di tipo autoimmune. A livello sperimentale sono stati impiegati in molti studi i ratti di razza Brown Norway come modello animale in quanto noti essere geneticamente suscettibili al mercurio. In questi ratti infatti basse dosi di cloruro di mercurio (50 mg /kg tre volte alla settimana) inducono una glomerulopatia autoimmune mentre a dosi più elevate (100 mg /kg tre volte alla settimana) compare anche proteinuria (9). Il meccanismo patogenetico con cui si instaura la patologia consiste in una attivazione policlonale dei linfociti B ad opera delle cellule T, con produzione di anticorpi diretti contro il self (membrana basale glomerulare, immunoglobuline, DNA, mieloperossidasi) che si dispongono poi in modo lineare lungo la membrana basale. Ad alti dosaggi di cloruro di mercurio si assiste alla comparsa di una glomerulonefrite membranosa con depositi subepiteliali di IgG che tende ad evolvere verso la sindrome nefrosica e la morte per insufficienza renale. Lo stato patologico é preceduto da un aumento della concentrazione di IgE circolanti.

A tale proposito sembra essere un dato di particolare interesse il fatto che la specificità antigenica degli autoanticorpi antinucleolo isolati nei modelli sperimentali sia esattamente sovrapponibile con quella presentata dagli autoanticorpi circolanti nel siero di pazienti affetti da sclerodermia (14).

In ulteriori esperimenti sull’animale é stata dimostrata la comparsa di reazioni autoimmuni anche a carico del polmone, con manifestazioni cliniche ed anatomia patologiche sovrapponibili alla sindrome di Goodpasture (1).

Altri autoanticorpi che possono comparire nel ratto dopo esposizione al cloruro di mercurio sono gli anticorpi anti fosfolipidi (aPL), in particolare nelle forme anti cardiolipina (aCL) e lupus anticoagulante (LAC). Gli aPL possono avere un ruolo rilevante in alcune patologie tra le quali la trombosi vascolare, l’aborto spontaneo, la trombocitopenia, livedo reticularis ed affezioni neurologiche, mentre i LAC sono implicati nel lupus eritematoso sistemico.

Gli effetti avversi dell’amalgama sul sistema immunitario sono stati dimostrati da Hultman utilizzando un protocollo sperimentale che impiega il materiale in questione direttamente quale elemento sensibilizzante, impiantandolo nella cavità peritoneale di topi SJL/N in quantità variabili da 8 a 100 mg, per tempi complessivi di 10 settimane o 6 mesi. I risultati della ricerca hanno evidenziato ipergammaglobulinemia cronica, autoanticorpi circolanti anti nucleolo e depositi di immunocomplessi in tutti i soggetti con una distibuzione dose e tempo dipendente ed alterazioni della funzionalità delle cellule T e B spleniche (10). L’autore conclude il suo studio affermando che in condizioni di suscettibilità genetica e con un adeguato livello di esposizione, l’amalgama può contribuire ad aberrazioni immunitarie che sfociano in fenomeni di autoimmunità.

Tutti i dati sperimentali disponibili concordano nel sostenere il ruolo fondamentale della predisposizione genetica affinché si manifestino fenomeni autoimmuni. Tali effetti sono comuni a tutti i vertebrati ma dipendono da una suscettibilità legata a tre o quattro geni, alcuni dei quali facenti parte del complesso maggiore di istocompatibilità.

 

INTERAZIONI A LIVELLO DEL SISTEMA NERVOSO

Le modalità con cui il mercurio provoca danni al sistema nervoso sono diverse da  quelle riscontrabili a livello degli altri tessuti.

Se a livello di altri organi il meccanismo tossico é legato principalmente alla inattivazione di enzimi a causa del legame con i gruppi sulfidrici, a livello della cellula nervosa il danno immediato del mercurio é da imputare alla sua azione perturbante la funzione elettrica. Come dimostrato sperimentalmente nei preparati di rana, lo ione mercurico é in grado di forzare il passaggio attraverso i canali del sodio e del calcio causando depolarizzione ed un marcato rilascio di neurotrasmettitori. A tale azione fa seguito da un blocco irreversibile dell’emissione di neurotrasmettitore e quindi una paralisi funzionale del neurone stesso (15).

La sintomatologia neurologica tipica dell’intossicazione acuta é in parte spiegata dal repentino calo della concentrazione intrasinaptica di trasmettitori, mentre poco é noto in via di certezza per quanto riguarda le proporzioni e le conseguenze di questo fenomeno nelle esposizioni croniche a basso livello. Il rischio teorico di un effetto sommativo nel tempo é però ipotizzato ed altamente temibile, data la natura irreversibile della lesione. Tali preoccupazioni trovano una loro parziale conferma nella frequente osservazione che i danni neurologici derivanti da esposizioni professionali perdurano per tempi molto protratti, nell’ordine delle decine di anni, anche dopo la cessazione dell’attività.

Altri studi sulla biochimica della tossicità del mercurio hanno confermato l’esistenza di inibizioni enzimatiche di notevole importanza ed in particolare della ADP ribossilazione, che costituisce un processo fondamentale del metabolismo delle proteine neuronali e della loro funzione nel contesto di reazioni formanti polimeri strutturali (31).

Tramite l’inibizione dell’enzima attuata dal mercurio viene impedita la formazione dell’actina e della tubulina ribossilate, due proteine strutturali del citoscheletro, con conseguente produzione di intermedi inattivi e si altera la funzione di fattore di crescita della proteina B-50/43kDa. L’effetto finale dell’interferenza mercurio mediata sulla strutturazione terziaria delle proteine neuronali è la formazione di grovigli di neurofibrille anatomopatologicamente sovrapponibili a quelle riscontrate nel morbo di Alzheimer (18).

Alcune delle ragioni per le quali non é possibile fissare un valore di sicurezza per l’esposizione al mercurio risiedono proprio nell’esistenza di questi gravi danni a carico di una popolazione cellulare permanente qual’é quella neuronale, in cui ogni singolo insulto non viene compensato nel tempo ma anzi aggiunto ad i precedenti (16).

 

INTERFERENZA CON LA FUNZIONE RENALE

La tendenza del mercurio derivante dalle amalgame ad accumularsi in notevole quantità nel rene è stata ampiamente dimostrata sia in animali quali la pecora e la scimmia sia nell’umano ed ha indotto alcuni ricercatori a investigare gli effetto che tali innalzate concentrazioni di metallo provocano sulla funzionalità renale. Il fatto che il mercurio, già a bassissimi dosaggi, sia in grado di interferire con la funzione renale è un dato acquisito, al punto che attualmente una delle poche metodiche che permette di valutare con una approssimazione accettabile il livello di esposizione di un soggetto è basata proprio sulla analisi del profilo escretivo delle porfirine. Le porfirine sono una famiglia di molecole, intermedie nella biosintesi dell’eme, con un scheletro composto da un numero di atomi di carbonio variabile da cinque a otto che vengono escrete con le urine secondo un preciso pattern. Il mercurio, causando un’alterazione del metabolismo delle porfirine a livello del tubulo prossimale, porta a delle alterazione del profilo escretivo con un progressivo e notevole innalzamento del livello delle porfirine con quattro e cinque atomi di carbonio e la comparsa di una porfirina anomala, denominata ‘precoproporfirina’, in modo fortemente dose dipendente con il livello esposizione (32).

L’impiego di tale metodica valuta la dose di mercurio assorbita in base all’effetto su di un tessuto bersaglio, quale è appunto il parenchima renale, permettendo di superare le imprecisioni e la non linearità della quantificazione dell’esposizione attraverso la misurazione del mercurio escreto con le urine.

I danni renali mercurio mediati possono essere di vario tipo ed attribuibili a processi patogenetici diversi: oltre alla tossicità diretta possono comparire lesioni più gravi dipendenti dalla produzione di auto anticorpi diretti contro le componenti glomerulari, come dimostrato nei modelli animali.

Le conseguenze di reazioni autoimmuni, tipicamente non dose dipendente, sono la comparsa di quadri di glomerulonefrite in soggetti geneticamente suscettibili.

La nefrotossicità del mercurio è stata valutata attraverso la misurazione di alcuni enzimi cellulari tipici dell’epitelio tubulare quali la g-glutamyl transferasi ed enzimi lisosomiali quali la b-galactosidasi renale, la b-glucuronidasi e la N-acetil-b-glucosaminidasi (NAG), rilevando un leggero aumento di quest’ultimo nelle urine di pazienti con in amalgama (6).

Maggiori informazioni circa l’impatto del mercurio amalgamale sulla funzione renale è stato valutato da Boyd misurando la clearence dell’inulina ed il riassorbimento degli elettroliti in 8 pecore a cui sono stati realizzate 12 otturazioni occlusali. Nelle pecore esposte all’amalgama la clearence dell’inulina raggiunge una perdita di efficienza pari al 54% già dopo 30 giorni, mentre aumenta l’escrezione del sodio, quale indicatore di un impedimento funzionale nel riassorbimento tubulare (4). Le alterazioni riscontrate sembrano imputabili, secondo l’autore, all’interazione tra il mercurio ed i gruppi sulfidrici presenti a livello di membrana, che porta a variazioni della permeabilità ed inattivazione enzimatica.

 

MUTAGENICITA’ DEL MERCURIO

La potenziale mutagenicità del mercurio deriva dalla sua capacità di legame chimico con l’acido ribodesossinucleico e quindi nella possibile alterazione dei meccanismi di replicazione del materiale genetico. Dati interessanti emergono dagli studi sperimentali di mutagenesi nelle cellule di ovaio di cavia (AS52), in cui si é osservato il legame del mercurio al DNA in modo dose dipendente. A concentrazioni di mercurio lontane dall’essere citotossiche (da 0.1 a 0.4 microM) si assiste ad un aumento della frequenza di mutazione del gene gpt, variabile tra 1.7 e 3.1 volte rispetto ai controlli non trattati (10). In maniera similare il cloruro di mercurio è in grado di indurre mutazioni in cellule di linfoma murino e danni al DNA nel topo e nel ratto.

Il quadro completo degli effetti possibili é complesso e dipende dalla forma chimica del mercurio: frequentemente si assiste ad una incapacità dei composti ad indurre mutazioni puntiformi nei batteri ma alla comparsa di effetti clastogenici nelle cellule eucariote, dovuti all’azione inibitrice della superspiralizzazione attuata attraverso il legame del mercurio con gruppi sulfidrici. La conseguenza dell’interazione con i meccanismi di replicazione porta alla comparsa di figure mitotiche C e conseguente aplopia o poliplopia delle cellule emergenti (5).

Altro fenomeno legato al mercurio capace di causare danni al DNA é l’inibizione delle reazioni che conferiscono alla cellula le capacità riparativa del materiale genetico.

 

EFFETTI SULLA FERTILITÀ FEMMINILE

Vari studi effettuati sulle assistenti dentali hanno evidenziato un calo della fertilità legato alla quantità ed alle modalità con cui  vengono preparati gli amalgami per otturazione. La più grande indagine di questo tipo é stata realizzata da Rowland, che ha inviato dettagliati questionari a 7000 assistenti dentali californiane ed ha  successivamente  selezionato una popolazione di 418 soggetti significativi in quanto rimaste incinte nei precedenti quattro anni.

Informazioni dettagliate sul numero di amalgame preparate alla settimana,  sulle modalità operative e sul numero di cicli mestruali privi di copertura contraccettiva richiesti per il concepimento sono state raccolte tramite intervista telefonica. La fecondabilità media, intesa come probabilità di concepire per ciclo mestruale, calcolata nelle assistenti dentali fortemente esposte é risultata essere del 63%, confrontabile con il 95% nelle colleghe non esposte al mercurio (19).

Nessuno studio finora eseguito ha misurato quantitativamente l’esposizione tramite campionamenti dell’aria respirata o valutazioni dei livelli di mercurio escreti.

 

PASSAGGIO VERTICALE AL FETO E TOSSICITÀ FETALE

La distribuzione del mercurio ai tessuti del feto é un evento che normalmente dipende dalla preventiva esposizione della madre, anche se questa può in effetti essere piuttosto lontana nel tempo a causa della lunga emivita dell’elemento nei tessuti materni ed alla presenza di fenomeni di ridistribuzione. Diverse evidenze scientifiche dimostrano il passaggio del mercurio attraverso la barriera placentare, con modalità simili a quanto accade a livello della barriera ematoencefalica.

Una di queste dimostrazioni é stata fornita da Vimy che ha monitorato in total body scan il passaggio verticale del mercurio in una pecora. I suoi risultati illustrano come i valori ematici del mercurio raggiungono un livello di picco nel sangue materno, nel liquido amniotico e nel sangue fetale dopo 48 ore dall’esecuzione di restauri in amalgama contenenti il tracciante radioattivo 203Hg nella dentatura della pecora e come tali livelli rimangano costantemente elevati per tutta la durata dell’esperimento, ovvero 140 giorni (29)

Valori di mercurio riportati dall’autore a fine esperimento sono stati di 4 ng/g per il sangue materno ed il liquido amniotico e 10 ng/g nel sangue fetale.

Dall’insieme delle misurazioni comparative fatte a livello sperimentale nell’animale emerge, come del resto prevedibile, che non tutte le forme chimiche del mercurio hanno la stessa capacità di attraversare la barriera placentare. Le due forme in assoluto più diffusibili sono il mercurio metallico ed il metil mercurio a causa della loro liposolubilità. Per quanto riguarda la forma elementare, ovvero il mercurio metallico Hg0, il superamento della barriera placentare coincide con la rapida ossidazione alla forma divalente e, parallelamente a ciò che avviene a livello del sistema nervoso, al sequestro tissutale determinato dalla impossibilità a retrodiffondere per la molecola ionizzata.

La concentrazione totale del mercurio nel sangue del nascituro risulta pertanto superiore a quello misurata nel sangue materno (11)

Poco è noto su gli effetti determinati dal mercurio sullo sviluppo fetale. Alcune ricerche di particolare interesse indicano l’esistenza di alterazioni nello sviluppo del sistema nervoso già a basse concentrazioni di mercurio nei tessuti, a livelli paragonabili a quelle potenzialmente riscontrabili nel cervello di feti umani. Soederstroem ha dimostrato l’esistenza di alterazioni rilevanti nella distribuzione del NGF (Nerve Growth Factor) e dei sui recettori p75 a bassa affinità e p140 ad alta affinità nei tessuti cerebrali di feti di ratti esposti ai vapori di mercurio (22). Simili anomalie biochimiche sono presenti già ad una concentrazione tissutale di mercurio pari a 4 ng/g

 

INDUZIONE DI RESISTENZA BATTERICA

La grande adattabilità dei batteri all’ambiente é ancora una volta dimostrata dalla loro capacità di sviluppare meccanismi di resistenza al mercurio.

Mentre molte forme di resistenza ai metalli sono comuni a batteri che trovano il loro habitat nel terreno o negli scarichi di tipo industriale, la  mercurio-indifferenza ai composti organici ed inorganici é una caratteristica frequente delle flore batteriche intestinali dei mammiferi.

Il meccanismo biochimico che determina la diminuzione della tossicità nei confronti dei batteri resistenti é la conversione dello ione Hg++, particolarmente attivo, nella forma Hg0, meno dannosa per il metabolismo del microrganismo. La reazione avviene ad opera di una Hg++ riduttasi citoplasmatica ed un sistema di trasporto costituito da due oppure tre proteine che trasferiscono il mercurio dalla membrana cellulare all’ambiente intracellulare. L’intero sistema proteico é codificato da un operone mer, di origine plasmidica, ed é sotto il controllo sia positivo che negativo della proteina MerR, capace di legare il DNA e dotata di una spiccata affinità per il mercurio. 

 

La comparsa di resistenze verso il mercurio, in apparenza poco rilevante per l’uomo, é invece un fenomeno allarmante e potenzialmente pericoloso in quanto associato ad una simultanea induzione di resistenze nei confronti  di comuni antibiotici ampiamente utilizzati in medicina.

La presenza di flora batterica resistente é un fattore individuale che presenta variazioni della percentuale di elementi resistenti comprese tra il 10% ed il 90%, ma la correlazione tra mercurio resistenza ed antibiotico resistenza é stringente.

I lavori sperimentali della Summers dimostrano come l’esecuzione di otturazioni nelle scimmie porti ad un prevedibile aumento della concentrazione fecale di mercurio accompagnato dalla comparsa di numerose speci batteriche resistenti. Sia i gram negativi appartenenti alla famiglia Enterobatteriaceae che gli enterococci gram positivi e gli streptoccocchi orali presentano un marcato aumento del numero di elementi resistenti nei confronti dell’ampicillina, della kanamicina, del chloramfenicolo e della tetraciclina già dopo due settimane dall’esecuzione delle otturazioni, come verificabile tramite replica plating su terreni selettivi (24).

Da un punto di vista biologico e molecolare la resistenza congiunta al mercurio ed agli antibiotici é facilmente spiegata dall’esistenza di plasmidi che trasferiscono congiuntamente i geni responsabili della indifferenza a più sostanze. In questo caso il mercurio diventa un elemento di selezione per i batteri dotati di plasmidi e quindi del corredo genetico necessario alla sopravvivenza ma determina simultaneamente un arricchimento anche per quanto riguarda i geni cotrasportati relativi alla antibiotico resistenza (12)

Il fatto che le trasmissione del genotipo resistente avvenga tramite plasmidi, e quindi tramite meccanismi di fertilità batterica, apre la possibilità che batteri saprofiti trasferiscano, nel contesto della loro stessa famiglia batterica, fattori di resistenza ad altri batteri invece patogeni.

 

CONCLUSIONE

Il rilascio di mercurio da parte delle otturazioni in amalgama è oggi un fatto acquisito e ben documentato e ben documentabile con metodiche selettive, tipo Spettrofotometria ad Assorbimento Atomico per esempio. Molto utile il Test per la Ricerca dei Metalli Tossici Urino-Fecali (TMTUF) .

Il meccanismo di assorbimento ed il  destino biologico all’interno dell’organismo è ben conosciuto, cionondimeno le conseguenze dell’intossicazione cronica che ne deriva sono tutt’ora poco comprese e studiate e necessitano di essere approfondite attraverso studi sperimentali ed epidemiologici affidati a specialisti dei diversi settori della medicina. Ulteriori dati sono necessari rapidamente circa la soggettività genetica della risposta immune ed allergica al mercurio, al fine di poter identificare quei soggetti che, in modo maggiore di altri, risentono dell’impiego dell’amalgama quale materiale da otturazione. Alla luce dei dati scientifici oggi disponibili occorrerebbe iniziare a considerare l’amalgama al pari di una farmaco e quindi dotato, in quanto tale, di specifiche indicazioni, di controindicazione ed, inevitabilmente, di effetti collaterali.

 

 

 

 

 

 Autismo e sindromi correlate

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Sono passati piu' di 50 anni da quando il Dott. Leo Kanner, uno psichiatra della Johns Hopkins University, scrisse il primo articolo coniando il termine 'autismo' riferendosi ad un gruppo di bambini contraddistinti dall’atteggiamento comune di “chiusura” in loro stessi e da severi problemi di socializzazione, di comunicazione e comportamentali.
Questo articolo paradigmatico fornisce una panoramica generale della complessita “di questa disturbo” dello sviluppo, fornendo tutt’oggi un sommario di gran parte dei principali poliedrici aspetti che caratterizzano i disturbi nello spettro dell’autistimo.

I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, tra i quali è annoverato l’autismo, sono in vertiginoso aumento. Le statistiche sconfortanti, fanno prevedere che nel prossimo decennio, l’autismo e i disturbi pervasivi dello sviluppo diventeranno un’emergenza sociale ed economica di primo ordine.I casi diagnosticati di autismo (prevalenza) negli Usa sono passati da 15.580 del 1992 al 163.773 nel 2003. La tendenza purtroppo continua a essere in crescita, questi dati, anche se con qualche variazione, riguardano tutti i paesi progrediti
 

Lo studio Yokohama (Yokohama Rehabilitation Center, Giappone, 2005) ha riscontrato 1,61% di nati autistici (un nato su 62).

 

Attualmente secondo “The Lancet”(Lancet Publishing Group), in Inghilterra nascerebbero 1,16 % di bambini autistici. “The Lancet” (www.thelancet.com) è considerata una delle cinque principali riviste mediche del mondo, assieme a New England Journal of Medicine, Journal of the American Medical Association, British Medical Journal e Canadian Medical Association Journal.
 

Negli U.S.A. L’incidenza dell’autismo è aumentata del 900% dal 1992 al 2001. Nel 2005 vi sono stati 4,5 casi per 10.000 nati.  (Fonte www.wikipedia.org).
 

L’autismo nel Regno Unito colpisce più di un bambino su 80. (Fonte http://www.epha.org - European Public Health Alliance)
 

Ms. Kathy Sinnott (deputato irlandese del Parlamento Europeo, e militante per il riconoscimento dei diritti dei diversamente abili) sottolinea come l’autismo possa considerarsi ormai endemico in Europa, tanto da richiedere interventi istituzionali, in primis ad opera della Comunità Europea.
 

La commissione Europea ha già da tempo affermato che l’autismo sta diventando la disabilità evolutiva con la maggiore incidenza.

 

In Italia secondo dati Eurispess vi sono solo 6-10 nati autistici su 10.000. Il Corriere della Sera del 19/2/07 riporta 60 nati su 10.000. Viste le grandi discrepanze tra i dati italiani ed europei, sorge il dubbio, che a causa delle difficoltà diagnostiche, in Italia il fenomeno sia ancora sottovalutato e ridimensionato.

Per trattare, secondo gli standard internazionali, 5800 bambini necessitano almeno 10.000 operatori. Per formare gli operatori secondo gli standard internazionali necessitano alcuni anni.

Da molto tempo ci sono 2 test (ABC: Autism Behavior Checklist, CHAT: Checklist for Autism in Toddlers) per ipotizzare la presenza dell’autismo. Tali test sono molto economici, in diverse lingue, facili da utilizzare, richiedono pochi minuti per la somministrazione (per la somministrazione della CHAT necessitano 5-10 minuti, (Fonte: Stato di New York www.health.state.ny.us ) e per apprenderne l’uso. Questi test possono essere somministrati da insegnanti, psicologi o dai pediatri.

Vista la gravità della situazione l’onorevole Delfino Teresio ed altri hanno presentato il Progetto di legge: 2438 (fase iter Camera: 1° lettura) :”Norme per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dell’autismo e disposizioni per l’assistenza alle famiglie delle persone affette da questa malattia” Stato iter: Assegnato alla XII Commissione Affari sociali il 29 maggio 2007. La proposta di legge: tra l’altro afferma: “L’autismo, fenomeno raro fino al 1980 (1 caso su 2.000), ha presentato in questi ultimi 20 anni una crescente difusione, le statistiche registrano 1 caso su 150 nuovi nati ( Fonte: Center for Disease Control, USA, 2007).”

Plausibili motivi di discrepanza sul tasso d'incidenza possono essere differenti: criteri di diagnosi, fattori genetici e/o influenze ambientali.
L'autismo colpisce i maschi con una frequenza tre volte maggiore delle femmine. Questa differenza tra i due sessi non e' peculiare dell'autismo poiche' molte disabilita' dello sviluppo hanno un rapporto maschi - femmine anche piu' elevato.

 

Migliora la diagnosi, aumentano i casi

L’incidenza dell’autismo è un fenomeno considerato in crescita. In Italia, secondo i più recenti dati Eurispes, sono autistici fra i 6 e i 10 bambini su 10mila. Un problema che se considerato all’interno dei disturbi psichiatrici in età evolutiva, indica che il 3% dei soggetti fra i 3 e i 18 anni che soffrono di problemi mentali, è affetto da autismo. Un fenomeno che incide pesantemente anche sui costi di assistenza. Un resoconto pubblicato nel 2001 in Gran Bretagna sottolinea come il costo sostenuto per individui autistici con ritardo mentale si aggira intorno ai 1337 euro l’anno; se, invece, le funzioni cognitive e intellettive sono nella norma, la cifra scende a 405 euro. E proprio dalla Gran Bretagna arriva uno studio secondo il quale il fenomeno è sottostimato. Il problema, dicono i ricercatori, è capire se si tratti di un effettivo aumento della prevalenza o se interferiscano altri aspetti come le modifiche ai criteri diagnostici, i differenti metodi di accertamento o la variazione nella valutazione di aspetti come l’area di provenienza del soggetto autistico nonché di parametri come l’età o il quoziente intellettivo.

Lo studio di Lancet
I ricercatori per verificarlo hanno preso in considerazione un gruppo di quasi duemila bimbi con disturbi potenzialmente riconducibili all’autismo. Quindi li hanno sottoposti a test clinici per verificare la presenza effettiva della patologia e scoprire eventuali casi prima non identificati. Il risultato è stato superiore alle previsioni.
La malattia colpisce, infatti, circa l’1% dei bambini britannici con una incidenza di 116 casi ogni 10 mila. Numeri che ribaltano la stima finora ritenuta attendibile nel paese, e comunque in crescita, di 44 casi su 10mila pazienti. Fino alla fine degli anni ’80 la prevalenza di autismo infantile era riportata nell’ordine dei 4-5 casi su 10mila. Poi, per primi, tre studi giapponesi avevano rialzato il tasso di incidenza passando a 13-15 casi su 10mila. Un trend cui si sono rapidamente adeguati anche europei e americani, senza che venissero riscontrate differenze etniche nella prevalenza. Ma i numeri riportati da Lancet da un campione di 56946 bambini di età compresa tra i 9 e i 10 anni e riguardanti l’ultimo decennio, sono decisamente più rilevanti. Come è possibile un simile risultato? Ci sono, spiega l’editoriale a supporto dello studio, due possibili spiegazioni. La prima, la più banale, prevede che effettivamente ci sia una crescita del fenomeno. Ma le cause restano misteriose. Si va dall’ipotesi genetica, mai meglio chiarita, a quella ambientale. Su questo punto sembrerebbe, peraltro, ormai definitivamente affondata l’ipotesi di un ruolo del vaccino trivalente, determinato dall’utilizzo di timerosal come agente conservante. L’altra spiegazione riguarderebbe i progressi fatti nell’accertamento della malattia per l’introduzione di criteri diagnostici universali. Questi criteri, che fanno capo al DSM-IV, hanno esteso e chiarificato il concetto di autismo e dei vari sottotipi di disturbi pervasivi dello sviluppo. Questi criteri aggiornati hanno aiutato i professionisti a diagnosticare i vari disturbi pervasivi dello sviluppo, favorendo lo stabilirsi di sistemi di individuazione della malattia sempre più fini. Quindi non sarebbero di più i casi quanto piuttosto maggiore la capacità di rilevarli. Si spiega così il sempre maggior numero di casi identificati in soggetti con un alto quoziente intellettivo. “L’autismo è più diffuso del previsto” ha spiegato l’autore della ricerca “è quindi necessario mettere in atto misure di rilevazione più precise ed elaborare piani per aiutare i piccoli malati e le loro famiglie”.

BIBLIOGRAFIA
Charman T et al. Prevalence of disorders of the autism spectrum in a population cohort of children in South Thames: the Special Needs and Autism Project (SNAP). The Lancet 2006; 368:210-215
 

 

RETE DELLA PESCA GENETICA

Un nuovo metodo statistico per le indagini genetiche ha permesso di 'intrappolare' un gene responsabile dell'autismo. Infatti, grazie ad una tecnica di analisi di sottoinsiemi ordinati (ordered-subset analysis, OSA) che integra i dati di famiglie in cui sono presenti mutazioni simili, soprannominata anche 'rete per la pesca genetica', e' stata isolata una variante genetica che predispone alle sindromi autistiche nel gene per la subunita' 3 del recettore per l'acido gamma-aminobutirrico (GABRB3). Lo studio statunitense, pubblicato sulla rivista 'American Journal of Human Genetics', suggerisce che potrebbe servire a trovare le cause di altre malattie, in cui i fattori genetici si intrecciano a quelli ambientali, come la sclerosi multipla, l'ipertensione e il diabete.
Ricercatori del Duke University Medical Center (Durham) hanno messo a punto il metodo di analisi OSA, per isolare unper isolare un gene che era sempre sfuggito alle analisi. Cosi', ha limitato i test a famiglie in cui piu' di un bambino aveva sviluppato una sindrome autistica con difficolta' ad accettare i cambiamenti e continua ripetizione degli stessi comportamenti. I dati, raccolti in un campione di 221 bambini, hanno rivelato che la mutazione responsabile si trovava sul cromosoma 15, nella posizione 15q11-q13, all'interno del gene per il GABRB3. Nella stessa area dei geni per la sindrome di Angelman Syndrome e per quella di Prader-Willi Syndrome, che provocano, anch'esse, comportamenti ripetitivi.
I ricercatori spiegano che questi risultati sono anche la prima prova che l'autismo non deve essere considerato come un sindrome unica. Quindi, le sue varie manifestazioni potrebbero avere cause molto diverse e richiedere trattamenti differenti.
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CARATTERISTICHE PRINCIPALI
Molti neonati autistici sono diversi fin dalla nascita. Due caratteristiche comuni che si possono ritrovare in questi neonati sono la tendenza ad assumere posture stereotipate del rachide d’iperestensione della colonna vertebrale quasi come per allontanarsi dalla persona che li accudisce evitando in tal modo il contatto fisico, non riusciendo peraltro ad anticipare il fatto di essere presi in braccio. In questa circostanza i giovani pazienti rimangono passivi ed ipotonici con il corpo abbandonato.
Nei primi mesi di vita sono spesso descritti come bambini o passivi o estremamente agitati. Ci si riferisce ad un bambino come passivo quando e' tranquillo per la maggior parte del tempo e richiede poca o nessuna attenzione da parte dei genitori. Per estremamente agitato si intende invece un neonato/infante che durante le ore di veglia piange molto, a volte ininterrottamente. Durante l'infanzia, molti di questi bambini iniziano a dondolarsi e a picchiare la testa contro la culla, anche se cio' non sempre avviene.
Nei primi anni di vita, alcuni bambini autistici raggiungono tappe dello sviluppo (quali parlare, gattonare e camminare) molto in anticipo rispetto alla media; in altri casi le stesse tappe vengono raggiunte invece con considerevole ritardo. Approssimativamente, un terzo dei bambini autistici si sviluppa in modo normale fino ad una eta' compresa tra un anno e mezzo e tre anni, dopodiche' i sintomi autistici cominciano ad emergere. Questi individui sono spesso indicati come soggetti ad un autismo 'regressivo'. Alcuni addetti ai lavori ritengono che la Candida (Candida Albicans), le vaccinazioni, l'esposizione ad un virus o la presenza di convulsioni possano essere responsabili di questa regressione. Si pensa anche che alcuni bambini con ad autismo 'regressivo' possano aver contratto la " Sindrome di Landau-Kleffner” (si veda la sezione seguente).
Durante l'infanzia, i bambini autistici possono restare indietro rispetto ai loro coetanei nelle aree della comunicazione, della socializzazione e della percezione richiedendo l’appoggio di un “insegnante di sostegno”.

Inoltre, possono cominciare a manifestarsi comportamenti disfunzionali quali:

A) Stereotipi posturali auto stimolatori (ad esempio, comportamenti ripetitivi e non finalizzati, come dondolarsi, agitare le mani).
B) Comportamenti autolesionistici (p.es., mordersi le mani, picchiare la testa).
C) Problemi del sonno e dell'alimentazione, scarso contatto di sguardo, insensibilita' al dolore, iper-/ipo-attivita' e deficit dell'attenzione.
D)
Una caratteristica abbastanza comune nell'autismo e' il comportamento 'insistentemente ripetitivo' o 'insistentemente perseverante' dell'individuo.
Molti bambini diventano estremamente insistenti sulle routine; se una routine viene cambiata, anche di poco, il bambino puo' essere sconvolto e collerico. Alcuni esempi comuni sono: mangiare e/o bere lo stesso cibo ad ogni pasto, vestire certi abiti o insistere che altri vestano sempre gli stessi abiti, andare a scuola usando sempre la stessa strada. Una possibile ragione per l'insistenza sulla ripetitivita' nell'autismo potrebbe essere l'incapacita' di comprendere e di confrontarsi con nuove situazioni.
Individui autistici hanno alle volte difficolta' col passaggio alla puberta'. Approssimativamente il 20% presenta convulsioni per la prima volta durante la puberta', dovute probabilmente a variazioni ormonali. Molti problemi comportamentali inoltre possono diventare piu' frequenti e piu' severi durante questo periodo. D'altra parte invece, altri passano attraverso la puberta' con relativa facilita'.
A differenza di quanto succedeva 20 anni fa, quando molti individui autistici venivano istituzionalizzati, ci sono oggi molte e diverse possibilita' di sistemazione, flessibili a seconda dei casi.
Attualmente, solo gli individui piu' gravi vivono in istituti di internamento. In eta' adulta, alcuni vivono con i genitori, altri in case di residenza, altri vivono in modo semi-indipendente (p.es. in gruppi ridotti in un'abitazione), altri ancora vivono in maniera del tutto indipendente. Ci sono individui che riescono a frequentare l'universita' ed a laurearsi ed alcuni che sviluppano relazioni adulte e possono sposarsi. Nell'ambiente lavorativo, molti adulti autistici possono essere lavoratori affidabili e coscienziosi. Sfortunatamente pero' possono avere difficolta' nel trovare lavoro in quanto, essendo molti di loro socialmente impacciati e potendo apparire 'eccentrici' o 'differenti', hanno sovente difficolta' con i colloqui di assunzione.


SOTTOGRUPPI E DISORDINI CORRELATI
Non esiste un aggettivo in grado di descrivere tutti i tipi di persone affette da autismo, esistono infatti molte forme diverse di questo disordine. Ad esempio, alcuni individui sono anti-sociali, altri sono a-sociali, altri ancora sono invece sociali. Alcuni sono aggressivi verso se' stessi e/o verso gli altri. Circa la meta' ha linguaggio molto limitato o addirittura assente, alcuni invece ripetono parole o frasi (ecolalia), altri hanno una normale capacita' linguistica. Poiche' ad oggi non esistono test fisiologici in grado di determinare se una persona sia affetta da autismo, questo disordine viene diagnosticato quando un individuo presenta un certo numero di comportamenti caratteristici.
Ricerche negli ultimi cinque anni hanno dimostrato che molte persone che presentano comportamenti autistici, sono affette da disordini correlati, ma distinti. Questi includono: la Sindrome di Asperger, la Sindrome da X Fragile, la Sindrome di Landau-Kleffner, la Sindrome di Rett, e la Sindrome di Williams.

LA SINDROME DI ASPERGER
La Sindrome di Asperger (AS) e' caratterizzata da interazione sociale inadeguata, mancanza di empatia e dipendenza da rituali e routines, è classificata come disturbo dello spettro autistico (DSM–IV and ICD–10). Sebbene la prevalenza della AS sia stata stimata tra lo 0.3 fino al 48.4 ogni 10.000, il fenotipo rimane sconosciuto. Molti studi, compresa la descrizione originale di Hans Asperger (1944) hanno ipotizzato una forte componente genetica. Abbiamo realizzato un’analisi genetica su famiglie finlandesi con presenza di AS con un fenotipo ben determinato. Nell’analisi iniziale è stato riscontrato Z (max)>1.5 in nove regioni cromosomiche: 1q21-22, 3p14-24, 3q25-27, 4p14, 4q32, 6p25, 6q16, 13q31-33 e 18p11. Nella fase di mappatura fine i due punteggi LOD più alti sono stati osservati sui cromosomi 1q21-22 (D1S484, Z(max dom)=3.58), 3p14-24 (D3S2432, Z(max dom)=2.50) and 13q31-33 (D13S793, Z(max dom)=1.59). I loci 1q21-22 e 3p14-24 coincidono con loci di suscettibilità pubblicati precedentemente per l’autismo e i loci 1q21-22 e 13q31-33 con loci riportati per la schizofrenia. La presente ricerca è la prima analisi genomica su vasta scala riguardante l’AS, pertanto si attendono conferme per valutare l’importanza dei loci identificati per l’AS.

Una ricerca sul genoma per individuare i loci della sindrome di Asperger
area pubblica area della ricerca genetica (Ylisaukko-oja T, Nieminen-von Wendt T, Kempas E, Sarenius S, Varilo T, von Wendt L, Peltonen L, Jarvela I.Mol Psychiatry. 2004 Feb;9(2):161-8.)

Department of Molecular Medicine, National Public Health Institute, Biomedicum, PO Box 104, 00251 Helsinki, Finland. irma.jarvela@hus.fi

LA SINDROME DA X FRAGILE
La Sindrome da cromosoma X fragile e' una forma di ritardo mentale in cui il ramo lungo del cromosoma X e' contratto. Approssimativamente il 15% delle persone con Sindrome da X Fragile presenta comportamenti autistici. Questi includono: ritardi del linguaggio e della parola, iperattivita', scarso contatto di sguardo e l'agitare le mani. La maggioranza di questi individui opera a livelli medio-moderati. Con gli anni, le loro peculiari caratteristiche fisiche facciali possono diventare molto prominenti (p.es. volto ed orecchie allungati) e possono sviluppare problemi cardiaci.
Anche le persone affette dalla Sindrome di Landau-Kleffner, esibiscono molti comportamenti autistici quali rifiuto per la vita sociale, insistenza sullo stesso soggetto e problemi di linguaggio. Si pensa spesso che questi individui siano affetti da autismo 'regressivo' in quanto appaiono normali fino ad una eta' compresa tra i 3 e i 7 anni. Hanno sovente buona capacita' di linguaggio nella prima infanzia, ma gradualmente perdono la loro capacita' di parlare. Presentano anche anormalita' nell'andamento delle onde cerebrali, che possono essere diagnosticate analizzando l'Elettroencefalogramma preso durante un periodo di sonno esteso.
La Sindrome di Rett e' un disordine degenerativo che colpisce principalmente le femmine e si sviluppa generalmente tra i sei e i diciotto mesi di eta'. Alcuni comportamenti caratteristici includono: perdita del linguaggio, ripetitive contorsioni delle mani, dondolamento del corpo e rifiuto della socialita'. Gli individui che soffrono di questo disordine possono essere mentalmente ritardati in modo severo o molto severo.
La Sindrome di Williams e' caratterizzata da severi comportamenti autistici che includono: ritardi dello sviluppo e del linguaggio, sensibilita' eccessiva ai suoni, deficit dell'attenzione e problemi di socializzazione. A differenza di molti individui autistici, quelli affetti da Sindrome di Williams sono abbastanza sociali e soffrono di problemi cardiaci.

CAUSE
Nonostante non sia nota una causa unica dell'autismo, c'e' crescente evidenza che questo possa essere causato da una varieta' di problemi. Ci sono per esempio indicazioni di un'influenza genetica. Ad esempio, due gemelli monozigoti (cioe' gemelli identici) hanno maggiore probabilita' di essere autistici rispetto a due gemelli dizigoti (cioe' fratelli gemelli). Nel caso di gemelli monozigoti, c'e' una sovrapposizione del 100% dei geni, mentre nei gemelli dizigoti, c'e' una sovrapposizione genetica del 50%, la stessa che c'e' nei fratelli non gemelli. In una campagna condotta in Utah, alcuni ricercatori identificarono undici famiglie in cui il padre era un soggetto autistico. In queste undici famiglie, su un totale di 44 figli, 25 furono diagnosticati come autistici. Altre ricerche hanno mostrato che depressione e/o dislessia sono piuttosto frequenti in uno o entrambi i lati di una famiglia dove e' presente l'autismo.
Vi sono anche evidenze che un virus possa essere causa di autismo. C'e' un maggior rischio di avere un figlio autistico dopo l'esposizione alla rosolia durante il primo trimestre di gravidanza. Anche il Citomegalovirus e' stato associato con l'autismo. Inoltre si specula che virus associati con vaccinazioni, quali quella contro la rosolia o la componente per la pertosse della vaccinazione DPT, possano causare l'autismo.
Nonostante non ci sia ad oggi evidenza scientifica, c'e' crescente preoccupazione che tossine e inquinamento ambientale possano portare all'autismo. Nella piccola citta' di Leomenster, nel Massachusetts, dove si trovava una volta un'industria per la produzione di occhiali da sole, c'e' un'alta prevalenza di autismo. E' interessante notare che la maggioranza dei casi di autismo e' stata riscontrata nelle case che si trovavano sottovento rispetto alle ciminiere della fabbrica.

TESTS DIAGNOSTICI
I seguenti test diagnostici ed opzioni terapeutiche rappresentano le possibili alternative di formazione e di terapia per i bambini che siano stati sottoposti a diagnosi nello spettro delle patologie autistiche o nei quali si siano riscontrati significativi problemi nel campo dell'attenzione, del comportamento e del linguaggio.
Questa lista non è finalizzata ad escludere ulteriori test che il consulente medico possa giudicare utili, e la lista rappresenta i consensi di oltre trenta clinici e ricercatori in vari settori medici e specialità scientifiche che si sono incontrati nel gennaio del 1995 a Dallas per un simposio sponsorizzato dall’Istituto per la Ricerca sull’Autismo (Sconfiggiamo l’Autismo ora - DAN), dove incontrati per discutere e focalizzare l’attuale punto della ricerca sull’autismo e le patologie ad esso correlate.
Una delle principali ragioni allo svolgimento di questa conferenza è stata quella di trovare dei consensi per guidare opportunamente le famiglie e i professionisti della salute attraverso il dedalo dei test potenzialmente utili e delle terapie che sono emerse nel gruppo dei membri o dei gruppi, ed altre strutture, negli ultimi vent’anni. La maggior parte di noi ha tenuto in considerazione la pubblicazione del dott. Rimland che ha portato ad un subitaneo, ad un tempestivo cambiamento dall’approccio psicoanalitico a quello focalizzato sull’aspetto biologico causale. Trenta anni addietro noi medici eravamo i pionieri nel settore delle misurazioni delle anormalità biochimiche ed immunologiche e del loro trattamento senza sapere quali fossero le cause primarie e quali le secondarie. Le scuole di pensiero sono state ulteriormente divise tra quelle di pertinenza psicologica e quelle biologiche, ma tendono attualmente a separarsi in due principali correnti: accademici contro professionisti, conservatori verso avventurosi, osservatori contro oscurantisti, farmacologi contro nutrizionisti, immunologi e interventisti nel settore biochimico
Genitori e professionisti alla ricerca di possibilità finalizzate ad indagare la biochimica di ciascun giovane paziente dovrebbero tener presente e pianificare l’esecuzione dei seguenti tests, come peraltro consigliato dal grupo DAN.
I seguenti test sono basati su studi stabili e fanno parte di un processo diagnostico originale utilizzato per i bambini affetti da anomalie dello sviluppo. Consideriamo che ognuno di questi test menzionati nel protocollo dovrebbe essere eseguito dopo che un competente professionista abbia stilato una diagnosi clinica e perpetrato i seguenti tipi di valutazione:

-Emocromo completo;
-Test Citotossico delle Intolleranze alimentari (Alitest@, per es.)
-Ricerca delle IgG specifiche per Candida ed IgE aspecifiche (TASC, per es)
-Ricerca dei metalli tossici urinari e/o fecali (TOMTU/F, per es.)
-Esame delle urine;
-Urinalisi Domiciliare@
-Screening della biochimica ematica, inclusi i test della funzionalità tiroidea;
-Ferritina serica;
-Test degli aminoacidi urinari;
-Test per la ricerca degli acidi organici urinari;
-Ricerca cromosomica per l’evidenziazione del cromosoma fragile X (anche nei genitori);
-Risonanza magnetica RMN,
-TAC o esame radiografico, ed allorché indicato elettroencefalogramma,
-EEG,
-Screening di Landau Kleffner.

ANOMALIE FISICHE
Alcuni ricercatori hanno individuato diverse anomalie celebrali negli individui autistici; tuttavia, le ragioni di queste anormalita' non sono note, cosi' come non e' nota la loro influenza sul comportamento. Queste anomalie possono essere classificate in due tipi--disfunzione nella struttura neurale del cervello e biochimica cerebrale anomala. Sara' importante per i ricercatori futuri esaminare le relazioni tra questi due tipi di anomalie.
Per quanto riguarda la struttura cerebrale, i Dottori Bauman e Kemper hanno effettuato analisi post-mortem su cervelli di individui autistici e hanno individuato due aree nel sistema limbico che sono sottosviluppate--l'Amigdala e l' Ippocampo. Queste due aree sono responsabili delle emozioni, dell'aggressivita', della percezione sensoriale e dell'apprendimento. Essi hanno anche trovato una scarsita' di celle di Purkinje nel cervelletto. Usando la Magneto Risonanza (MRI, Magnetic Resonance Imaging), il Dr. Courchesne ha trovato due aree del cervelletto, i lobuli VI e VII del vermis, che sono significativamente piu' piccoli del normale negli individui autistici. E' interessante notare che vi sono alcuni individui autistici i cui lobi vermali VI e VII sono invece piu' larghi del normale. Una o entrambe queste aree del cervelletto sono ritenute responsabili dell'attenzione.
Per quanto riguarda la biochimica, molti soggetti autistici hanno elevati livelli di serotonina nel sangue e nei fluidi cerebrospinali, mentre altri invece hanno livelli di serotonina relativamente bassi. Si dovrebbe menzionare che anche altri disordini sono associati a livelli anormali di serotonina, p.es. la sindrome di Down, il deficit dell'attenzione/iperattivita' e la depressione unipolare. C'e' anche evidenza che alcuni individui autistici abbiano elevati livelli di beta-endorfine, sostanze endogene del corpo simili all'oppio. Si ritiene che, in quegli individui che tollerano maggiormente il dolore, questo possa essere dovuto ad elevati livelli di beta-endorfine.
All'autismo e' stato associato anche un sistema immunitario disfunzionale. Si pensa che una infezione virale o una tossina ambientale possano essere responsabili di danni al sistema immunitario. Alcuni ricercatori hanno riscontrato che molti individui autistici hanno un numero ridotto di cellule-helper "T" che aiutano il sistema immunitario a combattere le infezioni.

ALTERAZIONI SENSORIALI
Molti individui autistici sembrano soffrire di una alterazione di uno o piu' sensi. Questa alterazione puo' coinvolgere il sistema uditivo, visuale, tattile, gustativo, vestibolare, olfattivo, propriocettivo. La percezione sensoriale puo' essere ipersensibile, iposensibile o puo' provocare al soggetto interferenze come nel caso del "tinnitus" (un ronzio o campanellio persistente nelle orecchie). Come conseguenza, per gli individui autistici, puo' essere difficile processare correttamente l'informazione sensoriale in ingresso.
L'alterazione sensoriale puo' anche rendere difficile il sopportare stimoli normali. Per esempio, alcuni individui autistici sono sulla difensiva dal punto di vista tattile ed evitano tutte le forme di contatto corporeo. Altri invece hanno poca o nessuna sensibilita' tattile o al dolore. Alcuni soggetti autistici inoltre sembrano invece desiderare ardentemente una forte pressione corporea. Un altro esempio di anormalita' sensoriale e' l'ipersensibilita' uditiva. Circa il 40% degli individui autistici sono in forte disagio quando sono esposti a certi suoni o frequenze. Spesso si coprono le orecchie e/o si infuriano dopo aver udito suoni come il pianto di un bambino o il suono di un motore. In contrasto, alcuni genitori pensano che i loro figli siano sordi perche' sembrano non rispondere ai suoni.
molti bambini affetti da patologie rappresentano un ampio spettro dei problemi di carattere di sviluppo, percettivo, di linguaggio, di comportamento e dell’attenzione conseguenti ad anormalità dei modelli clinici e di laboratorio e alle consequenziali risposte ai trattamenti:
-Problemi a carico del sistema nervoso centrale (SNC) dell’alterata sensibilità a processi sensoriali anomali e di formazioni espressive.

-Difficoltà del sistema immunitario, della sensibilità alterata ad un'anomala processazione dello stimolo immunitario, incluso anche la:

-Diminuzione della resistenza alle infezioni2, specialmente quelle causate da virus e funghi, ivi incluse le patologie micotiche da candida, e l’incrementata tendenza a presentare problemi di carattere autoimmunitario.

-Anormalità del sistema alimentare3 con digestione anormale, alterazioni patologiche della flora intestinale (disbiosi) e l’incrementata permeabilità ad antigeni peptidici e tossine microbiche ed altre sostanze biochimicamente attive.

Ulteriori peculiarità biochimiche quali:

-Bassi livelli riscontrati di aminoacidi solforati.

-Anormale attività del citocromo P450.

Queste alterazioni metaboliche riflettono il sovraccarico o l’inefficacia dei sistemi di detossificazione di molecole potenzialmente dannose. Molecole tossiche o antigeniche possono essere il prodotto normale od anomalo del metabolismo del bambino; tossine ed antigeni presenti nel cibo, nell’aria, nell’acqua e nei prodotti di catabolismo, normale od anomalo, di germi che risiedono nel tratto intestinale.

-Difetti metabolici (come la deficienza di fenolsulfotransferasi4) che dimostrano le interrelazioni patologiche tra la chimica e la detossificazione e la sintesi di sostanze ottimizzate per l’accrescimento dei tessuti, la riparazione, la neurotrasmissione e l’appropriata modulazione della risposta immunitaria.
Un effetto dei fattori sopra menzionati è in grado di indurre interferenze nel settore della percezione, del pensiero, dello sviluppo in taluni individui la cui suscettibilità può derivare da influenze innate o prenatali.

AREA COGNITIVA
Nel contesto della cosiddetta area cognitiva è nota la "Teoria della mente", riferita alla incapacita' di comprendere che anche gli altri individui hanno il loro proprio personale punto di vista nei riguardi del mondo.
Molti individui autistici non comprendono che altri possano avere pensieri, piani e prospettive diverse dalle loro. Per esempio, chiedendo ad un bambino autistico di mostrare la foto di un'animale ad un altro bambino, invece di girare la fotografia verso l'altro bambino, il bambino autistico potrebbe mostrargliene il dorso. In questo esempio, il bambino autistico puo' vedere la foto, ma non capisce che l'altro bambino ha una differente prospettiva o punto di vista.
Circa il 10% degli individui autistici hanno abilita' fuori della norma. Con questo si vuole intendere un'abilita' considerata notevole rispetto alla maggior parte degli standard. Queste capacita' sono spesso di tipo spaziale per natura, p.es. speciali talenti in musica o arte. Un'altra capacita' non comune e' l'abilita' in matematica con la quale alcuni individui autistici riescono a moltiplicare a mente una grande quantita' di numeri entro un breve periodo di tempo; altri sono in grado di determinare il giorno della settimana conoscendo una specifica data della storia o memorizzare gli orari completi di una linea aerea.
Molti individui autistici hanno anche una capacita' di attenzione molto ristretta o focalizzata; cio' viene denominato sovraselettivita' dello stimolo. Essenzialmente la loro attenzione e' focalizzata su un solo, spesso irrilevante, aspetto di un oggetto. Per esempio, possono concentrarsi sul colore di un utensile ed ignorarne altri aspetti quali la forma. In questo caso, concentrandosi solo sul colore, puo' essere difficile per un bambino autistico, distinguere una forchetta da un cucchiaio. Poiche' l'attenzione e' il primo stadio nel processare le informazioni, l'incapacita' di rilevare aspetti importanti di un oggetto o di una persona puo' limitare la capacita' di appendere quello che riguarda oggetti e persone all'interno del proprio
ambiente.

INTERVENTI DI TRATTAMENTO
Nel corso degli anni, le famiglie hanno tentato diversi tipi di trattamento, tradizionali e non tradizionali, per ridurre i comportamenti autistici e migliorare quelli corretti. Sebbene alcuni individui assumano farmaci per migliorare il benessere generale, non c'e' una medicina primaria che si sia mostrata consistentemente efficace nel trattare i sintomi cosi' diversi da individuo ad individuo dell'autismo. Il medicinale piu' largamente prescritto per i bambini autistici e' il Ritalin (uno stimolante usato per trattare disordini da deficit dell'attenzione/iperattivita'). Non ci sono tuttavia studi controllati in "doppio cieco" per dimostrare la sua efficacia sui bambini autistici.
I due trattamenti che hanno ricevuto il maggiore supporto empirico sono: la modifica comportamentale e l'uso di vitamina B6 associata a supplementi di Magnesio. La modifica comportamentale fa uso di una varieta' di strategie (p.es. rinforzo positivo (incoraggiamento), "time out") per sviluppare comportamenti corretti, quali la comunicazione e la socializzazione, e per scoraggiare quelli inadeguati, quali i comportamenti auto-stimolatori ed i comportamenti autolesionistici.

LA VITAMINA B6
La vitamina B6 presa con il Magnesio ha dimostrato di poter migliorare il benessere generale, la consapevolezza e l'attenzione in circa il 45% dei bambini autistici. Esiste inoltre una quantita' di rapporti recenti sui i benefici di un altro supplemento alimentare, la Dimetilglicina (DMG). Anche la DMG sembra aiutare il benessere generale della persona e vi sono molti rapporti aneddotici di miglioramento della capacita' di comunicazione.

CANDIDA ALBICANS
Alcuni soggetti autistici hanno, nel tratto intestinale, una eccessiva quantita' di un tipo di fungo chiamato "Candida Albicans". Si pensa che elevati livelli di Candida Albicans possano essere un fattore che contribuisce a molti dei loro problemi comportamentali. Uno scenario tipico per l'instaurarsi della Candida puo' essere il seguente: quando ad un bambino viene un'otite, gli antibiotici che aiutano a combattere l'infezione possono tuttavia distruggere anche i microbi che regolano la quantita' dei funghi nell'intestino. Il risultato e' che i funghi crescono rapidamente e rilasciano tossine nel sangue; queste tossine possono a loro volta influenzare le funzioni cerebrali.
Campioni delle feci possono essere analizzati per verificare la presenza di Candida Albicans con il QQAcnd (per informazioni : info@aimo.it). Il riscontro di un livello eccessivo puo' poi essere eventualmente trattato con OrthoCandy (Guna) un prodotto naturale fitoterapico reperibile in tutte le farmacie italiane per cicli di cura non inferiori ai 3 mesi, abbinati ad una dieta specifica povera di zuccheri raffinati e lieviti, oppure in ultima nalisi ricorrendo ad un medicinale moderato come la Nistatina.

ALLERGIE ED INTOLLERANZE ALIMENTARI
Allergie ed intolleranze alimentari cominciano a ricevere maggior attenzione come possibili concause di comportamenti autistici. L’Alitest come test citotossico delle intolleranze alimentari congiuntamente ad un buon test nutri genetico consentono di acquisire ulteriori dati per migliorare la qualità di vita del paziente autista. Molte famiglie hanno osservato cambiamenti piuttosto evidenti dopo l'eliminazione di certi alimenti dalla dieta dei propri figli. Alcuni ricercatori hanno recentemente individuato la presenza di peptidi anormali nelle urine di soggetti autistici. Si pensa che questi peptidi possano essere dovuti all'incapacita' del corpo di trasformare certe proteine in amminoacidi; queste proteine sono: il Glutine (p.es. contenuto nel frumento, orzo e avena) e la Caseina (presente nel latte umano e vaccino). Molti genitori hanno eliminato queste sostanze dalla dieta dei figli ed in molti casi hanno osservato cambiamenti, drammaticamente positivi, nella salute e nel comportamento.


CONCLUSIONE
L'Autismo e' un disordine estremamente complesso e le necessita' di questi individui variano notevolmente dall'uno all'altro. Dopo 50 anni di ricerche, approcci tradizionali e moderni ci stanno consentendo ora di comprendere e trattare terapeuticamente queste persone. E' anche importante da menzionare il fatto che genitori e professionisti cominciano a realizzare che i sintomi dell'autismo sono trattabili--sono disponibili molti interventi che possono fare una differenza notevole.
Il simbolo dell'organizzazione nazionale Statunitense per il supporto ai genitori ('Autism Society of America') e' un puzzle con il volto di un bambino. La maggior parte dei pezzi del puzzle e' ancora sparsa sul tavolo, ma noi continuiamo ancora a sforzarci di capire come combaciano tra loro. Dobbiamo inoltre tenere in mente che questi stessi pezzi potrebbero combaciare e far parte anche di molti altri puzzle diversi.

. La maggior parte del gruppo Sconfiggiamo l’Autismo Ora (DAN), gruppi, maggior parte di DAN includono elementi di ognuna di queste polarità, potrete osservare l’inclinazione riflessa in questo rapporto partendo dal riferimento del dott. Rimland del 1964, un carteggio di lavoro dal quale poi si sono estrapolate le attuali opinioni. Nel contesto del DAN vi erano un gruppo che consideravano disturbi dello spettro autistico come risultato di problemi medici così come opposti a problemi di carattere psicologico. Le modalità di trattamento che comprendono vari aspetti dell’integrazione sensoriale, visiva, dell’allineamento uditivo, delle modificazioni comportamentali sono tutte appropriate, specialmente quando abbinate con programmi di educazione nel contesto dei quali gli insegnanti sono in sintonia con ciascuna delle esigenze dei ragazzi individualmente considerati. Il fuoco dei successivi suggerimenti si basa sul regno dei problemi su base biologica e riflette la nostra ricognizione che ha consentito di appurare che
Profilo genetico caratterizzato da una serie di caratteristiche ad elevato rischio espresse da geni associati con le funzioni immunitarie.
Noi desumiamo che come genitore colui che si appresti a leggere questo documento avrà testé già perpetrato taluni studi che l’avranno portato ad una diagnosi di un significativo problema nello sviluppo del bambino. Tali studi dovrebbero normalmente includere una dettagliata storia familiare, ecologico-ambientale, nutrizionale, sociale, comportamentale ed auxologica; un'anamnesi medica completa inerente lo sviluppo per ciò che concerne l’esame fisico così come quelli svolti tramite test di laboratorio, dovrebbe integrare il tutto. Stiamo attualmente lavorando sul nuovo questionario che alcuni genitori e clinici potranno trovare sicuramente utile nel pianificare la raccolta anamnestica così come la memorizzazione dei progressi in risposta ai vari tipi di interventi previsti. Ulteriori future edizioni di questo documento includeranno una copia di tali questionari. I medici che dovrebbero essere di sostegno ai genitori dovranno desiderare di rispondere ai quesiti di questo protocollo fondamentalmente orientati sul questionario elaborato per anni dal dott. Rimlan.


Il presente documento è stato stilato e continuerà a cambiare così come gli autori (S. Bacher e J. Pangbor) conferiranno ulteriore feedback, cioè informazioni a conferma, a sostegno, provenienti da altri membri del gruppo del DAN. Tale gruppo così come nuove informazioni saranno pertanto rese disponibili quanto prima. Ognuno di noi ha come desiderio primario quello della ricerca, così come le attenzioni cliniche, sebbene possano variare in funzione delle attività di ciascuno. Le formulazioni, le raccomandazioni descritte qua di seguito sono quelle che noi consideriamo clinicamente appropriate, basate sulle attuali conoscenze. Mentre questo documento rappresenta un potente consenso per quanto concerne i ruoli dei fattori menzionati poc’anzi e l’utilità dei test descritti in seguito, ciascun componente del nostro comitato DAN, pertanto genitori e professionisti, svilupperanno il loro proprio senso della priorità e potranno pertanto non condividere l’importanza e la validità di taluni particolari test e trattamenti. La storia dell’autismo è spesso animata da controversie e contraddizioni. Molti parenti dei bambini con associate difficoltà nel settore biochimico ed immunologico ed anomalie correlate dovranno acquisire un linguaggio scientifico ed una conoscenza ad un ritmo piuttosto rapido. Alcuni molto competenti e ben allenati clinici non sono orientati verso queste conoscenze che sono state stilate in questo protocollo. Il linguaggio e l’orientamento di tale documento è nato dal desiderio di condividere informazioni altrimenti inaccessibili per la maggior parte dei professionisti anche addetti ai lavori e forse non sarà gradito il vedersi presentare questo documento attraverso proprio i genitori dei ragazzi affetti da tali disturbi.
Dopo aver eseguito questi test un genitore potrà avere più consapevolezza delle opzioni che potranno conseguire per i vari gruppi di ragazzi testati per ciò che concerne l’intervento e la valutazione di priorità relative, sicurezza, spese e probabilità di successo. Alcuni tipi di intervento possono essere realizzati senza alcun tipo di test questi sono:
una dieta basata sull’utilizzo di cibi non raffinati, privi di additivi5,6, vari e freschi;
un tentativo di supplementazione di vitamina B6 e magnesio;
un tentativo di supplementazione di nutrienti multipli, con particolare insistenza sull’utilizzo di vitamina B6, magnesio, calcio, zinco e selenio;
una somministrazione di dimetilglicina8;
una dieta priva di glutine e di caseina come nel caso del giovane paziente Scandurra;
una dieta priva di lieviti e muffe come nel caso del giovane paziente in questione;
una valutazione diagnostica per eliminare tutti i più comuni alimenti allergenici9,10,11,12,13,14,15,16,17,18 (test citotossico delle intolleranze alimentari);
somministrazione di medicamenti antifungini quali la nistatina (nicostatin) o il fluconazolo (diflucan), itroconazolo (sporanox), oppure terbenafine (lanisil);
somministrazione di enzimi digestivi ricchi di peptidasi così come enzimi preparati dalla papaia e dal pompelmo.
Alcune famiglie potrebbero preferire sottovalutare o ignorare arbitrariamente tali regimi spesso difficoltosi fintato che non abbiano osservato l’esito di vari test di laboratorio che abbiamo indicato essere indispensabili, alcuni clinici preferiscono ottenere alcuni tipi di informazione prima di somministrare un trattamento che potrebbe oscurare il quadro biochimico e clinico fondamentale dell’anormalità che si intende individuare.
Alcune delle priorità implicate nell’ordine dei test menzionati sono state dettate dalla necessità di testare preferibilmente prima di intraprendere la cura, per esempio le misurazioni dei peptidi urinari prima che un bimbo cominci ad utilizzare tali molecole peptidiche.

Premessa
Le seguenti note esplicative possono aiutare sia voi che il medico per capire meglio le prospettive attraverso le quali le opzioni sono state descritte, interpretare i test dei risultati e considerare le opzioni terapeutiche eventuali.
Non tutti i bambini con una diagnosi nello spettro delle patologie autistiche o altre difficoltà nella percezione, quindi nel linguaggio, nel comportamento, nell’attenzione, potranno essere necessariamente incluse nella lista della anormalità testé menzionate. Molti dei pazienti potranno evidenziare una ampia variabilità ai trattamenti intrapresi sulla base dei risultati dei test, comunque la maggior parte dei pazienti presentano ampie anormalità emergenti dall’esecuzione di queste analisi. Al di là del senso comune del desiderio di correggere le anomalie riscontrate in qualsiasi persona, il responso specifico alla correzione della anormalità riscontrare in questi test è stato regolarmente riscontrato positivo.
Diagnosi quali autismo o ritardo dello sviluppo pervasivo e patologie da deficit dell’attenzione sono etichette per quei bambini che dimostrano dei disturbi nei processi percettivi del pensiero e del linguaggio. Queste diagnosi non sono degli oggetti, erano delle idee che noi abbiamo strutturato attraverso gruppi di bambini e, ovviamente, di adulti che condividevano tratti comuni e problemi. Individui all’interno di gruppi diagnostici possono dimostrare differenti problemi biochimici ed immunologici, d’altro canto individui con analogie biochimiche od immunologiche per quanto concerne i loro problemi, possono esprimersi con modalità multiple. Le strategie concernenti le opzioni menzionate in seguito, sono state motivate considerando i bambini come individui e non solamente in base alla diagnosi che gli era stata affibbiata precedentemente. La diagnosi formulata può calzare piuttosto bene in un bambino, ed ancora lei e lui possono dimostrare delle anormalità lavoratoristiche e richiedere trattamenti che sono in effetti piuttosto differenti da quelli di altri bambini con la stessa identica diagnosi. Comprendendo e trattando i problemi biochimici ed immunologici, comprendere e trattare i problemi biochimici ed immunologici è spesso più importante che porre un etichetta diagnostica esatta su di un bambino specialmente in quei casi in cui il bambino non calza perfettamente in quelle poche categorie diagnostiche che sono state stabilite per descrivere bambini con problemi di sviluppo fra i più svariati. Noi tutti speriamo che attraverso i nostri sforzi e quelli di altri si possano scoprire alternative strade per limitare ad un ristretto ma efficace numero di test analitici. Con le sovramenzionate precauzioni ben chiare in mente il nostro gruppo promulga idee utili allo sviluppo del bambino affetto da tali patologie.

Studi preliminari
E’ ormai convalidato dal tempo che i bambini affetti da questa patologia possano aver dimostrato dei problemi di sviluppo evidenziabili in un esame fisico, in un’anamnesi dettagliata, e attraverso test di routine come l’emocromo, l’esame delle urine, la chimica ematica, la seritinaferica, ecc.. Talvolta la valutazione del ferro ematico è sovrastimata nell’esecuzione di questi esami
Seritinaferica: l’autismo presenta caratteristiche tipiche alla reazioni nei confronti di cibi o intolleranze alimentari e problemi gastrointestinali sebbene questi possano essere sottili in termini di sintomi clinici, la valida assimilazione del ferro è subordinata a:
idonea acidità gastrica (è importante la valutazione quotidiana dell’acidità urinaria e salivare del paziente, come peraltro eseguito nel contesto del giovane paziente Scandurra);
riduzione sequenziale dello stato ossidativo del ferro proveniente dalla dieta (a ferro ferroso da ferro ferrico) in maniera tale da rendere il ferro solubile;
trasporto di peptidi ferrochelati ed aminoacidi ferrochelati attraverso le cellule della mucosa gastrointestinale per giungere al sangue cortale.
Una volta nel sangue il ferro ferroso è ossidato a ferro ferrico e allora viene legato ad una proteina denominata ferritina. La misurazione del ferro fine a se stessa nel siero ematico o nel plasma è di scarsa capacità indicativa per valutare lo stato del ferro circolante, mentre la misurazione della ferritina, la sua capacità legante e le proporzioni tra la proteina che è in grado di trattenere il ferro (percentuale di saturazione) è un eccellente indicatore dello stato del ferro. La concentrazione del ferro può essere indicativa della funzione gastrointestinale, insufficiente acidità gastrica, disfunzioni pancreatiche con debole funzione acammizzante (bicarbonata) e danno delle cellule mucosali o infiammazione tutte consistono in una insufficienza del ferro sotto forma di ferritina.
Procedura: la determinazione della ferritina con la capacità totale del ferro di legale (TIBC) e la percentuale di saturazione richiede un prelievo di sangue, la centrifugazione e la separazione dalla frazione serica. Normalmente uno o due millilitri di siero in una provetta di plastica sono sufficienti come campionatura per la misurazione della ferritina. SE si desidera misurare il ferro legante (il totale e la percentuale di saturazione) ulteriori tre millilitri saranno richiesti. E’ molto più importante evitare l’emolisi durante il prelievo e nella processazione del sangue che gli studi della capacità legante del ferro. Ciascuno dei più importanti laboratori chimici è in grado di realizzare una determinazione della feritina.
Altri test preliminare di routine (una completa conta ematica, un esame delle urine, una chimica ematica con un profilo tiroideo) sono tutti elementi validi nel documentare la presenza di un’anemia o una patologia ematica, o un’insufficienza epatica, renale o la funzione tiroidea. Questi test sono di esecuzione retinaria ma sono comunque il primo passo nella valutazione di ciascun problema medico singolarmente considerato. Un elemento comune che può emergere da questi test è la percentuale di aginofili nel conteggio differenziale dei globuli bianchi. Ciò indica la tendenza a sviluppare allergie ed intolleranze. La maggior parte dei bimbi allergici comunque non presentano un innalzamento degli aginofili, uno screaning dovrebbe essere realizzato per valutare la quantità del piombo ed è specialmente importante nel determinismo di soggetti o di problemi neurologici. Bambini con problemi nella biochimica della detossificazione possono avere una particolare tendenza ad accumulare piombo che può tra l’altro non essere critico per altri bambini sani; infatti i bambini con problemi nello spettro delle patologie autistiche hanno dei sistemi di detossificazione chimica che sono abbastanza rallentati così come l’abilità a masticare o evitare alcuni elementi che non sono propriamente idonei ad una nutrizione bilanciata ecco perché è importante lo screaning del piombo, non solo alimenti non nutrizionalmente bilanciati ma anche sostanze che non sono alimenti, digestione perciò accidentale anche di oggetti metallici o trattati.
Uno screaning sulla valutazione degli aminoacidi urinari nelle 24 ore con cromatografia ad alta frazione liquida, la valutazione di acidi organici possono essere utilizzati per evidenziare disturbi metabolici che possono condurre ad un eccesso di taluni cataboliti nelle urine. Tali studi possono essere parte di un approccio diagnostico convenzionale nei confronti del bambino che presenta patologie dello sviluppo; l’infrequente associazione con le anormalità del cromosoma fragile x con i disturbi dello sviluppo hanno indotto a rendere tale tipo di valutazione un test di routine per quei bambini che sono stati valutati nel contesto dei problemi di sviluppo. Nello svolgimento iniziale dei primi test diagnostici per un bambino con certi modelli di sviluppo, una valutazione neurologica per una eventuale sindrome di Landau-Kleffner può anche essere considerata come parte di un pannello diagnostico di base. Gli orientamenti più recenti da parte di taluni neurologi verso il trattamento dei bambini affetti da disordini di questo tipo con steroidi, lascia aperta la possibilità che questo tipo di valutazione di interventi descritti in questo protocollo possano essere appropriati per questi pazienti dal momento che uno dei principali effetti degli steroidi trova ubicazione nel medesimo dominio biochimico ed immunologico che noi pensiamo essere importante per quei bambini affetti da vari tipi di sindromi autistiche.

Peptidi urinari
Un aminoacido è una piccola molecola che funziona come materiale dal quale verrà elaborato l’ormone tiroideo, vari neurotrasmettitori ed altri importanti trasmettitori nella biochimica, tutti tranne uno la  dei ventidue aminoacidi evidenziati in natura possono essere combinati in piccoli numeri, da due ad una dozzina o così via per formare dei peptidi o, addirittura, incolonnarsi a migliaia per formare delle proteine. Quanto si mangia una proteina il processo digestivo di smontaggio della proteina in molecole più piccole e più corte con il fine ultimo di perseguire la liberazione di singoli aminoacidi che verranno poi assorbiti e immessi nel circolo sanguigno dove verranno utilizzati come materiali di base, è uno degli elementi dell’assorbimento digestivo. Se tali processi digestivi sono incompleti oppure si sviluppa un alterazione della permeabilità intestinale che non consente di separare in maniera idonea il contenuto della filtrazione dei cibi e l’immissione successiva nel sangue, questo provocherà la penetrazione nel sangue di frammenti indigeribili aminoacidi (peptidi) che potranno una volta penetrati nel sangue e nei tessuti, legarsi con altre catene peptidiche che potranno veicolare di messaggi da una zona all’altra dell’organismo. I peptidi che vengono sintetizzati nel nostro corpo costituiscono dei i vari ormoni, le endorfine, con numerosi, e molti prevalentemente ancora sconosciuti, ruoli nella regolazione della biochimica e dell’equilibrio biochimico individuale.
Considerato che molti differenti peptidi possono penetrare nel torrente ematico come risultato di un’incompleta digestione di vari alimenti persiste la possibilità che peptidi esogeni cioè esterni possono essere fraintesi nel linguaggio della comunicazione dell’organismo come provenienti dall’interno ed essere perciò interpretati come peptidi endogeni. I peptidi esogeni possono causare alterazioni di lettura per esempio per ciò che concerne le endorfine ed i peptidi endogeni vengono chiamati esorfine.
Osservazioni di anni sono state eseguite da Dohan19,20,21,22. Queste osservazioni hanno evidenziato recentemente23,24,25,26,27,28,29,30,31,32,33 che i peptidi provenienti dal glutine come nel caso del bimbo Scandurra (una delle principali proteine del grano e del frumento) e la caseina (una delle proteine presenti nel latte dei mammiferi) possono essere particolarmente pericolose nel produrre composti endorfino simili capaci di attivare in alcuni individui come …, sulle relazione che intercorrono fra peptidi, funzioni digestive, permeabilità intestinale, antigeni alimentari, neurochimica e trattamento dietetico e neuroleptico di persone autistiche34.


I bambini con patologie autistiche possono migliorare drammaticamente quando vengono eliminati dalla loro dieta il glutine e caseina. I supplementi nutrizionali con enzimi (peptidasi) che aiutano una più completa digestione delle proteine possono essere anche di notevole utilità. Individui che possono beneficiare da una dieta priva di caseina e di glutine possono essere identificati evidenziando i peptidi tossici nelle urine o attraverso test citotossici per le intolleranze alimentari. La rimozione dei prodotti derivati dalle graminacee e dal latte dalla dieta di un individuo sono un obiettivo relativamente difficile. Sembra dunque appropriato far eseguire queste valutazioni sui peptidi urinari e sulle intolleranze alimentari in fase precoce nel processo dell’intervento descritto qua in maniera tale che il bambino venga testato mentre sta ancora seguendo una dieta contenente latte e graminacee. Questo test è il numero uno nella lista perché dovrebbe essere eseguito prima che il bambino interrompa l’utilizzo della caseina e del glutine che può essere considerata una priorità primaria per quanto riguarda le misure da prendere in considerazione per il bambino autistico.
Un’alternativa alle valutazioni di laboratorio per i peptidi ed i test di intolleranze alimentari è quello di rimuovere il glutine ed il latte dalla dieta come tentativo di base. Se si decide di seguire questo tipo di condotta dovrebbe essere fatto con stretta osservanza da parte di chi monitorizza la dieta del bambino, questo lo vorrei sottolineare, poiché anche microscopiche quantità di caseina o di glutine possono perpetuare i sintomi. Normalmente effetti benefici sono piuttosto ovvi e compaiono nell’arco dei primi giorni della dieta. In alcune circostanze i benefici possono richiedere fino a tre o più mesi per comparire. Se l’esclusione della caseina e del glutine devono essere intraprese come passo diagnostico il genitore di un bambino (spesso i nonni scettici, i baby-sitter, i maestri, genitori separati ed altre persone che possono fornire delle attenzioni) devono eseguire una seria promessa di mantenersi strettamente aderenti alle richieste nutrizionali, poiché se il tentativo fallisce il danno è solo a carico del bambino.

Misure correttive
Se si desidera intraprendere una dieta priva di glutine e caseina bisognerà documentarsi con materiale appropriato per intraprendere una nuova dieta per il bambino. Se desiderate che il vostro bambino venga sottoposto a valutazioni i test possono essere elaborati in laboratori specifici anche nel contesto di strutture universitarie. La maggior parte degli individui che sono sensibili al glutine o alla caseina dimostrano un cambiamento dei sintomi nell’arco di alcuni giorni dall’inizio di una stretta dieta di eliminazione, poiché apparentemente nei soggetti normali anomale quantità di peptidi sono conservate nei  renale può presentarsi in alcuni individui un ritardo nel miglioramento. Dal momento che molti miglioramenti compaiono anche dopo un anno di trattamento alcuni esperti consigliano di non interrompere mai prima di un anno la dieta di esclusione, per non incorrere in un fallimento della terapia ed un interruzione dei potenziali sintomi di miglioramento ai quali si può aspirare mantenendo invece per tale periodo l’astinenza. Comunque normalmente i primi tre mesi, strettamente monitorizzati, possono essere sufficienti per sperimentare alcuni benefici.
Evitando glutine e caseina è una richiesta importante e richiede il sostegno di personale con esperienza. Il disturbo così detto cediaco nel quale il danno intestinale ed il male assorbimento dei cibi sono la chiave delle manifestazioni della sensibilità al glutine è stato riconosciuto per molti anni e la dieta che consiste nell’evitare il grano, il frumento, il mais e forse anche alcuni cibi derivati da alcuni questi semi è stato progettato per coloro che sono afflitti dalla così detta espressione dell’intolleranza individuale al glutine. La caseina è una proteina che si trova nel latte dei mammiferi cosicché l’astinenza dalla caseina consente di ottenere risultati purché sia abbinata anche all’esclusione dei cibi che da questa derivano, con l’unica esclusione del ghichel, burro così detto chiarificato. L’unico punto di confusione è stato creato dall’uso del termine latte per riferirsi a latti di derivazione dal , dalla soia, dal cocco o dalla noce, questi sono latti che non contengono la caseina. Comunque un consulto con un dietologo in riferimento a del materiale già pubblicato è sicuramente di sostegno prima di introdurre una dieta priva di caseina e di glutine.

Sensibilità al glutine (2)
Il glutine è una proteina comune alle graminacee. La sua adesività caratteristica del grano e del frumento per la cottura del pane e nella preparazione della pasta è responsabile della maggior parte delle allergie ed è la base per una ampia varietà di problemi che coinvolgono la cute, la dermatite empediforme per esempio, l’intestino del celiaco, disturbi del sistema nervoso come l’autismo, in molte psicosi ed altri problemi che cadono più o meno nelle aree specifiche di queste categorie. La tendenza alla sensibilità al glutine è spesso ereditata e può assumere differenti forme nei differenti membri di una famiglia. I gastroentorologi credono che solamente un test affidabile per la sensibilità del glutine (espresso come disturbo o come malattia cediaca, o sprue non tropicale dicono una forma di male assorbimento intestinale associato con cambiamenti dell’epitelio della mucosa intestinale) sia la biopsia del piccolo intestino. La biopsia viene eseguita tramite endoscopia. Altri medici credono invece che l’astensione dal glutine per un periodo di almeno tre mesi possa normalmente confermare un sospetto che il glutine possa essere uno dei problemi causali, specialmente se i sintomi ritornano quando il glutine viene reintrodotto. La reazioni immunitaria che è tipica della sensibilità al glutine può aiutare a identificare la maggior parte degli individui che sono affetti da sensibilità al glutine, che è spesso descritta in associazione con la patologia da peptidi descritta poc’anzi.
Alcuni genitori, alcuni medici preferiscono semplificare le cose sottoponendo subito il bambino ad una dieta priva di glutine, preferendo perpetrare un’osservazione diretta del bambino come test più affidabile. In alcune circostanze la risposta è così drammatica da essere inequivocabile; altri preferiscono avere alcune evidenze di laboratorio prima di imbarcarsi in una dieta così ardua. Gli studi anticorpali possono essere molto utili, tipo le EGG e le EGA se positivi, anche se non completamente decisive nella panoramica di queste valutazioni se negative. Possono essere falsamente negativi in presenza di una deficienza di immunoglobuline A per esempio, nella malattia cediaca nella quale l’intestino è l’organo principalmente danneggiato dal glutine, il meccanismo di danneggiamento ha a che fare con l’attacco dei linfociti C sulla parete dell’intestino. Anticorpi individuabili non sono necessari perché questo danno si possa verificare sebbene la formazione di anticorpi individuabili sia ovviamente una parte del mosaico di questo tipo di patologia. Se l’IgG eseguita nei confronti di un alimento allergizzante dovesse rivelare una presenza di anticorpi nei confronti del glutine, del frumento, del mais, dell’avena o dell’orzo, vi è una elevata percentuale di probabilità che gli anticorpi al glutine possano essere evidenziati se il punteggio di queste graminacee dovesse essere alto.
La sensibilità al glutine è un problema che presenta una lunga associazione nella patologia mentale riscontrabile nella malattia cediaca, con le sue manifestazioni di sintomi intestinali e di male assorbimento. Lo spettro della sensibilità al glutine si spinge ben oltre la sua espressione come malattia cediaca ed include un ampio di range di sintomi che possono colpire la cute e potenzialmente tutti gli altri sistemi dell’organismo, incluso naturalmente anche il sistema nervoso centrale. Nel contesto dei gastroentorologi la biopsia intestinale è divenuta il criterio diagnostico per stilare una diagnosi di sensibilità al glutine. Tale definizione può essere utile nel dialogo scientifico a fini chiarificativi. Qualora gli anticorpi alle frazioni del glutine tipo ghiadina endomesiale, retigulina, anticorpi al grano, al frumento, all’orzo, alla segale e all’avena e peptidi urinari anomali dovessero risultare negativi allora le possibilità di migliorare i sintomi diventano sempre meno probabili anche se vedono l’astensione dal glutine. Se alcuni di questi test risultassero positivi diventa più plausibile il miglioramento con l’esclusione del glutine, ma ancora non esiste la possibilità di predire in anticipo quanto e quale sarà il miglioramento che si potrà osservare.
Il dott. Reikelke consiglia un periodo di almeno un anno di stretta astinenza da questi glutine e derivati prima di poter stabilire se si vorrà sollevare un beneficio con l’astensione dal glutine. Una volta stabilita l’ampiezza della motivazione richiesta per esplorare i benefici dell’astensione dal glutine e la disponibilità dei genitori dovrebbe essere opportuno eseguire un perfetto test che ci dica quando sia indicato o meno intraprendere questa condotta. Purtroppo mentre i test che abbiamo menzionato sono normalmente utili, nessun test è veramente perfetto.

Acidi organici
Negli ultimi cinquant’anni i biochimici hanno scoperto dozzine di relativamente rari disturbi metabolici nei bambini e tali sono stati oggetto di screaning sugli acidi organici e sugli aminoacidi che potrebbero far parte di un testo preliminare. Specifici errori innati del metabolismo possono causare un’eccessiva liberazione di particolari acidi organici o di aminoacidi nel sangue e nelle urine e mostrare dei potenziali effetti globali conseguenti alla carenza di un singolo enzima. L’errore biochimico è in grado di alterare il singolo scalino di un particolare processo biochimico laddove le molecole sono soggette ad essere assemblate o più frequentemente disassemblate. Il più significante disassemblaggio che si realizza in ciascuno di noi ogni giorno prende origine dallo zucchero, dai grassi, dalle molecole proteiche allorchè queste sono ossidate per scopi energetici. L’efficienza con la quale ciascuno di noi ossida i propri cibi è stata oggetto di interesse nel contesto della biochimica da parte di chimici per molti anni. Così come quando la vostra macchina viene esaminata per il controllo dell’emissione dei gas di scarico per l’inquinamento ambientale, il fumo che proviene dal vostro fuoco metabolico può essere più o meno limpido. Il termine acidi organici si riferisce a una quantità di sostanze metaboliche normali che possono comparire nei tessuti, nel sangue, nelle urine in anormali quantità quando c’è un blocco o un’inefficienza funzionale-metabolica. Nel contesta della presente discussione gli acidi organici possono essere considerati come i costituenti del fumo che proviene dal vostro fuoco metabolico. L’autismo dei bambini affetti da affenilchetenuria (PKU non trattata) non è molto differente da quello dei bambini che presentano altre forme di l’autismo (PKU è l’errore innato del metabolismo nel quale l’aminoacido fenilalanin non riesce ad essere convertito nel substrato successivo denominato tilosin, nella sintesi dei neurotrasmettitori di altri importanti molecole). I bambini affetti da una PKU non trattata presentano delle ulteriori caratteristiche distintive (un odore muschioso, eczema, un colorito acceso) ma il loro tipico aspetto autistico indusse i ricercatori ad aspettarsi altri altrettanto facili diagnosticabili disturbi metabolici degli aminoacidi o degli acidi organici come causa potenziale dell’autismo. Lo screaning degli acidi organici che viene diciamo considerato come test preliminare è normalmente sufficiente ad escludere tali severi disturbi che sono rari ed ugualmente presentano delle modalità cliniche di malattie che non sono tipiche della maggior parte dei bambini affetti da patologie di uno spettro autistico.
Lo screaning degli acidi organici non è sufficiente però da solo a dare un dettagliato profilo metabolico dei disturbi minori o moderati nella biochimica del metabolismo, del «fuoco» che può essere trovato in molti bambini con disturbi dello sviluppo. Un esempio di un disturbo moderato è il basso livello di acido alfachetoglutarico, che è una delle sostanze che vengono sintetizzate quando il carburante del corpo (glucosio) viene ossidato per energia, è una delle molecole che il orpo utilizza in maniera duplice tenendo parte nella sintesi di nuove molecole come giocatore chiave nel consentire all’organismo di sbarazzarsi di molecole non desiderate. Ma quando bassi livelli di alfachetoglutarico sono evidenziati è clinicamente opportuno somministrare l’integrazione di acido alfachetoglutarico.
Dettagliati studi sugli acidi organici nelle urine possono portare alcuni acidi organici che non sono parte dei fumi di combustione di particolari fuochi metabolici, possono provenire per esempio da germi che possono abitare l’intestino come parte della normale, o anormale talvolta, della flora microbica che tutti quanti noi trasportiamo (vedi oltre per ulteriori dettagli). Nel passato tali composti sono stati considerati dagli studiosi degli acidi organici di scarso interesse poiché la loro origine non era umana. Il dott. William Shaw identificò i bambini con significativi problemi dello sviluppo come escretori di una grande quantità di alcuni agenti microbici organici35..
Questi si era spinto ad identificare questi composti e dimostrare che questi provenivano dal metabolismo dei funghi, tipo la candida, lieviti o da batteri e a livello urinario tali composti scomparivano quando venivano somministrate medicazione antifungine o antibatteriche36.
Il test è potenzialmente così utile nel monitorizzare l’efficacia della terapia antifungina che i genitori e i medici dovrebbero desiderare di eseguire il test prima di iniziare la terapia antifungina, nella fattispecie del giovane assistito sono stati eseguiti tutti i test di routine per la valutazione degli anticorpi, anticandida, le IGG e le IGE e contemporaneamente la valutazione citotossica da parte della candida stessa.
Il dott. Shaw è stato in grado di individuare modelli anomali nell’armonismo di questi acidi organici e nella biochimica dei bambini come opposto alla loro biochimica microbica. Che non sono stati identificati nello screening degli acidi organici.
Il rallentamento del metabolismo4 è dimostrabile anche come conseguenza di anomalie nutrizionali come nel caso dell’assistito, ma può anche essere condizionato da anomalie genetiche lungo la linea degli errori innati del metabolismo.

Analisi delle feci (3 e 5)
Un’ampia valutazione dei campioni fecali può fornire preziose informazioni nelle due principali attività collegate al cibo ed alla flora che possono prendere origine all’interno dell’intestino. I campioni analizzati conferiscono un’ampia gamma di informazioni riguardo alla digestione, l’assimilazione del cibo e l’equilibrio normale e anomalo dei germi che partecipano alla flora del tratto digestivo. Molti bambini con problemi di sviluppo presentano una anamnesi della funzionalità intestinale tipo costipazione, diarrea, gas. Occasionalmente l’alterata taratura indotta da questi disturbi coincide con l’innesco di problemi di sviluppo, ponendo la questione, almeno in questo tipo di bambini, che sussistano delle connessioni fra i problemi intestinali ed i problemi al livello del sistema nervoso centrale.
Una storia anamnestica positiva per l’assunzione di antibiotici è anche molto comune in quei bambini che presentano disturbi dello sviluppo e  inerenti l’alterazione della flora batterica indotta dagli antibiotici.
Quattro chiavi che possono essere utili nella comprensione dell’importanza della funzione intestinale e nella genesi dell’insorgenza di patologie croniche:
- l’intestino è l’origine della maggior parte delle molecole tossiche presenti nel nostro ambiente ecologico organico.
Circa centro trilioni di germi di cui alcune centina di specie popolano l’intestino normale laddove la loro densità varia ad una percentuale alta alla bocca del colon ad una percentuale bassa nello stomaco e nella parte alta dell’intestino che resistono ai succhi digestivi.
- L’area di superficie della membrana mucosa che separa il contenuto dell’intestino dal sangue è della dimensione di un campo da tennis nell’individuo adulto.
- La membrana mucosa dell’intestino veicola la sua nutrizione attraverso il passaggio del cibo nel torrente ematico, la membrana intestinale può fallire nello svolgimento delle sue principali funzioni (l’assorbimento del nutrimento e l’esclusione delle tossine dal sangue) quando non siano .
Perciò l’esame delle feci tipo il QQA, CND, l’esame  delle feci può includere molti test che possono aiutare nella diagnosi:
1- La funzione digestiva, se per esempio vengono evidenziate troppe fibre grasse nelle feci, fibre indigerite e grassi, enzimi digestivi o alterazioni del Ph nel senso dell’acidità o dell’alcalinità del campione questo può indicare che siano state causate dall’attività abnorme dei germi.
2 – Funzione metabolica  relativo ai quattro acidi grassi a corta catena (prozenato, acetato, butilrato e valerato) riflette l’attività dei germi intestinali. I germi liberano corte catene di acidi grassi attraverso la digestione delle fibre alimentari e la relativa quantità dei quattro acidi grassi che rivela sia se la flora intestinale sia in buon equilibrio e sia se l’intestino sia secondo ad una giusta e buona nutrizione5.
3 – Microbiologia: esame corporale di campioni fecali possono evidenziare l’equilibrio dei germi che popolano l’intestino basso, il grosso intestino, le formazioni inerenti i germi del naso, della bocca, il nitrato digestivo alto, circa la metà dei germi del tratto dall’intestino più basso (Germi ) non possono essere osservati con l’esame colturare del materiale fecale. Risultati degli studi microbiologici possono comunque indicare se ci troviamo di fronte alla popolazione di germi normali, come ad esempio  e lactobacillo, o se vi possa essere una proliferazione anomala di germi.
4 – Micologia: i funghi che normalmente popolano l’intestino in scarso numero, ugualmente non compaiono nelle routine di coltura. Quando moderate o ampie quantità di funghi sono riscontrabili sia dall’esame colturale sia all’esame microscopico diretto del campione, vi è una forte implicazione di un’anormalità della flora intestinale che può colpire la persona sia attraverso il rilascio di tossine o attraverso l’attivazione di una risposta immunitaria finalizzata a diminuire la quantità di funghi. La  come nel caso del giovane assistito è il fungo più comune che si può identificare in anomale quantità nei campioni fecali, ma altre specie di candida così come differenti tipi di funghi possono presentarsi dopo che una persona ha assunto degli antibiotici.
5 – Parassitologia
Il trattamento dei virus, dei batteri, dei funghi, può essere considerato parassitario, laddove il termine è riservato a quei germi che sono più ampi e più complessi. All’interno del gruppo dei parassiti vi sono creature che esistono dal livello di singola cellula per questo sono comparabili ai figli come l’ameba per esempio, la blastocistis ominis e tutti quei tipi di vermi lunghi parecchi centimetri.
Il tubo di  sembra crescere in base alla lunghezza del parassita ma l’impatto immunologico dei piccoli germi può essere addirittura più complesso e pericoloso di quello dei più grandi, ciò non di meno riscontro dei parassiti  nei bambini con problemi di sviluppo hanno lo stesso tipo elevata capacità che potrebbe avere in qualsiasi altro bambino. Osservazioni preliminari suggeriscono che la frequenza delle infezione parassitarie è più elevata nei bambini con problemi di sviluppo che in quelli normali.

Studi sulla permeabilità intestinale (6)
La superficie del tratto intestinale è costituita da microvilli che si proiettano all’interno della cavità dell’ che essi stessi sono in grado di sviluppare microstabili appendici denominate microvilli. Se spianassimo con un ipotetico ferro da stiro tutta la superficie dell’intestino di un adulto potremmo vedere che riuscirebbe a ricoprire quasi la dimensione della superficie di un campo da tennis. Questa membrana pari quasi ad un campo da tennis è spessa quanto le vostre palpebre ed ancora mantiene l’obiettivo di separare alcuni componenti a livello del tratto digestivo per poterle selezionare ed avviare nell’assorbimento ematico e in altri fluidi interni, all’interno del corpo, che consentono il passaggio appropriato di nutrienti alle loro destinazioni più remote. Una varietà di fattori come la presenza di anomali tipi di flora intestinale può consentire la crescita, l’incremento della permeabilità dell’intestino pertanto peptidi, acidi organici microbici ed altri non graditi ospiti, come vedremo in seguito, può penetrare nel sangue e sviluppare parecchie difficoltà. Una misura della permeabilità dell’intestino è perciò importante come strumento per la valutazione dell’integrità della maggior parte della barriera a livello individuale37 per sostenere la situazione clinica che molti medici dovrebbero formulare, che persiste una relazione diretta fra l’autismo e l’anomalia della flora intestinale, l’alterazione della permeabilità della mucosa stessa dell’intestino.
Il test per la permeabilità è basato sull’assorbimento differenziale di due zuccheri inerti, uno dei quali è il mannitolo che passa piuttosto innocentemente nel circolo ematico ed è espulso attraverso i reni.
L’altro è il lattulosio, non è normalmente assorbito nel circolo ematico ma passa inalterato nelle feci. Una raccolta delle urine dopo un’ingestione di piccole quantità di queste due sostanze consente di calcolare agilmente la permeabilità dell’intestino, quasi come se si generasse una sorta di tunnel tra l’intestino ed il sangue del paziente per la  di sostanze anomale. Il riscontro di una permeabilità eccessiva deve suggerire un trattamento finalizzato al ripristino dell’integrità della superficie intestinale e la riduzione del flusso di sostanze non gradite all’interno dell’intestino e del circolo ematico poi.

IgA Secretorie (3,7)
Le immunoglobuline A secretorie sono un gruppo di anticorpi secreti dalle membrane mucose dell’occhio, del tratto respiratorio, digestivo, urinario e riproduttivo. Sono proteine particolarmente vischiose che utilizziamo per etichettare sostanze estranee con le quali si entra in contatto. Questa caratteristica adesività consente una particolare coesione delle cellule immunitarie coinvolte nei processi di difesa dall’aggressione delle sostanze estranee. Le membrane mucose dell’organismo sono oltremodo le aree più estensive nelle quali tali contatti si realizzano cosicché non sorprenderà che le immunoglobuline A secretorie (sIgA) siano le classiche anticorpi più abbondanti prodotte da ciascuno di noi ogni giorno. L’altra classe di anticorpi più abbondante è rappresentata dalle gammaglobuline, una classe dei principali anticorpi circolanti nel torrente ematico e una con le quali la maggior parte delle persone sono sicuramente già familiari. La misura delle sIgA nella saliva consente di avere un buon indicatore dello stato dell’attivazione immunitaria o della soppressione che si può verificare nel tratto intestinale, alti livelli sono indicativi di una stimolazione immunitaria mentre d’altro canto basse concentrazioni indicano una soppressione immunitaria o una congenita inabilità a produrre adeguati quantitativi di sIgA. Le anormalità delle sIgA sono normalmente associate con una flora intestinale anomala e così possono servire come guida per monitorizzare gli sforzi realizzati dall’organismo per normalizzare tale flora. Le carenze delle sIgA possono essere anche congenite e sono sicuramente le più comuni e relativamente innocenti, deficienze immunitarie. Quando i livelli delle sIgA si innalzano in seguito a successivi trattamenti dei germi intestinali anomali noi sappiamo che la carenza delle sIgA è sicuramente stata acquisita e non è pertanto congenita. Il loro studio è consigliato su campioni fecali e dovrebbe essere comprensivo in uno studio estensivo del sistema digerente.

Profilo detossificativo epatico (8,9)
Uno dei riscontri più cospicui negli studi biochimici inerenti i bambini autistici così come quelli con correlati disturbi dello sviluppo, del comportamento e problemi di attenzione è la difficoltà nei processi di detossificazione o di drenaggio attraverso il corpo di sostanze non desiderate. Tali sostanze possono avere differenti origini:
Prodotti del metabolismo: alcune di queste sostanze chimiche sono quelle che noi potremmo chiamare «fumo proveniente dal nostro proprio fuoco», così come in un reale fuoco i prodotti dell’incompleta combustione del carburante (carboidrati, grassi e talora proteine) sono una non desiderata produzione di scorie provenienti dal processo descritto precedentemente nella discussione inerente gli acidi organici. Ulteriori prodotti del metabolismo sono quelle molecole con un uso temporaneo il cui effetto al termine della loro funzione può essere arrestato attraverso l’inattivazione delle molecole stesse. Tali molecole includono vari ormoni e neurotrasmettitori come l’epinefrina (adrenalina) che è la sostanza più tossica che viene sintetizzata nel nostro organismo cosicché la iniezione della stessa anche in relative microscopiche quantità può essere letale. Quando l’organismo è sovraccarico di molecole quali l’epinefrina o altri neurotrasmettitori ed ormoni è necessario che queste vengano inattivate ed escrete attraverso l’organismo mediante i principali immunitori che provvederanno ad espellere questo «fumo» proveniente dal nostro fuoco metabolico.
Prodotti di fermentazione intestinale: i germi (microflora) dell’intestino hanno ognuno uno specifico ed appropriato metabolismo. Il «fumo» proveniente dal fuoco è generalmente molto più tossico di quello proveniente dai prodotti naturali del nostro metabolismo. Anche quando la permeabilità intestinale è perfettamente normale una quantità sostanziale di metaboliti tossici è in grado di passare dall’intestino nel circolo ematico laddove la richiesta di detossificazione e di inattivazione tramite i sali biliari o l’escrezione renale è fondamentale. Per esempio, ognuno di noi può assorbire fino a 13 grammi di alcol, che sarebbe l’equivalente di un bicchiere di vino al giorno prodotto da lieviti ed altri germi che popolano il nostro intestino.
Tossine ambientali: anche nell’environment, anche nell’ambiente più pulito è praticamente impossibile evitare l’assorbimento di piccole quantità di sostanze tossiche come i metalli pesanti, i pesticidi, i funghi, i contaminanti batterici, vari petrolchimici ed ormoni ed altre sostanze riscontrabili nel nostro cibo, nell’acqua e nell’aria. Rimuovere le tossine richiede un’operazione che si realizza tramite due fasi. La maniera con la quale noi smaltiamo i rifiuti casalinghi è ragionevolmente analoga, dopo la separazione dei materiali riciclabili noi affrontiamo il primo gradino che è quello di porre i rifiuti nei container lasciandoli fuori sulla strada. Periodicamente lo spazzino, l’operatore ecologico, passa con il suo camion per caricare nella fase due questi rifiuti che vengono rimossi dal contenitore dove erano stati versati. Il processo dipende non solamente dalla perfetta realizzazione di entrambe le fasi, ma dal grado di equilibrio che esiste tra le due; potremmo finire in seria difficoltà se sovraccaricassimo più rifiuti di quelli che l’operatore ecologico è in grado di trasportare via o se il nostro operato ecologico si dovesse presentare per la rimozione dei rifiuti con un camion inadatto dal punto di vista dei volumi contenitivi a trasportare i rifiuti stessi.
Nel vostro organismo la fase uno consiste nell’attivazione delle tossine. Attivazione significa che le molecole estranee, cioè non desiderate, vengono impacchettate per il trasporto attraverso alterazioni che le rendono più adesive con particolare rispetto per le molecole che vengono poi trasportate via (fase due).
Un gruppo di enzimi conosciuto come citocromo p-450 si prendono cura dell’attivazione di queste tossine, questo passaggio può essere debole in quei casi in cui le tossine sono accumulate. La fase potrebbe essere esageratamente attiva con riferimento alla fase due, nella quale le tossine attivate ed altamente adesive possono essere più pericolose dell’inizio. Entrambe le fasi sono misurabili in laboratorio testando la capacità organica di detossificare le tossine. I quantitativi che vengono forniti sono pacchetti discreti di caffeina, aspirina, ciascuna delle quali contraddistingue la fase uno e analoghe dosi di acetaminofene, conosciuto come paracetamolo per esempio, che ha il nome commerciale di Tylenol negli Stati Uniti e tachipirina in Italia, aspirina. L’urina e la saliva raccolte durante un intervallo seguito dalla somministrazione di caffeina, acetaminofene ed aspirina sono analizzate per valutare se compaiono forme non alterate delle sostanze detossificate inizialmente che sono raccolte in particolari provette. L’acetaminofene e l’aspirina sono le preferite nella valutazione della fase due perché la loro detossificazione coinvolge parecchi meccanismi importanti. Il PST fenolsulfotransferasi è un gruppo di enzimi che è particolarmente importante nella fase due (considerate che sono il principale sistema detossificativo dei neurotrasmettitori). Rose Mary Waringphd ha supportato a livello pionieristico l’uso dell’acetaminofene come sistema di valutazione per il riscontro dell’elevata incidenza della debolezza enzimatica della fenolsulfotransferasi nei bambini autistici così come nei soggetti affetti da emicrania. Questa ricercatrice ha fornito una lista di riscontri che possono essere elementi chiave per la presenza di una debolezza di PST: emicrania o emicrania in un membro familiare, viso congestionato, orecchie congestionate, cerchi bianchi intorno agli occhi, aria nello stomaco, coliche così come nei bambini, renite vasomotoria, eczema, asma, sete, iperidrosi notturna, inspiegabili elevazioni della temperatura con o senza il vomito. Un altro modo di approcciare la situazione della adeguata sulfatazione per la detossificazione di sostanze esogene ed esogene, per esempio ormoni, neurotrasmettitori ed altri prodotti del metabolismo, è stata suggerita dal dott. Robert Sinaiko e consiste nel valutare il rapporto fra MHPG-glucuronide e MHPG-solfato nelle urine. L’MHPG (tremetoxi-4, idroxi-fenilglicol) è il metabolita naturale delle categonomine, neurotrasmettitori quali le norepinefrine. Essa richiede per essere coniugata in forma di glucuronide o solfato di essere rimossa efficientemente dalla corteccia cerebrale. Numerosi studi hanno documentato bassi valori di MHPG nelle urine di bambini con l’autismo. Il test per la ricerca dell’MHPG solfato e glucuronide può essere eseguito sulle urine delle 24 ore utilizzando comuni metodiche come quella della Smith Klein Beckman Laboratorys. Il rapporto tra solfato convertito in glucuronide che si coniuga con l’MHPG indicherà se vi è una scarsa solfatazione nella stessa maniera in cui la scarsa solfatazione o l’acetaminofene è in grado di fare. Vantaggio di questo approccio è che si evita l’uso di sostanze test come l’acetaminofene, la caffeina e l’aspirina che riflette le capacità dell’organismo di gestire i propri metaboliti.

Analisi degli aminoacidi (4,8,9 10)
Gli aminoacidi sono le subunità delle molecole proteiche. Come descritte nella sezione dei peptidi la completa digestione delle proteine libera gli aminoacidi individuali nell’intestino per l’assorbimento nel torrente ematico laddove si rendono disponibili per essere utilizzati per la sintesi delle proteine, peptidi e piccole molecole quali neurotrasmettitori nelle quali un singolo aminoacido è trasformato attraverso parecchie fasi metaboliche in altre molecole con una funzione di trasporto del messaggio o di stimoli da una cellula all’altra.
L’importante obiettivo del metabolismo aminoacidico è quello di fornire molecole trasportatrici per consentire al corpo di liberarsi di tossine e sostanze non desiderate che compaiono nel corso del normale metabolismo così come dei germi provenienti dall’intestino, dall’acqua non pura, dall’aria e dal cibo.
La maggior parte, ma non tutti i soggetti autistici, dimostrano due tipi anormalità aminacidiche: una è l’elevazione della corrente misurazione dei dipeptidi nutrizionali, dell’asenrina e della carnosina, insieme con livelli al di sotto del normale di alcune proteine o aminoacidi provenienti dalla nutrizione. Questo problema consiste di un’incompleta degradazione digestiva delle proteine ed è oltremodo osservato in maniera più dettagliata con una valutazione quantitativa degli aminoacidi nelle 24 ore. Il secondo problema più comune è la deficienza lieve o marcata della mediolina nella sequenza metabolica. La mediolina è uno degli otto aminoacidi strettamente essenziali per gli esseri umani; è uno di quelli che riesce a trattenere lo zolfo. La mediolina conduce alla sintesi di svariati aminoacidi solforati come la cisteina e la taurina. Spesso vi sono alcuni soggetti autistici che presentano bassi livelli di taurina o livelli molto bassi dell’escrezione di aminoacidi solforati che poi portano alla sintesi di cisteina, che è l’aminoacido limitante per la sintesi del glutadione, pertanto si riflette nell’aminoacido grammaplasmatico che addirittura dimostra con più scrupolosità dell’esame delle urine questa realtà. Se non è possibile ottenere una raccolta delle 24 ore complete, anche una raccolta notturna, prima del breakfast, consente di studiare nel plasma ulteriori informazioni preziose per il metabolismo aminacidico; sebbene i peptidi nutrizionali siano ben indicati nell’analisi plasmatica il metabolismo della mediolina e dei livelli di cisteina sono oltremodo illustrati.

Acido folico/acido metilmalonico (4)
L’acido folico è una vitamina B la sua misurazione e la sua attività, correlata da altre varie vitamine, non è così importante come nella valutazione dei bambini con problemi di sviluppo così come possono apparire vista la marcata migliorabilità dei sintomi con la somministrazione di questa vitamina.
La recettività al trattamento con la vitamina B6 non compare correlata particolarmente con anormalità misurabili dei livelli di funzione della B6 stessa. Il motivo per il quale si misura i livelli di acido folico è che la iperattività occasionali provocata dalla supplementazione di DMG può usualmente essere controbilanciato dalla somministrazione generosa di acido folico. Se una possibilità è quella di somministrare generosamente supplementi di acido folico superiori al quantitativo di un milligrammo al dì, è importante sapere che lo stato sia dell’acido folico che della B12 devono essere conosciuti prima di intraprendere la terapia. Molti bambini affetti da patologie dello spettro autistico tendono a produrre elevati livelli di acido folico e perciò sarebbe un atteggiamento prudente conoscere questi valori prima di somministrarne ulteriori quantità. Conoscere il profilo quantitativo della B12 di un individuo è uno degli ulteriori prerequisiti per un’idonea supplementazione di acido folico. La misurazione serica dell’acido metilmalonico è attualmente la metodica più sensibile disponibile per la valutazione dello stato della B12. Questi test sono eseguiti su campioni di sangue dai più accreditati laboratori nazionali.

Studi sui minerali (10)
Le ragioni che suggeriscono un’attenta valutazione dello stato dei minerali nei vostri bambini sono:
- ricercare minerali tossici come il piombo, l’antimonio, il cadmio, il mercurio o l’alluminio. L’esposizione a tali minerali è potenzialmente rischiosa per tutti i bambini, in particolar modo per quelli nei quali stanno ricercando delle tossine ed inoltre i bassi livelli riscontrati possono essere sinonimo di pregressa tossicità. I bambini con problemi nello spettro autistico presentano particolari difficoltà nel rimuovere le tossine dall’organismo così come l’accumulo dei metalli può essere senz’altro un problema rilevante.
- è importante valutare lo stato del calcio dei bambini che possono presentare intolleranze nei confronti del latte e essere stati o eventualmente essere sottoposti ad una dieta milk-free, cioè priva di latte.
- i bambini che presentano disturbi nello sviluppo sono sottoposti a un significativo ed aumentato stress fisiologico cosicché la richiesta per taluni nutrienti minerali come il magnesio, lo zinco ed il selenio può essere significativamente al di sotto della media.
- bambini affetti da disturbi dello sviluppo specialmente nello spettro autistico possono essere sottoposti a delle diete molto ristrette fino al punto che il loro bilancio nutrizionale possa essere sensibilmente ristretto per periodi di mesi od anni, nel tentativo di selezionare dei cibi che possano essere compatibili e limitare la somministrazione di cibi pericolosi (cioccolata, caffè, coca cola, dolci, ecc.)10.
La determinazione dello stato minerale di qualsiasi individuo è piuttosto difficoltosa. Prendiamo l’esempio del calcio, è il minerale più abbonante nel nostro organismo a causa della densità della massa ossea che, com’è noto, contiene calcio in elevate quantità. Il siero ematico contiene sostanziali quantità di calcio dissolto. Una frazione del calcio è legata a grosse molecole con una funzione differente da quella del calcio libero che è ionizzato nel siero ematico. Il siero ematico ed il resto dell’acqua corporea che giace tra le cellule dell’organismo presenta una concentrazione di calcio mille volte più elevata di quella riscontrabile nell’acqua intracellulare.

L’acqua all’interno delle cellule rappresenta circa due terzi dell’acqua totale dell’organismo in ciascuno di noi. Prima di porre la domanda riguardo al fatto se il calcio debba essere misura dobbiamo prima chiederci qual è la finalità di questa misurazione, vogliamo realmente conoscere la quantità totale di calcio nell’organismo di un individuo, vogliamo sapere la quantità è opportuna per quel tipo di individuo rispetto all media? Desideriamo conoscere se vi è qualche alterata distribuzione del calcio nei vari compartimenti cellulari (ossa, calcio serico legato o ionizzato, o intracellulare)? Vogliamo conoscere se il lavoro che il calcio sta svolgendo nell’organismo è svolto in maniera opportuna e se in caso affermativo quale particolare funzione del calcio vogliamo monitorizzare?
Poiché il calcio è molto abbondante e fondamentale nell’organismo dovremo attendere dagli scienziati che possano prospettarci come rispondere a tutte queste domande e sapere quale domanda vogliamo realmente porre riguardo al tipo di test più adeguato da prescrivere. Gli studi sulle metodiche di valutazione del calcio non sono così avanzate, non esiste un singolo test che ci dia un’accurata risposta per ognuna delle domande formulate, e così è anche per altri minerali che da soli sono in costante dinamico bilanciamento con gli altri. Con il termine dinamico intendiamo il costante rimaneggiamento, per esempio lo zinco è normalmente associato con la caduta della concentrazione di altri minerali, per esempio potremmo dire il rame.
La valutazione degli elementi traccia è oltremodo complicata essendo coinvolti veramente quantitativi veramente molto esigui. Il cromo ed il molibdeno sono evidenziati nel sangue in così ridotte quantità e concentrazioni che si manifestano degli inconvenienti tecnici nella valutazione, nella raccolta, nell’analisi del campione stesso.
Oltre ai sopramenzionati problemi un’ulteriore complicazione è la generale indifferenza nella corrente della opinione medica comune riguardo all’importanza della valutazione dell’equilibrio e del bilanciamento dei minerali nei pazienti malati, a meno che questi non presentino una smaccata patologia strettamente e palesemente collegata con la carenza o l’eccesso di un particolare minerale somministrato o studiato. La questione riguardante gli effetti di una media o moderata carenza, o eventualmente anche severa, è la questione di un sovraccarico eventuale medio o moderato con minerali tossici è regolarmente ignorata nella pratica medica comune nell’ottica della formulazione di una diagnosi ben mirata e focalizzata. Una volta che la diagnosi è stata pronunciata può essere ancora più difficile convincere la maggior parte dei medici professionisti che concentrazioni dei minerali sub ottimali possono peggiorare la situazione del paziente. Tutto ciò confluisce nella necessità di perseguire le finalità individuali degli strumenti diagnostici validi per acclarare i problemi collegati a ciascun bambino. La valutazione dei minerali nei capelli è utile poiché possono essere raccolti con relativo poco stress ed essi riflettono la biochimica di un particolare periodo di tempo nel corso del quale il capello ha sviluppato la sua crescita ed un attendibile riferimento del sovraccarico di taluni minerali tossici. La valutazione dei nutrienti minerali nei capelli è una misurazione piuttosto flebile per ciò che concerne l’appurare lo stato nutrizionale del paziente, ma può essere un buon indicatore degli squilibri che possono essere corretti con un intervento nutrizionale appropriato.
Attualmente sono disponibili abbastanza attendibili rapporti tra i modelli dei minerali contenuti nei capelli e le anormalità comportamentali per poter affermare che la valutazione dei minerali contenuti nei capelli è un’analisi a basso costo, possibile guida nutrizionale per la terapia di taluni disturbi comportamentali.

Profilo dei minerali urinari delle 24 ore
E’ una valutazione utile poiché consente di osservare la persona nella sua globalità, al di là di questioni di compartimentazione dei minerali nelle ossa, nell’acqua, nelle cellule a particolari basse iscrizioni di taluni minerali come il calcio o il magnesio, questa è fortemente, sicuramente consistente è la patognomonica di uno stato di carenza.
L’interpretazione di un eccesso urinario di perdita di minerali risulta essere più complicata perché la perdita può essere appropriata nel caso di un sovraccarico di metalli, oppure inappropriata nel caso in cui qualche elemento possa essere mancante per ciò che concerne la conservazione o la richiesta del minerale stesso.
La raccolta 24 minerale richiede la raccolta di ogni goccia di urina da un certo orario in poi fino allo stesso orario del giorno successivo perciò può essere realizzata soltanto in quei bambini che sono stati educati al controllo degli sfinteri e delle funzioni fisiologiche.

Profilo dei minerali ematici totali
Sono un utile strumento valutativo dello stato minerale il test abbina la valutazione livelli dei minerali nel siero così come quelli nei globuli rossi.
La misurazione dei minerali contenuti nei globuli rossi può essere aggiunta ad altri test come quelli dello studio dell’equilibrio della compartimentazione dei minerali serici e cellulari in questione.
Valutazioni molto anomale di un particolare nutrimento di alcuni modelli anomali nell’equilibrio di molti minerali sono una guida essenziale per il trattamento di ciascuno che abbia manifestato un problema nutrizionale o biochimico. Un singolo test come la valutazione dei minerali nei capelli ha solamente un limite valutativo ma è ancora opportuno eseguirlo. Le informazioni combinate disponibili per molti differenti test massimizzano il valore di qualsiasi altro test. Gli individui autistici presentato più frequentemente una carenza di zinco e selenio con occasionali deficienze di calcio e magnesio. Il calcio è più facilmente evidenziabile nelle urine quando la sua espressione è patologicamente bassa e si può riscontrare positivo questo dato su un bambino autistico su cinque. Il selenio può essere meglio valutato tramite lo studio dell’analisi del capello mentre il sangue intero è il tessuto di scelta per l’analisi dello zinco nell’individuo autistico. A proposito consultate anche i paragrafi sulle urine e l’analisi dei capelli.
Un’intrigante relazione esiste tra zinco, dipeptidi, carnosina ed anserina spesso riscontrati elevati nell’esame degli aminoacidi e eventualmente l’elevata quantità di peptidi riscontrabili nelle urine. Gli enzimi peptidasi che sono stati considerati in grado di digerire, questi enzimi richiedono zinco per la loro attività e la disfunzione funzionale dello zinco consiste in un’introduzione eccessiva di peptidi con la dieta.
L’epoesame dei capelli: è importante per la valutazione dei problemi dei nutrienti e per stabilire quali sostanze possono essere ritenute tossiche in alcuni bambini autistici. Lo zinco può dimostrarsi carente o elevato, in entrambi i casi confermerà una maldistribuzione dello stesso. Il selenio è più facilmente valutato nei capelli quando è legato allo zolfo ed al residuo cistinico nelle proteine dei capelli essendo com’è noto legato alle proteine enzimatiche. Gli elementi tossici sono facilmente indicati nei capelli che sono un tessuto escretorio che concentra questi elementi. Gli elementi tossici che occasionalmente dimostrano un eccesso nei bambini autistici a livello dei capelli sono: alluminio, antimonio ed arsenico; e raramente cadmio, piombo, mercurio e bismuto. L’incrementata incidenza di elementi tossici in individui autistici valutabile attraverso l’esame dei capelli può essere messa in relazione con disordini della chimica dello zolfo. L’attività di transulfurazione ed i legami con i peptidi dello zolfo (glutatione, tioneina) sono importanti nei processi di detossificazione.

Analisi degli elementi urinari: le urine trasportano i minerali non richiesti e non necessari ed elementi - essenziali taluni riscontrati in eccesso e tossici gli altri che potrebbero causare disturbi negli organi corporei e nei tessuti. E’ difficile valutare lo stato dei nutrienti essenziali attraverso l’analisi delle urine, ma è facile osservare che gli elementi tossici siano stati espulsi. L’autismo non è conosciuto specificatamente come una patologia da elementi tossici, ma può risultare un’eccessiva concentrazione di arsenico, cadmio, piombo, mercurio, alluminio ecc..
Comunque ciò si può verificare e recentemente una piccola scala di studi informali eseguiti su minerali nei capelli è in grado di dimostrare una più elevata assimilazione di alluminio, antimonio ed arsenico rispetto alla media nei bambini autistici. Uno dei principali obiettivi dell’analisi delle urine è diagnosticare la presenza di elementi tossici e monitorizzare la loro rimozione. Il test delle urine a livello diagnostico spesso coinvolge la provocazione e la somministrazione di agenti che sono in grado di mobilizzare, chelare o creare dei complessi di elementi tossici per facilitare l’escrezione renale.
Lo studio degli elementi minerali e dei capelli è spesso il prerequisito di screening per accertare la tossicità degli elementi. Il test provocativo delle urine è un test di conferma che viene realizzato per accertare l’elevata quantità di tossici nei capelli.
Un secondo obiettivo per il test delle urine è quello di determinare se la perdita o i livelli disordinati urinari degli elementi si stiano verificando e ciò risulta specialmente con il magnesio, occasionalmente con il calcio, sebbene bassi livelli di calcio urinario siano un dato di più comune riscontro nell’autismo. Approssimativamente un bambino autistico su cinque, perciò il 20%, si sono rivelati bassi nella concentrazione di calcio nelle urine (ipocalciurie), la ragione di ciò non è stata ancora perfettamente compresa. Il rimpiazzo del calcio in tali casi può essere di beneficio.

Attività della glutatione per ossidasi eritrocitaria (9)
Riscontri pubblicati in letteratura riguardo all’autismo dimostrano un’elevata proporzione nei bambini testati che conferma l’abbassamento o la deficienza dell’attività di questo enzima. La glutatione per ossidasi (GPx) è una proteina con spiccata attività catalitica nelle cellule che promuove l’ossidazione simultanea del glutatione e la riduzione del perossido o dei perossidi lipidici. Ciò significa che la GPx aiuta a riscattare le molecole ossidate, talvolta gli acidi grassi ossidati restaurano l’integrità delle membrane. In questa dinamica si causa temporaneamente l’ossidazione di un importante dipeptide legante lo zolfo, il glutatione, che è il maggior antiossidante ed agente detossificante nell’organismo e nelle cellule. L’attività catalitica dell’enzima GPx dipende principalmente dai minerali attivati tipo il selenio. Abbastanza curiosamente il selenio nella GPx è attaccato al residuo aminacidico della cisteina. La carenza di selenio è una delle cause riconosciute della debole attività della GPx, ma la maggior parte di individui autistici con bassi livelli dell’attività della GPx dimostrano normale concentrazione di livelli di selenio sia nel sangue che nei capelli. Pertanto il problema è molto più complesso del semplice riscontro di una carenza nutrizionale di selenio che può essere messo in relazione con la sintesi della proteina GPx e l’incorporazione della seleniocistina prelegata in questa proteina.

Acido mercapturico (8)
L’acido mercapturico non è un singolo metabolita ma una classe di metaboliti analogamente strutturati riscontrabili nelle urine umane e talora definiti «mercapturati», questi furono scoperti nel 1880 tramite studi chimici nelle urine di lavoratori dell’industria chimica tedesca. I mercapturati sono dei prodotti di metabolismo finale di un sistema di detossificazione - i processi biochimici dell’organismo per rimuovere i metaboliti non desiderati e gli elementi chimici. Tale processo si innesca con l’ossidazione delle sostanze tossiche, spesso attraverso la famiglia degli enzimi definiti «p-450». Una volta ossidate o divenute reattive le sostanze tossiche si attaccano al glutatione, specificatamente al ponte cistinel-sulfurico. Ulteriore sviluppo chimico si realizza con la rimozione dell’acido glutammico e della glicina e l’aggiunta di un gruppo acetilico; ciò risulta nella sintesi del mercapturato. Il mercapturato è idrosolubile e lascia l’organismo attraverso la bile o l’urina.
Ma che cosa ha a che vedere ciò con l’autismo? Esistono tre collegamenti con l’autismo. Uno è quello inerente gli studi informali che dimostrano l’incrementata incidenza di autismo in località che sono state riconosciute essere contaminate con sostanze tossiche, per esempio Leonister, pertanto è importante conoscere se funziona appropriatamente la chimica individuale di detossificazione. Secondo, alcuni studi e casi anamnestici di individui autistici hanno dimostrato carenza di metionina, deficienza di cistina/cisteina e carenza di taurina, per queste persone la capacità di sintetizzare mercapturati potrebbe essere più bassa del previsto. Terzo ulteriori studi dimostrano una debole sulfossidazione per alcuni individui autistici e ciò suggerirebbe che la chimica del trasferimento dello zolfo non sia perfetta. In questo caso l’eccesso di cistinina, e di glutatione, ed i mercapturati potrebbero essere più elevati del previsto. Qui la taurina è ancora bassa e vi è un rallentamento nella tappa biochimica della sua sintesi.

Test delle allergie alimentari (test citotossico, alitest: alitest, citotest, ecc.)
I bambini che presentano un ampio raggio di problemi provenienti dalle tipiche forme di autismo ai deficit dell’attenzione presentano frequentemente come riferiscono i loro genitori, così come i loro medici, una particolare sensibilità nei confronti degli alimenti e ciò è scientificamente dimostrato39.
Le sensitività sono reazioni che non si sviluppano immediatamente ma coinvolgono problemi respiratori, rialzi termici, reazioni intestinali. Tali reazioni di ipersensibilità si sviluppano nell’arco di ore o giorno dopo l’esposizione possono presentare l’effetto cumulativo di esposizione agli alimenti. Le sensibilità compaiono come espressione immunologica di uno stato di sovraccarico funzionale (od attivazione percettiva) e spesso confusione percettiva che caratterizza tali bambini. Le allergie dunque sono un riflesso del disordine generalizzato e non dovrebbero essere considerate come la causa dei problemi anche quando in relazione agli alimenti e ad altre esposizioni ecologico ambientale siano la causa di sintomi particolari. Può essere utile tenere a mente che il sistema immunitario ha le stesse funzioni del sistema nervoso centrale: quella di percepire e ricordare l’ambiente. Le differenze sono solamente nella collocazione dei tessuti coinvolti nella scala della percezione. Il cervello percepisce e ricorda l’ampio mondo dei nostri sensi, il sistema immunitario percepisce e ricorda il microcosmo degli antigeni e delle molecole.
Da questa prospettiva non dovrebbe sorprendere che i bambini con difficoltà percettive e del livello dei processi cognitivi possano sviluppare parallele difficoltà nei livelli immunitari. Analogamente proprio come terapia potrebbe essere utile integrare e nell’esperienza sensoriale del bambino una dieta che non bada ad attivare dal punto di vista antigenico l’equilibrio immunitario dell’individuo ma proponga piuttosto una semplificazione che possa compenetrarsi perfettamente con la ipersensibilità particolari del bambino.
Molti bambini hanno oltremodo semplificato la loro dieta rifiutanto un’ampia varietà di cibi salutari. L’introduzione ristretta di questi bimbi potrebbe essere limitata a cibi per i quali essi possono sviluppare delle compulsioni allergiche o che non siano realmente nutrienti. E’ oltremodo utile pertanto fare eseguire dei test che consentano attendibili informazioni inerenti la salutare, sicura introduzione di cibi così come l’identificazione di cibi potenzialmente reattivi.
L’analisi delle allergie alimentari è un problema controverso. Molti allergologi ed immunologi conservativi credono che il test delle IgE per il riscontro delle immediate ipersensibilità alimentari ed il limitato uso dei test epicutanei sia tutto ciò che può essere fatto per valutare l’ipersensibilità alimentare. Gli autori invece hanno riscontrato con le IgG ELISA siano particolarmente utili come strumento per la determinazione dei cibi sicuri, per la valutazione di uno stato immunitario ed attivazione generale contro gli alimenti che si sono riflessi in un totale numero di reazioni nutrizionali in un pannello diagnostico e nell’identificazione di cibi cosiddetti reattivi40. Sono stati condotti doppioceco e diete placebo controllate in studi che hanno convalidato l’utilità delle IgG ELISA attraverso il riscontro di una significativa differenza nella riduzione dei sintomi nei soggetti che hanno evitato i cibi reattivi tramite il monitoraggio delle IgG e i cibi non reattivi. Utile la valutazione tramite test citotossici (alitest, citotest, driatest, ecc.) e il riscontro della reattività agli alimenti nei bambini delle IgG per appurare l’eventuale comparsa di sensibilità alimentari. Tali test sono la base delle linee guida dell’eliminazione dei cibi tossici, non un monitor assoluto ma possono essere una tabella indicativa degli alimenti affidabili e non specialmente riguardo a quegli alimenti che possono essere causa di grossi disturbi, in quanto in grado di interferire con le fenosulfotransferasi (cioccolata, formaggio, banana, limoni, coca cola) che contengono antigeni fungini e tossine e sono fonte di peptidi che contengono zuccchero ed additivi, come nel caso del giovane Scadurra che veniva sottoposto durante i periodi di vacanza dal genitore alla somministrazione di tali alimenti ricchi di fenosulfotransferasi e pertanto estremamente tossici. Non è dunque da ritenersi restrittiva e dannosa una dieta che consenta invece di ridurre il carico delle tossine che sono scientificamente ritenute in grado di attivare, di peggiorare la situazione autistica nei bambini predisposti ai disturbi dello spettro autistico40.

Test immunologici (7, 12)
Molti dei test descritti precedentemente hanno una relazione importante a livello della funzione immunitaria e sono ampiamente interattivi con altre funzioni che hanno a che vedere con la percezione, la memoria, la ricognizione e la sensibilizzazione. Vi sono comunque taluni test che valutano specifiche attività correlate con le competenze espressive individuali nel settore immunitario. Studio sulla funzione immunitaria dei bambini autistici hanno rivelato una elevata eccedenza di varie anormalità nella maggior parte delle persone che rivelavano una particolare modalità specifica di gruppo. Test immunologici elencati di seguito sono pertanto utili nella determinazione dello stato dell’attivazione immunitaria o della soppressione immunitaria in un particolare gruppo di individui e può servire pertanto come guida per il trattamento personalizzato e dovrebbero essere disponibili per monitorizzare l’evoluzione e la prevenzione della patologia come marker ovvero indicatori dei candidati ai vari interventi immunologici.
Il test menzionato di seguito comprende ciò che dovrebbe essere attualmente considerato come una valutazione immunilogica completa in grado di misurare la capacità di una persona di produrre anticorpi come le IgA, le IgG ecc. così come l’equilibrio tra le varie cellule che sono depositarie della memoria immunitaria così come soldati, generali e diplomati del nostro sistema immunitario. Nessuno dei bambini autistici che sono stati testati hanno dimostrato un profilo normale delle cellule T e tutti dimostravano una o l’altra espressione dell’attivazione anomala del sistema immunitario. L’attivazinoe contro cosa? Forze virus, forse batteri, forse funghi o parassiti. Comunque citi, pollini, muffe, sostanze chimiche, polveri e forfora. Forse si verifica una appropriata risposta ad una infezione sottovalutata o forse risposta ad una infezione o immunizzazione che è risultata in un blocco del sistema immunitario in uno stato di attivazione. Forse si tratta di una reazione immunitaria (vedi in seguito) prodotta da una o più delle molecole attivate o tessuti dell’organismo. Al centro di tutte queste possibilità è il tema portante, con il quale la maggior parte dei clinici è in accordo, che la patologia di questi bambini sia collegata ad un difetto immunitario, infezione ed autoimmunità.

Diagramma: Difetti immunitari (7) come risultato di una predisposizione di carattere genetico e forse aggravata da  anomali.

Malnutrizione fra minerali ed altra malnutrizione (10), alterato metabolismo (4), diminuita e sovraccaricata chimica della detossificazione (8, 9) e infezioni (12).
Il punto è che probabilmente sono in azione parecchi circoli viziosi. Un bambino con un problema innato a livello immunitario può essere più facilmente prono a contrarre infezioni o risposte anomale nei confronti di germi o immunizzazione. Agenti infettivi possono a turno alterare la funzione immunitaria analogamente la nutrizione, problemi metabolici e detossificativi possono avere un effetto negativo sulla funzione immunitaria e pertanto consentire un peggioramento delle condizioni come si può registrare nelle infezioni e porre le basi ulteriori di uno stress dal punto di vista nutrizionale, metabolico e sui sistemi detossificativi. Come potete osservare il concetto comune è quello che a tale punto siano coinvolti più meccanismi e sistemi di approccio di quelli che vengono normalmente utilizzati come modello medico. Ciò è tutto sommato utile perché consente a noi ricercatori di sperimentare modalità di comprensione e di trattamento più ampie essendo queste sbagliate, cioè per trattare ciò che è sbagliato.
Altri test nei pannelli in seguito esposti indicano che il livello di immunità o di capacità delle prove immunitarie di rispondere a varie sostanze, incluso l’intervento di germi. In alcune situazioni è osservabile l’incapacità a rispondere a certi stimoli immunitari (germi, immunizzazione o altri  immunitarie) in altre situazioni invece possiamo osservare bambini con risposte eccessive ai germi e ad altri stimoli. E’ importante osservare che i test sottolineati sono:
immunoglobuline quantitative IgG, IgA, IgE, C3, C4, IGG1, IGG2, IGG3, IGG4 (ELISA). Il trattamento di somministrazione endovenosa di gammaglobuline è un’opzione che è particolarmente rilevante per questa valutazione. La carenza delle IgA potrebbe essere un criterio di esclusione. Bassi livelli di altre globuline potrebbero rinforzare l’indicazione per somministrare in via endovenosa le gammaglobuline. Bassi livelli di una o più immunoglobuline sono più comuni in bambini autistici rispetto a bambini normali.
Attivazione dei sottolivelli delle cellule T. Il modello tipico è indicativo di una attivazione immunitaria, con infezione virale possibile come una delle cause di tale attivazione. Specificatamente si riscontrano elevazione di CD3 + HLADR + cellule ed un basso valore fra CD4+/CD8+ cellule. Più del 50% dei bambini autistici presentano un anomalo basso livello di cellule natural killer (CD3+CD16+CD56+cellule nk).
Funzione natural killer delle cellule. Le cellule natural killer (nk) sono dei linfociti con una particolare attività all’interno del sistema immunitario di identificare e trattare con un mondo di cellule, di germi e molecole. Le cellule nk sono delle specialiste nella prima linea di difesa contro virus, funghi, e cellule oncologiche - e condividono la distinzione di essere bersagli del sistema immunitario. Bassi livelli, o livelli nulli di cellule nk sono evidenziabili in molti bambini autistici. Il che non significa che non ve ne siano affatto ma è utile spesso confermare che la funzione di altri sottosistemi delle cellule nk (k562) sia normale. E spesso ciò si riscontra più frequentemente e queste sono più facilmente evidenziabili delle cellule nk classiche.
Valutazione della simulazione dei linfociti. PHA, ConA, Candida Albigans, tossoide detanico, PPD. Queste cinque sostanze menzionate sono materiali derivati da piante, germi, che sono in grado di recitare una caratteristica risposta dalle cellule linfocitarie vive prelevate da campioni di sangue. La valutazione di questa risposta costituisce un tipo di «bersaglio attivo» nel quale la prestazione delle cellule del sistema immunitario può essere scrutinato e valutato contro uno standard conosciuto. In generale il bambino autistico presenta bassi livelli e questo riscontro può essere spiegato come un effetto delle tossine sul rendimento del sistema immunitario. Il test non dice quali tossine possono essere impiegate e spesso il messaggio clinico consiste in un quadro del danno della chimica detossificativa che è stata descritta precedentemente. Ulteriori informazioni sulla chimica detossificativa possono essere mutuate da un libro pubblicato recentemente che contiene parecchie referenze bibliografiche per i bambini autistici41.
Titolo anticorpale (quantitativo – osservando l’espansione dell’elevazione dei livelli anticorpali, non semplicemente determinando lo stato immunitario che usualmente potrebbe essere l’oggetto di tali test) nei confronti della difterite, della pertosse, del tetano (DPT) morbillo, parotite, rosolia, (MMR), polio virus tipo 1, 2 e 3 (la componente 3 del vaccino corale della polio la quale recentemente è stata utilizzata come vaccino vivo nel nord America per l’immunizzazione contro la polio). I germi sopramenzionati sono bersagli nei confronti dei quali i bambini ricevono una immunizzazione routinaria. I livelli di anticorpi a questi batteri, alle tossine batteriche, ai virus, conferisce un buon quadro sia della particolare esperienza dei bambini con ciascuna di queste sostanze che siano state inavvertitamente esuberanti o altrimenti basse. Ulteriormente questi dati42 suggeriscono modalità distintive associate alla normalità nelle cellule NK con altra normalità nella risposta al DPT e al OPV. Altri bambini sono stati riscontrati affetti da spiccata normalità di risposta in entrambe le direzioni a vari tipi di immunizzazione inclusi la rosolia, un virus conosciuto in grado di causare sindromi autistiche nei bambini affetti o dopo gli effetti di infezione acquisita durante la vita fetale.
Anticorpi conseguenti l’esposizione acquisita a particolari virus: citomegalovirus (CMV), Epstein Barr Virus (EBV), virus umano erpetico 6 (HHV6) ed Herpes simplex 1 e 2 IgM, IgG. Gli anticorpi contro questi agenti effettivi conferiscono l’evidenza della esposizione presente o passata a questi virus che può essere di differente significato per i bambini affetti da una anomala funzione immunitaria come quella dell’abbassamento delle cellule NK. Ulteriori informazioni suggeriscono una elevata incidenza di alti livelli di anticorpi nei confronti dell’HHV6 la cui valutazione verrà ulteriormente dettagliata nel futuro.
Valutazione della sensibilità al glutine ed alla caseina.
Anticorpi antigliadina IgG ed IgA
Anticorpi antiendomisio IgA
Anticorpi antireticolina IgA
Anticorpi anticaseina IgG ed IgA.
Questi test sono stati descritti precedentemente nel protocollo e possono essere prescritti separatamente ma comunque appartengono ad un profilo immunitario più globale.

Valutazione autoimmunitaria (13)
Sing et altri che hanno aderito al gruppo DAN dal tempo degli incontri iniziali hanno proposto ed offerto i seguenti test per la valutazione del ruolo attualmente conosciuto dell’autoimmunità nell’individuo autistico. Come il nome indica autoimmunità è una tendenza anomala che fa parte di molte patologie croniche nelle quali il danno a vari tessuti è associato con altri livelli delle sostanze che il sistema immunitario produce quando viene attivato nei confronti di particolari bersagli. Queste sostanze sono le etichette (anticorpi) che vengono utilizzati per identificare ed inattivare bersagli e sostanze chimiche (citochine) prodotti dalle cellule immunitarie che fungono come trasportatori di vari, talora ostili o infiammatori, messaggi all’interno di vari tessuti dell’organismo. Sing ed altri sono in grado di misurare questi fattori che sono utili per scoprire anomali meccanismi immunitari nell’autismo così come il monitoraggio della risposta immunologica orientata durante questi trattamenti. I risultati di questi test sono utili per il medico clinico interessato a comprendere quali particolari errori del bambino nello spettro dell’attivazione immunitaria possa attivare la patologia autistica.
Qualora il sistema immunitario dei bambini risulti essere in uno stato di attivazione o di guerra contro bersagli particolari tipo virus, germi, funghi, alimenti, richiederanno una attenzione per semplificare il controllo delle infezioni evitando gli allergeni e la desensibilizzazione del sistema immunitario. Questi test sono:
test degli anticorpi cerebrali: questo test indaga sulla presenza di anticorpi sulla proteina fondamentale della mielina (MBP) e i filamenti neuronali di pectina (NAFP) che sono riscontrabili nel 50/60% dei soggetti autistici43.
Test della serotonina e test per i recettori anticorpali della serotonina. Questo test determina i livelli della serotonina e del recettore anticorpale, la serotonina cerebrale. Molti soggetti autistici presentano elevati livelli di serotonina. Questa contiene anticorpi che sono in grado di bloccare la capacità legante della serotonina nei confronti dei recettori serotoni cerebrali44.
Test di rescitochine. L’autoimmunità è in grado di causare l’incremento di certe citochine come: IL-12, IFN-gamma, TNF.
IL1, IL2 ed IL6. Più importanti, IL12 è la citochina chiave che induce disturbi autoimmunitari negli animali. IL12 è selettivamente elevata nei bambini autistici45.

Più peptidi?
Una via per identificare il rischio potenziale dei peptidi alimentari che possono penetrare nella biochimica dell’organismo è quella di osservarli come capaci di coniugarsi al traffico di analoghi peptidi che sono prontamente in uso come parte del messaggio che viene trasportato dai sistemi. Analoghe similitudini con i peptidi esterni ed interni al traffico è presumibile possa contribuire ad innestare quei disturbi creati dal flusso interno di molecole attive nel contesto dei sistemi di segnale del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario. Anormalità dei peptidi interni possono predisporre una persona ad un ulteriore stress indotto dai peptidi esterni o dalle anormalità da questi innescate dei peptidi interni.
La misurazione degli ormoni peptidici nei bambini autistici ha dimostrato essere presente nei ¾ dei bambini con anomali livelli di ACTH (ormone adrenocortidocropo) ed ulteriori anomalie nella vasopressina46.
La misurazion dell’ACTH, della vasopressina e dell’ormone stimolante alfamelanocita (MSH) e il TYR-fattore inibente la stimolazione dei melanociti fornirà ulteriori informazioni riguardanti il ruolo degli squilibri nei bambini con problemi autistici nello spettro autistico dei disordini correlati. Attualmente l’ACTH è uno dei peptidi che possono essere testati clinicamente nei laboratori. Anche i peptidi ormonali (neuropeptidi) sono sotto indagini nei laboratori di ricerca. Futuri aggiornamenti di questo documento verranno sicuramente presi in considerazione come possibilità terapeutica nel trattamento di alcuni di questi peptidi che sono efficaci. Studi sperimentali sugli animali sembra no documentare bassa incidenza di rischio47.

Test genetico (7)
Warren ed altri hanno fornito le seguenti osservazioni basate sul lavoro del loro laboratorio nell’Università dello Stato dell’UTAH. «Alcuni bambini sono suscettibili a sostanze patogene ambientali, preferibilmente virus e/o batteri conseguenti ad una deficienza ereditaria del sistema immunitario. Non sono in grado di rimuovere i patogeni in un tempo normale e pertanto tali bambini presentano più elevato rischio di danni da patogeni nello sviluppo del tessuto del sistema nervoso centrale del cervello in grado di causare i sintomi di autismo. Alternativamente la sostanza patogena stessa può non essere in grado di causare un danno diretto del sistema nervoso centrale ma attivare una risposta autoimmunitaria che può sfociare in sintomi di autismo. Queste possibilità non sono mutualmente esclusive ed è possibile che questo patogeno possa infettare taluni tessuti del sistema nervoso centrale ed elicitare una risposta immunitaria che può danneggiare i tessuti infetti ed interferire con le normali funzioni neurocerebrali (come la capacità di legare i neurotrasmettitori ai loro rispettivi recettori). Warren ed associati hanno identificato i geni che sono altamente correlati con lo spettro dei disordini autistici48.
Il gruppo di Warren ha riportato l’associazione fra autismo e certe variazioni di geni definite alleni associate con l’alterata resistenza alla infezioni ed alla tendenza al disordine autoimmunitari49,50.
Persiste pertanto non solamente l’osservazione che i bambini affetti da autismo pregresse infezioni o anomale risposte a infezioni come agenti tali come la rosolia, la rubeora51,52,53,54, CMV55,56,57,58,59, herpes virus60 ed altri agenti infettivi. In taluni casi tali infezioni sono il risultato di esposizioni prenatali nelle quali in sistema immunitario materno può essere stato eccessivamente reattivo. In altri casi il problema è collegato ad una carenza di una parte del sistema dell’immunizzazione da parte del bambino. I membri del DAN hanno riscontrato alcuni bambini autistici presentare un attivazione immunitaria innescata dalla presenza di elevati livelli anticorpali conseguenti l’immunizzazione infettiva da parte di agenti specifici. In tal caso la risposta del sistema immunitario consiste nella natura di un’eccessiva e inappropriata reazione o di contro una reazione opposta o diminuita.

Riassunto
La precedente lista di trattamenti e opzioni diagnostiche è complessa. I problemi immunitari ed immunologici sono probabilmente non complessi per quanto riguarda il bambino ma fin tanto che non verranno resi semplici congiuntamente ad una spiegazione unitaria della normalità noi potremo osservare nel sistema immunitario, nella sua biochimica sottogruppi di bambini con problemi di sviluppo collegati alla necessità del miglioramento delle varie fasi diagnostiche di trattamento. Persiste almeno la mancanza di una perfetta conoscenza ed integrazione dei test utilizzabili e delle terapie conseguenti nella classe medica. Il seguente diagramma può aiutare a specificare tale connessione, vi è anche un diagramma che aiuterà i genitori ed i professionisti nel settore chimico ad osservare nei loro pazienti uno stato di sensibilità e di tossicità. Il diagramma consente di chiarificare i meccanismi generali che sono coinvolti in tale situazione e che non sono stati definiti come basi di tali suscettibilità. Il diagramma caratterizza in comune un’ampia varietà di patologie croniche e la versione corrente di questo protocollo sottolinea l’approccio diagnostico con dettagli di guida e di trattamento. Se un clinico che non ha familiarità con l’approccio sopra menzionato nel caso clinico di un bambino sarà opportuno che vada a rivedere le conoscenze di un settore della biochimica, della tossicologia, dell’immunologia e delle patologie infettive. Una volta assodate le conoscenze specifiche nella specializzazione della pratica medica potrà essere ciò non di meno difficile anche per i genitori trovare un clinico che sia in grado ed intenzionalmente motivato a guidarli attraverso i trattamenti di base esposti in questo protocollo. L’Istituto per la Ricerca sull’Autismo organizza seminari che tendono a creare consapevolezza nei clinici e nei genitori creando l’opportunità di migliorare la loro efficacia nell’applicazione dell’approccio che abbiamo descritto.
Un ultima nota sulle priorità: la maggior parte di questi test sono costosi perciò è opportuno stabilire una priorità da un lato l’importanza di sottolineare i problemi del sistema immunitario, e può essere pertanto appropriato eseguire una valutazione immunologica sequenziale. Qui di seguito la sequenza cronologica degli esami che vengono di solito prescritti premesso che il più importante concetto è quello di approcciare il problema di ogni bambino come individuale e personalizzato. Il rischio di questo documento è che esso possa essere guardato come una formula da applicare a tutti i bambini ma nella pratica specifica degli autori il test diagnostico più importante è quello di seguire e ascoltare la propria personale intuizione. Il gruppo DAN ha ottenuto consensi in tutto il mondo e pertanto ogni genitore e clinico avrà il suo relativo senso di priorità, così come hanno deciso di perpetrare i vari elementi del DAN. Un ulteriore rischio di questo documento è che all’inizio dei trattamenti si possono avere delle situazioni frustranti per quanto concerne i risultati che sono di solito lenti da perseguire e pertanto clinici e genitori dovranno essere consapevoli di questo. Impeto del gruppo è quello di incontrare ampia quantità di membri per confrontare ed accelerare la ricerca nel settore dell’autismo. Questo protocollo ben si confà con un dialogo che deve esistere fra genitori e professionisti e non è certo questo il dialogo che si è realizzato fra il genitore dello Scandurra ed il dott. Panfili, essendo il genitore dello stesso preoccupato più della contestazione di ciò che non conosceva più che dell’acquisizione di importanti riguardanti l’evoluzione ed il miglioramento della salute del bambino. Renland ed altri hanno attivato questo foro dove è possibile confrontrarsi e discutere le proprie opinioni nel contesto dell’American Accademy Of Environment of Medicine, l’Accademia Americana della Medicina Ambientale, il Collegio Americano dello sviluppo della medicina, sarebbe The American College of Medicine.

 

 

 

   
 Geopatologie

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E' la scienza che studia le interazioni a livello psicofisico tra gli organismi viventi, vegetali, animali ma soprattutto l'uomo, e il "sito" fisico dove essi si sviluppano e soggiornano a lungo.
Nella sua accezione moderna è nata circa un trentina di anni fa. Il suo massimo esponente, il dott. ERNST HARTMANN, ha legato il suo nome alla individuzione della "rete H" o "rete globale", che avvolge il nostro pianeta con maglie in cui la radiazione elettromagnetica naturale si si manifesta con maggiore intensità.
In tutte le tradizioni edificatorie delle antiche civiltà la scelta del luogo in cui costruire una reggia, un luogo di culto , un luogo di sepoltura o residenza veniva fatta solo dopo un lungo ed accurato controllo da parte di persone sensitive, capaci di percepirne le caratteristiche geobiologiche. Nella visione più glovale del rapporto con la natura, che oggi si sta sviluppando, è importante ritrovare attenzione verso questi temi, che fanno d'altronde parte della più profonda cultura dell'uomo.
Viviamo in un immenso campo elettromagnetico, risultato degli scambi permanenti tra terra e cosmo.
Nel sonno siamo particolarmente sensibili alle aggressività emanate dalle variazioni geologiche sottostanti la nostra abitazione, provocate ad esempio da corsi d'acqua sotterranei, faglie, cavità naturali o artificiali, che modificano il naturale magnetismo terrestre.
Il momento di rigenerazione energetica dell'organismo, che il sonno rappresenta, può essere così alterato, anche per la vicinanza di campi elettromagnetici dovuti alle normali utenze domestiche, agli impianti tecnici nelle abitazioni, alle linee ad alta tensione, etc.

Una permanenza prolungata in un luogo perturbato crea un consumo anomalo di energia reattiva dell'organismo e nel tempo indebolimento del sistema immunitario, che può portare all'insorgenza di disturbi funzionali ed all'insorgenza di malattie.

 

RICHIEDI UNA PERIZIA GEOBIOLOGICA ORTOMOLECOLARE

 

La diagnosi di un esperto può rilevare eventuali nodi energetici nella tua abitazione, allontanandoti da radiazioni elettromagnetiche naturali disturbate e darti indicazioni per ridurre al minimo l'esposizione ai campi magnetici artificiali


 

 

 

 Fibromialgia

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Si tratta di una malattia in forte aumento, caratterizzata da dolori diffusi in buona parte dei muscoli e giunture, ai quali si possono aggiungere altri disturbi come rigidità, depressione, stanchezza, allergia, emicrania ed altri. Circa il 4% della popolazione dei paesi industrializzati dell’occidente ne soffre, e l’80-90% dei colpiti è di sesso femminile. Poiché i sintomi della fibromialgia sono comuni anche ad altre malattie è necessaria una diagnosi iniziale approfondita per escludere l’esistenza delle altre malattie con le quali la fibromialgia potrebbe essere confusa.
Si tratta di una sindorme più che di una malattiae la sua durata seppur prolungata, non diviene necessariamente cronica: le statistiche dimostrano infatti che metà dei soggetti affeti , di solito migliora almeno parzialmente nel lasso di due anni.
 

Le cause della fibromialgia sono sconosciute e sono state formulate varie ipotesi. Il fatto che colpisca quasi esclusivamente le donne induce a ritenere che entrino sicuramente in gioco dei fattori ormonali. Le ricerche più recenti si sono peraltro concentrate sul sistema nervoso centrale. Secondo gli ultimi studi (Bennett R 2005; Gerwin RD 2005) si tratterebbe di una malattia caratterizzata da una sensibilizzazione centrale del midollo spinale e del sistema nervoso centrale.

Questa sensibilizzazione potrebbe verificarsi perché delle citochine infiammatorie scatenano un fattore chiamato INOS (inducible nitric oxide synthase) nei muscoli;

ciò provoca una stimolazione eccessiva dei recettori del dolore ed un aumento dei fattori ossidanti e radicali liberi.

 

Utile il monitoraggio del gene del DNA che regola l'equilibro delle inteleuchine 6 e10 (rsipettivanente inafiammatorie ed antianfiammatorie) che allorchè positivo predisporrebbe all'ainsorgenza della patologia.
Le forme di fibromialgia si associano pertanto in genere ad uno stato infiammatorio generalizzato; altri fattori che possono scatenare o aggravare gli squilibri ormonali femminili e la sensibilizzazione del sistema nervoso centrale sono: una potenziale (ma probabile) disbiosi intestinale caratterizzata dalla presenza di Candida Albicans (utile in questi casi l'esame TASC per dosare gli anticorpi specifici per la candida spp); la presenza di metalli tossici (rame, mercurio, piombo, alluminio, ecc.). In certi casi, vi può essere una componente infettiva -uno studio fa riferimento alla presenza del Mycoplasma Tuberculosis, altri alla Borrelia Burgdorferii in alcuni soggetti affetti da fibromialgia.

Il trattamento. Poiché la causa non è conosciuta, la medicina classica si concentra sulla lotta ai sintomi, prescrivendo antidolorifici e a volte antidepressivi ed antinfiammatori. Senza soffermarmi su questi trattamenti classici già abbastanza noti, vorrei indicare alcuni altri approcci. Il fatto che la fibromialgia colpisca quasi esclusivamente le donne rende innanzitutto importante effettuare un’analisi della situazione ormonale, per verificare se vi siano eventuali carenza o eccessi da correggere.

In vari siti iternet vengono riferiti dei successi ottenuti con integratori alimentari:
indipendentemente dal nome commerciale dei vari preparati esistenti, le seguenti sono regole importanti, in linea generale e non solo per la fibromialgia, per un uso appropriato degli integratori. Gli integratori non devono essere presi “a casaccio”, per un “sentito dire”, come a volte capita. Nel corpo umano vi sono migliaia e migliaia di processi metabolici interconnessi ed interdipendenti. Ogni integratore influisce ad un determinato livello biochimico; questo è il motivo per cui occorre effettuarne una selezione accurata per ogni paziente. Un ulteriore errore consiste nel prescrivere dosi minime (un’analogia: come assumere 1/100 dell’aspirina) -dosaggi minimi non determinano in genere un effetto metabolico.
E’ opportuno ordinare i prodotti presso ditte serie
 

Integratori specifici per la Fibromialgia

Melatonina coniugata (2 mg di melatonina + 9 mg di Adenosina + 2 mg di Glicina) -forte antiossidante; favorisce anche il miglioramento del ciclo sonno-veglia, spesso disturbato in pazienti affetti da fibromialgia. Si trova nelle farmacie, dosaggio consigliato 1 o 2 cps prima di andare a letto.

S-adenosilmetionina (SAME)
L-tiamina
Acido Malico
Cetil Miristoleato
Complesso Vit. B
Vitamina D3
Carnosina
In particolare il D- ribosio (un semplice zucchero), ha dimostrato risultati positivi in una recente sperimentazione (non del tutto attendibile perché non in doppio cieco) condotta presso il Centro terapeutico per la Fibromialgia e la Sindrome di Stanchezza cronica di Annapolis, su 41 pazienti il 70% dei quali ha indicato, dopo 28 giorni, rilevanti miglioramenti.

Volendo, si possono assumere questi prodotti tutti insieme, oppure in cicli di 2-4 alla volta, alternando. E cercando di accertare quale sia il più efficace .
 

Per la componente infiammatoria:

Omega 3 -EPA, 2g al giorno . Ciclo di 2-3 mesi.

Boswelia carteri 400mg. Fitoterapico specifico per affezioni autoimmuni ed infiammatorie;

Enzimi; hanno un effetto benefico in molte patologie infiammatorie, sempre ad alte dosi e su prescrizione medica. Ciò vale anche per gli altri integratori sopraelencati che, per quanto naturali, se assunti (nelle elevate dosi necessarie per procurare un effetto benefico) senza la consulenza di un medico esperto in questa tematica, possono provocare problemi (ad es. la melatonina non deve essere assunta da chi soffre di depressione o sta cercando di avere un figlio, l’Omega 3 non va assunto così come vitamian A ed E, se non sotto controllo medico, da coloro che soffrono di problemi nella coagulazione del sangue e comunque prima di interventi chirurgici, mentre, il magnesio è controindicato la sera per chi ha problemi d'insonnia ed irrequitezza o per chi ha sofferto di disturbi renali (sentite semore il Vs medico ), il D-Ribosio `non va assunto se concomitano livelli elevati di acido urico.

 

ATTENZIONE: le indicazioni sopra riportate hanno valore puramente informativo e sono rivolte al personale medico. Queste informazioni NON devono essere interpretate come prescrizione medica né come sostituzione al parere medico individuale. Rivolgetevi al proprio medico curante oppure al centro AIMO.

 

DISBIOSI INTESTINALE/CANDIDOSI

E' importante ripristinare l'integrità della mucosa intestinale. Vi e' infatti una connessione tra numerose malattie e la "leaky gut syndrome" (sindrome dell'intestino permeabile), in cui la mucosa intestinale danneggiata e non perfettamente integra, permette a varie particelle di cibo non completamente digerite, di passare nel circolo sanguigno, dove provocano vari effetti dannosi (allergie ed altri). Per ripristinare l'integrita' della mucosa intestinale:
1. Se non è stato effettuato, e' consigliabile un test per le intolleranze alimentari tip Ali-Nutrigenomictest + test degli aminoacidi urinari delle 24 h per poter dialogare direttamente con i vs geni. Ovvio poi evitare i cibi ai quali si è intolleranti.
2. Evitare zuccheri, coloranti artificiali, aspartame, tartrazina, glutammato monosodico. Leggere le etichette dei prodotti alimentari.
3. Utile la Dieta Ortomoelcolare personalizzata del dr Panfili.
5. Cure omotossicologiche e fitoterapiche possono talora coadiuvare la terapia di base.
 

RESPIRAZIONE CUGNE'

Utilissima per svariati motivi:
1. Attenua la componente ansiogena e migliora l'ossigenazione dei tessuti.
2. L'ansia provoca spesso l'aumento della frequenza degli atti respiratori (iperventilazione cronica ). L'iperventilazione induce come è noto una dannosa acificazione dell'organismo (lieve acidosi metabolica) che depriva di aminaocidi, vitamine e minerali fondamentali, l'organismo esponendolo a malattie dismetabolico-carenziali come l'osteoporosi e molte altre.
 

IL FERRO

Vari studi dimostrano che livelli di ferro considerati "normali", ma tendenzialmente alti peggiorano molti stati di malattie croniche. Il ferro è un elemento ambiguo, in quanto è necessario per l'emoglobina, ma se in eccesso, è tossico per le cellule. Non per niente in passato si trattavano molte malattie con i salassi! Un abuona norma è quella di assicurarsi che non vi sia ferro nei vari integratori.
 

IPOSSICO TERAPIA

(vedi sempre sul sito l'articolo sulla rassegana stampa di Medicina Naturale - Maggio 2007)

Vi è una vasta letteratura in merito. Utile nel contesto della fibromialgia in quanto è uno stimolo potente per l'organismo ed i processi metabolici a livello cellulare, migliorando il rilascio di ossigeno a livello cellulare e dimuniendo l'acidosi metabolica locale fonte di stimolo doloroso.
 

METALLI PESANTI

Vale la pena di effettuare il test dei metali tossici urinari, fecali ed il test degli aminoacidi urinari, mentre l'analisi del capello fornisce risultyati non sempre univoci, comunque da interpretare da parte di personale esperto.

 

 

 

 

 

 Tumore del Colon: la prevenzione con la colonoscopia

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Negli ultimi anni si è assistito ad importanti progressi nelle metodiche diagnostiche e terapeutiche - si legge nella relazione - nell'anno 2003 le malattie gastroenteriche ed epatobiliopancreatiche hanno rappresentato la prima causa di ricovero in Italia: sono stati, infatti, 1 milione 557.136 quelli in regime ordinario e day hospital, pari al 12,16% dei ricoveri nazionali. Pur godendo di una diffusione non omogenea sul territorio nazionale, l'affermarsi delle tecniche endoscopiche ed ecografiche - commenta il ministero - ha permesso a un numero crescente di pazienti di ricevere trattamenti chirurgici sempre meno invasivi, dunque di ridurre l'ospedalizzazione degli ammalati", precisa.      "Da un lato, quindi - conclude - si assiste ad una graduale diminuzione dei costi per la sanità pubblica, e dall'altro si riduce, oltre ai costi economici per le famiglie, anche lo stress psicologico legato alla degenza del familiare ammalato. Inoltre, le Unità operative di Gastroenterologia e i Servizi di Endoscopia digestiva sono fortemente coinvolti negli screening sulle malattie neoplastiche,e rappresentano dunque una risorsa strategica nella lotta ai tumori tout court, dal momento che il cancro al colon-retto, dal 1990, rappresenta il secondo tumore per incidenza sia fra gli uomini che fra le donne".

Si tratta di una malattia in forte aumento, la cui prevenzione è possibile ed auspicabile attraverso la pratica diagnostica della colonoscopia.

 

Definizione

Una colonoscopia è un esame interno ed incruento del grosso intestino realizzato per mezzo di uno strumento denominato colonscopio che in sostanza è una piccola macchina fotografica fissata ad un tubo flessibile.
L’esame è completamente indolore e si svolge dopo somministrazione di un sedativo che consente la delicata introduzione dall’ano di una sottilissima fibra ottica (3 mm) che viene progressivamente avanzata fino alla parte più elevata dell’intestino Viene insufflata dell’aria per consentire una miglior visuale e all’occorrenza può essere utilizzata l'aspirazione per rimuovere eventuali secrezioni. Le immagini migliori si ottengono nella fase del ritiro della fibra ottica. Possono altresì essere prelevati con un’apposita micropinzetta a cappio eventuali polipi da sottoporre poi a biopsia ed esame istologico dopo essere stati cauterizzati.

Preparazione

E’ obbligatoria una pulizia completa intestinale. Le istruzioni per fare questo esame verranno fornite dall’esecutore dell’esame ed includerà,: clisteri evacuativi digiuno da alimenti solidi 2 o 3 giorni prima della prova e l’assunzione di lassativi.
Dovranno essere interrotti farmaci come aspirina o altri farmaci che possano provocare disidratazione ed assottigliamento della mucosa intestinale da parecchi giorni prima della prova.
Sempre per prevenire eventuale disidratazione, si consiglia di bere molto (spremute e brodi.) salvo contrordini del medico stesso. E' necessario interrompere preparazioni a base di ferro alcune settimane prima della prova, a meno che sia stato prescritto il contrario. I residui del ferro producono una pigmentazione residua scura che interferisce con l’osservazione clinica obiettiva.
Clisteri e lassativi devono essere ripetuti fino a che nessuna materia solida permanga in loco Un'infusione endovenosa ed un'iniezione saranno somministrate per mitigare il dolore e sedare blandamente il paziente. Pazienti con patologie dovranno sottoporsi ad una profilassi antibiotica prima e dopo la prova per impedire l’insorgenza di eventuali infezioni. I pazienti esterni dovranno organizzarsi per un accompagno al proprio domicilio dopo la prova per non sottoporsi allo stress della guida.

 

Dieta di Preparazione alla colonscopia (da effettuarsi nel pomeriggio)

 

Il giorno precedente l'esame:
Ore 20.00 una cena con una porzione di carne o pesce ai ferri, piccola porzione di pane. Acqua.
Non assumere frutta o verdura.

Il giorno dell'esame:

Ore 7.00 sciogliere le 4 buste di SELG-ESSE in 4 litri di acqua. Bere un quarto di litro ogni quarto d'ora.

L' evacuazione inizia mediamente dopo 2-3 ore.

N.B. Al termine della preparazione non assumere alcun alimento solido o liquido fino all'esecuzione dell'esame.

 

 

Durante l'esame

L’equipe di orienteering dispone di un esperto anestesista che renderà questo esame praticamente indolore riducendo al minimo qualsiasi tipo di stress, grazie alla somministrazione di una blanda sedazione che garantisce un piacevole rilassamento e l’assenza assoluta di qualsiasi sintomo di fastidio successivo al test.
L’esame comincia con un valutazione rettale esterna per dilatare lo sfintere ed accertare l’assenza di eventuali ostruzioni
In alcuni casi brevi e lievi contrazioni non dolorose potranno essere occasionalmente presenti nella fase successiva all’esame , ma saranno comunque minimizzate grazie alla transitoria sedazione non saranno mai comunque tali da provocare dolore e comunque dopo la defecazione successiva all’esame di norma scompaiono comunque.
Tutto l’esame viene documentato su supporto DVD e commentato in diretta per consentire al paziente di disporre di preziosi dati comparabili nel tempo.

 

Perchè sottoporsi all'esame

  • Per ottenere tessuti per tests bioptici

  • Per valutare condizioni di inspiegabile anemia

  • Per valutare la presenza di sangue nelle feci, di dolori addominali persistenti, di diarrea ed altre anormalità (come i polipi) comparse in precedenti esami tipo Tac e comprenderne la causa.

  • Per determinare il tipo e l’estensione di IBD (malattia infiammatoria intestinale) come la rettocolite ulcerative od il morbo di Crohn) 

  • Per seguire l’evoluzione di una poliposi, del cancro del colon, di un’eventuale familiarità alla poliposi eredofamiliare del colon, ecc.

Rimozione di un polipo per via endoscopica

Colonoscopia: melanosi del colon nel secondo tratto

 

 

Risultati

Risultati normali corrispondono ad un intestine sano, ma cosa indicano dei risultati anormali?

  • Sanguinamento gastrointetsinale (GI)

  • Polipi (che possono essere rimossi tramite il colonscopio durante l’esame e senza dolore)

  • Tumori

  • Malattia infiammatoria intestinale

  • Diverticolosi (formazioni di tasche nella compagine della mucosa intestinale specie nei pazienti dai 40 anni in su)

 

Ulteriori condizioni nelle quali è opportuno ricorrere alla colonscopia

  • Screening del cancro del colon

  • Poliposi colon rettale

  • Colite ischemica (abuso di lassativi)

  • Colite pseudomembranosa

 

Rischi potenziali legati alla pratica della colonoscopia

  • Perforazione intestinale , che può rendere necessaria riparazione chirurgica (meno di 2 casi su 1000 tests)

  • Intenso o persistente sanguinamento dopo biopsia o rimozione di eventuali polipi (1 su 1000 tests)

  • Reazione ai farmaci utilizzati per la sedazione, capace di causare disturbi respiratori od ipotensione (4 su 10000 tests)

  • Infezione tale da richiedere terapia antibiotica (molto rara)

  • Nausea, vomito, meteorismo od irritazione rettale provocata da farmaci assunti per via orale per ripulire l’intestino
     

Informazioni importanti

Nel settore dello screening la Colonscopia è una delle più importanti armi per combattere il cancro del colon, è un esame indispensabile in popolazioni a rischio (familiarità, diagnosi pregressa di polipi o carcinomi colorettali, presenza di malattie infiammatorie intestinali croniche). Nei tumori del grosso intestino, la colonscopia è l'esame con maggiore accuratezza diagnostica (sensibilità e specificità superiori al 96%). In presenza di polipi, oltre alla diagnosi, è possibile il trattamento delle lesioni.
La colonoscopia dura circa 30-45 minuti, compresi i tempi di anestesia.
Fondamentale è l’incontro di Orienetering Medico con i sanitari che si premureranno di appurare se state assumendo dei farmaci particolario come per es il Coumadin od altre molecole capaci di diluire il vostro sangue e vi forniranno ulteriori istruzioni speciali.I pazienti affetti da diabete, dovrebbero per esempio chiedere un appuntamento nelle ore iniziali del mattino.
Vi sarà prescritta l’assunzione di una preparazione lassativa orale per ripulire i visceri e consentire una perfetta visualizzazione dei tessuti intestinali ) da iniziare 36-38 ore prima dell’esame stesso.
Al momento della prenotazione della vs colonscopia riceverete ulteriori importanti istruzioni.

Il giorno prima della vostra colonoscopia

Potete mangiare una prima colazione normale, ma niente alimenti solidi dopo mezzogiorno. Bevete soltanto liquidi liberi preferibilmente acqua per pranzo. Non bevete liquidi di colore rosso, arancione o viola, compreso o gelatine o marmellate.
I liquidi liberi accettabili includono: limone, pompelmo, lime bianco, the, the verde, caffè nero, succo di uva bianca,succo di mele, brodo, soda, 7-Up, Sprite .
Per ciò che attiene invece alle quantità di liquidi sarà il personale sanitario dell’Orientering a stabilire il volume totale richiesto ed il tipo di lassativo necessario.
 

Il giorno della colonoscopia

È importante bere molti liquidi prima della vs colonoscopia per mantenervi idratati. Dovreste continuare a bere i liquidi, preferibilmente acqua a basso residuo fisso (in feriore ai 50 mg/l) e/o caffè nero o the verde fino a 2 ore prima del vostro esame. Dovrete interrompere i liquidi 2 ore prima dell’esame.
Potrete assumere i farmaci per uso cardiovascolare (cuore, pressione sanguigna, ecc) la mattina come al solito, salvo diversa indicazione del personale sanitario.
Potete assumere farmaci per il dolore con molta acqua fino a 4 ore prima della prova.
Portate con voi una lista di tutti i farmaci che state assumendo, compresi eventuali integratori naturali. Un alista delle vs eventuali allegri/intolleranze.
Bambini e giolielli andrebbero preferibilmente lasciati a casa
 

Recupero dopo l'esame
Dopo l’esame verrete portati nell’area relax dove se lo gradite potrete essere raggiunti dai vostri familiari . Quando sarete pronti il personale medico dell’orientering discuterà con voi ulteriori istruzioni, risponderà alle vs eventuali domande e vi fornirà informazioni sul vs esame corredate dalla consegna di un DVD commentato sull’intero esame svolto.
Anche se vi sentirete tranquilli, rilassati non dovrete guidare veicoli di alcun tipo e dovrete essere accompagnati da un adulto responsabile al momento della dimissione dall’area di recupero che avverrà circa un’ora dopo la conclusione della colonscopia.
 

Dopo la colonoscopia
Potrete tornare tranquillamente a scuola o al lavoro il giorno dopo la colonoscopia.
Non guidate un veicolo e n on utilizzate macchianri e ostrumnetazioni che richiedono attentività e vigilanza costante per lameno 12 ore dopo la vs colonoscopia.
Non prendete alcuna importante decisione in ambito legale o finanziario nel giorno della vs colonoscopia.
Non bevete alcolici per almeno 12 ore dopo la vs colonoscopia.




 

   

 

 A proposito di intestino irritabile ...

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L'intestino "irritabile" rappresenta un insieme di disturbi addominali concentrati a livello del basso intestino, nella zona del colon. I sintomi più diffusi sono :

  • Dolore

  • Gonfiore addominale

  • Irregolarità intestinale (stipsi, diarrea o stipsi e diarrea alternate)

Questi sintomi vengono spesso identificati con il termine generico di colon irritabile oppure di colite mentre il nome scientifico inglese è Irritable Bowel Syndrome (noto anche con l’abbreviazione I.B.S.). In realtà non si tratta di una vera e propria malattia, quanto piuttosto di una serie di fastidi collegati a disordini intestinali di varia natura, spesso dovuti a fattori di disagio come stress, ansia, alimentazione o abitudini di vita poco sane. Questo spiegherebbe perché, rispetto a 15 anni fa, le persone che oggi manifestano disturbi da intestino "irritabile" sono raddoppiate. Le statistiche dicono anche che almeno una volta nella vita, oltre 1/3 della popolazione adulta presenta sintomi ricollegabili all'intestino "irritabile".

 

Le più colpite sembrano essere le donne, in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini. Però bisogna considerare che le donne si recano dal medico più spesso. L’intestino "irritabile" non è una vera e propria malattia ma un insieme di disturbi. I sintomi sono molto comuni, quindi anche per il medico non è sempre agevole fare una diagnosi immediata. In generale, si manifesta con dolore o fastidio e tensione all’addome, percepito anche come “sensazione di gonfiore” accompagnato da meteorismo, con flatulenza ed eruttazione frequenti. Altri sintomi sono collegati ad alterazioni dell’evacuazione.

  • Le alterazioni possono riguardare:

  • la consistenza e la forma delle feci

  • l’emissione di muco durante l’evacuazione

  • la frequenza

Possono verificarsi le due situazioni opposte: più di tre volte al giorno oppure meno di tre volte a settimana.
Altri disturbi secondari della sindrome possono essere mal di testa e astenia, cioè senso di fiacchezza e spossatezza generale.


I fattori in grado di scatenare la IBS possono essere molti e svariati e possono concorrere alla manifestazione della sindrome in misura diversa: alcuni sono legati a stili di vita e abitudini, altri all’irritabilità verso sostanze contenute negli alimenti o nei farmaci, altri ancora a particolari situazioni emotive e stress in generale.

Cause

Nella maggior parte dei casi, è stato riscontrato che le persone con intestino "irritabile" hanno un nemico comune: lo stress psicologico, spesso accompagnato da stati di ansia e di agitazione. Gli eventi stressanti, infatti, tendono ad acuire i dolori gastrointestinali. Allo stress si collegano anche alcune cattive abitudini che caratterizzano il nostro stile di vita: viviamo assecondando un ritmo frenetico e trascuriamo il nostro benessere.

Tra le cattive abitudini, rientrano tutte quelle legate all’alimentazione, cui non poniamo attenzione, commettendo comunissimi errori comportamentali, quali:

  • mangiare in fretta

  • mangiare in piedi

  • mangiare in una situazione non tranquilla (in mezzo al rumore o al traffico)

  • fare la pausa pranzo sistematicamente alla scrivania, di fronte al computer

  • mangiare rapidamente mentre si continua a lavorare

Tra gli errori legati alla dieta che influiscono sulla "irritabilità" dell’intestino, i più comuni sono:

  • eccesso nel consumo di grassi

  • apporto di fibra insufficiente o non corretto

  • scarsa assunzione di liquidi

Altra pessima abitudine è la sedentarietà, che di solito attribuiamo alla mancanza di tempo. Anche la tendenza a non assecondare lo stimolo della defecazione per “motivi sociali” (l’imbarazzo o il rifiuto di utilizzare un bagno “estraneo” quando si trascorre molto tempo fuori casa) può contribuire.

 

Altre cause possono influire sull’"irritabilità" dell’intestino

Anche alcuni farmaci possono risultare "irritanti" per l’intestino. Gli antibiotici, per esempio, possono alterare la flora batterica intestinale, presente proprio nel colon e costituita da migliaia di microrganismi che proteggono il nostro sistema immunitario e contribuiscono alla regolarità delle funzioni intestinali.

 

Sulla scorta della Nutrigenomica sembrano sussistere correlazioni predisposizionali all'intestino irritabile , dipendenti da fattori genetici o ad una cosiddetta diatesi predisposizionale.
 

 

Consigli utili per guarire dalla IBS

I sintomi dell’intestino "irritabile" possono essere molto fastidiosi capaci di danneggiare la qualità di vita individuale, creando disagi nello svolgimento delle attività di tutti i giorni.

 

VI SIETE MAI SOTTOPOSTI AD UNA GASTROCOLONSCOPIA ?

 

Per alleviare i sintomi, si ricorre a farmaci: antispastici per i dolori acuti, antidiarroici oppure, nel caso contrario, con lassativi, sempre però sotto attento controllo medico. A volte, visto che lo stress è la causa più frequente, può essere d'aiuto anche l'utilizzo momentaneo di blandi sedativi che comunque non può e non deve essere protratta troppo a lungo nel tempo.

Un abuso di lassativi, per esempio, al momento può alleviare un periodo di stipsi ostinata, ma alla lunga può provocare assuefazione e la cosiddetta Melanosi Intestinale (un pericoloso effetto collaterale dei farmaci lassativi che può sfociare in situazioni degenerative e talora cancro).

La strategia più efficace è modificare lo stile di vita, correggendo soprattutto le abitudini alimentari.

 

Qualche indicazione utile:

  • non trasferire sul cibo le tensioni quotidiane. Il rischio è quello di mangiare in maniera disordinata e nevrotica, cioè male

  • tenere sotto controllo il peso. È consigliabile pesarsi sempre sulla stessa bilancia e possibilmente la mattina, a digiuno

  • prendere la sana abitudine di consumare la prima colazione in casa. Come per tutti i pasti, è importante mangiare con calma, possibilmente seduti

  • non appesantire i pasti principali, soprattutto quello serale

  • frazionare le assunzioni alimentari quotidiane prevedendo l’introduzione di qualche spuntino

  • favorire la digestione con una masticazione lenta e ben coordinata: così si apprezzerà meglio anche il sapore naturale dei cibi

Per chi ha l’intestino "irritabile" è consigliabile l'esecuzione di uno studio delle flora saprofiotica fecale, sulla quale è possibile poi pianificare strategie e terapie probiotiche mirate. Inoltre nell'IBS è prevista una dieta personalizzata adeguata ai fabbisogni nutrizionali dell’organismo. Bisogna infatti tenere conto dei sintomi predominanti, che variano da persona a persona, ed evitare l'assunzione di quegli alimenti che potrebbero acuirli.

 



 

Trattamento di emorroidi con soluzione di vitamina C

Trattamento di IBS con soluzione di vitamina C

 

Di solito, per tutti è indicata un’alimentazione a basso contenuto di grassi e con un maggior apporto di proteine e di fibra. La fibra, infatti, se assunta correttamente, migliora la regolarità intestinale. La fibra la si assume da cereali, ortaggi e frutta fresca, oppure da supplementi integrativi della dieta. Gli studi più recenti promuovono la terapia dietetica integrata con preparati a base di fibre idrosolubili non gelificanti. Si tratta di fibre, cioè, che hanno la caratteristica di rimanere sempre liquide nell'intestino e di evitare gli inconvenienti degli integratori di fibre tradizionali.

 

Se vuoi saperne di più, contatta AIMO allo 06.3115961/06.3315943, oppure scrivi ad aimo@aimo.it

 

   

 

 Terapia Ortomolecolare per i Disturbi Psichici

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indice dei punti trattati:

 

1.0 Terminologia

 

2.0 Anamnesi per dei disturbi psichici

 

3.0 Esempio di valutazione

 

4.0 Oligoterapia per dei disturbi psichici

4.1 Consigli per degli adulti con dei disturbi psichici

4.2 Istapenia

4.3 Istadelia

4.4 Pirroluria

4.5 Allergia cerebrale

4.6 Ipoglicemia regolatoria

 

5.0 Esempio illustrativo: Ipoglicemia regolatoria

5.1 Metabolismo

5.2 Metabolismo energetico

5.3 Meccanismo del disturbo ³ipoglicemia²

5.4 Ruolo di alimenti critici

5.5 Possibilità dietetiche

5.6 Proposte dietetiche e mediche

 

 

6.0 Istadelia/Istapenia

6.1 Istapenia

6.2 Istadelia

7.0 Pirroluria

7.1 Sintomi

7.2 Terapia (piridossinuria)

7.3 Esempio

 

8.0 Allergia cerebrale

8.1 Sintomi

8.2 Terapia

8.3 Esempio di allergia cerebrale

 

9.0 Ipoglicemia regolatoria

9.1 Sintomi

9.2 Terapia per l¹ipoglicemia

9.3 Esempio di ipoglicemia

 

10.0 Strumenti di lavoro

Tavola anamnestica

Pro memoria medicazione

 

L'intestino "irritabile" rappresenta un insieme di disturbi addominali concentrati a livello del basso intestino, nella zona del colon. I sintomi più diffusi sono :

 

1.0   Terminologia

Il termine ³ortomelocolare² venne introdotto da Linus Pauling (premio Nobel: ³...la medicina ortomolecolare si occupa del mantenimento di una buona salute e della cura di alcune malattie tramite il cambiamento della concentrazione di sostanze che si trovano, per natura, nell¹organismo e gli sono necessarieŠ²).

Nel seguente testo sono trattati cinque dei frequenti disturbi metabolici con delle notevoli conseguenze psichiche e il loro trattamento, come proposto da PFEIFFER:

-  Istapenia: Scarsa produzione metabolica di istamina nell¹organismo.

-  Istadelia: Eccessiva produzione metabolica di istamina nell¹organismo.

-  Pirroluria: Esagerata escrezione di Zn e di vit. B6 nell¹urina.

-  Allergia cerebrale: Ipersensibilità dell¹organismo a determinate sostanze (spesso alimentari).

-  Ipoglicemia: Ipersensibilità regolatoria (insulina, glucagone) dell¹organismo ai carboidrati.

 Sintomi cerebrali: I cinque disturbi  metabolici / ormonali / regolatori descritti sopra, possono creare sintomi che in psicopatologia si definiscono con forme psicotiche, schizoidi e più raramente nevrotiche.

 

2.0   Anamnesi per disturbi psichici

Il seguente catalogo raccoglie domande relative allo stato psico-somatico di un paziente e permette poi di trarne delle conclusioni circa l¹inclinazione verso uno dei cinque disturbi metabolici citati.

 

Download "Anamnesi frequenti disturbi psichici"    .pdf

Istapenia e istadelia si escludono a vicenda, negli altri casi ciascuna di loro può combinarsi liberamente. La valutazione dei sintomi dipende dal terapista. Personalmente tengo in considerazione solo ³forti incidenze²: se la percentuale dei sintomi di una voce è maggiore del valore medio della voce più la deviazione standard* di tutte le voci, è discutibile!

Consigliamo vivamente un test di laboratorio (significante) per i diversi micronutrienti di cui si sospetta ci sia carenza in base all¹anamnesi e ad altri indici di visita.

Deviazione standard è una misura per la variazione di singoli valori statistici intorno al valore medio che viene definito con una formula complicata. Visto che la mia calcolatrice, contrariamente a me, lo calcola automaticamente, nelle funzioni statistiche mi servo di lei per avere un criterio oggettivo di calcolo. In realtà non è più oggettivo dell¹occhio clinico del terapista che deve comunque valutare in base a dei criteri non oggettivabili se un valore incide o meno.

3.0   Esempio di valutazione

Il Sig. Pinco Pallino (55 anni, artigiano in proprio, sposato senza figli) accusa stanchezza, irascibilità, cambiamenti d¹umore frequenti in giornata, nervosismo, dimenticanza, difficoltà di concentrazione, ansie, mal di testa, attacchi di sudore (freddo) e altri disturbi di percezione, emotività e comportamento. Negli ultimi tempi soffre spesso di vertigini, freddo e leggere parestesie alle gambe e mani. Si preoccupa perché ha sentito dire che è una conseguenza del fumo (20 sigarette al giorno). Mi dice inoltre che gli esami clinici fatti eseguire dal suo medico  (check-up abituale) erano regolari e quest¹ultimo gli avrebbe consigliato di smettere di fumare e di evitare lo stress.

Sospetto dei disturbi metabolici concernenti un regolare approvvigionamento energetico dell¹organismo ed eseguo prima di tutto un¹ ³anamnesi² come sopra citato con i seguenti risultati:

I sintomi di istapenia e istadelia sono equilibrati, anche se il paziente ha valutato ca. 1/3 ciascuno dei sintomi. Vuol dire che avverte anche sintomi ³deboli² oppure che la regolazione della produzione di istamina è piuttosto ipersensibile. Dei rimanenti tre, la pirroluria è valutata con ca. 1/3, l¹allergia cerebrale con ca. 1/4 dei relativi sintomi, valori che si trovano ³nell¹ambito caratteristico soggettivo di valutazione del cliente². Emerge però nettamente con 88% il valore per l¹ipoglicemia regolatoria. Secondo i miei criteri (discutibili) la soglia d¹incidenza è a 44%+25% = 69%.

Per una semplice conferma del mio dubbio, ho misurato la temperatura corporea che era di 36.2 C, fatto che si incontra spesso in ipoglicemia. Inoltre, ho proposto un test in merito (tolleranza glucosio), da far eseguire dal suo medico di condotta e delle misure provvisorie immediate come descritte in seguito.

4.0   Oligoterapia per dei disturbi psichici

La diagnosi sospettata in base all¹anamnesi va verificata con degli esami di laboratorio e di approfondimento diagnostico secondo il caso.

Vengono trattati i seguenti temi:

4.1   Consigli per degli adulti con dei disturbi psichici

4.2   Istapenia

4.3   Istadelia

4.4   Pirroluria

4.5   Allergia cerebrale

4.6            Ipoglicemia regolatoria

4.1   Consigli per degli adulti con dei disturbi psichici

Per gli adulti con dei disturbi psichici si possono comunque tenere in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, se non ci sono controindicazioni di altre patologie.

Dieta:

- Se la dieta è scarsa di prodotti lattici: 5 gr di ³Dolomit²BURGERSTEIN  (Ca/Mg) al giorno.

- Se la pressione é normale: Gluconato di manganese 10 mg al giorno (ev. ascorbato corrispondente).

- Se la frazione LDL del colesterolo è normale: un uovo (preferibilmente crudo, anche solo il tuorlo) al giorno.

Olio di girasole o Cartamo o Germi di frumento: 1 cucchiaio da tè al giorno.

Lievito di birra 3 gr mattina e sera.

Vit. C: 1Š2 gr per giorno.

Betacarotene: 6 mg per giorno.

Vit. E: 400 mg per giorno.

Gluconato di zinco: 15 mg per giorno.

4.2   Istapenia

Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici².

In caso di sospettata istapenia si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie.

 

Dieta:

Ricca di proteine animali (preferibilmente magro) e scarsa di rame.

Sonno, se necessario: L-triptofane 500...1000 mg prima di dormire.

Acido nicotinico (Vit.B3): 100 mg mattina e sera (arrossamento del viso).

Niacinamida (Vit.B3): 500 mg mattina e sera.

Acido folico: 1 mg la mattina.

Vit. B12: 500 mcg per dì (se assorbimento difettoso: iniezione 3.5 mg per settimana).

Zn e Mn: giornalmente secondo dati del laboratorio (p.es. Zn 30; Mn 20 mg per giorno).

 

4.3   Istadelia

Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici².

In caso di sospettata istadelia si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie.

 

Dieta:

Scarsa di proteine animali e ricca di carboidrati (complessi con ballasto) e ricca di rame.

 

Gluconato (o altra forma organica) di calcio: 500 mg mattina e sera.

Metionina: 500 mg mattina e sera.

Vitamina B6 per ammortizzare gli effetti della metionina, controllo acidità urina.

 

In caso di forme spastiche: antiepilettici in dosaggi cauti (medico).

4.4   Pirroluria

Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici².

In caso di sospettata pirroluria si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari,  salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie.

 

Dieta:

Possibilmente ricca di vitamina B6, zinco e manganese.

 

Gluconato (o altra forma organica) di zinco: 30 mg mattina e sera.

Gluconato (o altra forma organica) di manganese: 10 mg mattina e sera.

Vit. B6: 300Š2000! mg la mattina (fino al ricordo dei sogni). Sorvegliare attentamente eventuali sintomi neurologici (medico).

4.5   Allergia cerebrale

Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici².

In caso di sospettata allergia cerebrale si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie:

 

Dieta:

Chiarire cautamente il tipo di intolleranza/allergia e relativi provvedimenti!

 

Metionina: 500 mg mattina e sera.

Vitamina B6 per ammortizzare gli effetti della metionina, controllo acidità urina.

Gluconato (o altra forma organica) di calcio: 500 mg mattina e sera.

Gluconato (o altra forma organica) di zinco: 15 mg mattina e sera.

Gluconato (o altra forma organica) di manganese: 10 mg mattina e sera.

Vit. B6: 300Š2000! mg la mattina (fino al ricordo dei sogni). Sorvegliare attentamente eventuali sintomi neurologici (medico).

Vit. C: 1Š2 g mattina e sera.

4.6   Ipoglicemia regolatoria

Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici².

In caso di sospettata ipoglicemia regolatoria si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie:

 

Dieta:

- Scarsa di zuccheri, alcool, farina bianca e caffè (vedi anche tabella ³indice di glucosio²).

- Ricca di carboidrati complessi, minerali e ballasto (cereali integrali, legumi ricchi di carboidrati).

 

Cromo in forma ³fattore di tolleranza glucosio²: 330mcg mattina e sera.

Lievito di birra: giornalmente min. 6 gr.

Gluconato (o altra forma organica) di zinco: 15 mg mattina e sera.

Gluconato (o altra forma organica) di manganese: 10 mg mattina e sera.

Multivitamine: a basso dosaggio e preferibilmente senza rame.

 

5.0   Esempio illustrativo: Ipoglicemia regolatoria

Mi permetto di discutere, in modo esplicito con questo esempio, anche la patologia stessa per i seguenti motivi:

-  Non penso che la patologia del disturbo sia molto conosciuta, anche se del tutto plausibile fisiologicamente.

Visto che si tratta di una ³medicazione² alimentare/dietetica, la motivazione del cliente è elementare.

-  Per persone colte come il mio cliente, la miglior motivazione è che capisca in modo plausibile come funziona ³la faccenda².

 

Vengono trattati i seguenti temi:

 

5.1   Metabolismo

5.2   Metabolismo energetico

5.3   Meccanismo del disturbo ³ipoglicemia²

5.4   Ruolo di alimenti critici

5.5   Possibilità dietetiche

5.6   Proposte dietetiche e mediche

 

5.1   Metabolismo

Il metabolismo è la trasformazione di nutrienti in energia e sostanze di costruzione per il funzionamento di un organismo:

- Carboidrati e lipidi servono all¹organismo anzitutto per soddisfare le sue esigenze energetiche: movimenti (muscolari, cardiaci, respiratori), funzionamento cerebrale, temperatura corporea, processi metabolici.

 

- Proteine (animali e vegetali) servono all¹organismo prevalentemente a scopi di costruzione tessutale e cellulare.

  In casi d¹emergenza l¹organismo può usare proteine proprie per scopi energetici.

- Acqua e ³micronutrienti² come minerali, oligoelementi, vitamine, lipidi essenziali e aminoacidi essenziali sono indispensabili per un funzionamento normale del metabolismo. Il termine ³essenziale² significa che la sostanza non può essere prodotta in dosi sufficienti dall¹organismo stesso.

5.2   Metabolismo energetico

Trasformazione di lipidi e carboidrati in materiale di ³combustione² per il loro stoccaggio nonché uso come fonte di energia. L¹intestino trasforma i carboidrati in glucosio e i lipidi in trigliceridi.

Vengono trattati i seguenti argomenti:

5.2.1  Metabolismo di carboidrati

5.2.2  Metabolismo di lipidi

5.2.1  Metabolismo di carboidrati

Il metabolismo energetico dei carboidrati funziona più o meno così:

- L¹intestino trasforma i carboidrati in glucosio.

- Più è ³complesso² un carboidrato, più questo processo richiede del tempo.

- Il glucosio viene assorbito dal sangue, che lo trasporta a tutte le cellule dell¹organismo.

  La concentrazione di glucosio nel sangue si misura come ³glicemia² (glucosio nel sangue).

- I carboidrati complessi, che richiedono tanto tempo per la trasformazione in glucosio, forniscono un lento, regolare, continuo e lungo approvvigionamento mentre gli zuccheri semplici forniscono glucosio in abbondanza e vengono subito consumati.

- La matrice basale del tessuto connettivo lasso e poi le cellule assorbono glucosio dal sangue nella misura in cui l¹insulina nel sangue lo permette e l¹adrenalina e i corticosteroidi non lo impediscono.

- Certi organi come i muscoli, il fegato e il cervello riescono a trasformare modeste quantità di glucosio in una forma non solubile e a immagazzinarle per ritrasformarle e consumarle in caso di aumentato fabbisogno o scarso rifornimento.

- Gli organuli nelle cellule trasformano il glucosio (con l¹aiuto di ossigeno) in energia, acqua e anidride carbonica.

- Eccedenze di glucosio sono trasformate e immagazzinate dal fegato (e da diversi altri organi) in forme di riserva (grassi) e liberate a seconda delle necessità.

 

5.2.2  Metabolismo di lipidi

Il metabolismo dei lipidi (oli, grassi) è molto più lento:

- L¹intestino trasforma i grassi e i lipidi emulsionati dalla bile in trigliceridi.

- La maggior parte di loro viene assorbita dal sistema linfatico che solo dopo ulteriori trasformazioni li fornisce al sangue in forma di trigliceridi, LDL (low density lipids) e HDL (high density lipids), forme di colesterolo e acidi grassi.

- Il sangue li trasporta infine in tutte le cellule dell¹organismo. La concentrazione nel sangue si misura come tasso di trigliceridi, LDL, HDL, colesterolo nel sangue.

- Le cellule usano i lipidi per varie funzioni:

  - Materiale di costruzione (p.es. colesterolo per le membrane cellulari, guaine per               il tessuto nervoso, produzione di sostanze di trasmissione ormonali).

  - Come deposito in cellule lipidiche (di ammortamento, riserva).

  - Come materiale di combustione per il metabolismo energetico.

- Eccedenze di lipidi vengono immagazzinate dal fegato (e da diversi altri organi) in forme di riserva, trasformate in glucosio e liberate a seconda delle necessità.

 

Nelle nazioni industrializzate durante gli ultimi decenni è nata una fobia dei grassi, ritenuti responsabili dell¹aumento di malattie cardiache e nemici di certi ideali di peso più estetici che fisiologici. Tale atteggiamento porta in certi casi persino a carenze di lipidi essenziali. Senza entrare più profondamente in merito è da notare:

- Gli oli, specialmente quelli pressati a freddo, contengono in generale forme lipidiche più congrue al metabolismo umano dei grassi solidi (siano vegetali o animali).

- Grassi e oli ³ossidati² per surriscaldamento, ripetuto uso o eccessiva esposizione a luce e aria non hanno solo un pessimo gusto, ma sono anche poco idonei alla digestione e al metabolismo.

- Tanto meno i grassi e gli oli sono elaborati industrialmente, meglio li sa gestire  l¹organismo e più contengono ³micronutrienti².

5.3   Meccanismo del disturbo ³ipoglicemia²

Vengono trattati i seguenti argomenti:

5.3.1  Funzionamento dell¹ipoglicemia regolatoria

5.3.2  Test di tolleranza al glucosio e alle relative patologie

5.3.3  Caratteristiche del ³test di tolleranza glucosio²

5.3.1  Funzionamento dell¹ipoglicemia regolatoria

Innanzitutto spiego al cliente il ³meccanismo² del suo disturbo metabolico/ormonale nel modo seguente:

- Zuccheri e carboidrati raffinati (miele, zucchero, dextrosi, farina bianca, superalcolici, Š) vengono assimilati molto rapidamente dal sistema digestivo.

- In forma ³occulta² sono contenuti in molti alimenti raffinati ma anche naturali (cioccolato, ketchup, marmellata, dolciumi, bibite dolcificate, frutta, Š) perché lo zucchero nell¹industria alimentare serve come ³conservante² e ³correttore dei gusti² e costa poco.

- Assimilati dal sangue, aumentano la glicemia, il che mette in moto un meccanismo di smaltimento: il pancreas produce insulina per stimolare le cellule (specialmente del fegato) ad assimilare il glucosio, il che abbassa il tasso nel sangue.

- Quando è basso il tasso nel sangue, si mettono in moto i meccanismi ³frenanti² dell¹insulina: il glucagone dal pancreas come antagonista dell¹insulina e l¹adrenalina e i glucocorticoidi dalle ghiandole surrenali (ormoni di stress) per mobilizzare il glucosio dal fegato nel flusso ematico.

- In breve: un¹altalena tra stress (tensione) e ipoglicemia (esaurimento).

5.3.2  Test di tolleranza al glucosio e alle relative patologie

Il test di tolleranza al glucosio viene normalmente eseguito dal medico che sospetta una malattia diabetica. A digiuno e dopo una misurazione del livello di glucosio nel sangue, viene somministrata una determinata quantità di glucosio. Viene poi misurato a intervalli regolari il tasso di glucosio nel sangue. Lo stesso test, ma con più misure e in tempi più ampi, può servire a scoprire i meccanismi di regolazione della glicemia.

5.3.3  Caratteristiche del ³test di tolleranza al glucosio²

Con un metabolismo ³normale²:

- La glicemia a digiuno è inferiore a 5.5 mmol/l.

- Dopo la somministrazione di 75 gr di glucosio sale a mass. 11 mmol/l dopo un¹ora.

- Scende per dei processi regolativi (insulina) sotto gli  8 mmol/l dopo due ore.

- Torna poi lentamente per dei processi inibitivi (glucagone, adrenalina, corticosteroidi) sotto i 5.5 mmol/l nelle ore seguenti.

 

Un organismo con un diabete mellito presenta:

- Una glicemia a digiuno già superiore a 7 mmol/l.

- Con la somministrazione di 75 gr di glucosio sale al di sopra di 11 mmol/l dopo un¹ora.

- Lo stesso valore è misurabile anche dopo due ore, visto che la produzione di insulina non è sufficiente o le cellule non gestiscono bene il segnale.

- Torna poi molto lentamente a valori sopra i 7 mmol/l nelle ore seguenti.

- Più lentamente ancora secondo la produzione di ³inibitori insulinici² come glucagone, adrenalina e glucocorticoidi.

L¹organismo non è più capace di regolare in tempo utile la glicemia su un valore inferiore a 7 mmol/l.

 

Un organismo con l¹ipoglicemia regolatoria dimostra un comportamento del tutto diverso:

- La glicemia a digiuno può essere del tutto ³normale² sotto i 5.5 mmol/l o anche ³troppo bassa² creando già i primi sintomi di ipoglicemia (sfinito già la mattina).

- Dopo la somministrazione di 75 grammi di glucosio, la glicemia sale rapidamente (secondo il caso più come ³normale² o più come per il ³diabetico²).

- In seguito, a causa dei processi di regolazione ipersensibili (sovraproduzione di insulina) scende rapidamente (anche dopo mezz¹ora) a valori molto bassi, che creano i primi sintomi di ipoglicemia come il mal di testa, il bisogno di dolci, le vertigini, e una sindrome da stress fisico.

- Questa situazione a sua volta innesca la produzione di ormoni inibitori come glucagone, adrenalina e corticosteroidi, i quali stimolano il fegato (e altri organi) a liberare le loro riserve per aumentare di nuovo  la glicemia.

- Questo ³ping-pong² può alternarsi con la tipica evoluzione di un processo ³iper-regolato².

 

Ho introdotto una curva che fa vedere l¹evoluzione della glicemia quando al posto del glucosio (immediatamente reperibile dall¹organismo) la stessa persona ³ipoglicemica regolativa² assume un cereale integrale (esempio fiocchi d¹avena) al posto dell¹equivalente ³carboidrato²:

- A causa della lenta decomposizione in glucosio dei carboidrati complessi nell¹intestino, il glucosio viene fornito al sangue ³a gocce² ma durante un lungo lasso di tempo.

- Il che non provoca mai una reazione eccessiva del pancreas e di conseguenza nemmeno adrenalinica e surrenale.

 

Le seguenti curve sono illustrative e fatte per degli scopi didattici. La realtà individuale può essere diversa in molti punti e va interpretata dall¹esperto. Il seguente test di tolleranza al glucosio illustra la situazione di tre organismi nel caso in cui:

- A digiuno viene misurata la glicemia (sangue integrale capillare).

- Vengono somministrati 75 grammi di glucosio per via orale.

- Si misura l¹evoluzione della glicemia nel tempo.

Le curve mostrano una situazione molto diversa da un organismo all¹altro:

- ³Normale².

- Diabetico.

- Ipoglicemico regolatorio.

- Nonché la reazione dal momento in cui al posto del glucosio si somministra un cereale integrale come p.es. la quantità corrispondente di fiocchi d¹avena o meglio ancora della pasta.

5.4   Ruolo di alimenti critici

Riassunto per il cliente.

Il ruolo di idrocarburi, lipidi e proteine per la nutrizione:

- Carboidrati e lipidi (grassi, oli) nel corpo servono soprattutto come ³combustibili² del metabolismo energetico, mentre le proteine (animali e vegetali) servono prevalentemente come sostanze di costruzione.

- Nell¹intestino i carboidrati devono essere trasformati in glucosio e i lipidi in trigliceridi o acidi lipidici  per essere assimilati dal sangue.

- Questo richiede più tempo per i lipidi che per i carboidrati perché prendono in prevalenza le vie del sistema linfatico.

- Più complesso è un carboidrato, più tempo richiede la sua decomposizione in glucosio.

- La tabellina ³Indice di glucosio² da un¹ idea della rapidità di trasformazione di diversi alimenti in glucosio.

5.5   Possibilità dietetiche

Sono qui riassunte ad uso del cliente le possibilità dietetiche per migliorare la situazione:

- Sostituire in parte gli zuccheri e i carboidrati raffinati con quelli poco raffinati. Negli ultimi 100 anni il consumo di zuccheri è aumentato di quasi 20 volte (da 3.5 kg a 64 kg per persona e anno). In compenso,  il consumo di alcool è notevolmente diminuito,  ma non di pari passo. Il pancreas in 5 generazioni non è stato capace di adattarsi a questo difficile compito metabolico.

- I carboidrati non raffinati sono contenuti per la maggior parte in alimenti con un indice di glucosio da moderato fino a bassissimo.

 

Indice glicemico:

altissimo       alto           moderato      basso         bassissimo

miele             pane int.    saraceno        pasta          noci

patate            riso nat.     avena             fagioli          soia

carote            uvette        granoturco      arance        lenticchie

pane bianco   banane      piselli             fruttosio      

cornflakes                                            mele          

riso normale                                         latticini       

birra, vino                                             pomodoro   

zucchero

 

Delle tabelle esaurienti si trovano sotto: Indice glicemico per alimenti

Download "Indice glicemico"    .pdf

 

 

5.6   Proposte dietetiche e mediche

È evidente che qualsiasi proposta dietetica deve essere scrupolosamente adattata alle esigenze della persona interessata. Se qui di seguito diamo un esempio, non può essere generalizzato, ma va modificato secondo i seguenti criteri:

- Abitudini nutrizionali, culturali, sociali e individuali per non creare inutili disagi.

- Esigenze famigliari e professionali per non rendere difficile l¹applicazione.

- Non focalizzarsi su una patologia,  ma tenere in considerazione tutta la fisiologia individuale del cliente con i suoi punti deboli e i suoi punti forti.

- Rispettare simpatie e antipatie nutrizionali e trovare insieme al cliente delle soluzioni originali.

 

Con il Signor Pinco Pallino e sua moglie (essa si occupa personalmente della sua nutrizione) abbiamo trovato queste soluzioni:

 

Ogni mattina, per incominciare, una pappa (abbastanza buona, nonostante le apparenze) composta come segue:

una manciata di fiocchi d¹avena      combustibile lento, nervino, div. micronutrienti, ballasto un uovo crudo bianco: ballasto; tuorlo: div. micronutrienti, Vit.A

due cucchiai da minestra di lievito di birra         micronutrienti; spec. fattore di tolleranza glucosio, aminoacidi essenziali

uno jogourt naturale                       Ca, Mg, Vit.D, diversi micronutrienti

due cucchiai da tè di lecitina          micronutrienti, emulsionante, lipidi essenziali

un cucchiaio da tè di olio di germi di frumento   micronutrienti, lipidi essenziali, Vit. E

una presa di cumino                      carminativo (calma stomaco e intestino)

frutta fresca e/o succhi di frutta a piacere.

Il tutto mescolato bene in una grande tazza.

 

Ogni mattina ingerisce tre ³medicamenti² che sono in realtà ³aggiunte alimentari²:

- Cromo in forma di GTF (fattore di tolleranza glucosio): 330 mcg (microgrammi).

- Gluconato di zinco 15 mg (milligrammi).

- Gluconato di manganese 10 mg.

 

Dopodiché il signor Pinco Pallino potrà fare la sua colazione abituale con la famiglia, evento sociale importante, senza correre il rischio di alimentarsi in modo scorretto, poiché non avrà più tanta fame.

La sua brava moglie, nel frattempo, gli ha preparato un litro di acqua minerale aggiungendo 2 grammi di Vitamina C (acido ascorbinico) e un cucchiaio di ³zucchero di frutta² (fruttosio) per rettificare il gusto. Come artigiano, beve parecchio durante il giorno e questo fa già parte della terapia.

Pasti e merende li fa come al solito; sua moglie è una bravissima cuoca, cura una cucina mediterranea e ha riguardo della salute della famiglia. Impara a non insistere quando il marito non ha più tanta fame dopo la base mattutina, perché capisce che ³la pappa² tiene la glicemia ed evita a lungo gli attacchi di appetito. Agli altri pasti aggiunge sempre ³carboidrati complessi² con tanta fantasia e gusto.

 

Il signor Pinco Pallino tenta di non esagerare con l¹alcool, il caffè e i dolciumi in giornata. Beve il suo bicchiere di vino rosso con i pasti e, alla sera un birrino per dormire meglio.

 

Prima di andare a dormire trova sul comodino gli stessi tre ³medicamenti² della mattina.

 

6.0   Istadelia/Istapenia

L¹istamina è un ormone tessutale coinvolto in processi immunitari come le reazioni infiammatorie e allergiche nonché in processi cerebrali come una sostanza neurotrasmettitrice. Le desinenze ³-delia² e ³-penia² significano rispettivamente una tendenza individuale di iper- o di ipo- reazione istaminica, cioè la tendenza a produrne in modo smisurato o scarso come una risposta ad uno stimolo.

Evidentemente le due tendenze diagnosticamente si escludono a vicenda, anche se si notano spesso nelle anamnesi sintomi di ambedue: pare che ci siano delle persone con risposte istaminiche differenziate, così che a certi stimoli rispondono in modo esagerato mentre altri li ignorano. Questo si nota spesso in presenza di prevalenti sintomi di ³allergia cerebrale² e di ³ipoglicemia² e spariscono spesso quando vengono curate con successo queste patologie.

6.1   Istapenia

6.2   Istadelia

 

6.1   Istapenia

Istapenia significa la scarsa sintesi di istamina nei tessuti dell¹organismo ed è quasi sempre legata a dei bassi tassi vitaminici del complesso B, specialmente B3, acido folico e B12, spesso anche di minerali come lo Zn e il Mn.

6.1.1  Sintomi

6.1.2  Terapia

6.1.3  Esempio di istapenia

6.1.3.4           Suggerimenti dietetici

6.1.1  Sintomi

Si trovano spesso dei sintomi di tendenza psicotica del tipo schizofrenico/paranoico in unione con delle caratteristiche fisiologiche come nel seguente elenco:

 

1

tendenza ad ³ingrandire² le cose

2

diffidenza accentuata

3

mpressione che qualcuno, dall¹esterno, abbia un controllo sulle proprie idee

4

abitudine di vedere o sentire cose che altri non notano

5

difficoltà a sopportare bene i dolori

24

orgasmi difficili

47

tanti peli

49

spesso lesioni delle labbra

50

raramente mal di testa

52

niente allergie

54

troppo grasso alle gambe

55

tanti denti stuccati

58

tinnitus (rumori nelle orecchie)

 

6.1.2  Terapia

Indispensabile per la cura dell¹istapenia è la somministrazione di massicce dosi di vitamine del complesso B, specialmente B3, acido folico e B12 ma anche di zinco e manganese nonché una dieta relativamente ricca di proteine animali. Oltre a questo tentativo ³specifico², nel disordine istaminico sono da rispettare le seguenti regole:

- Un cauto e professionale controllo dello stato generale somatico e ³micronutrizionale² (stato dei minerali, vitaminico, immunitario) perché spesso questi clienti soffrono anche di altre deficienze (che i medici clinici e gli psichiatri spesso non lo notano perché si trattano di sintomi ³subclinici²).

- Stretta collaborazione con il medico e lo psichiatra curante per la coordinazione di terapie cliniche e complementari, se sono stati riscontrati rilevanti disturbi clinici e psichici.

- Se necessario, anche un cauto accompagnamento psicoterapeutico professionale, in quanto i disturbi psichici non hanno solo una dimensione metabolico-ormonale-fisiologica, ma altrettanto sociale-relazionale-emotiva, che va curata con altrettanta professionalità.

 

6.1.2.1  Vitamina B3

6.1.2.2  Acido folico

6.1.2.3  Vitamina B12

6.1.2.4  Zinco e manganese

6.1.2.5  Consigli dietetici

6.1.2.6  Rame (controindicato)

6.1.2.7  Insonnia e triptofane

6.1.2.1    Vitamina B3

La vitamina B3 (Niacina) esiste in due forme fisiologicamente abbastanza diverse ed è da somministrare in tutte e due le forme e più precisamente come:

- Acido nicotinico: 100 mg mattina e sera (³flush²: arrossamento del viso per pochi minuti).

- Nicotinamido: 500 mg mattina e sera, che corrisponde a 1¹200 mg di niacina per dì; il fabbisogno statistico per delle persone sane è di 15Š20 mg, contenuti in alimenti come il fegato di vitello, le spagnolette, il tonno, il pollo, i funghi, Š

6.1.2.2    Acido folico

L¹acido folico (ritenuta una vitamina del complesso B): 1 mg la mattina; il fabbisogno statistico delle persone sane è di 0.15Š0.3 mg per dì contenuti in alimenti come i germogli e la crusca di frumento, gli spinaci, il fegato di vitello, le uova, il lievito, Š

6.1.2.3    Vitamina B12

La vitamina B12 (cobolamina): 500 mcg per dì. La mancanza di cobolamina è spesso causata dall¹assorbimento intestinale carente, specie nelle persone anziane o con dei disturbi intestinali cronici. In questo caso è preferibile  l¹iniezione di 3.5 mg per settimana. Il fabbisogno statistico delle persone sane è di 2Š3 mcg contenuti in alimenti come il fegato di vitello, la carne di manzo, le uova, i formaggi Š È il classico micronutriente mancante dei vegetariani perché non figura negli alimenti vegetali. Per loro è comunque meglio che venga somministrato oralmente perché dispongono normalmente di un ottimo assorbimento intestinale.

6.1.2.4    Zinco e manganese (Zn e Mn)

- Zn 30 mg per giorno.

- Mn 15 mg per giorno.

Perché anche questi sono coinvolti in una regolare sintesi di istamina da parte dell¹organismo.

 

Zn:           il fabbisogno statistico delle persone sane è di 12Š15 mg  di Zn al giorno, contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminacee, i cereali integrali, le uova Š

 

Mn:          il fabbisogno statistico delle persone sane è di 2Š5 mg di Mn al giorno, contenuti in alimenti come i cereali integrali e le nocciole, le mandorle e le noci.

 

6.1.2.5    Consigli dietetici

La dieta proposta è  ricca di proteine animali per l¹aumentato fabbisogno di micronutrienti prevalentemente contenuti in alimenti animali. La descrizione del contenuto di micronutrienti rilevanti per l¹istapenia fornisce ulteriori indicazioni per delle prevalenze nutritive. Un consiglio, da parte di dietisti sensibilizzati al disturbo metabolico ³istapenia², può essere utile per mettere in pratica una nutrizione adatta al disturbo.

6.1.2.6    Rame (controindicato per l¹istapenia)

Il rame ha delle importanti funzioni metaboliche. Una mancanza accentuata può causare delle malattie anemiche, artritiche, infiammatorie, cardiovascolari, insonnia e dolori.

D¹altronde un tasso troppo elevato per una somministrazione eccessiva, un¹impedita escrezione o un¹intossicazione può fra l¹altro creare dei seri sintomi psichici come la labilità emotiva, il nervosismo, la schizofrenia, le depressioni post-partum, l¹epilessia, l¹autismo, l¹iperattività, la sonnolenza, i disturbi di concentrazione e di sonno.

L¹istapenia è spesso accompagnata da elevati tassi di rame (Cu) nei tessuti e quindi è necessario  indicarlo al cliente e consigliare un rimedio.

 

Il fabbisogno statistico delle persone sane è di 1.5Š3 mg  di Cu al giorno, contenuti in alimenti come il fegato, il porto/ lo sherry/ il vermouth, le ostriche, i leguminosi, le noci, i volatili, il pesce di mare, Š La dose terapeutica è di 2Š4 mg.

 

Si conoscono prevalentemente intossicazioni causate da pigmenti di colori, in agricoltura da fungicidi e pesticidi (verde rame), dalla spirale contraccettiva, da preparati multiminerali con troppo contenuto di rame (superiore a 2 mg) o relazione sbagliata di Zn/Cu (inferiore a 4:1) e dal fumo delle sigarette per gli accaniti fumatori.

 

Essendo lo Zn un concorrente metabolico del Cu si usa una combinazione di Zn, Vit. C, Mn e vitamina B6 (eventualmente completata da acido alfa-liponico, cisteina, metionina e DMG dimedilglicina) per l¹eliminazioni di intossicazioni di rame dai tessuti di deposito (fegato, cervello, reni). Questa disintossicazione mette per breve tempo in circolazione sanguigna il rame che appare come sintomo di intossicazione. Sono quindi da determinare a misura del cliente la combinazione e il dosaggio delle sostanze disintossicanti.

6.1.2.7    Insonnia e triptofane

Se il sonno è impedito, in caso di istapenia, è consigliato l¹uso di L-triptofane (500Š1000 mg prima di andare a dormire) invece dei soliti sonniferi o calmanti. L¹unica controindicazione è la somministrazione di certi psicofarmaci (come benzoediazepami, inibitori di riciclaggio di serotonina e altri) che sono incopatibili fra di loro.

 

Il triptofane è un aminoacido essenziale coinvolto fra l¹altro nella sintesi di serotonina (neurotrasmettitore cerebrale). È interessante notare come l¹organismo riesce a trasformare il triptofane in niacina (vitamina B3). Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di ca. 3.5 mg per kg di peso corporeo (ca. 250 mg per un¹adulto di 70 kg), contenuto in alimenti come la carne di vitello, i semi e l¹olio di girasole, il tonno, il  pollo, il manzo, l¹avena, le uova, i formaggi Š

6.1.3  Esempio di istapenia

Si tratta di una signora di ca. 35 anni, di costituzione ³linfatica², che accusa dei seri disturbi psichici, prevalentemente depressioni in forma ³di attacco², intercalate da periodi senza alcun disturbo nei quali è in grado di lavorare.

È ben medicata e seguita da uno psichiatra e si trova soddisfatta delle relative cure. Viene nel mio studio sperando di trovare una via d¹uscita dalla sua situazione nella quale accusa come grande disturbo la necessità di dover assumere psicofarmaci anche nelle fasi in cui sta bene.

 

Dopo una visita con una relativa anamnesi e diverse sedute di lavoro corporeo, in seguito alle quali ho iniziato a dubitare di un disturbo metabolico/ormonale, le propongo un approccio ortomolecolare complementare alle sue cure mediche/psichiatriche, spiegandole che secondo me bisognava anche trattare la dimensione organica che stava alla base del suo disturbo.

 

Di seguito e per motivi didattici/illustrativi, indico la procedura da me seguita.

6.1.3.1    Diagnosi

6.1.3.2    Comunicazione al cliente          

6.1.3.3    Medicazione

 

6.1.3.1    Diagnosi

Oltre alla solita visita e all¹anamnesi ho sottoposto alla signora le domande del modulo allegato con i seguenti risultati:

Il risultato dimostra una netta incidenza dei sintomi per la sindrome di ³istapenia² (85% dei sintomi su una media 33%) che paragonata ad altre caratteristiche comportamentali, emotive e somatiche, mi sembrava sufficiente per fare alla cliente le seguenti proposte.

6.1.3.2    Comunicazione alla cliente

Oltre a una spiegazione orale, che permette di chiarire scrupolosamente il sospettato disturbo regolatorio, ritengo importante anche scriverlo in forma sintetica. Non inizio mai una tale cura senza l¹approvazione del medico e dello psichiatra curante. Sia per lei, sia per il medico e lo psichiatra è abbastanza importante poter valutare una tale ³invasione terapeutica² da parte di un non addetto ai lavori, in base a una chiara e plausibile presa di posizione. In questo caso la cliente fece un tentativo e riuscì a convincere sia il medico, sia lo psichiatra che il ³santo valeva la candela². Questo non è sempre facile, perché a nessun medico, come nemmeno a me come terapista, piace troppo l¹idea di una proposta terapeutica insolita e sconosciuta da parte di un terzo.

 

Di seguito e sempre per motivi didattici/illustrativi riporto la lettera:

 

³Cara Signora,

In base alla Sua terapia corporea, l¹anamnesi e il modulo da Lei compilato, sospetto che Lei sia soggetta ad un disturbo metabolico noto come ³istapenia²: la scarsa presenza di un ormone tessutale chiamato istamina e all¹alto tasso di rame nel sangue. Questo disturbo crea spesso dei sintomi cerebrali e psichici.

 

Nella medicina ortomolecolare si rimedia a questo disturbo con altissime dosi di specifici ³micronutrienti²:

Acido nicotinico                    200 mg

Nicotinamido                        1000 mg

Acido folico                          1 mg

Vitamina B12                        0.5 mg

In più aggiungerei nel suo caso:

Zinco                                   30 mg

Manganese                           15 mg

Betacarotene                        6 mg

Vit. E                                   400 mg

                                           per giorno

 

come ³sonnifero² prima di andare a dormire ev. L-triptofane  500Š1000 mg

(ma solo se non sono più necessari gli psicofarmaci)

per depressione acuta ev. L-Fenilalanina o tirosina al giorno 500Š1500 mg

 

Noi naturopati chiamiamo queste sostanze spesso ³micronutrienti² perché si trovano anche negli alimenti (ma mai in queste alte dosi), perché sono liberamente reperibili in commercio e perché non hanno (in queste dosi) degli effetti collaterali patologici.

 

L¹esperienza insegna, che con grande probabilità un tale composto diminuisce notevolmente i sintomi psicopatologici. Lo svantaggio è che raramente questa cura è risolutiva. Ciò significa che spesso bisogna continuare a somministrare i rimedi a tempo indeterminato, o almeno durante le fasi psichicamente critiche.

Gli effetti non desiderati possono (non devono) essere: un breve periodo di ³arrossamento del corpo² (flush) dopo la somministrazione dell¹ acido nicotinico.

 

Il primo problema (relativamente facile da risolvere) è che non si trova in commercio un prodotto composto in questa maniera; il mio collega farmacista Dr. Luca Milesi della farmacia San Provino ad Agno lo potrebbe preparare. Mi ha detto che si tratterebbero di 2 bustine al giorno (una alla mattina, una alla sera) al prezzo complessivo di ca. 140.-Fr. al mese. In allegato, un foglio con la ricetta da consegnare al farmacista, caso mai Lei dovesse decidersi a provare una cura del genere.

 

Le altre raccomandazioni dietetiche per questo Suo disturbo sarebbero:

€ dieta ricca di proteine animali (latticini, uova, pesce, carne),

€ ricca di proteine vegetali (verdura, legumi),

€ con oli vegetali insaturi (invece di quelli saturi o dei grassi),

€ somministrare lievito di birra, vitamina C ed ev. calcio/magnesio

€ evitare la somministrazione di troppo rame; massimo 1.5Š3 mg  al dì Cu al dì, contenuto in alimenti come fegato, porto/sherry/vermouth, ostriche, leguminose, noci, volatili, pesce di mare, Š (veda anche foglio allegato).

 

Il secondo problema è più serio. Se Lei volesse affrontare un tentativo in questa direzione, io mi sentirei di seguirla, ma solamente con il consenso e in stretta collaborazione con la Sua psichiatra curante. La pregherei di discutere con lei la faccenda e di farmi eventualmente sapere le conclusioni. Sono a Sua completa disposizione per ulteriori domande in merito.²

 

6.1.3.3    Medicazione

La medicazione pratica per queste circostanze è spesso problematica perché:

- Nei preparati multivitaminici in commercio, le sostanze non si trovano in queste composizioni e dosaggi.

- Come singoli prodotti sono anche reperibili, ma la somministrazione è scomoda perché sono tanti e il costo è abbastanza elevato (si paga il confezionamento di almeno una mezza dozzina di singoli prodotti). Ogni tanto procedo in questo modo durante una fase iniziale di poche settimane fino a quando l¹esito è chiaro. (Nell¹esempio sotto ho aggiunto dei prodotti finiti).

- Sapendo come e dove, si riescono anche a trovare i singoli prodotti sciolti in forma di polvere e a prezzo modesto, ma la composizione e il dosaggio devono essere affidabili (necessità di una bilancia ad alta precisione che è molto costosa).

- Chi ha la fortuna di conoscere un bravo farmacista disposto a fornire questo servizio, ha risolto il problema. Io personalmente mi trovo in questa confortevole situazione, perciò scrivo la ricetta p.es. come segue e lui si occupa di tutto il resto.

 

Visto anche altre deficienze metaboliche della mia cliente (non dipendenti dell¹istadelia), prendo l¹occasione della ricetta per aggiungere anche 6 mg di betacarotene e 400 mg di vitamina E dato che questo incide poco sul prezzo.

 

Medicazione per xxxxxx yyyyyyyy ³Istapenia²:

                                    mg    mg   alternativa confezionata

Rp.                               matt. sera

Acido nicotinico             100   100  HAENSELER past. 50 mg

Nicotinamido                 500   500  farmacista

Acido folico                   1              farmacista

vit. B12                         0.5           farmacista

Zinco (in forma organica)        15     BS Zinkvital past. 15 mg

Manganese (in forma organica)       10         farmacista

Betacarotene                3      3      BS Betacarotene caps. 6 mg

Vit. E (pulvis corrispondente)  200  200       BS vitamin E caps. 400 mg

*m.f.pulvis D. ad chartam tal.dos. per XXX (mattina e sera) S. Ingerire il contenuto di una bustina alla mattina e alla sera in un po¹ di acqua tiepida.

 

*indicazione per il farmacista   (mescola, fai una polverina. Dai in bustine questa dose per 30 volte. Indica Š)

in caso di insonnia:    L-Triptofane 500Š1000 mg con 50 mg vit. B6 solo in caso di astinenza da psicofarmaci!

                                p.es. Ardeytropin (Ardeypharm, D-58313 Herdecke)

per depressioni acute:          L-Fenilalanina o tirosina 500Š1500 mg per dì con 50 mg vit. B6 (farmacista) la mattina.

6.1.3.4    Suggerimenti dietetici

Dieta: ricca di proteine animali

 

Visto anche altre condizioni metaboliche della mia cliente, propongo le seguenti ³aggiunte alimentari²:

 

- Usare il sale iodato: regione tendenzialmente ipotiroidale.

- Olio di girasole o Cartamo:                  min. 1 cucchiaio da tè al giorno.

- Lievito di birra:             3 gr mattina e sera p.es. BURGERSTEIN ³Primärhefe².

- Vitamina C:                1Š2 g per giorno    Acido ascorbinico  sciolto in farmacia.

 

- Se la dieta è scarsa di prodotti lattici: fino a 1 gr di Ca/Mg (2:1) per giorno

  p.es. BURGERSTEIN ³Dolomit².

- Se la frazione LDL dei trigliceridi è normale: un uovo (preferibilmente crudo) al giorno.         

- Evitare dosi eccessive di rame (massimo 1.5Š3 mg al dì) contenuto prevalentemente in alimenti come il fegato, il porto, lo sherry, il vermouth, le ostriche, i leguminosi, le noci, i volatili, il pesce di mare, Š

 

6.2   Istadelia

L¹istadelia è una smisurata sintesi di istamina nell¹organismo che si regola prevalentemente con un aminoacido essenziale (la metionina) e il calcio, aggiungendo la vitamina B6 per ³tamponare² gli effetti collaterali della metionina.

6.2.1 Sintomi

6.2.2 Terapia

6.2.3  Esempio di istadelia

6.2.1  Sintomi

Si trovano spesso sintomi di tendenza depressiva/maniacale e ansiosa/nervosa in unione con delle caratteristiche fisiologiche come gli spasmi, i dolori, le allergie stagionali come nel seguente elenco:

 

6

timidezza e ipersensibilità adoloscenziali

7

lacrime facili

8

forte salivazione

9

nausea e vomito facili

11

manie accentuate

12

rituali accentuati

13

sonno leggero

14

buona tolleranza all¹alcool

15

buona tolleranza ai sedativi

16

orgasmi facili

26

frequente tensione/ irrequietudine interna

27

saltuaria depressione/malinconia

28

frequenti ansie forti

29

frequenti pensieri suicidali

42

orecchie grandi, dita delle mani e dei piedi lunghi

43

solo maschi in famiglia

48

pochi peli

51

spesso mal di testa

53

allergie stagionali (asma, rafreddore del fieno)

57

starnuto facile al sole

58

sensibilità del polso da sdraiato sul cuscino

59

grattando una gamba, prurito in altri posti

60

spesso dolori di schiena

61

spesso dolori di pancia

62

spesso crampi muscolari

63

buon smaltimento del cibo (ingrassa difficilmente)

 

6.2.2  Terapia di istadelia

Centrale per la cura dell¹istadelia è la somministrazione di massicce dosi di metionina, completata dal calcio e dalle vitamine del complesso B, eventualmente dello zinco per la disintossicazione dai metalli pesanti.

- Effettuare un cauto e accurato controllo dello stato generale somatico e ³micronutrizionale² (stato minerali, vitaminico, immunitario) perché spesso questi clienti soffrono anche di altre deficienze (che i medici clinici e gli psichiatri sovente non notano o valutano come sintomi ³subclinici²).

- Intrattenere una stretta collaborazione con il medico e lo psichiatra curante per la coordinazione delle medicazioni cliniche e complementari.

- Se necessario, anche un cauto accompagnamento psicoterapeutico professionale in quanto i disturbi psichici non hanno solo una dimensione metabolica-ormonale-fisiologica ma altrettanto sociale-relazionale-emotiva che va curata con altrettanta professionalità.

 

6.2.2.1    Metionina

6.2.2.2    Calcio

6.2.2.3    Complesso vitamina B

6.2.2.4    Zinco

6.2.2.5    Consigli dietetici per l¹istapenia

6.2.2.6    Dolori e stati spastici e convulsivi

6.2.2.7    Antiistaminici genuini

6.2.2.1    Metionina

La metionina è un aminoacido essenziale contenente dello zolfo, coinvolto fra l¹altro nella sintesi di ormoni come epinefrina (adrenalina) e melatonina e direttamente nella forma di SAM (S-Adenosil-Metionina) come neurotrasmettitore cerebrale e dispone di un diretto effetto antiistaminico.

È il precursore metabolico di cisteina e taurina.

 

Il fabbisogno statistico di persone sane è di ca 13 mg per kg di peso corporeo (1 grammo per 77 kg di peso), contenuto in alimentari come il pesce, i volatili, la soia, il manzo, i germogli di frumento, i formaggi e le uova, Š

 

Agli afflitti dall¹istadelia si prescrive ca. un altro grammo di metionina al giorno, combinato con sufficiente vitamina B6 per compensare la susseguente sovraproduzione di omocisteina e di calcio come antiistaminico e anche per compensare l¹aumentata perdita per via della maggiore acidità dell¹urina, provocata dalla decomposizione della metionina.

 

Le controindicazioni sono:

- Grave acidosi metabolica.

- Grave insufficienza epatica.

- Calcoli di acido urico e diatesi calcoli cisteinici.

- Oxalosi.

- Acidosi renale tubulare primaria e secondaria.

- Disturbi innati del metabolismo di aminoacidi (omocistinuria).

 

6.2.2.1.1 Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina

 

6.2.2.1.1  Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina

I pazienti che assumono la metionina hanno una tendenza all¹acidosi, anche se ho notato spesso che si trattava di metabolismi costituzionalmente ³alcalinici² che con la metionina raggiungono normali livelli di acidità urinaria.

 

L¹acidità urinaria è facilmente controllabile e regolabile dal paziente stesso:

-  Con cartine indicatrici p.es. URALYT .

- Con sostanze alcaliniche come citrati di diversi minerali (p.es.     URALYT, BASICA).

 

Si misura l¹acidità urica 3 volte al giorno, tenendo una striscia indicatrice nel getto urinario. Il cambiamento di colore della striscia indica l¹acidità riferita ad un valore corrispondente chiamato ph:

-  Tra 5.2Š5.8 piuttosto acido.

-  Tra 6.2Š6.8 ideale.

-  Tra 7.0Š7.4 piuttosto alcalinico.

 

I singoli valori variano e devono variare perché sono gli indicatori di un buon funzionanto metabolico. Normalmente alla mattina l¹urina è più acida della sera, perché durante la notte il corpo elimina il ³troppo acido².

I singoli valori di acidità urinaria dicono poco. Ai miei clienti faccio fare le misurazioni per una settimana al fine di determinare il valore medio e le deviazioni. In base a questo si può stabilire il dosaggio dei citrati (1 cucchiaio da tè corrisponde ca. a 0.4 punti) e quando somministrarlo (se tendenzialmente la mattina è più acida, si somministra alla sera prima). Si va avanti a misurare finché si ha trovato il dosaggio e il momento ideale per una eventuale somministrazione.

6.2.2.2    Calcio

Il calcio per una sua funzione fisiologica regola (tramite regolazione basale) anche la trasmissione di segnali tra le cellule nervose (la sua mancanza rende ipersensibili) e nel medesimo tempo è un rilevante antiistaminico.

 

Il fabbisogno statistico di persone sane è di 800Š1¹200 mg per dì, contenuto in alimenti come tutti i prodotti lattici, soprattutto il formaggio duro, e in certe acque minerali. Il contenuto di calcio nella verdura, nei legumi e cereali dipende dal suolo sul quale sono cresciuti. In Ticino, solo poche regioni sono calcari perciò anche l¹acqua e i prodotti agrari del posto (salvo quelli lattici) sono scarsi di calcio e quindi secondo la mia esperienza ci sono dei deficit endemici nella popolazione. Io lo devo prescrivere spesso (specialmente a chi non sopporta bene i prodotti lattici).

 

Agli ³istadelici² indico secondo le loro abitudini nutritive da 1Š1.5 g di calcio al dì, a lungo come preparato della ditta BURGERSTEIN  ³Dolomit² ( che contiene 1/3 di magnesio) e per attacchi acuti Calzium-Sandoz  effervescenti che ha un effetto immediato.

 

Parzialmente serve anche a compensare le aumentate perdite di calcio dovute all¹eccesso dell¹acidità dell¹urina a causa della somministrazione di metionina.

L¹opinione che la somministrazione di calcio promuovi la formazione di calcoli renali e/o l¹arteriosclerosi è stata sfatata già tanti anni fa da uno studio epidemiologico statunitense, ma l¹idea persiste purtroppo ancora in tante persone.

 

6.2.2.3    Complesso vitamina B

La somministrazione di metionina aumenta la produzione di un prodotto intermediario metabolico, l¹omocisteina il quale viene decomposto in collaborazione con la vitamina B6 (min. 6mg) e anche di acido folico (0.4...0.65 mg) e B12 (min. 6mcg). Per praticità e perché le dosi non sono massicce, preferisco un preparato combinato del complesso di vitamine B p.es. BURGERSTEIN Vitamin-B-Complex che contiene anche tutte le altre sostanze del complesso vitaminico.

6.2.2.4    Zinco

Lo zinco è coinvolto in dozzine di funzioni metaboliche in tutto l¹organismo. Nel contesto, incide in particolare per l¹attivazione della vitamina B6, ma anche per il metabolismo di diversi ormoni glandotropi e tessutali.

 

Le dosi terapeutiche indicate sono da 20 a 100 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 12Š15 mg al dì, contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, Š

 

Nel contesto, aggiungo un preparato di zinco quando ho il sospetto di un¹intossicazione di metalli pesanti che sono spesso coinvolti in sintomi di spasmi e convulsioni fino all¹epilessia. Somministrando a lungo lo zinco in dosi intorno ai 15 mg e in collaborazione con la metionina e la vitamina C, si riesce a far staccare i metalli pesanti che si trovano nei tessuti, così che possono essere eliminati dal sistema urinario.

6.2.2.5    Consigli dietetici per l¹istadelia

Alimentazione piuttosto scarsa di proteine animali e ricca di carboidrati (complessi con ballasto). Notare un sufficiente tasso di rame (vedi ³istapenia²).

6.2.2.6    Dolori e stati spastici e convulsivi

Spesso, con gli interventi descritti in precedenza si riescono a diminuire notevolmente gli stati spastici, di dolore e di convulsioni, ma altrettanto spesso ci vuole troppa pazienza per raggiungere un equilibrio metabolico e di regolazione ormonale. In questi casi servono:

- Se necessario: antiepilettici in dosaggi cauti (medico).

- Per interrompere il circolo vizioso di spasmo e dolore:

  Tinct. Petasiti orale fino a 10 ml al giorno.

- Malauguratamente sono proibiti e quindi non reperibili sul mercato, anche se per questi casi si tratta di ottimi medicamenti: Tinct. Fl. Cannabis orale Š10 ml al dì; e spalmare Oleum Nigellae extr. fl. cannabis sulle parti dolenti e irritate.

6.2.2.7    Antiistaminici genuini

Parecchi oli con un alto contenuto di acidi linoleici, oltre agli effetti prosta-glandinici, danno rilevanti effetti antiistaminici (somministrati e spalmati).

I più importanti:

- Nigellae, ma anche (in grado decrescente).

- Olio di seme di canapa, olio di enotera, olio di lino, olio di cartamo e di girasole.

6.2.3  Esempio di istadelia

Si tratta di un uomo di ca. 50 anni di costituzione gracile/atletica con dei dolori a una gamba e all¹anca, che per lunghi periodi gli impediscono qualsiasi attività, in alternanza anche di ore o giorni con dei periodi senza alcun dolore. Dagli esami clinici non si  riesce, con certezza, a stabilirne la causa. Antiflogistici, steroidi, non steroidi, persino oppiacei non mostrano rilevanti effetti. Viene da me con ben poche speranze di potersi liberare dal proprio dolore praticando dei trattamenti corporei.

 

Incontro un organismo molto teso, cosa che dopo i lunghissimi periodi di dolore non mi meraviglia (perché il circolo vizioso di spasmo e dolore non è facile da interrompere). Il paziente è dotato di una disciplina e di una volontà ferrea e di una notevole ambizione, arrivato a bei successi e posizioni di relativo potere (fino al punto che il dolore fisico e l¹età mettono tutto questo insopportabilmente in discussione).

 

È evidente che le riflessioni mediche si muovono su diversi strati, non solo somatici, e non sapendo bene dove incominciare ho iniziato dove ancora nessuno dei miei tanti precursori terapeuti aveva tentato.

6.2.3.1    Diagnosi

6.2.3.2    Comunicazione al cliente

6.2.3.3    Medicazione per l¹istadelia

6.2.3.4    Suggerimenti dietetici

 

6.2.3.1    Diagnosi

Oltre alla solita visita e anamnesi ho sottoposto al cliente le domande del modulo allegato con i seguenti risultati:

Appare una leggera incidenza per ³istadelia² e il risultato mostra anche che, probabilmente questa leggera deviazione regolativa nel contesto di relativamente pochi sintomi totali, non è il nucleo della questione. Normalmente, a queste condizioni cercherei altri approcci, ma essendo la situazione ³disperata² non voglio tralasciare niente.

6.2.3.2    Comunicazione al cliente

Visto che apparentemente non si trattava di disturbi psichici, in quanto tenuti sotto controllo psichiatrico, né di cure mediche con medicazione da rispettare, ho fatto un ampio colloquio con il cliente per comunicare la mia presa di posizione e le proposte nonché un programma terapeutico, della quale la terapia ortomolecolare sarebbe stata solo una parte. L¹ho comunque pregato di informare alla prossima occasione il suo medico delle terapie in corso.

6.2.3.3    Medicazione per l¹istadelia

Gli ho proposto la seguente medicazione:

                                                    unità mattina. unità sera

Gluconato di calcio p.es. BURGERSTEIN

³Dolomit² 200mg compresse                    3              2

 

Metionina p.es. BURGERSTEIN

DL-Methionin 500 mg compresse             1              1

 

BURGERSTEIN Vitamin B-Complex compresse        1

 

a necessità Tinct. Cannabis/Petasites aa ...10 ml per giorno

6.2.3.4    Suggerimenti dietetici

€ Piuttosto scarsa di proteine animali.

€ Piuttosto ricca di carboidrati complessi con fibre.

 

Visto lo stato generale, i dolori e gli spasmi nonché il tenore di vita del mio cliente, gli ho dato anche i seguenti consigli dietetici:

Olio di girasole o Cartamo e Nigella:           1 cucchiaio da tè al giorno         Lievito di birra    3 gr mattina e sera

                                                  (BURGERSTEIN ³Primärhefe²)    Vit.C: ascorbato di calcio           1Š2 gr per giorno (farmacia sciolto)

Betacarotene:                               6 mg per giorno

Vit. E:                                          400 mg per giorno        

Gluconato di zinco:                        15 mg per giorno          

Pressione normale: Gluconato di manganese          7.5 mg al giorno           

 

7.0   Pirroluria

Pirroluria: Esagerata escrezione di Zn e di vit. B6 nell¹urina con dei sintomi cerebrali perché crea una accentuata deficienza di vitamina B6 e di Zn nel metabolismo.

 

La deficienza (rispettivamente l¹aumentato fabbisogno) di B6 può creare dei sintomi nel sistema nervoso periferico come parestesie delle estremità, nevralgie e impedimento del passo. Deficienze di B6 e Zn nel sistema nervoso centrale possono creare dei disturbi spastici e convulsivi, depressione, irascibilità, ansia, mal di testa, confusione, insonnia, psicosi, schizofrenia, letargia, aggressività, iperattività, debolezze di percezione.

 

Le persone afflitte da pirroluria vengono trattate con massicce dosi di vitamina B6 e zinco, accompagnate dal manganese.

7.1   Sintomi

Gli indicatori per la pirroluria si trovano spesso nei seguenti complessi di sintomi:

10

frequente nausea mattutina

16

intolleranza a dei medicamenti

30

assenza di ricordi dei sogni

31

sintomi somatici che aumentano notevolmente lo stress

44

mascella stretta con denti superiori incrociati

45

pelle chiara che sopporta poco il sole

46

famiglia di sole figlie che si assomigliano

64

cattiva tolleranza di proteine animali

65

forte odore del corpo e del fiato

66

facile costipazione

67

macchie bianche alle unghie

68

frequenti dolori addominali

69

frequenti raffreddori e infezioni

70

strisce dermiche

71

mestruazioni irregolari o impotenza

 

 

La pirroluria è misurabile nell¹urina fresca con degli adatti metodi di laboratorio. Un indicatore di controllo è una goccia di reagente di EHRLICH in un bicchiere di urina fresca che la tinge di colore malva.

7.1   Sintomi

7.2   Terapia (piridossinuria)

7.3   Esempio

 

 

7.2   Terapia (piridossinuria)

Essendoci una smisurata escrezione dei seguenti elementi, la pirroluria si cura in particolare con vitamina B6 e zinco, accompagnato da manganese ed eventualmente da vitamina B2.

7.2.1  Vitamina B6

7.2.2  Zinco  

7.2.3  Manganese  

7.2.4  Vitamina B2  

7.2.1  Vitamina B6

La vitamina B6 (piridossina) viene assorbita dagli alimenti e trasformata nella forma attiva di coenzima piridossal-5-fosfato (PLP). L¹attivazione richiede un sufficiente stato di Zn e B2. Fra le tante altre funzioni, la vitamina B6 coopera nella sintesi di neurotrasmettitori come la serotonina (con triptofane, B3), dopamina e norepinefrina (noradrenalina).

 

La deficienza (o l¹aumentato fabbisogno) di vitamina B6 nella patologia della pirroluria ne richiede la somministrazione in dosi massicce da 300 a 2¹000! mg al dì. Il fabbisogno statistico per le persone sane è di 1.6Š2 mg al dì contenuti nel fegato di vitello, le patate, le banane, le lenticchie, il lievito, i pesci d¹acqua dolce, gli spinaci, Š

 

Le dosi terapeutiche indicate da Werbach (1990) sono di 10 a 200 mg. PFEIFFER cita per la pirroluria dosi tra 300 e 2¹000 mg per dì. Dosi < 500 mg durature per persone del resto sane non hanno degli effetti collaterali. Per delle dosi alte in pirroluria è eventualmente da considerare la somministrazione della parte eccedente i 500 mg in forma di PLP.

 

La vitamina B6 è meglio non somministrarla la sera, perché in certe persone può disturbare il sonno.

Poiché in caso di pirroluria non si conosce l¹entità esatta della ³perdita², si determina il dosaggio adatto con un semplice metodo: si aumenta la dose di giorno in giorno fino a quando si ricordano dei sogni: questa è più o meno la dose ³giusta². È importante controllare eventuali sintomi collaterali neurologici (medico).

7.2.2  Zinco 

Lo zinco è coinvolto in centinaia di funzioni metaboliche in tutto il corpo. Nel contesto incide soprattutto per l¹attivazione della vitamina B6, ma anche per il metabolismo di diversi ormoni glandotropi e tessutali.

 

Le dosi terapeutiche indicate normalmente sono dai 20 ai 100 mg: per la pirroluria di 600 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 12...15 mg al dì contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, Š

7.2.3  Manganese 

Il manganese, tra le sue altre funzioni, nel contesto è coinvolto nella modulazione di neurotrasmettitori, per esempio facilita la trasmissione di impulsi nervosi alle cellule muscolari. Visto che gli stati spastici e convulsivi accompagnano spesso la pirroluria, conviene usare il manganese per alleviare questi sintomi.

Le dosi terapeutiche indicate normalmente sono dai 2 ai 50 mg: per la pirroluria di 20 mg. Il fabbisogno statistico di un adulto sano è tra 2Š5 mg contenuti in alimenti come i fiocchi d¹avena, il frumento integrale, le leguminose, le noccioline, i fagioli, Š

7.2.4  Vitamina B2 

La vitamina B2 (riboflavina) ha tante importanti funzioni nel metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine, ma nel contesto è indicata soprattutto per l¹attivazione della vitamina B6, sostanza chiave per la cura della pirroluria.

 

Le dosi terapeutiche indicate sono tra i 10 e 100 mg. Per la pirroluria spesso non è un fattore critico, ma conviene garantire almeno il fabbisogno statistico negli adulti sani tra 1.2Š1.8 mg, contenuti in alimenti come il fegato di vitello, il lievito, i funghi, gli spinaci, i prodotti lattici, le uova Š In casi di rilevante pirroluria, con un¹alta necessità di vitamina B6, aggiungo 25Š50 mg di vitamina B2 per facilitare l¹attivazione della B6.

7.3   Esempio pirroluria

Non intendo  riportare un esempio completo, perché i rari casi che mi sono capitati erano lievi come pirroluria e in concomitanza con altre patologie più rilevanti di prevalenza ³somatica² e meno metabolica. Questi falsificherebbero e complicherebbero didatticamente la faccenda.

 

Riporto però a titolo indicativo una medicazione e una raccomandazione dietetica per una pirroluria accentuata secondo PFEIFFER.

7.3.1  Medicazione  

7.3.2  Dieta

7.3.1  Medicazione 

A titolo indicativo, un esempio di medicazione per un paziente con la pirroluria che per il resto non mostra altri disturbi, disordini o patologie (caso ipotetico).

                                            mattina mezzogiorno sera prezzo indicativo

Vitamina B6 STAUEBLI 300 mg past.      1Š4       0Š2                  100/50.-

Mangan BURGERSTEIN 15 mg past.       1/2                       1/2

Zinkvital BURGERSTEIN 15 mg past.         2                         2    

ev. Vitamina B2 ALLSAN 50 mg past.       1/2        1/2                   100/25.-

oppure Multivitamin MIGROS       1

7.3.2  Dieta per la pirroluria

L¹aggiunta alimentare di vitamina B6 e Zinco è indispensabile, il manganese evita tendenze spastiche e convulsive, la vitamina B2 migliora l¹utilizzo della vitamina B6. Volendo rispettare un¹alimentazione ricca di questi micronutrienti, una cucina mediterranea potrebbe essere adatta.

 

8.0   Allergia cerebrale

L¹allergia cerebrale è in pratica un¹allergia alimentare che non mostra necessariamente evidenti sintomi di allergie cutanee o intestinali, ma si manifesta piuttosto con dei sintomi ³psichici², perché disturba prevalentemente o anche il metabolismo cerebrale.

8.1   Sintomi

8.2   Terapia

8.3   Esempio di allergia cerebrale

8.1   Sintomi

Degli indicatori per delle allergie cerebrali si trovano spesso nei seguenti complessi di sintomi:

17

cibi giornalieri preferiti

18

disturbi diminuiti dal digiuno

19

tendenza all¹iperattività

32

umori vacillanti in giornata

33

impazienza, irascibilità

34

concentrazione disturbata

35

svogliatezza,paranoie, pensieri ripetitivi

53

allergie stagionali (asma, raffreddore del fieno)

72

coliche da bambino

73

eczemi da bambino

74

celiachia (assorbimento intestinale difettoso)

75

attacchi di asma

76

facili orticarie

77

polso frequentemente accelerato

78

intolleranza alimentare (in famiglia)

79

mal di testa, sonnolenza, naso otturato, occluso, depressione dopo i pasti.

 

8.2   Terapia

La terapia è basata su due pilastri:

- Trovare ed evitare l¹alimento o le sostanze nutritive intollerate.

- Abbassare la sensibilità per via di processi allergici sistemici.

 

Il primo pilastro si indirizza verso una dieta a eliminazione, il secondo con una gamma di sostanze che aumentano la tolleranza sistemica per gli allergeni in generale e del cervello in modo specifico:

- Metionina 500 mg mattina e sera.

- Vit. B6: 300Š2000! mg alla mattina (fino al ricordo dei sogni).

- Calcio: 500 mg mattina e sera.

- Zinco: 15 mg mattina e sera.

- Vit. C: 1Š2 g mattina e sera.

- Manganese: 10 mg mattina e sera.

 

8.2.1  Dieta eliminatoria

8.2.2  Metionina

8.2.3  Vitamina B6

8.2.4  Calcio

8.2.5  Zinco

8.2.6  Vitamina C

8.2.7  Manganese

 

È evidente che i processi allergici sono strettamente connessi con la produzione istaminica e quindi si notano spesso anche dei sintomi di una istadelia e/o di pirroluria (perdita di vitamina B6 e Zn) in pazienti afflitti dall¹allergia cerebrale.

8.2.1  Dieta eliminatoria

Per determinare l¹alimento ³allergene² si lasciano via uno dopo l¹altro quelli che contengono le sostanze più sospettate, per almeno 5 giorni.

Se si nota un miglioramento, si prosegue, fino a che sono spariti i sintomi (può dur-are fino a 4 settimane). Per confermare il sospetto si riprende l¹alimento per ca. tre giorni per vedere se peggiora di nuovo.

Se non si nota un miglioramento dopo 5 giorni, si riprende l¹alimento e si prosegue con la stessa procedura per il prossimo alimento sospetto.

Conviene tenere un ³diario dietetico² durante questo periodo, annotandosi la nutrizione, i sintomi e gli orari.

 

8.2.2  Metionina

La metionina è un aminoacido essenziale zolfatato, coinvolto fra l¹altro nella sintesi degli ormoni come l¹epinefrina e la melatonina e direttamente nella forma di SAM (S-Adenosil-Metionina) come neurotrasmettitore cerebrale e dispone di un diretto effetto antiistaminico. È un precursore metabolico della cisteina e della taurina.

 

Il fabbisogno statistico di persone sane è di ca 13 mg per kg di peso corporeo

(1 grammo per un adulto di 77 kg), contenuto in alimenti come il pesce, i volatili, la soia, il manzo, i germogli di frumento, i formaggi, le uova, Š

 

A coloro che soffrono di allergie cerebrali, si prescrive ca. un altro grammo di metionina al giorno, combinato con una dose sufficiente di vitamina B6 per compensare la sovraproduzione di omocisteina nonché l¹aumentata perdita di calcio a causa della maggiore acidità dell¹urina.

 

8.2.2.1    Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina

Le controindicazioni sono:

- Grave acidosi metabolica.

- Grave insufficienza epatica.

- Calcoli di acido urico e diatesi calcoli cisteinici.

- Oxalosi.

- Acidosi renale tubulare primaria e secondaria.

- Disturbi innati del metabolismo di aminoacidi (omocistinuria).

8.2.2.1    Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina nelle allergie cerebrali.

I pazienti che assumono la metionina hanno una tendenza all¹acidosi, anche se ho notato spesso che si trattava di metabolismi costituzionalmente ³alcalinici² che con la metionina raggiungono normali livelli di acido urico.

 

L¹acidità urinaria è facilmente controllabile e regolabile dal paziente stesso:

- Con cartine indicatori p.es. URALYT.

- Con sostanze alcaliniche come citrati di diversi minerali (p.es. URALYT, BASICA).

 

Si misura l¹acidità dell¹urina 3 volte al giorno, tenendo una striscia indicatrice nel getto urinario. Il cambiamento di colore della striscia indica l¹acidità riferita a un valore corrispondente chiamato pH:

  • Tra 5.2Š5.8 piuttosto acido.

  • Tra 6.2Š6.8 ideale.

  • Tra 7.0Š7.4 piuttosto alcalinico.

 

I singoli valori variano e devono variare perchè sono l¹espressione di un metabolismo funzionante. Normalmente alla mattina l¹urina è più acida della sera, perché durante la notte il corpo elimina il ³troppo acido².

Singoli valori di acidità dell¹urina dicono poco. Ai miei clienti faccio fare le misurazioni per una settimana, al fine di poter determinare il valore medio e le loro deviazioni. In base a questo si può determinare il dosaggio dei citrati.

Si somministra (1 cucchiaio da tè corrisponde ca. a 0.4 punti) nel caso in cui (l¹urina tendenzialmente la mattina è più acida, la sera prima). Si va avanti a misurare finché si ha trovato il dosaggio e il momento ideale per una eventuale somministrazione.

 

8.2.3  Vitamina B6

La vitamina B6 (piridossina) viene assorbita da alimenti e trasformata nella forma attiva di coenzima piridossal-5-fosfato (PLP). L¹attivazione richiede uno stato sufficiente di Zn e B2. Fra tante altre funzioni, la vitamina B6 coopera nella sintesi di neurotrasmettitori come la serotonina (con triptofane, B3), dopamina e norepinefrina (noradrenalina).

La deficienza (o l¹aumentato fabbisogno) di vitamina B6 nella patologia dell¹allergia cerebrale, richiede la somministrazione di massicce dosi da 300 a 2¹000! mg al dì.

Il fabbisogno statistico per persone sane è di 1.6Š2 mg al giorno, contenuto nel fegato di vitello, patate, banane, lenticchie, lievito, pesci d¹acqua dolce, spinaci.

Le dosi terapeutiche indicate da Werbach (1990) sono da 10 a 200 mg.

PFEIFFER cita per l¹allergia cerebrale dosi tra 300 e 2¹000! mg per dì. Dosi < 500 mg per lunghi periodi per delle persone che non hanno altri disturbi, senza effetti collaterali. Per delle dosi alte in pirroluria è eventualmente da considerare la somministrazione della parte eccedente i 500 mg in forma di PLP.

È meglio non somministrare alla sera la vitamina B6, perché in certe persone può disturbare il sonno.

Poiché nell¹allergia cerebrale non si conosce l¹entità della perdita di vitamina B6, si determina il dosaggio adatto con un semplice metodo: si aumenta la dose di giorno in giorno fino a che si ricordano i sogni. È indicato di osservare cautamente eventuali sintomi collaterali neurologici (medico).

8.2.4  Calcio

Il calcio per la sua funzione fisiologica regola (tramite regolazione basale) anche la trasmissione di segnali tra le cellule nervose (la sua mancanza rende ipersensibili) e nel medesimo tempo è un rilevante antiistaminico.

Il fabbisogno statistico di persone sane è di 800Š1¹200 mg per dì, contenuto in alimenti come tutti i prodotti lattici, soprattutto il formaggio duro. Il contenuto di calcio nella verdura, legumi e cereali dipende dal suolo sul quale il prodotto viene coltivato. In Ticino, sono poche le regioni calcaree e quindi anche l¹acqua e i prodotti agrari del posto (salvo i latticini) sono scarsi di calcio. Secondo la mia esperienza, ci sono dei deficit endemici nella popolazione e lo devo prescrivere spesso (specie a chi non sopporta bene i prodotti lattici).

A coloro che soffrono di allergia cerebrale indico secondo le loro abitudini nutritive da 1 a 1.5 g di calcio al dì, da assumere a  lungo termine come preparato della ditta BURGERSTEIN  ³Dolomit² ( che contiene anche 1/3 di magnesio) e per attacchi acuti Calzium-Sandoz effervescente che ha un effetto immediato.

 

In piccola parte serve anche a compensare l¹aumentata perdita di calcio dovuta alla maggiore acidità dell¹urina causata dalla somministrazione di metionina.

 

L¹opinione che la somministrazione di calcio promuovi la formazione di calcoli renali e/o arteriosclerosi è stata sfatata già tanti anni fa da uno studio epidemiologico statunitense, ma resiste purtroppo in tante persone.

8.2.5  Zinco

Lo zinco è coinvolto in centinaia di funzioni metaboliche in tutto l¹organismo. Nel contesto incide soprattutto per l¹attivazione della vitamina B6, ma anche per il metabolismo di diversi ormoni glandotropi e tessutali.

 

Le dosi terapeutiche indicate sono da 20 a 100 mg. Per le allergie cerebrali prescrivo ca. 30 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 12Š15 mg al dì contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, Š

8.2.6  Vitamina C

La vitamina C è coinvolta in tantissimi processi metabolici e può essere sintetizzata da quasi tutti gli animali. I primati, l¹uomo e i criceti non dispongono di questa capacità, perché è andato perso nella loro evoluzione il gene che comanda la produzione di un enzima, il quale media la sua sintesi. Quindi deve essere somministrata tramite gli alimenti.

 

Nel contesto, la vitamina C è coinvolta nel controllo del tasso istaminico e nella produzione di due neurotrasmettitori: norepinefrina (noradrenalina) e serotonina.

 

Le dosi terapeutiche indicate sono tra 50 e 10¹000 mg, per le allergie cerebrali da 1¹000 a 2¹000 mg (1Š2 grammi). Il fabbisogno statistico di persone sane è di 60Š75 mg al dì, contenuti in alimenti come la frutta, la verdura e i legumi.

 

Il riassorbimento di vitamina C diminuisce quando è somministrata in alte dosi. Per esempio dei 1¹500 mg giornalmente somministrati, il corpo assorbe ca. 800 mg; meglio se ripartiti sulla giornata.

 

L¹organismo riesce a immagazzinare fino a 5 grammi (200 mg di somministrazione giornaliera) e quindi i prodotti a effetto ritardato servono solo a incrementare le vendite e a far aumentare i guadagni dei produttori.

 

La forma più economica è la polvere di ascorbato sciolta, reperibile a basso prezzo in farmacia come:

- Acido ascorbinico asproforma ³normale², aggiungibile a bevande.

- Ascorbato di sodio salato: prescrivo  ai ³dispeptici² e ai pazienti con mucose o flora intestinale lesa.

- Ascorbato di calcio amaro: lo prescrivo a chi ha un forte bisogno di calcio (osteoporosi, allergie).

LLe persone sane che si nutrono ³normalmente² non hanno bisogno di assumere la vitamina C, perché viene aggiunta in forma di acido ascorbinico a tanti alimenti ³industriali² trattandosi di un ottimo conservante innocuo e a buon mercato.

Se occorre l¹aggiunta di vitamina C per motivi che richiedono anche l¹aggiunta di calcio, la prescrivo volentieri come ascorbato di calcio, diminuendo così la dose di calcio.

8.2.7  Manganese

Il manganese, tra le altre funzioni, è coinvolto nella modulazione di neurotrasmettitori, per esempio, facilita la trasmissione di impulsi nervosi alle cellule muscolari. Visto che degli stati spastici e convulsivi accompagnano spesso le allergie cerebrali, conviene usare il manganese per alleviare questi sintomi.

 

Le dosi terapeutiche indicate sono da 2 a 50 mg, per le allergie cerebrali 20 mg. Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di 2Š5 mg contenuti in alimenti come fiocchi d¹avena, frumento integrale, leguminose, noccioline, fagioli, Š

 

8.3   Esempio di allergia cerebrale

Riporto come esempio didattico il caso di un 50-enne padre di famiglia, occupato in una piccola azienda come dipendente e  capo squadra. Accusa dei sintomi psichici come l¹iperattività, l¹umore instabile, l¹impazienza, l¹irascibilità, la confusione, le paranoie, le ansie e le idee ripetitive combinati con diversi sintomi somatici del tipo crampi e allergie. Combatte questi disturbi con scarso successo e sporadicamente usando calmanti, ansiolitici, sonniferi, ricostituenti in parte proposti dal medico di condotta ³qualche anno fa². Durante l¹anamnesi noto anche degli atteggiamenti piagnucolosi, in contrasto ad altri maniacali/megalomani.

Il coinvolgimento del ³suo medico² in questo caso era illusorio, perché si rivolge a diversi terapisti per trovare la ricetta che modifichi la sua vita quando si trova in una ³fase acuta².

8.3.1  Diagnosi

8.3.2  Comunicazione al cliente

8.3.3  Medicazione

8.3.4  Consigli dietetici

8.3.1  Diagnosi

L¹anamnesi tipo rivela un¹elevata incidenza alle allergie alimentari e un¹inclinazione all¹istadelia.

8.3.2  Comunicazione al paziente

In questo caso mi sono deciso di lavorare sui tre livelli:

- Consiglio di rivedere la sua situazione professionale-sociale con l¹aiuto di un professionista psico-sociale, perché mi sembrava di notare situazioni conflittuali, non chiare e malgestite.

- Considerando anche la dimensione metabolica, propongo la ³ricerca di alimenti per lui allergeni² tramite una dieta per esclusione che ho scrupolosamente spiegato e documentato.

- Visto che questo può durare a lungo, propongo nel frattempo la somministrazione di micronutrienti atti ad ammorbidire i suoi sintomi psichici e somatici.

Come era da aspettarsi, l¹idea della ³polverina magica² risulta convincente, mentre le altre due proposte vennero prese in considerazione più per cortesia che per convinzione e come medico ho da rispettare (anche se con tanta malavoglia)  l¹²habeas corpus² del mio cliente. Come disse mia nonna curatrice: ³Si può portare l¹asino alla fontana, ma bere deve farlo da solo.²

Mi sono poi sbagliato nel pregiudizio per i consigli dietetici e psicoterapeutici. Ha scoperto abbastanza in fretta una sua allergia ai funghi ³in ogni salsa². Con un buon amico più anziano ha poi discusso il suo comportamento e la sua situazione.

 8.3.3 Medicazione

Vista la situazione e le (non) intenzioni del mio cliente, mi sono deciso a trattare paliativamente l¹allergia e ad affrontare contemporaneamente i sintomi ³istadelici². Perché si tratta tutto sommato di una gamma di sostanze, ho preferito raggruppare quelle incisive in una ricetta e  farle preparare dal mio farmacista.

                                             mattina                sera

Rp.                                           mg                    mg

Calcio forma organica                 400                   400

Vitamina C: ascorbato di calcio   500                     

Metionina                                  500                   500

Vitamina B6                              500                     

Zinco in forma organica               15                     15

Manganese in forma organica      10                     10

* m.f. pulvis tal. dos. XXX ad chartam. S. Ingerire mattina e sera il contenuto di una             bustina indicata per ³mattina² risp. ³sera² in un po¹ di acqua tiepida.    

* Istruzione al farmacista (mescola e fai una polverina di questa dose 30 volte in bustine. Indica Š).

8.3.4  Consigli dietetici

L¹unico consiglio dietetico che ho dato in questo caso erano le indicazioni esatte per una dieta eliminatoria. Del resto, dopo un breve controllo delle abitudini nutrizionali della famiglia (cucina prevalentemente mediterranea) non ho trovato nessuna particolarità da correggere.

 

9.0   Ipoglicemia regolatoria

L¹ipoglicemia regolatoria è un¹iper-reattività di ormoni glandotropi coinvolti nel metabolismo del glucosio. Nelle forme gravi induce a dei sintomi psichici anche molto gravi, che assomigliano somaticamente all¹ipoglicemia di un diabetico che si è iniettato erroneamente una dose troppo alta di insulina. Va curata con cromo in una determinata forma organica (GTF: Glucose Tolerance Factor), sostenendo l¹assorbimento con del lievito di birra e accompagnato da zinco e manganese. Per dei casi gravi e a titolo palliativo si usano anche ³psicofarmaci ortomolecolari² come la triptofane, fenilalanina (o tirosina) e vitamina B6.

9.1   Sintomi

9.2   Terapia per l¹ipoglicemia

9.3   Esempio di ipoglicemia

 

Un esempio illustrativo per un caso è descritto all¹inizio di questo testo.

 

9.1   Sintomi

Si trovano spesso i sintomi di tendenza depressiva, attacchi di panico, ansia/nervosismo in unione con caratteristiche fisiologiche come esaurimento/debolezza, pressione e temperatura bassa. Anche dei sintomi come i seguenti:

 

20

 frequente debolezza

21

 sfinimento dopo breve sforzo

22

 facili scombussolamenti

23

 frequente mancanza di concentrazione

36

 frequente impressione di svenimento

37

 frequente nervosismo occulto o manifesto

38

 irascibilità occulta o manifesta

39

 frequente ansia e paura

40

 frequente depressione e malinconia

41

 frequente smemoratezza

80

 frequenti vertigini

81

 frequente cronico tremore

82

 palpitazione cardiaca

83

 ogni tanto impressione di ³scuro davanti gli occhi²

84

 pressione tendenzialmente bassa

85

 temperatura tendenzialmente bassa

86

attacchi di sudore (freddo).

 

9.2   Terapia per l'ipoglicemia

Centrale per la cura dell¹ipoglicemia è la somministrazione  di cromo in una specifica forma organica (GTF Glucose Tolerance Factor), sostenuta dalla somministrazione di lievito di birra per migliorare l¹assorbimento intestinale e accompagnata da zinco e manganese e una dieta che tiene in considerazione ³l¹indice di glucosio² degli alimenti, cioè la rapidità di trasformazione di carboidrati in glucosio nel tratto gastrointestinale.

- Un cauto e accurato controllo dello stato generale somatico e ³micronutrizionale² (stato minerali, vitaminico, immunitario), dato che questi clienti spesso soffrono anche di altre deficienze (che i medici clinici e i psichiatri spesso non notano o valutano come ³subclinici²).

- Visto che tanti ipoglicemici si nutrono prevalentemente di carboidrati, si prescrive spesso un preparato combinato minerale-vitaminico a basso dosaggio e preferibilmente senza rame (antagonista dello zinco). La somministrazione di un preparato di lievito fa lo stesso effetto (combinato con il GTF). Altri minerali spesso critici per gli ipoglicemici sono spesso il potassio (patate e brodo) , il magnesio e nella nostra regione il calcio. La vitamina C per finire migliora l¹assorbimento del cromo.

- Importante la stretta collaborazione con il medico e lo psichiatra curante per la coordinazione delle medicazioni cliniche con quelle complementari.

- Se necessario, prendere anche un accompagnamento psicoterapeutico professionale, in quanto i disturbi psichici non hanno solo una dimensione metabolica-ormonale-fisiologica, ma anche sociale-relazionale-emotiva che va curata con altrettanta attenzione.

 

9.2.1  Lievito di birra, GTF

9.2.2  Zinco

9.2.3  Manganese  

9.2.4  Magnesio (ev. calcio)

9.2.5  Vitamina C

9.2.6  Complesso vitamina B

9.2.7  Potassio

9.2.8  Triptofane per l¹insonnia

9.2.9  Fenilalanina contro le depressioni/il panico

9.2.10            Consigli dietetici

9.2.1  Cromo, lievito di birra, GTF per l¹ipoglicemia

Cromo in forma GTF (Glucose Tolerance Factor) ha una funzione centrale nel metabolismo dei carboidrati-glucosio. Non si conosce ancora esattamente il meccanismo, ma pare che catalizzi la reazione tra l¹insulina e il suo specifico ricettore cellulare. Questo spiegherebbe anche perché serve in egual misura sia per l¹ipoglicemia che per i diabetici.

Il fabbisogno statistico di persone sane è di 50Š200 mcg (microgrammi: 1¹000mcg = 1 mg), contenuto in alimenti come le carne di maiale, i cereali integrali, la melassa nera, il lievito di birra e il pollo.

A coloro che soffrono di ipoglicemia si prescrivono 300Š700 mcg di GTF più 6 g di lievito di birra (saccharomyces cervisiae) al giorno.

Il lievito di birra contiene, oltre al GTF, anche tanti altri minerali e le vitamine del complesso B in dosi rilevanti. Con un prodotto controllato (p.es. BURGERSTEIN ³Primärhefe²), del quale si conosce la composizione esatta si può risparmiare il prodotto multiminerale-vitamine.

La vitamina C sostiene l¹assorbimento del cromo e viene normalmente aggiunta per questo motivo.

9.2.2  Zinco

Lo zinco è coinvolto in dozzine di funzioni metaboliche in tutto l¹organismo. Nel contesto ha delle funzioni nel metabolismo dell¹insulina.

 

Le dosi terapeutiche indicate sono dai 20 ai 100 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 12Š15 mg al dì contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, Š

Per gli ipoglicemici prescrivo una dose di 30 mg al giorno.

9.2.3  Manganese 

Il manganese, tra le altre funzioni, nel contesto è coinvolto nel metabolismo del glucosio e anche nella modulazione di neurotrasmettitori: per esempio facilita la trasmissione di impulsi nervosi alle cellule muscolari. Visto che stati spastici e convulsivi accompagnano spesso l¹ipoglicemia, conviene usare il manganese per alleviare questi sintomi.

Le dosi terapeutiche indicate sono da 2 a 50 mg: per l¹ipoglicemia di 20 mg.

Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di 2Š5 mg, contenuti in alimenti come i fiocchi d¹avena, il frumento integrale, le leguminose, le noccioline, i fagioli, Š

9.2.4  Magnesio (ev. calcio)

Il magnesio, tra le tante funzioni, è coinvolto nella glicolisi (ritrasformazione di glicogene in glucosio) e nell¹ordinario funzionamento del sistema nervoso e muscolare. Conviene quindi controllare e compensare eventuali deficienze. Vista anche la frequente deficienza di calcio nella nostra regione e il fatto che quest¹ultimo è coinvolto anche nella trasmissione di stimoli nervosi, normalmente prescrivo un preparato combinato Ca/Mg come BURGERSTEIN ³Dolomit².

Il fabbisogno statistico di magnesio nelle persone sane è di 280Š350 mg per dì, contenuto in alimentari come la soia e altre leguminose, cereali integrali, cioccolato, noci e acque minerali ricche di magnesio.

Agli ipoglicemici che abitano in Ticino (a causa della mancanza di calcio nel suolo) prescrivo spesso 6 compresse di ³Dolomit² per dì corrispondenti a 720 mg di calcio e 360 mg di magnesio al giorno.

9.2.5  Vitamina C

Nel contesto, la vitamina C è coinvolta nella produzione di due neurotrasmettitori: norepinefrina (noradrenalina) e serotonina e facilita l¹assorbimento di cromo nel tratto gastrointestinale.

Le dosi terapeutiche indicate sono tra 50 e 10¹000 mg, per l¹ipoglicemia da 1¹000Š2¹000 mg (1Š2 grammi), normalmente come acido ascorbinico. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 60Š75 mg al dì contenuti in alimenti come la frutta, la verdura e i legumi.

9.2.6  Complesso vitamina B

Autori come BURGERSTEIN, ZIMMERMANN, SCHURGAST propongono per l¹ipoglicemia almeno 50 mg di vitamina B1, B3 e B6, probabilmente come palliativo per diversi dei rispettivi sintomi. Personalmente preferisco insistere sulla somministrazione del lievito di birra, che contiene (e a buon mercato) in 6 grammi non solo un approvvigionamento base di vitamine del complesso B, ma anche diversi minerali e aminoacidi. Poi preferisco, secondo il caso e la dieta, ³correggere il tiro² individualmente, se necessario.

 

9.2.7  Potassio per l¹ipoglicemia

Tra le tante funzioni del potassio la sua funzione è rivolta alla trasformazione di glicogene in glucosio.

Le dosi minimali per un adulto sano sono stimate a ca. 2 g al dì, la media statistica assunta con gli alimenti  è di 2Š3 g, le dosi di prevenzione cardiovascolare da 4 a 5 g. Alimenti ricchi di potassio sono le leguminose, le banane, le patate, il pesce, la carne.

La somministrazione di un eccesso di potassio può creare sintomi come aritmie cardiache, debolezza, stanchezza, nausea e diminuzione della pressione. Personalmente lo prescrivo molto raramente e solo dopo aver visto dei valori di laboratorio; parecchio inferiori ai 100mmol/RBC. Questo dato è un indicatore affidabile di mancanza di potassio nei tessuti, la quale ha ben altre conseguenze di quelle che può avere l¹ipoglicemia.

9.2.8  Triptofane per l¹insonnia ipoglicemica

Il triptofane è un aminoacido essenziale coinvolto, fra l¹altro, nella sintesi di serotonina (neurotrasmettitore cerebrale). È interessante come l¹organismo riesca a trasformare il triptofane in niacina (vitamina B3). Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di ca. 3.5 mg per kg di peso corporeo (ca. 250 mg per un adulto di 70 kg), contenuto in alimenti come la carne di vitello, i semi e olio di girasole, il tonno, il pollo, il manzo, l¹avena, le uova, i formaggi Š

 

Se il sonno è impedito, in caso di ipoglicemia si usa l¹ L-triptofane (500...1000 mg prima di andare a dormire) invece dei soliti sonniferi o calmanti. L¹unica controindicazione è la somministrazione di certi psicofarmaci (come benzoediazepami, inibitori di riciclaggio di serotonina e altri) che non sono compatibili tra di loro.

9.2.9  Fenilalanina o tirosina contro le depressioni e il panico

È un aminoacido essenziale coinvolto nella sintesi di molteplici neurotrasmettitori (tiramina, dopamina, norepinefrina, epinefrina) e ormoni (tiroidali) e ha effetti antidolorifici perché inibisce la decomposizione di encefaline.

È un concorrente metabolico del triptofane e ha l¹effetto contrario. In forme gravi di ipoglicemia viene usato contro gli stati depressivi e di panico alla mattina perché aumenta notevolmente la resistenza contro lo stress e migliora l¹umore. Per i suoi meccanismi metabolici, non è compatibile con diversi psicofarmaci.

Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di ca. 14 mg per kg di peso corporeo (ca. 1 grammo per un adulto di 70 kg), contenuto in alimenti come soia, mandorle, pesce, manzo, prodotti lattici, uova.

Per le depressioni e il panico ipoglicemico servono solo le forme di L-fenilalanina o di tirosina in dosi da 200 a 8¹000 mg alla mattina a stomaco vuoto. Superfluo dire che vanno prescritti da un professionista addetto.

9.2.10            Consigli dietetici

Alimentazione piuttosto scarsa di carboidrati con un indice di glucosio alto, nonché l¹alcool e il caffè.

9.2.10.1Indice glucosio per alimenti scelti

9.2.10.1  Indice del glucosio per gli alimenti scelti

La seguente tabella mostra ³l¹indice glucosio² per i diversi alimenti. Un indice alto significa che i carboidrati contenuti nell¹alimento si trasferiscono molto rapidamente nel sangue (ordine di grandezza decine di minuti, in forma di glucosio) mentre un indice basso significa che ciò avviene lentamente (ordine di grandezza ore). Per un ipoglicemico significa che la somministrazione di alimenti con un indice di glucosio basso garantisce un rifornimento lento e costante di glucosio nel sangue ed evita di chiamare una regolazione insulinica smisurata. Si può imparare tanto dai diabetici in merito perché si servono del medesimo meccanismo, gestendo il disturbo contrario.

altissimo       alto            moderato    basso       bassissimo

miele              pane int.     saraceno      pasta        noci

patate            riso nat.      avena           fagioli        soia

carote            uvette         granoturco    arance       lenticchie

pane bianco    banane       piselli           fruttosio    

cornflakes                                           mele        

riso normale                                        lattici        

birra, vino                                            pomodoro 

zucchero

 

Sembrano curiosi due fatti:

- La pasta ha un indice basso, mentre il pane (fatto dello stesso frumento) ne ha uno altissimo: la pasta è fatta di ³semolino² che nel tratto gastrointestinale si decompone molto più lentamente della finissima farina del pane. L¹ipoglicemico informato preferisce quindi la pasta al pane.

- Il saccarosio dello zucchero di rape o di canna, così come del miele hanno un indice altissimo, mentre il fruttosio (apparentemente uguale salvo il prezzo) ne ha uno basso: la trasformazione di fruttosio in glucosio impegna parecchio di più gli enzimi carboidrolitici del tratto gastrointestinale che il saccarosio.

  Per l¹ipoglicemico conviene quindi la sostituzione.

 

9.3   Esempio di ipoglicemia

Si tratta di una signora di ca. 35 anni, di costituzione gracile. Nei periodi in cui non necessita di un soggiorno in una clinica psichiatrica o dai familiari disposti a ospitarla nelle fasi acute dei suoi disagi di ansia, paura e panico che iniziarono durante i suoi studi, essa vive da sola con una rendita di invalidità. Nelle fasi non cliniche è soprattutto curata con rilevanti dosi di benzodiazepine (amplificano gli effetti inibitori dell¹acido gamma-butirico GABA nel sistema nervoso centrale). È seguita regolarmente da un medico e da una psichiatra.

 

Viene da me in fase di forte ansia, su consiglio dei familiari, durante le vacanze della sua psichiatra (che è irreperibile). Valutando la situazione come critica, dopo un colloquio, suggerisco l¹intervento delle istituzioni psicosociali perché non mi sento all¹altezza di soccorrerla. Dopo un periodo di ospedalizzazione e durante un soggiorno dai familiari, essa si dichiara disposta a provare la seguente procedura di terapia ortomolecolare con il consenso e dopo valutazione delle mie proposte da parte del suo medico. La presa di posizione della sua psichiatra non mi è stata molto chiara; pareva una specie di ³nulla osta².

Che esito terapeutico ci si può aspettare da una situazione simile?

- In base alla valutazione, sono convinto della presenza di un rilevante disturbo metabolico che con un po¹ di pazienza, riflessione, tentativi, impegno e con degli strumenti abbastanza banali, sarebbero anche rimediabile.

- Mi interrogo anche sul ruolo che può avere ³un¹emarginata sociale², finora condizionata a ³povera vittima², alla quale non è mai stata data la possibilità di autogestirsi e che quindi viene gestita dalle istituzioni e dalla famiglia, se si trovasse ³guarita² dai suoi problemi e immersa nella competizione sociale, oppressa da responsabilità che mai aveva avuto e priva delle competenze necessarie per adempierle.

- Non le fa forse  più paura l¹ignoto che l¹aspetta, piuttosto che le ansie che oramai conosce?

- Che motivazione potrebbe avere per affrontare un compito talmente mostruoso con la sua esperienza personale di impotenza e di fallimenti?

 

Non riesco a immaginarmelo e mi resta il dubbio che sarebbe stato meglio non aver accettato la richiesta, creando forse la base per un¹ulteriore delusione. Mi sono deciso però così, pensando a una frase di Marcuse: ³Š la speranza ci è data a favore dei disperati.²

 

9.3.1  Diagnosi

Oltre alla solita visita e anamnesi, ho sottoposto alla cliente le domande del modulo allegato con i seguenti risultati:

 

 

9.3.3  Medicazione per l¹ipoglicemia

Micronutrienti consigliati:                                              mg     mg

grassetto: indispensabile; resto secondo abitudini alimentari  mattina         sera

BIOFRID (D-27316 Hoya): Organic cromium GTF 330 mcgr caps.         1          1

BURGERSTEIN: Primärhefe 1 gr compresse               4        4

BURGERSTEIN: Zinkvital 15 mg compresse                1        1

BURGERSTEIN: Mangan 15 mg compresse               0.5     0.5

BURGERSTEIN: Betacarotene 6 mg compresse              1        

BURGERSTEIN: Vit. E 400 mg capsule                          1

VIT. C effervescente 1 gr compresse                               1        

ev. BURGERSTEIN Dolomit (Ca/Mg) 200 mg compresse) 3        3

 

Suggerimenti per la somministrazione di micronutrienti dopo una verifica:

  • L-Triptofane (500 mg) contro l¹ansia, non è compatibile con la medicazione attuale.

  • Fenilalanina o tirsina (500Š1000 mg) contro la depressione, da controllare dopo una fase iniziale.

  • Vit. B6 (50Š500 mg) per il tasso di serotonina, da controllare dopo una fase iniziale.

  • Vit. B3 (Nicotinamido & Acido nicotinico 500Š1000 mg) distensivo, da controllare dopo una fase iniziale.

  • Vit. B12 (200 mcg), da controllare dopo una fase iniziale.  

9.3.4  Suggerimenti dietetici per l¹ipoglicemia

Suggerimenti dietetici:

  • Alimentazione piuttosto scarsa di saccarosio (indice glucosio basso*), alcool, caffè.

  • 1 uovo al giorno, se possibile crudo.

  • 1 cucchiaio da tè di olio di cardo o girasole al giorno.

 

Proposta per il muesli mattutino: 

- Fiocchi d¹avena 1 manciata

- 1 cucchiaio da tè di olio di girasole

- 1 cucchiaio da tè di lecitina

- 1 Yoghurt drink

- ev. 1 uovo crudo

- ev. frutta grattugiata a piacere e/o succo di frutta

- ev. fruttosio (zucchero di frutta) a piacere.

 

10.0 Strumenti di lavoro

            Come strumento di lavoro principale si usa il modulo di Anamnesi analitica: Tavola anamnestica

Download "Anamnesi frequenti disturbi psichici"    .pdf

 

 

 

 

 Terapia del dolore: ozono valido alleato?

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COS'E' L'OZONO

E' un gas; è composto da molecole di ossigeno che vengono "elettrificate" attraverso il passaggio in apposite apparecchiature medicali. Da tre molecole di ossigeno se ne formano due di ozono e mentre l'ossigeno ha la formula chimica O2, l'ozono ha la formula chimica O3. Per questa ragione è una molecola molto instabile e la sua efficacia terapeutica dev'essere garantita da un'immediata inoculazione rispetto al prelievo dall'apparecchiatura. L'ozono ha un odore caratteristico, a differenza dell'ossigeno che non ne ha alcuno; ed è, rispetto a quest'ultimo, irritante e dannoso per le vie respiratorie e gli occhi. Per questo motivo si deve porre attenzione a non disperderne nell'ambiente, anche se ciò è molto improbabile; infatti, nel caso si prelevi con siringa dall'apparecchio, l'erogazione avviene solo premendo questa sull'apposito valvolino a tenuta. Una fuoriuscita accidentale può accadere se non si fa attenzione alla pressione di erogazione, trattenendo lo stantuffo della siringa, che potrebbe altrimenti essere spinto verso l'alto ed espellere il gas nell'aria circostante. Per quanto concerne l'erogazione di ozono su lesioni ulcerose cutanee attraverso sacchetti a tenuta, la dispersione è evitata dall'azionare appositi sistemi di aspirazione dell'ozono nello stesso apparecchio che lo eroga, prima di rimuovere il sacchetto. La CEE ha stabilito che la concentrazione "tossica" di ozono nell'ambiente è di 0,3 milligrammi per metro cubo. La percezione olfattiva dell'ozono avviene a concentrazioni di molto inferiori a questa (0,02 mg/m3) e perfino una perdita accidentale di piccole quantità di gas è del tutto innocua e non deve assolutamente allarmare.
L'ozono, così come l'ossigeno, viene rapidamente diffuso nel sangue, che ne è avido, ed assorbito; e proprio per questo motivo, è impossibile il verificarsi di embolie.


LE LEGGENDE METROPOLITANE

L'assurda possibilità di embolie
A tale proposito occorre sfatare alcune leggende metropolitane, che una cronaca cialtrona e disinformata ha talora diffuso circa "embolie" verificatesi in seguito a terapia con ozono, senza poi rettificare l'informazione o dare la parola ad ozonoterapeuti o a rappresentanti delle relative società scientifiche. In un caso di cronaca di qualche anno fa ad esempio, dopo aver diffuso questa notizia panica, nessuno dei giornalisti ha spiegato che la miscela di ossigeno-ozono era preparata da uno studio medico compiacente, a distanza dal centro che l'utilizzava a fini estetici ed oltretutto attraverso estetiste (non medici); l'estetista andava dal medico e prelevava l'ossigeno-ozono, per poi portare la siringa verso il suo centro ed iniettarla nelle cosce cellulitiche delle clienti; di ossigeno e ozono non c'era rimasto nulla ed al loro posto c'era ARIA. L'ossigeno e l'ozono non possono dare embolie neppure se iniettati in via arteriosa; l'aria invece si. Per questo motivo occorre entrare nell'ottica che il trattamento della pannicolopatia adiposa (impropriamente definita cellulite) sia con tecniche non invasive (diete, massaggi, elettrostimolazione, laser, ultrasuoni, magnetoterapia ecc), che mini-invasive o invasive (compresa mesoterapia e liposuzione) non può che essere di pertinenza medica. Perfino i semplici massaggi possono essere assolutamente controindicati per certi pazienti e quindi pericolosi. Le estetiste si limitino quindi alla pulizia del viso, alla depilazione, alla cura delle unghie e lascino ai medici anche l'utilizzo di apparecchiature medicali. In caso contrario oltre a rischiare di danneggiare seriamente i loro clienti, possono incorrere in denunce per esercizio abusivo della professione medica.

 

La capacità ossidante ed irritante dell'ozono

Per quanto concerne gli effetti irritativi dell'ozono sulle vie respiratorie e gli occhi, abbiamo già detto che la dispersione accidentale, se si dispone di apparecchiature a norma e si agisce con perizia è praticamente impossibile. Per quanto concerne i presunti effetti tossici dell'ozono qualora iniettato e la produzione di radicali liberi, occorre dire che le dosi e le concentrazioni terapeutiche non hanno alcun effetto tossico. In ogni caso, l'organismo è perfettamente in grado di neutralizzare anche una certa quantità di radicali che dovessero formarsi, possedendo i sistemi biologici adatti.
Di radicali liberi se ne formano continuamente nel nostro organismo e non certo per colpa dell'ozono terapia. La formazione di perossidi attiva comunque i sistemi difensivi cellulari ed entro certi limiti questa capacità dell'ozono è sfruttata a livello terapeutico per l'attivazione della fagocitosi e conseguente attività antibatterica ed antivirale (studi del Prof.Bocci et All.).

 

La disidratazione dei dischi intervertebrali

Il disco intervertebrale invecchia naturalmente e si disidrata; l'ozono non ha l'effetto della discolisi con chimo papaina e no disidrata il disco. Questo forse sarebbe ipotizzabile con la tecnica intradiscale ma è improbabile perché, iniettato nel disco, l'ozono essendo un gas diffonde subito nelle zone adiacenti. Va detto inoltre che questa tecnica è stata quasi totalmente abbandonata a favore di quella nella zona paravertebrale e paravertebrale profonda lamino-foraminale.

 

Il semplice effetto antidolorifico, antiinfiammatorio

L'ozono agisce sulla causa del dolore e dell'infiammazione e non per via diretta. Vengono strumentalmente indicati questi effetti, dagli scettici e disinformati, per giustificare il miglioramento della sintomatologia. Se l'ozono avesse solo effetti sintomatici palliativi, i sintomi dovrebbero ripresentarsi all'interruzione della terapia; i successi (che superano ampiamente il 90% dei casi trattati di patologie discali erniarie) e le rarissime recidive confermano l'efficacia terapeutica e non semplicemente sintomatica del trattamento.

 

L'intervento chirurgico per ernia discale è innocuo e privo di rischi

Anche questa è l'ennesima leggenda da sfatare. L'intervento chirurgico, per quanto sia bravo l'operatore, presenta i rischi generali dell'anestesia e delle trombosi post-operatorie, nonché i rischi locali legati sia all'azione traumatica sulle strutture vascolo nervose, sia sulla stabilità della colonna, sia per i fenomeni cicatriziali che possono andare a comprimere definitivamente il nervo, anche dopo un anno o più dall'intervento. In caso di intervento di microdiscectomia, i dischi superiore ed inferiore al livello operato vengono sottoposti a carico anomalo e si deteriorano, la colonna si inclina dal lato in cui manca il disco e la scoliosi conseguente causa artrosi, restringimento del canale ed ulteriore dolore che quindi diventa cronico. Possono formarsi anche beccucci artrosici (osteofiti) che causano lombalgie refrattarie a qualunque terapia. In conseguenza di ciò vengono riproposti altri interventi e così si instaura un circolo vizioso con grande sofferenza dei pazienti. Il trattamento con ossigeno ozono (in una bassissima percentuale di casi può essere inefficace ma) NON E' MAI DANNOSO. Per questo motivo, quando è praticabile (e lo è nella stragrande maggioranza dei casi…), è una validissima alternativa all'intervento chirurgico; non è cruento, non è pericoloso, non ha postumi, può essere ripetuto senza problemi e rischi, è ambulatoriale e a paziente sveglio.


COME AGISCE L'OZONO
Occorre onestamente riconoscere che i meccanismi d'azione non sono ancora perfettamente conosciuti. Sono stati fatti studi in vitro e si sono riconosciute all'ozono proprietà che il semplice ossigeno non possiede. Un'azione studiata è la capacità di indurre la produzione di citochine a livello del sangue (e quindi si presume anche a livello tissutale) agendo sulla regolazione del sistema immunitario. L'ozono agisce sulla ripolarizzazione delle membrane cellulari, fluidifica il sangue agendo sulla deformabilità dei globuli rossi e favorendo quindi la perfusione a livello della piccola circolazione con aumento dell'ossigenazione dei tessuti e stimolo alla neoformazione di piccoli vasi. Altri meccanismi di azione sono stati ipotizzati sulla scorta delle risultanze cliniche dei trattamenti e, nel trattamento delle patologie discali, anche dai confronti di periodiche immagini TC. In molti casi si è dimostrata la diminuzione o la scomparsa dei vacuoli gassosi degenerativi all'interno del disco facendo supporre un'azione riparatrice sul tessuto connettivale.


APPLICAZIONI DELL'OSSIGENO-OZONO TERAPIA
La metodica è utilizzata da oltre un ventennio e si è diffusa tra le varie nazioni; ultimamente sta superando anche le diffidenze iniziali, se non proprio ostilità franca, dei neurochirurghi per quanto concerne i conflitti disco-radicolari/ernie discali. Molti di questi infatti l'utilizzano con successo in alternativa all'intervento chirurgico per le ernie discali, quando queste non siano calcifiche (l'ozono non potrebbe penetrare per svolgere la sua azione) o iperalgiche (molto dolorose e refrattarie ad ogni trattamento). L'ossigeno-ozono viene utilizzato oltre che per il trattamento di svariate patologie dell'apparato osteo-articolare, anche nei disturbi circolatori, in molti problemi neurologici, oculari, epatici, gastroenterici, genito-urinari, dermatologici, metabolici, immunitari. Parzialmente sconsigliato solo negli ipertiroidismi e nelle patologie della coaugulazione (da valutare da caso a caso) non ha praticamente controindicazioni né effetti collaterali né può causare allergie. Nei diabetici abbassa la glicemia e occorre tenerlo presente, anche se ai dosaggi comunemente usati a livello ambulatoriale non ci sono effetti ipoglicemici degni di nota o pericolosi.

 

COME SI APPLICA
Ci sono varie metodiche a seconda delle patologie da trattare. Oltre a quella già citata per le patologie discali, si possono fare infiltrazioni peri ed intra-articolari, intramuscolari, intradermiche, rettali, vaginali anche con acqua ozonizzata (sempre da apparecchiature apposite); in sacchetto per le patologie ulcerose cutanee degli arti inferiori. Infine si utilizzano metodiche più invasive come la piccola e la grande autoemoterapia, mediante un prelievo di piccole o più grandi quantità di sangue venoso dello stesso paziente, che viene ozonizzato e reinfuso. Quest'ultima metodica, essendo equiparabile alle terapie trasfusionali ematiche, è soggetta alle relative raccomandazioni e prescrizioni di legge.

 

INCONVENIENTI
Per quanto concerne le ernie discali l'infiltrazione è un po’ dolorosa perché il gas va ad esercitare una pressione su una zona già sofferente e compressa, ma il dolore è limitato alla diffusione della miscela e dura pochissimo. La persistenza di dolore dopo la puntura dipende dalla contrattura dei muscoli e non dall'ozono. Quindi maggiore è la fiducia nell'operatore, la collaborazione e il rilassamento nel momento in cui si fa, minore e di minore durata sarà il dolore; che comunque resta molto soggettivo e dipendente dal paziente, dalla sua sensibilità, reattività ed anche esasperazione per le sofferenze patite prima di arrivare a questa terapia. La spiegazione particolareggiata, la risposta ai quesiti del paziente, il chiarimento di dubbi e paure, la pazienza e la dolcezza dell'operatore diminuiscono molto il disagio e agiscono positivamente sulla sopportazione temporanea del dolore. Anche l'infiltrazione intra- peri-articolare è un po’ dolorosa ma il disagio dura poco e gli effetti a breve distanza sul paziente, lo predisporranno meglio alle applicazioni successive.
Per le infiltrazioni intradermiche potrebbero verificarsi piccoli stravasi di sangue che, come i comunissimi "lividi", vengono del tutto riassorbiti dopo qualche giorno e non necessitano di ulteriori terapie. Le terapie infusionali devono essere necessariamente affiancate da un anestesista ed applicate in ambito ospedaliero. Quelle ambulatoriali semplici non destano alcuna preoccupazione. Qualche raro paziente può essere particolarmente pauroso o avere una reattività vagale spiccata e svenire alla sola vista dell'ago o alla sua introduzione. Nessuna paura. Ogni medico è preparato a quest'evenienza e la sa trattare senza problemi. Se il paziente ha già avuto qualche precedente in tal senso, deve però informarne il medico che potrà meglio prepararsi ad ogni evenienza. Un blando ansiolitico in gocce, un colloquio sereno, ed anche una mascherina di ossigeno può contrastare bene il fenomeno.

 

TEMPI DI TERAPIA
I tempi variano a seconda delle patologie da trattare e in relazione alla risposta dei pazienti, che è molto variabile da caso a caso. Per ogni patologia il medico spiegherà la metodica e indicherà orientativamente i tempi di terapia. Per il trattamento delle ernie discali, gli effetti (prima sul dolore e poi sulla funzione) cominciano a manifestarsi, nella maggior parte dei casi, dalla sesta-settima seduta in poi fino alla decima-dodicesima. Un minor numero di casi possono richiedere oltre venti sedute (nel qual caso s'interrompe per un mese aspettando un effetto tardivo; oppure si riprende il trattamento fino alla guarigione). Un numero ancora inferiore reagisce positivamente e con effetti ai limiti del "miracoloso" già dalla prima-seconda seduta.

 

RACCOMANDAZIONI
I problemi di malocclusione e di postura possono inficiare ogni terapia sulla colonna vertebrale. Vanno quindi attentamente valutate tutte le situazioni che richiederebbero, per la risoluzione della sintomatologia dolorosa, altri trattamenti di tipo diverso e mirato.
Prima di intervenire sia con l'ozono che con altre terapie (anche chirurgiche) sulla sindrome del Tunnel carpale, occorre escludere problemi alla colonna cervicale e problemi vascolari associati. Un attento esame neurologico potrà indicare un esame elettromiografico, che non dev'essere trascurato.
Infine, ma non in ultimo, tenere presente che se una regione vertebrale è particolarmente dolorosa, ci sono altre condizioni generali, comprese quelle neoplastiche, su cui indagare.

 

LA PROPAGANDA MEDIATICA
Per tanto tempo si è taciuto colpevolmente sull'ossigeno-ozono terapia, se non addirittura criminalizzandola. Vi erano forse interessi economici e di campanile dietro queste scelte e nessuna possibilità di replica, contraddittorio e confronto veniva offerta a chi praticava la tecnica o alle società scientifiche che la studiavano e la conoscevano. Ultimamente le cose sono cambiate: interventi mini-invasivi per l'ernia discale vengono ultimamente illustrati in tv, e si comincia timidamente a parlare di ossigeno-ozono terapia in via intra-discale. Tecnica ormai desueta, quella intradiscale..ma meglio parlarne che tacere del tutto sulle alternative concrete all'intervento chirurgico classico; la tecnica intradiscale (mini-invasiva ma sempre invasiva..) è quasi del tutto abbandonata a favore della tecnica paravertebrale profonda lamino-foraminale. Per quanto riguarda la tecnica mini-invasiva di cui si è parlato recentemente in tv essa consiste nella selezione del punto di patologia mediante TC, e dopo anestesia sottocutanea locale, a paziente sveglio, nell'andare nel disco con un sistema a vite infinita (di Archimede), dopo aver inserito una cannula-guida fino al punto individuato; la vite tritura ed aspira fino a 2 cc di materiale discale; fatta quest'estrazione si inietta l'ozono. Chi ha illustrato la tecnica ha parlato di "disidratazione e mummificazione" del disco ma ciò non corrisponde al vero e quindi l'informazione mediatica non è corretta. Le statistiche parlano del 62% di successi immediati sulla funzione e l'80% dopo qualche settimana. Si è detto anche che il dolore ha tendenza alla recidiva indipendentemente da qualunque tecnica usata. Ciò è vero per tecniche che comunque vanno a stimolare la formazione di una cicatrice e che non sono risolutive o per pazienti che avendo problemi lavorativi e/o di postura, non riescono a mantenere il risultato, o per chi, avendo un'artrosi associata, risente dei cambiamenti climatici, degli sforzi fisici. La tecnica paravertebrale profonda lamino-foraminale è invece assolutamente NON INVASIVA, può essere applicata in ambulatorio, senza guida radiologica e senza anestesia, ed ha il 98% di successi sulla funzione, sul dolore e sulle recidive per quanto concerne un follow up a 5 anni, fermi restando i criteri per mantenere il risultato (evitando le situazioni di stress sulla colonna, trattando le posture sbagliate, agendo sull'attività lavorativa) perché la terapia non è un vaccino e l'ernia può ripresentarsi e in altri punti. Aspettiamo che qualcuno si decida ad interpellare le società scientifiche di ossigeno-ozono terapia.

 

PROSPETTIVE FUTURE
Il CNR ha presentato un progetto, che consiste nella messa a punto di un disco "artificiale" fatto di biopolimeri e di cellule staminali che può essere iniettato nel disco malato e rigenerarlo. Il progetto è in fase di sperimentazione ma promette bene.

 

 

 

 Sindrome del Piriforme

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Il muscolo piriforme è un muscolo piuttosto sottile, inizialmente è appiattito e poi si trasforma in un ventre dalla forma rotondeggiante. È costituito da tre fasci che originano dal secondo e terzo forame sacrale. È posizionato sia all'interno che all'esterno della pelvi (regione anatomica costituita dalle ossa delle anche, dal sacro e dal coccige). La parte intrapelvica è posizionata contro la parete laterale e ha di fronte il plesso sacrale, i vasi ipogastrici e il retto; la parte extrapelvica decorre fra il margine inferiore del piccolo gluteo posizionato superiormente e i muscoli gemelli e il muscolo otturatore interno che sono invece posizionati inferiormente. Le arterie glutee e il nervo ischiatico possono passare al di sopra o al di sotto del muscolo.

 


Ha funzione extrarotatoria (ruota in fuori la coscia) con lieve componente di abduzione e di estensione. In fase di appoggio, il piriforme stabilizza il femore e ne impedisce la rotazione all'interno. Può essere soggetto a fenomeni ipertrofici e di irrigidimento, fenomeni che possono scatenare la cosiddetta sindrome del muscolo piriforme (o, più comunemente, sindrome del piriforme).


Patologia

La sindrome del muscolo piriforme è una patologia che provoca un dolore di tipo sciatalgico (alcuni autori la definiscono anche "falsa sciatalgia"). Se fra le cause di tale dolore si possono escludere patologie quali un'ernia del disco, una stenosi lombare, una massa neoplastica o un ematoma a livello dei muscoli ischio-crurali è opportuno effettuare indagini a livello del muscolo piriforme; è possibile infatti che una sofferenza del piriforme (che può essere dovuta ai motivi più svariati) sia il responsabile della dolorabilità sciatalgica. Il primo autore a ipotizzare il ruolo del muscolo piriforme quale causa di dolore di tipo sciatalgico fu W. Yoeman, nel 1928 (The relationship of arthritis of the sacro-iliac joint to sciatica), ma non fu lui, contrariamente a quanto viene riportato in più fonti, a parlare di "sindrome del piriforme" bensì D. Robinson, nel 1947 (Piriformis muscle in relation to sciatic pain. Am J Surg 1947;73;355-8). La sintomatologia causata da questa condizione può derivare dalla compressione del nervo sciatico contro l'arcata ossea del grande forame ischiatico o dalla strozzatura dello stesso nervo nel ventre del muscolo.


Cause

L'eziologia della sindrome del muscolo piriforme è multifattoriale; dai dati presenti in letteratura sembra che la causa più frequente sia di tipo traumatico; altre cause sono le dismetrie degli arti inferiori, le miositi del piriforme, gli interventi chirurgici per l'anca.
 

Sintomi

La sintomatologia della sindrome del piriforme è alquanto variegata. Spesso si avverte dolore, talvolta accompagnato da parestesie, al tratto lombare, alla regione dei glutei, nelle zone posteriori della gamba e della coscia e anche alla pianta del piede; altri sintomi che possono comparire sono deficit di tipo motorio, riduzioni della sensibilità in alcune zone degli arti inferiori e gonfiore esteso nella zona che va dal sacro al gran trocantere. La sintomatologia è spesso acutizzata se il soggetto è rimasto a lungo seduto (in particolar modo con il femore intraruotato) oppure se si sono svolte attività sportive o lavorative caratterizzate da notevole intensità (corsa, danza ecc.).


Diagnosi

La diagnosi della sindrome del muscolo piriforme viene effettuata, di norma, attraverso un esame di tipo clinico; talvolta può essere necessario ricorrere a indagini supplementari (elettromiografia per valutare la conducibilità nervosa del nervo sciatico, TAC e risonanza magnetica). Fra i test clinici maggiormente usati per la diagnosi della patologia in questione ricordiamo il test di Freiberg e il test di Pace e Nagle.
Nel test di Freiberg, il paziente è in posizione prona, flette in modo passivo il ginocchio a 90° e porta la gamba all'esterno allo scopo di imprimere una rotazione interna al femore; il test viene ritenuto positivo nel caso lo stiramento del muscolo provochi dolore e un sintomo da compressione del nervo sciatico.
Nel test di Pace e Nagle il paziente, in posizione seduta, compie un'abduzione-extrarotazione isometrica delle anche contro le mani del medico. L'aumento del diametro del muscolo unito alla tensione causata dalla contrazione scatena, in caso di positività, dolori miofasciali e compressivi. Altri tipi di test usati per la diagnosi sono la palpazione della natica, il test di Saudek e il test di Mirkin.
 

Terapia

Esistono diverse modalità di trattamento di questa patologia sia di tipo farmacologico sia di tipo fisico. I trattamenti di tipo farmacologico comprendono l'assunzione orale di farmaci antinfiammatori non steroidei e di farmaci miorilassanti, inoculazione diretta di tossina botulinica di tipo A e iniezioni locali di farmaci anestetici e di corticosteroidi. Le terapie fisiche consigliate sono gli ultrasuoni, i massaggi trasversali profondi e lo stretching, sono inoltre stati effettuati alcuni studi per valutare l'efficacia della tecarterapia nel trattamento della sindrome del piriforme. La ripresa dell'attività sportiva (o lavorativa) deve avvenire in modo graduale. Durante il periodo di trattamento può essere utile, nelle ore di sonno, posizionare un cuscino tra le ginocchia allo scopo di favorire il rilassamento del muscolo.

 

 

 

 

 IDROCOLON Terapia

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Un colon pulito è un segreto per sentirsi meglio e per vivere più a lungo?
Sicuramente un igiene intestinale costante ed accurata può fare una grande differenza sulla bilancia del benessere.
Sconfiggere la stipsi, la sindrome da colon irritabile, il gonfiore addominale, il meorismo, il mal di stomaco, i problemi dermatologici e finalmente avere più energa ed avere un ventre piatto?


E' possibile! Basta volersi più bene e regalarsi una buona Idrocolonterapia ogni tanto! Oggi si dispone di sistami avanzati di lavaggio intestinale (prenota un'idrocolonterapia) capaci nella stessa seduta di dispensare Cromoterapia (terpia dei colori) Ossigeno/Ozono ed eseguire lavaggi con la vitamina c . Questa procedura consente di riossigenarei tessuti conferendogli nuove ed effervescenti energie, per decontaminare le pareti intestinali e migliorarne l'irrorazione sanguigna.


Questo tipo di approccio preventivo consente anche di prevenire le classiche melonosi del colon conseguenti all'abuso di lassativi La melanosis coli è una colorazione brunastra a macchia di leopardo della mucosa del colon dovuto all'accumulo di lassativi antrachinonici. Dovrebbe essere reversibile, cioè sparire con la sospensione dei lassativi.Dopo la sospensione sono necessari circa 9-12 mesi perchè scompaia. Questo tempo può essere accorciato sensibilmente con una serie di Idrocolonterpaia con 03 e Vitamina C
 

Nei salotti chic, sotto l'ombrellone dal parrucchiere nella lista degli argomenti di conversazione formale lo stato del nostro intestino è probabilmente all'ultimo posto. Guardiamo in faccia le cose: la sindrome da intestino irritabile, la stitpsi, i gas e il cancro al colon non sono argomenti dei quali parleremmo volentieri eppure, come recita l'antico aforisma : la morte comincia nel colon. Non ci credete? Domandate a un qualsiasi anatomo-patologo. Le autopsie dimostrano che in genere nell'80% il colon è ostruito da materiali di scarto." - Vegetarian Times, Marzo, 1998

Migliorate la qualità della vita!
Potete mettere fine alla sofferenza muta causata da questi dolorosi ed imbarazzanti sintomi rendendosi conto che un colon saturo di tossine e di sostanze che inquinano il corpo può causare tutte queste malattie. L'idrocolon con Ozono eVitamina C alla pulizia e alla disintossicazione del colon, in dettaglio qui di seguito:

  • Perchè è vitale pulire e disintossicare regolarmente l'organismo. Abbiamo per la casa e la nostra autovettura più attenzioni di quelle che dispensiamo al nostro organismo...

  • Usare periodicamente il lavaggio inetstinale (come raccomandato anche dall'antichissima medicina ayurvedica) consente di drenare e disintossicare adeguatamente il colon e gli organi interni.

  • Ripristina la funzionalità del colon, migliorerà quella dell'inetstin tenue, digeritete meglio ed anche lo stomaco ne beneficerà allegerendo fegatoe reni, ecc.

  • Insomma una vera e propria concatenazione virtuosa del benessere con effetti benefici sulla qualità della vita.


Cosa bisogna sapere delle sostanze tossiche dell'organismo?

Al lavoro o a casa siamo esposti a svariati veleni e a migliaia di sostanze chimiche, che respiriamo tramite l'aria o introduciamo nell'organismo tramite il cibo, l'acqua potabile e i preparati dell'industria farmaceutica, gas, particelle sottili ed ultrasottili. Per giunta consumiamo molti più zuccheri, cibi artificialmente trattati , geneticamente manipolati come mai prima nella storia dell'umanità . Basti pensare che annualmente ogni essere umano ingurgita dai 5 ai 10 kg di pesticidi (Curl et Al - Environmental Health Perspectives , 111, 377-382 . 2008).

Se ancora non vi siete preoccupati dell'inquinamento che ci circonda allora questo è il momento di cambiare modo di vedere e porre attenzione al problema. Gli scienziati già da decenni stanno studiando le sostanze tossiche presenti nell'aria, nell'acqua potabile, nei nostri cibi e nel territorio. Le industrie statunitensi producono più di 2,7 miliardi di tonnellate all'anno di circa 9000 diversi prodotti chimici. Anno per anno milioni di tonnellate di sostanze chimiche vengono immesse nell'aria e nell'acqua potabile ed i risultati sono tuttaltro che tranquillizzanti.

Recenti studi dimostrano inequivocabilmente che il nostro organismo non è in grado di neutralizzare tutte quelle sostanze velenose e chimiche che inspiriamo ogni giorno o che consumiamo con i cibi. Queste tosine si accumulano nelle nostre cellule (soprattutto nelle cellule del grasso), nei tessuti, nel sangue e negli organi (come p. es. il colon, il fegato e il cervello) e vengono immagazzinate a tempo indeterminato, causando in seguito vari sintomi prima e malattie poi.
 

Le tossine e i cibi artificiali "senza vita" causano una cattiva digestione che conduce alla creazione di formazioni tossiche, soprattutto nel colon. Queste sostanze tossiche nell'intestino sono in grado di lacerare la Linea Maginot della flora batterica dell'apparato immunitario difensivo intestinale (Malt e Galt) rendendoci più vulnerabili nei confronti di altri batteri e parassiti, come per esempio la candida.

 

Quando c'è bisogno di sottoporsi ad un'idrocolonterapia?

Se questa è la prima volta che vi confrontate con questo tipo d'informazione, probabilmente significa che non vi siete mai posti il quesito : Vi sentite puliti dentro?

Naturalmente avrete mantenete pulito il vostro aspetto esterno, nessuno dubita che facciate la doccia, che vi lavate regolarmente capelli e denti, ma all'interno siete realmente altrettanto puliti??

 

Il colon è la "rete fognaria" del corpo umano" e va mantenuta efficiente!

Il fegato e altri organi abbiano bisogno d'una regolare pulizia, così come è necessario per una macchina il cambio del filtro dell'olio.
Come si fa a sapere se è giunto il tempo di liberare il corpo dalle tossine accumulate, dai parassiti e da altri materiali di scarto?

Se tra tutti quelli elencati qui sotto ne segnalate uno o più, allora è il momento di disintossicarsi e sottoporvi ad un'idrocolonterapia
 

  • Frequente stanchezza e astenia

  • Flatulenza, gas e gonfiore

  • Sovrappeso

  • Allergie alimentari

  • Digestione insufficiente

  • Irritabilità e umore variabile

  • Respirazione difficile & feci fortemente puzzolenti

  • Parassiti nelle feci

  • Frequenti raffreddori

  • Emicranie cicliche

  • Stitichezza cronica

  • Sindrome da intestino irritabile (IBS)

  • Pancia sporgente

  • Sensazione di fame insaziabile

  • Problemi dermatologici, eczemi, ecc.

  • Sapore metallico in bocca

  • Emorroidi

  • Infezione da funghi Candida

 

Adesso che sappiamo perchè è così importante la pulizia e la disintossicazione regolare dell'organismo, bisogna sapere anche come possiamo eseguirle in modo adeguato. Ecco un breve riassunto:

  • Dapprima puliamo il colon con erbe speciali per ripulirlo da qualsiasi deposito tossico, scorie e parassiti;

  • Durante la pulizia del colon bisogna reintegrare quei batteri nobili che mantengono l'equilibrio della flora batterica e che in cambio proteggono, visto che sono parte del sistema immunitario;

  • Infine ci si può sottoporre ad un'idrocolonteraopia con Cromo/0£/ Vitamina C , ome ultimo passaggio, per ultimare i processi di disintossicazione del fegato, sangue, cervello, tessuti, in pratica tutto il corpo, con l'aiuto di aminoacidi, vitamine e minerali;

  • Disintossicare il colon dalle formazioni tossiche accumulatesi e prevenirne la creazione di nuove utilizzando fibre dietetiche da erbe terapeutiche;

  • eliminare i parassiti nocivi presenti nel colon e in altre parti del corpo, compresi anche i vermi intestinali e le loro uova
    aiutare a ristabilire la normale funzione intestinale e favorirne un funzionamento regolare.


 

NOTE LEGALI  >>

 


Il materiale scientifico presentato sul sito è indirizzato agli operatori del settore, medici e specialisti. Per i pazienti le informazioni disponibili in queste pagine hanno solo un valore indicativo e non possono sostituire un parere medico
 

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