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Patologie Ortomolecolari |
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PATOLOGIE DI INTERESSE ORTOMOLECOLARE
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Per molte donne in menopausa si apre un periodo di incertezza. Dopo aver ricevuto per decenni assicurazioni sulla opportunità di ricorrere alla terapia ormonale sostitutiva per alleviare i disturbi della mezz'età, ieri le donne hanno ricevuto una doccia fredda: il governo americano fa marcia indietro, ferma uno studio che stava conducendo sui benefici degli ormoni e consiglia alle pazienti che ne facevano parte come volontarie di interrompere l'assunzione del farmaco. Gli scienziati che gestivano lo studio per conto del governo, hanno spiegato: «Il nostro messaggio è chiaro: la terapia a base di estrogeno e progestinico non dovrebbe essere seguita per periodi di tempo prolungati, poiché genera più rischi che benefici».
La soia aiuta a prevenire la menopausa
Le proprietà della soia
recentemente emerse sono: l'attività antiosteoporotica; l'attività
regolarizzante il ciclo mestruale e anti-menopausa; l'attività
anabolizzante e antagonista sul catabolismo tissutale della terza
età. Oltre alle proteine molto ben studiate e con rilevanti attività
biologiche, fra cui quelle di attivare i recettori delle
lipoproteine LDL, che eliminano il colesterolo aterogeno e
determinano ipocolesterolemia, la soia contiene altri componenti di
grande interesse.
Fra i dati di questi ultimi tempi,
forse quello più significativo è fornito dal prof. Arjmandi di
Chicago, che ha dimostrato come la somministrazione di proteine di
soia (non è chiaro se l'effetto sia legato alle proteine o ad altre
componenti) abbia un potente effetto antiosteoporotico sugli animali
da laboratorio anziani. L'effetto è per lo meno pari a quello che si
riscontra con la somministrazione di ormoni estrogeni nella donna.
La soia contiene ancora fibre, in
parte idrosolubili, ad elevate potenzialità. Le fibre della soia
sono utili come supporto al trattamento del diabete o delle
iperlipidemie e, in alcuni casi, possono migliorare la funzione
intestinale. Queste azioni protettive delle proteine vegetali, in particolare delle proteine della soia, ne hanno suggerito anche la possibile valutazione in campo di prevenzione dei tumori. Numerosi dati sperimentali, suffragano l'ipotesi che questo tipo di trattamento dietetico possa ritardare la comparsa di tumori assai frequenti: il cancro mammario, del colon ed anche il cancro polmonare. Nelle aree del mondo dove la soia è la principale fonte alimentare di proteine, l'infarto miocardico è pressoché sconosciuto, ma anche l'incidenza di tumori è assai ridotta rispetto al mondo occidentale.
La dieta di soia offre quindi
grandi prospettive non solo nel trattamento del malato, ma anche
nella medicina preventiva della persona sana.
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Il 20% della fascia di donne di età compresa tra i 60 ed i 70 anni
è affetto da osteoporosi. Tali percentuali tendono ad innalzarsi I costi socio-economici delle fratture da osteoporosi sono enormi, basti pensare alle spese per l'ospedalizzazione, la riabilitazione e l'assistenza socio-sanitaria per le complicanze e le disabilità conseguenti. La frattura di femore, ad esempio, causa il numero maggiore di giorni di degenza ospedaliera, rispetto a diverse altre importanti patologie tipiche dell'anziano quali l'infarto miocardio, il diabete mellito e le patologie respiratorie. li solo costo annuale di ospedalizzazione per frattura di femore in Italia è stimato nell'ordine dei 1.000 miliardi. Nel 1998 al Parlamento europeo è stato posto in evidenza che più di 500.000 posti letto ospedalieri sono normalmente occupati da pazienti osteoporotici, per una spesa annua di 3.500 milioni di Ecu, cifre che potrebbero raddoppiare nei prossimi 50 anni. Il problema, tipico dell'età senile, è destinato ad aggravarsi per il progressivo innalzamento dell'età media e quindi per l'invecchiamento della popolazione. Nel mondo tra cinquant'anni il numero di persone con più di 65 anni passerà dagli attuali 340 ai 1.550 milioni. Il nostro Paese è al momento l'unico in cui il numero degli ultrassessantacinquenni ha superato quello dei giovani sotto i 15 anni. Verona non fa eccezione e nel 2009 gli ultrassessantenni rappresenteranno il 30% della sua popolazione. Se nel 1950 c'era un ottantenne ogni 92 persone, oggi ne troviamo uno ogni 27 e nel vicino 2004 ve ne sarà uno ogni 10 persone. Sulla base di questo progressivo invecchiamento della nostra popolazione è facile prevedere chevi sarà un drammatico aumento della patologia osteoporotica e delle fratture conseguenti. È necessario pertanto pensare ad interventi preventivi generalizzati a livello territoriale.
Fratture osteoporotiche e deficit di vitamina D
L'incremento dell'apporto di calcio negli anziani riveste
un ruolo importante nella prevenzione dell'osteoporosi, ma risulta
anche evidente che un adeguato rilievo debba essere dato
all'assunzione di vitamina D. Questa vitamina è necessaria non solo
per lo sviluppo osseo e la crescita dei bambini, ma anche per il
mantenimento dell'integrità del tessuto osseo negli adulti. In
particolare, una carenza di vitamina D rappresenta un fattore di
rischio per fragilità scheletrica negli anziani e per le fratture
ossee
L'organismo umano dispone di
vitamina D attraverso due fonti: la produzione cutanea, stimolata
dall'esposizione solare, e l'alimentazione, il cui contributo è
tuttavia limitato ai prodotti lattiero-caseari, alle uova ed al
pesce. In alcuni Paesi (Usa e soprattutto del Nord Europa) taluni
prodotti lattiero-caseari, cereali ed alimenti per l'infanzia sono
addizionati di vitamina D. Lipovitaminosi D è relativamente rara in
soggetti giovani e riconducibile o a gravi carenze dietetiche o a
malattie renali od epatiche croniche, malassorbimento intestinale o
all'uso di alcuni farmaci (fenitoina, carbamazepina e rifampicina).
Gli stati carenziali di vitamina D sono invece
molto frequenti tra gli anziani. Oltre ad una riduzione della
capacità di sintesi cutanea della vitamina D, l'invecchiamento
s'accompagna spesso ad una riduzione dell'esposízione alla luce
solare, a minore assunzione alimentare di vitamina D e a diminuzione
del suo assorbimento intestinale. È stato dimostrato che la
correzione con vitamina D di una concentrazione sierica anche
leggermente ridotta e la contemporanea somministrazione di calcio
riduce in misura sostanziale il rischio di fratture osteoporotiche e
di fratture dell'anca, in particolare negli anziani.
La supplementazione vitaminica D
deve dunque rappresentare un passo obbligato e preliminare in
qualsiasi strategia di prevenzione delle fratture osteoporotiche
nelle persone anziane. Ciò vale anche per la prevenzione secondaria
poiché è stato dimostrato che in pazienti con femore fratturate,
l'apporto immediato di vitamina D e la conseguente soppressione del
l'iperparatiroidismo possono facilitare il processo riiparativo
della frattura, la osteo- sintesi dell'eventuale protesi e la
riduzione del rischio successivo di nuove fratture. Sono
raccomandati apporti supplementari di vitamina D rispettivamente di
400 Ul/die in soggetti di età compresa tra 51 e 70 anni e di 600 UI/die
in coloro che hanno superato i 70 anni. Per attenuare la perdita di
massa ossea, in particolare durante i mesi invernali, e ridurre le
fratture possono rendersi necessari quantitativi maggiori di
vitamina D, in genere 800-1.000 UI/die. La somministrazione
settimanale, mensile od annuale di boli di vitamina D potrebbe
rappresentare un'alternativa nella prevenzione dell'ipovitaminosi D,
essendo stati riportati effetti analoghi alla somministrazione di
dosi equivalenti giornaliere. Lintervallo terapeutico della
vitamina D è molto ampio, Dosi di vitamina D pari a 2.000 Ul/die
sono perfettamente tollerate anche in persone con un ottimale
apporto di questa vitamina.
I dati epidemiologici e le
informazioni fisiopatologiche e cliniche sull'importanza di un
adeguato apporto di vitamina D negli anziani contrastano con i
numerosi studi effettuati sia in Italia che in altri Paesi che
documentano ancora un'elevata prevalenza di ipovítaminosi D, specie
nei mesi invernali. Questa carenza è più frequente nei Paesi
mediterranei ed in particolare in Italia, probabilmente per
l'erronea presunzione che le condizioni climatiche ci esentino da
questo problema.
Un'indagine epidemiologica
osservazionale condotta a Verona presso l'Azienda ospedaliera, dell'
Ulss 20, dell'Università e della Regione Veneto, finalizzata allo
studio del problema della prevenzione dell'ipovitaminosi negli
anziani, ha documentato: in donne ultrasessantacinquenni afferenti
ad un centro per lo screening dell'osteoporosi nei mesi invernali un
deficit di vitamina D nel 60% dei casi, percentuale che scendeva
mediamente al 35% nei mesi primaverili ed autunnali ed al 20% nei
mesi estivi. La prevalenza di ipovitaminosi D nei mesi invernali
superava il 70% in particolare nelle donne ultrasettantenni; le
donne con deficit di vitamina D, a parità delle altre covariabili,
avevano un densità minerale ossea femorale significativamente
inferiore rispetto alle pazienti senza ipovitaminosiD; nei soggetti
con ipovitaminosi D sono stati osservate alterazioni bioumorali
indicanti una condizione di accellerata perdita minerale ossea.
Quadri laboratoristici suggestivi di concomitante osteomalacia si
sono osservati nel 5% delle pazienti.
Questi dati confermavano
l'opportunità di approccio preventivo globale con vitamina D in
tutta la popolazione anziana femminile, a co~ sti accettabili ed
almeno nei mesi invernali. L'intervento preventivo è consistito nel
proporre nei mesi invernali, specie in occasione della vaccinazione
antiinfluenzale, la somministrazione di un bolo di vitamina D (1
fiala per os di 400.000 111) in tutti i distretti sanitari a tutte
le donne ultrasessantacinquenni per le quali non vi fossero
controindicazioni e che non fossero già in trattamento con vitamina
D o suoi metaboliti. Contemporaneamente è stato diffuso uno
specifico manuale di educazione igienico-alimentare e si sono
inoltre avviate iniziative d'informazione e sensibilizzazione dei
medici di base, molti dei quali hanno autonomamente provveduto alla
somministrazione di vitamina D nelle loro pazienti a rischio.
Sono state sinora trattate 5.500
donne anziane, In un campione di queste è stato osservato che i
livelli di vitamina D circolante aumentava a distanza di 2 settimane
da 11 a 19 ng/ml (valori normali) 15-100 ng/ml), confermando
l'assoluta sicurezza del dosaggio proposto, in un campione più vasto
di questa stessa popolazione è stato inoltre osservato che una
singola somministrazione di vitamina D associata ad un'ampia
campagna di informazione, riduce l'incidenza di ipovitaminosi D
dall'80 al 20%. Abbiamo stimato che circa l'80% delle pazienti
trattate fosse presente un quadro di ipovitaminosi D latente o
conclamata. Dai dati della letteratura è presumibile che in questi
ultimi casi si assisterà ad un miglioramento sia del trofismo osseo
che del rischio di cadere.
Questa esperienza indica la
necessità e la possibilità in questo campo di interventi preventivi
territoriali su larga scala ed a costi ridotti. I costi di questa
profilassi dei deficit invernale di vitamina D sono intorno alle
3.000 lire per anziano/anno. Sulla base di dati epidemiologici e
clinico-terapeutici è possibile prevedere una riduzione
dell'incidenza di frattura di femore in soggetti anziani ad alto
rischio (es. soggetti in case di riposo) dei 15%, dal 2, 1% all'1,8%
con un "Number Needed to Treac (Nnt) di 320 ed un costo per frattura
prevenuta di solo un milione. Se questo tipo di proiezioni saranno
confermate dalla ricerca in corso risulterà che la somministrazione
di un bolo annuale di vitamina D può rappresentare un intervento
sulla popolazione anziana altamente vantaggioso anche in termini di
rapporti costi/benefici.
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L'omocisteina è un aminoacido solforato, intermedio metabolico nel metabolismo della metionina a cisteina. La conversione dell'omocisteina a metionina (processo di rimetilazione) o la sua conversione a cisteina (transulfurazione) rappresentano le principali vie metaboliche in grado di mantenerne stabili i livelli intracellulari entro uno stretto range. Il suo rilascio controllato nel circolo ematico, d'altra parte, consente di misurarne le concentrazioni plasmatiche, che rappresentano un accurato indice dello stato dell' omocisteina tessutale (figura sotto).
è in molti casi correggibile con opportuna terapia (prevalentemente a base di vitamine a dosaggi farmacologici, associata a una dieta adeguata) (tabella 1).
L'iperomocisteinemia è particolarmente
frequente nei soggetti anziani, spesso sottoposti a terapie in grado
di interferire col metabolismo degli aminoacidi soforati, o affetti
da condizioni patologiche o in situazioni socio-ambientali
responsabili di una cattiva alimentazione, spesso alla base di quei
deficit vitaminici che rappresentano una causa molto frequente di
incremento dei livelli plasmatici di omocisteina. Di recente,
inoltre, diversi studi hanno dimostrato una aumentata prevalenza di
iperomocisteinemia in soggetti anziani con diversi gradi di
involuzione cognitiva: il rapporto causa-effetto fra
iperomocisteinemia e demenza è però ancora tutto da chiarire.
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La maggior parte delle linee guida concorda sul fatto che tutti i dolori alla schiena, esclusi quelli da sindrome della cauda equina, richiedono un tentativo di terapia conservativa per almeno un mese. Il riposo a letto, tradizionalmente considerato uno dei cardini della terapia del dolore alla schiena, sembra invece di scarsa utilità in base agli studi più recenti. Per i pazienti con i reperti tipici di ernia del disco il valore del riposo a letto sembrerebbe maggiore. E' chiaro però che una prolungata immobilizzazione apporta più svantaggi che benefici. Bisogna però evitare di stare seduti, in quanto questa posizione aumenta il carico meccanico sul complesso anteriore della colonna vertebrale che comporta un aumento della pressione intradiscale. La posizione ortostatica invece tende dirigere il carico sul complesso posteriore allentando la fatidica pressione discale. Il primo interesse del paziente è l'attenuazione del dolore e a questo scopo è opportuno prendere in considerazione la diminuzione immediata della pressione intradiscla realizzabile con il posizionamento di un corsetto in tela armata da mantenere anche durante il riposo notturno per almeno i primi 10 giorni. Ciò premesso può risultare utile la somministrazione di antinfiammatori naturali tipo Arnica, colocynthis, ecc. e solo qualora questi non abbiano sortito adeguato effetto antalgico sarà plausibile ricorrere a farmaci maggiori tra i quali sono efficaci sia il paracetamolo sia i FANS; nella scelta va tenuto presente che analgesici e antinfiammatori vanno somministrati per almeno una settimana e spesso la somministrazione sinergica con gli antinfiammatori naturali corona il risultato con lattenuazione dei sintomi. In caso di dolore sciatico molto accentuato, se i FANS non hanno ottenuto la remissione, si può provare un cortisonico per tre o quattro giorni. I
miorilassanti non sono più efficaci dei FANS nel trattamento
della lombalgia acuta e il loro utilizzo in associazione non ha
dimostrato alcun vantaggio. In oltre il 30 per cento dei pazienti
che assumono miorilassanti sono stati riportati effetti collaterali,
inclusa la sonnolenza e le cadute negli anziani. La manipolazione, definita come sollecitazione manuale della colonna mediante sistemi di leva nel trattamento della fase acuta può temporaneamente diminuire il dolore e migliorare la funzionalità. La cura non deve superare le due settimane: nessuno studio ha dimostrato l'efficacia dell'uso prolungato della manipolazione per evitare le recidive. L'esercizio fisico è una terapia comunemente utilizzata e spesso mal compresa. Anche in condizioni di ernia acuta l'inattività prolungata va evitata. Ai pazienti dovrebbe essere prescritto di cominciare a camminare il più presto possibile, concedendo eventualmente due giorni di riposo se il dolore è troppo forte. Entro la prima settimana il paziente dovrebbe essere istruito a camminare venti minuti ogni tre ore di posizione supina. Per evitare l'indebolimento dovuto all'inattività, sino a quando il malato non ritorna al lavoro sono consigliabili esercizi di resistenza quali il camminare, la cyclette, il nuoto e persino la corsa leggera. Questi esercizi non sollecitano la schiena più della posizione seduta sul bordo del letto per un uguale periodo di tempo. Un'altra modalità terapeutica che ha ricevuto molta attenzione è la cosiddetta scuola della schiena (low back school), utile soprattutto per chi svolge un lavoro manuale faticoso. In queste strutture i pazienti vengono educati alle tecniche corrette per stare seduti, in piedi e per alzarsi, e ricevono nozioni di biomeccanica del rachide e fisiopatologia del dolore. Chi riceve questo tipo di informazione ritorna al lavoro prima e in genere riduce l'incidenza delle lesioni alla schiena sul posto di lavoro.
Quando rivolgersi al chirurgo
La presenza di un
disco protruso alle indagini diagnostiche o di un dolore alla
schiena senza segni neurologici non costituiscono un'indicazione
adeguata per il trattamento chirurgico. Si può prendere in
considerazione la decompressione di una radice nervosa quando vi sia
un'ernia ben documentata da indagini diagnostiche, una sindrome
dolorosa corrispondente, un deficit neurologico alla visita e una
mancata risposta al trattamento conservativo e comunque lernia
dovesse risultare migrata nel canale. La terapia dell'ernia discale può essere conservativa oppure chirurgica.
La terapia
conservativa, che viene proposta in prima istanza, si avvale
dell'uso di farmaci naturali e/o in sinergia con antidolorifici,
antinfiammatori steroidei o non, e miorilassanti e del riposo a
letto. Il trattamento chiropratico e/o osteopatico specializzato è
spesso risolutivo, ma il criterio prognostico si basa essenzialmente
sulla qualità tecnica dellintervento. Esiste un progetto di legge
il N° 375 presentato fin dal 1996 dalla Camera dei Deputati per
regolamentare queste professioni e di conseguenza creare un registro
e magari un Albo Professionale che garantisca la serietà della
preparazione di questa futura insostituibile categoria di
professionisti. Sarebbe auspicabile avere un minor numero di medici
in Italia ed un maggior numero di chiropratici ed osteopati
chissà?
Una volta attenuato o scomparso il dolore, è utile un trattamento fisico con cicli di fisiokinesiterapia e nuoto, soprattutto per tonificare i muscoli paravertebrali. Altre metodiche terapeutiche incruente prevedono la magneto-terapia, gli ultrasuoni, l'elettrostimolazione transcutanea, etc.
Non tutti i soggetti
traggono benefici duraturi dalla terapia conservativa e, nei casi
refrattari, o con deficit neurologici progressivi, si deve pensare
di ricorrere alla terapia chirurgica
Le tecniche
chirurgiche variano a seconda del livello dell'ernia:
ernia del disco cervicale:
la decompressione della radice e del midollo si attua mediante
l'asportazione del disco intervertebrale e di eventuali osteofiti;
l'approccio chirurgico si avvale di due vie d'accesso: quella
anteriore secondo Cloward (discectomia anteriore)e quella posteriore
(laminectomia associata o meno a foraminotomia);
ernia del disco toracico:
le tecniche chirurgiche prevedono la laminectomia, la
costotransversectomia e l'approccio transtoracico; ernia del disco lombo-sacrale: l'approccio posteriore alla colonna lombo-sacrale impiega varie tecniche chirurgiche:
La procedura chirurgica più comune per trattare un disco erniato acuto è la discectomia, efficace nel 60-80 per cento dei casi. Dal 5 al 10 per cento dei pazienti richiede un altro intervento a causa di una recidiva o del mancato riconoscimento di una stenosi spinale. La discectomia microscopica permette una piccola incisione e meno dolore postoperatorio, ma ha un tasso più elevato di ricadute. Comunque, la causa più comune di fallimento della chirurgia del disco è la scarsa selezione dei pazienti, che vengono inviati all'intervento per trattare dolori di schiena isolati, in assenza di anomalie neurologiche, anche quando la causa del dolore non è certa, oppure quando lo stato psicologico del malato non permette che scarsi risultati.
Vi sono infine
metodi di decompressione indiretta della radice nervosa, oggi molto
meno utilizzati, che impiegano la chemonucleolisi,
l'iniezione di chimopapaina o di altri enzimi per sciogliere il
disco.
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Utilizzo dei fattori di crescita piastrinici per la rigenerazione tessutale in ortopedia e traumatologia
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La salute non è un diritto che luomo acquisisce alla nascita, ma piuttosto la conseguenza di una serie di scelte intelligenti e comunque è uno stato provvisorio che non lascia presagire nulla di buono visto che presto o tardi tutti di qualche patologia dovremo pur morire. Ciò non significa certo dare il benvenuto alle malattie, ma che un po di dolore, in dosi per così dire omeopatiche, rinforza lindividuo, evitando di abbassare la guardia evitando così di pensare di essere invulnerabili. Fare il tagliando alla propria vettura prima che si fermi sul ciglio della strada en panne può creare la giusta analogia con il proprio stato di salute Controllarsi sempre e regolarmente, anche se vi sentite bene, ricordando la saggezza cinese che consigliava di pagare il medico quando si sta bene e d i smettere di farlo quando ci si ammalava. Lessere medico non garantisce una polizza vita contro le malattie e linvecchiamento anzi forse siamo proprio noi medici, come afferma Roberto Gervaso nel suo libro Salute! i più vigliacchi , perché abbiamo terrore delle malattie, non ci fidiamo dei colleghi e come il classico calzolaio giriamo con le scarpe sfondate e pur predicando la prevenzione più che la cura, inrelatà non ci controlliamo mai, o quasi , forse perché stando sempre a contatto con il male preferiamo fare come lo struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia per non pensare... Stare sempre a contatto con il male non è semplice e reagiamo come possiamo, dimenticando spesso la gioia dellessere sani, parliamo sempre solo di lavoro e molti di noi non hanno neppure tempo per vivere, prigionieri di ospedali, sale operatorie ed ambulatori: cattedrali della guarigione spesso più di 12 ore al giorno». Dovremmo tentare diventare un po più "amici" del dolore, provando a far diventare anche gli altri un po più "amici" delle malattie. Tra le malattie cosiddette oscure, una in particolare merita di essere affrontata in questo contesto di prevenzione della Iuvenologia: la Sindrome da fatica cronica (CFS) La Sindrome da fatica cronica (CFS) è una patologia debilitante caratterizzata da profonda esauribilità muscolare, astenia, stanchezza, diminuità capacità di concentrazione. Tra le varie ipotesi etiopatogenetiche si è generata parecchia confusione diagnostica tanto che spesso ci si orienta su questa ipotesi sulla base di un semplice criterio di esclusione. Chi ne è affetto può sentirsi esausto anche soltanto dopo una leggera attività fisica e comunque non vi è correlazione alcuna tra intensità dell'esercizio fisico e sfiancamento susseguente. Oltre al senso di fatica i pazienti riferiscono in genere sintomi non specifici, tra i quali astenia generalizzata, malessere, febbricola, mal di gola, dolenzia ed eventualmente modesto ingrossamento linfoghiandolare, disturbi della memoria e della concentrazione, aumento dell'irritabilità, insonnia e depressione, dolori ai muscoli e alle articolazioni. Questampio corteo sintomatologico allorché riscontrato in individui anziani può confondere laspetto diagnostico generale ed ingenerare nel malato una sensazione di profondo sconforto e scoraggiamento da non confondere con una Sindrome Depressiva Primaria.
La CFS può
persistere per molti anni, anche se in un certo numero di pazienti
si assiste a un miglioramento dei sintomi, spontaneo o dopo aver
intrapreso unidonea terapia di supporto ortomolecolare. Questa sindrome, non ha niente a che vedere con la fisiologica stanchezza alla quale tutte le persone vanno più o meno frequentemente incontro nel corso dellanno, né tantomeno con lo stress, la depressione o la vecchiaia! Spesso i pazienti con CFS sono persone adulte od anziane in precedente perfetta salute che improvvisamente sono diventate disabili sia dal punto di vista fisico che mentale.
La causa della CFS
non è stata ancora identificata, ma certo emerge sempre più
chiaramente che la CFS contiene patologie di diversa natura
eziopatogenetica, per esempio post-infettiva o post-intossicazione,
ed è associata ad alterazioni neuroendocrinologiche o muscolari che
ne sostengono i sintomi. Va tenuto presente però che un marcato affaticamento può essere associato con molte malattie ben definite, come i tumori, le patologie autoimmuni, le disfunzioni ormonali e le infezioni. Dal momento che molti di questi processi patologici possono essere suscettibili di efficace trattamento e possono essere potenzialmente mortali, devono ovviamente essere escluse prima di poter fare diagnosi di CFS. Questo d'altra parte, come già sottolineato, è uno dei due criteri principali per porre diagnosi di CFS.
L'impegno della ricerca Sebbene la diagnosi possa essere fatta solo per esclusione, la CFS è una condizione clinica reale, le sue cause e il suo trattamento sono oggetto di intensa ricerca da molti gruppi di studiosi nel mondo, specialmente negli Usa, in Australia, in Nuova Zelanda e in Gran Bretagna. Relazioni sulla CFS sono state presentate a incontri specifici e pubblicate su importanti riviste scientifiche. Sono stati organizzati negli ultimi anni congressi scientifici ai quali hanno preso parte ricercatori di prestigiose università sia americane che europee, quali il Meeting di Aviano del 10 settembre 1993 e il 1° Meeting internazionale europeo sulla CFS di Dublino del maggio 1994. Al convegno di Aviano hanno partecipato, per esempio, Jay Levy, professore all'Università di California a San Francisco, illustre immunologo e virologo, che è stato tra i primi a isolare il virus dell'Aids, Anthony Komaroff, dell'Università di Harvard a Boston, e il dottor Keiji Fukuda, responsabile della ricerca sulla CFS ai CDC di Atlanta. Questi ultimi, che si occupano dello studio delle malattie, in particolare dal punto di vista epidemiologico, hanno da tempo istituito - con fondi provenienti direttamente dal governo americano (che finanzia così solo l'Aids e la sindrome di Lyme) , un ufficio sulla CFS con personale e progetti speciali. Tuttavia le informazioni in nostro possesso sono ancora poche e molti dei risultati sono preliminari. Inoltre, notizie non corrette e prive di qualsiasi fondamento scientifico sulla CFS provenienti alle volte da ciarlatani, hanno creato confusione tra i pazienti e i medici, oltre che nell'opinione pubblica. Si sono costituite anche molte associazioni di pazienti, negli Stati Uniti in particolare, dove grazie ai fondi così raccolti stanno supportando in maniera significativa la ricerca su questa sindrome. Va ancora sottolineato che in quel paese la ricerca sulla CFS è finanziata direttamente dal governo. Anche in Italia si è costituita la CFS Associazione Italiana già dal 1992, ma non esiste alcun supporto governativo da parte delle tradizionali agenzie di ricerca italiane per l'approfondimento di questa sindrome. Lo scopo finale è infatti quello di rendere meno disagevole per i malati e i loro familiari questa malattia così debilitante e ancora sconosciuta nel nostro Paese.
Come identificare sintomi sospetti? LA CFS viene di solito diagnosticata in seguito a una storia di una sindrome suggestiva di CFS, e attraverso l'esclusione sistematica di altre malattie. Un paziente deve accusare una grave stanchezza da un tempo minimo di 6 mesi, non causata da altre malattie conosciute. Attualmente un gruppo di studio internazionale coordinato dal dottor Fukuda (comprendente ricercatori provenienti da Stati Uniti, Australia, Svezia, Olanda e Italia), al quale ho partecipato personalmente, ha redatto una nuova definizione di CFS che è stata pubblicata sugli Annals of Internal Medicine del dicembre 1994. Sostanzialmente con questa nuova definizione si cercherà di rendere più semplice l'attuale definizione dei CDC e di permettere la diagnosi di CFS anche in presenza di depressione.
Un'eziologia multifattoriale? La causa della CFS non è ancora stata identificata, ma esistono varie teorie. L'ipotesi virale. Si basa sul fatto che all'esordio della CFS vi è spesso una infezione virale, per esempio una sindrome influenzale, varicella, rosolia, mononucleosi, infezione da citomegalovirus, epatite virale ecc. Vi è anche la possibilità che un singolo agente infettivo, non ancora identificato, provochi di per sé la CFS, anche se quest'ipotesi gode oggi di poco credito tra i ricercatori. Mentre alcuni virus, come per esempio il virus di Epstein Barr (EBV), occasionalmente provocano un'infezione cronica che esita in una stanchezza persistente, non si conosce oggi alcun virus che sia la causa della CFS. Rimanendo nell'ambito delle ipotesi virali, si pensa che un virus già conosciuto possa attivare cronicamente il sistema immunitario. Come risultato, persisteranno in circolo tassi elevati di fattori immunoattivanti, alcuni dei quali sono in grado, a dosaggi elevati, di provocare stanchezza. Andando più nel dettaglio, di solito, anche se non sempre, la CFS compare dopo un evento precipitante quale una malattia simil-influenzale oppure un'influenza tipica, una gastroenterite, una miocardite, una varicella ecc. Un recentissimo e importante studio sulla mononucleosi infettiva ha evidenziato che la malattia può evolvere verso la CFS con una certa frequenza. Su oltre 150 pazienti con mononucleosi infettiva acuta seguiti nel tempo dal momento della diagnosi, si è riscontrato che dopo 6 mesi circa nel 10% dei casi persistevano sintomi suggestivi di CFS, secondo i criteri dei CDC di Atlanta. Comunque non è escluso che intervengano fattori predisponenti, in particolare stimoli comportamentali o familiari.
L'ipotesi immunitaria La CFS non sarebbe altro che una disregolazione immunitaria in risposta a uno stimolo che potrebbe essere infettivo ma anche di altra natura. Numerose anomalie immunologiche aspecifiche sono state infatti descritte nella CFS: alterazioni dell'immunità cellulo-mediata, in particolare con variazioni del numero e della funzionalità delle cellule natural killer, ipogammaglobulinemia parziale, elevati livelli di immunocomplessi circolanti, elevati livelli di anticorpi virus specifici e di autoanticorpi circolanti. Anche per questa ragione negli Stati Uniti le associazioni di pazienti invece di CFS usano la terminologia CFIDS, Chronic Fatigue Immunedisfunction Syndrome o sindrome da stanchezza cronica e da disfunzione immunitaria. Altre teorie sulle cause della CFS propongono disturbi del sistema endocrino e della sfera psicologica quali fattori determinanti nel provocare la CFS.
L'ipotesi tossinfettiva È emerso recentemente per la prima volta che la CFS può essere provocata da un'intossicazione alimentare causata da un pesce chiamato ciguatera. Questi dati sono stati riferiti dal professor Pearn del Royal Children Hospital di Brisbane in Australia. Lo stesso ricercatore ha riportato che un virus responsabile della poliartrite epidemica, scoperto nel 1979 nel Queensland, e implicato anche nella Ross-River-Fever, è oggi riconosciuto essere un'importante causa di CFS in molte parti del mondo tropicale e subtropicale.
L'ipotesi carenziale I ricercatori giapponesi provenienti dall'Università di Osaka hanno recentemente riportato dati riguardanti una possibile correlazione tra CFS e deficit di acilcarnitina. Uno studio condotto su settantatré pazienti con CFS e 308 volontari per valutare la concentrazione di carnitina e acilcarnitina nel siero ha evidenziato un calo significativo della prima nel gruppo di pazienti affetti da CFS. Dato che i livelli di acilcarnitina sono risultati normali nei pazienti senza CFS, ma allettati in seguito a fratture ossee, il calo osservato nei soggetti con CFS non poteva dipendere dalla diminuzione dell'attività giornaliera. L'ipotesi del gruppo giapponese è che, indipendentemente dai fattori eziologici coinvolti nella malattia, il processo patogenetico possa portare alla comparsa di disfunzioni metaboliche che includono anomalie del metabolismo della carnitina, responsabili della fatica generalizzata, dei dolori e della debolezza muscolari, della pessima tolleranza allo sforzo anche minimo e dei disturbi neuropsicologici tipici dei pazienti con CFS. È interessante tra l'altro osservare che in Giappone, paese noto per la sua frenetica attività lavorativa, il governo ha istituito e finanziato un gruppo di studio apposito sulla CFS che ha già individuato centinaia di casi nella popolazione.
L'ipotesi metabolica Studi molto recenti hanno dimostrato la presenza di alterazioni muscolari in un sottogruppo di pazienti con CFS. Secondo le ricerche condotte dal professor Behan, direttore della Clinica delle malattie nervose dell'Università di Glasgow, l'alterazione sarebbe a livello mitocondriale. Alle medesime conclusioni è arrivato anche un gruppo dell'Università di Chieti, coordinato dal professor Eligio Pizzigallo, che, studiando alcuni pazienti con CFS, ha dimostrato la presenza di diverse anomalie muscolari: alterazioni mitocondriali, degenerazione grassosa, irregolare produzione di fibre muscolari. Queste evidenze, d'altronde, costituiscono un punto di partenza razionale per spiegare la stanchezza riferita dai pazienti.
Le opzioni terapeutiche
In assenza di
conoscenze certe sulla causa della CFS, è difficile identificare
trattamenti efficaci. Secondo un'altra esperienza riportata dalla California dalla dottoressa Jessop, l'80% dei 40 pazienti da lei trattati con magnesio ha ottenuto un miglioramento di alcuni sintomi, ma soltanto il 30% ha presentato un miglioramento dell'astenia. Il protocollo della dottoressa Jessop comprende un trattamento con magnesio per via intramuscolare settimanalmente per 6 settimane, seguito, in caso di risposta favorevole, dal passaggio alla via orale.
Nell'esperienza
clinica vi sono stati risultati estremamente positivi nei pazienti
che presentavano una diminuzione dei livelli del magnesio
eritrocitario prima della terapia utilizzando lintegrazione
ortomolecolare.
I dati del gruppo giapponese sullo "Studio della sindrome da stanchezza cronica", sponsorizzato ufficialmente dal ministero della Sanità giapponese, ha evidenziato un deficit di acilcarnitina nei pazienti con CFS. Per valutare le concentrazioni nel siero di carnitina sono stati studiati 27 pazienti con CFS e 41 volontari. Mentre i valori della carnitina libera non differivano significativamente nei due gruppi, le concentrazioni di acilcarnitina erano significativamente diminuite nei pazienti con CFS. I dati giapponesi suggeriscono pertanto che non vi sono anormalità nella sintesi della carnitina, ma che nei pazienti con CFS esiste una sintesi alterata o un'eccessiva secrezione urinaria della acilcarnitina. Questa carenza potrebbe provocare un deficit energetico a livello del muscolo scheletrico e spiegare pertanto la stanchezza generalizzata, i dolori muscolari, la debolezza muscolare e lo sfiancamento anche dopo uno sforzo fisico minimo, caratteristici dei pazienti con CFS. In uno studio randomizzato doppio cieco, ricercatori americani hanno evidenziato una riduzione significativa della progressione della malattia di Alzheimer nei pazienti trattati con acetilcarnitina nei confronti di un gruppo di controllo. Il meccanismo con il quale il farmaco agirebbe nella malattia di Alzheimer è sconosciuto, ma è di notevole interesse che la somministrazione di acilcarnitina abbia un effetto positivo sulla memoria e le capacità cognitive, disturbi presenti anche nei pazienti con CFS. Nell'esperienza di Aviano sono stati ottenuti buoni risultati somministrando ai pazienti con CFS carnitina e acetilcarnitina per via orale, sia impiegati da soli che in combinazione con pidolato di magnesio e alte dosi di vitamina B12. Complessivamente, un terzo dei pazienti così trattati ha ottenuto risultati molto positivi, alcuni dei quali perdurano nel tempo.
Vitamina B12. Il
razionale per l'utilizzo di cobalamina ad alte dosi nella CFS deriva
da alcuni studi sull'anemia macrocitica, pubblicati sul New England
Journal of Medicine (Lindenbaum J et al, 1988, 318: 1720-28; Beck WS
et al, 1988, 318: 26). L'esatto meccanismo di azione della vitamina
B12 nella CFS non è ovviamente conosciuto ma, visto il dosaggio
elevato necessario per ottenere una risposta positiva, si potrebbe
pensare che essa non agisca come una vitamina, bensì come un
modificatore della risposta biologica.
Il "caso" ciguatera È emerso recentemente che la CFS può essere provocata da un'intossicazione alimentare da ciguatera, un pesce che diventa pericoloso quando infettato da un protozoo chiamato Gambierdiscus toxicus. La ciguatera si trova soprattutto nei mari tropicali, in Australia e ai Caraibi, ma l'intossicazione può colpire chiunque perché il pesce, congelato, è facilmente reperibile nei mercati di tutto il mondo. L'intossicazione subacuta e cronica causa perdita di energia, astenia soggettiva e obiettiva e sintomi neuromuscolari. L'intossicazione acuta non è rara nel mondo tropicale e subtropicale e colpisce anche turisti che ritornano verso i climi temperati. Normalmente i casi più gravi evolvono in forme subacute o croniche. Vi può essere anche una recrudescenza dei sintomi dopo che i pazienti sono venuti di nuovo a contatto con cibo intossicato, che può essere pesce o carne di maiale o di pollo alimentati con mangimi contenenti la carne del pesce infettato dal protozoo. L'effetto tossico acuto e cronico è il risultato di anomalie a livello dei canali del sodio delle membrane dei tessuti eccitabili, in particolare le cellule dei muscoli scheletrici. Solitamente coloro che soffrono di intossicazione subacuta e cronica da ciguatera sono erroneamente diagnosticati affetti da malattie neuropsichiatriche. Nella regione dell'Australia denominata Queensland sono stati documentati almeno 2000 casi di intossicazione negli ultimi vent'anni, e molti di questi sono evoluti in una classica CFS. Nelle fasi acute dell'intossicazione può essere utile l'impiego del mannitolo, soprattutto per evitare le manifestazioni subacute e croniche di CFS.
La sindrome del Golfo Dopo la guerra del Golfo del 1990, circa 30.000 soldati americani hanno riportato diversi problemi sanitari, da tumori a difetti congeniti nella prole. Molti però soffrono di una sindrome simile alla CFS. Alcuni sono immobilizzati a letto per l'estrema stanchezza, che è comunque il sintomo comune a tutti i malati, insieme a dolori muscolari, febbricola, disturbi della concentrazione e della memoria ecc. Le ipotesi alla base di questa patologia non ancora spiegata, sono varie, ma ci si orienta soprattutto sull'esposizione alluranio impoverito (DU) contenuto nelle munizioni utilizzate durante il conflitto.
Le nuove frontiere della ricerca Attualmente negli Stati Uniti si stanno studiando le possibilità terapeutiche di un farmaco che si ritiene dotato di attività antivirale e immunomodulatrice, sia nell'Aids che nella CFS. Risultati che provengono da studi non ancora pubblicati in letteratura, ma che sono stati discussi in diverse riunioni, riportano un notevole beneficio per alcuni pazienti affetti da CFS grave. Purtroppo però il farmaco ha dimostrato anche una considerevole tossicità per cui sono senz'altro necessari studi ulteriori, che sono peraltro in atto.
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Pensate che questa forma primordiale di vita nella
sua veste di parassita abituale del nostro intestino è capace di
provocare nella maggioranza dei casi, fatta esclusione dei malati
particolarmente gravi, infezioni del cavo orale, della vagina e
della cute.
In condizioni ambientali idonee, se temperatura e
sostegno nutrizionale lo consentono, da un singolo lievito come la
Candida se ne possono ottenere, in brevissimo tempo, milioni di
esemplari. Un intestino sano è il primo mattone che poniamo per
costruire il solido edificio della salute e ci consente di rendere
il sistema immunitario competente, ovvero in grado di affrontare,
superare e vincere le mille sfide ed insidie della vita quotidiana.
Abbiamo tutti bisogno di mantenere un sistema ecologico fisiologico
bilanciato, un terreno dove ci siano sufficienti germi alleati per
combattere i germi invasori e mantenere il fungo o i lieviti sotto
controllo, piuttosto che trasformarlo in un avido famelico ed
insaziabile Minotauro capace di devastare il giardino in cui è stato
accolto.
Che cos'è un fungo?
La famiglia dei funghi include muffe e lieviti. I
lieviti sono dei funghi unicellulari di dimensioni comprese tra i 4
ed i 6 micron, che si moltiplicano molto rapidamente in un ambiente
acido (ph = 4), ricco di zuccheri ed amidi. Queste muffe crescono
dalle dimensioni di un grano di miglio e vengono definite spore,
fino a sviluppare dei lunghi filamenti denominati hiphae.
Cosa può provocare la crescita della Candida?
Allorché la Candida o qualsiasi altro lievito
pericoloso colonizzano l'intestino, dove risiedono delle sostanze
chiamate enzimi, indispensabili per digerire ed assimilare i cibi
quotidiani, questa funzione fondamentale viene inibita. Ciò provoca
rallentamento della digestione, intolleranze alimentari, meteorismo
(aria nell'intestino) ed altri sintomi a carico del sistema
digerente. L'eccessivo accrescimento di questi parassiti intestinali
interferisce anche con l'assorbimento ed il metabolismo dei
nutrienti essenziali: aminoacidi, vitamine e minerali. Tali sostanze
sono determinanti per edificare cellule, ormoni, tessuti ecc. e
mantenere l'equilibrio armonico dell'organismo. L'infezione da
Candida è il motivo per il quale molte persone che seguono una dieta
perfettamente bilanciata ed equilibrata possono presentare
ciononostante deficienze dei principali nutrienti, evidenziabili con
lo studio dell'età biologica cellulare attraverso la valutazione
quantitativa degli antiossidanti circolanti.
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La depressione è una malattia iscritta
nei nostri geni e lusura del tempo può fare affiorare questo
messaggio. Una malattia primaria che può essere unipolare, con
ricorrenti episodi solo depressivi, o bipolare, con fasi alterne,
malinconiche e maniacali. Si può guarire dalla depressione?
Questo tema è al centro dellattenzione
degli psichiatri, essendo da tutti avvertita la necessità di dare
agli interventi psichiatrici la dignità di interventi medici a tutti
gli effetti. E evidente, al riguardo, che questo non significa
aspirare sempre e comunque alla guarigione totale delle patologie
psichiche, ma è altrettanto evidente che questa è una caratteristica
dellintera disciplina medica. Così, ad esempio, si può parlare di
guarigione dalla bronchite, anche se possono benissimo ripresentarsi
delle ricadute o la malattia può lasciare uno stato
anatomo-funzionale differente rispetto a quello riscontrabile
precedentemente allesordio del processo morboso
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Un altro problema che crea sempre più allarme nell'opinione pubblica, a causa delle gravi conseguenze che esso provoca all'organismo, è quello dell'inquinamento da metalli . Sono stati infetti identificati legami molto stretti tra l'insorgere di varie affezioni e la presenza nel nostro organismo di metalli in quantità inaccettabili. Da una recente inchiesta dell'American Chemical Registry di Washington risulta che attualmente vengono utilizzate dal mercato oltre 14 milioni di sostanze chimiche diverse . La grande maggioranza di queste sostanze chimiche viene rilanciata nell'ambiente , interferendo quindi necessariamente con i nostri ecosistemi biologici. Tra tutte le sostanze inquinanti i metalli pesanti sono i composti più pericolosi e dannosi. In particolare, la ricerca tossicologica ha recentemente dimostrato l' estrema pericolosità della esposizione cronica a bassi dosaggi. Infatti, i metalli pesanti penetrano in maniera insidiosa nel nostro organismo attraverso cibi, bevande, aria atmosferica, abiti e trasporti. La loro azione consiste nel bloccare l'attività di numerosi complessi enzimaticii. E convinzione diffusa inoltre, che i metalli pesanti giochino un ruolo causale o concausale in un numero di patologie assai più vasto di quello attualmente accertato. I metalli pesanti più comuni quotidianamente assunti dallambiente con aria, acqua e cibo sono il piombo, il mercurio, larsenico, il cadmio, lalluminio, il nickel e lo stagno. Lassorbimento dei metalli pesanti a livello gastrointestinale varia a seconda delle condizioni dellospite, della composizione (inorganica od organica) e dello stato di valenza (elementare o ionico) del metallo. Il sangue è il principale mezzo di trasporto dei metalli secondo cinetiche dipendenti da: diffusibilità, forma di legame, velocità di biotrasformazione e disponibilità di ligandi intracellulari. Le principali vie di escrezione dei metalli sono quella renale e quella gastrointestinale. In minima parte leliminazione può avvenire per salivazione, traspirazione, esalazione, allattamento, esfoliazione della pelle e perdita di unghie e capelli. Alcuni organi (ossa, fegato e rene) sequestrano determinati metalli in concentrazione relativamente elevate e per anni. Alcuni metalli come il ferro, il rame e il selenio in bassissime concentrazioni (tracce) sono necessari allo svolgersi delle normali funzioni metaboliche, ma risultano essere tossici a dosaggi superiori. Altri metalli, invece, come il piombo, il mercurio e lalluminio, vengono definiti xenobiotici e in teoria esercitano effetti tossici sullorganismo qualsiasi sia il livello di esposizione. Il livello dei metalli nel sangue e nelle urine riflette la recente esposizione agli stessi e la valutazione risulta generalmente di forte sottostima rispetto alla quantità dei metalli effettivamente accumulata nei tessuti e negli organi. Il contenuto dei metalli nei capelli è in rapporto alla quantità del metallo presente nel sangue al momento in cui il capello veniva formandosi e non riflette laccumulo a lungo termine che si è verificato a livello degli organi; inoltre solo determinate forme del metallo si accumulano nel capello, come avviene per il mercurio organico (pesce contaminato) , ma non per quello inorganico (vapori dallamalgama). Un metodo agile ed obiettivo e scientificamente valido per la determinazione della tossicità da metalli pesanti è il test per la ricerca dei Metalli Tossici Urino-Fecali che consiste nel confronto tra i valori di metallo tossico presente nelle urine e nelle feci (questultime secondo Nylander riuscirebbero a concentrare i metalli fino a 10 volte di più dellapparato escretore renale, fornendo dati ancor più dettagliati ed amplificati .
Un approfondimento sullargomento è pubblicato nel libro.Il Dente Avvelenato
Vi presentiamo uno stralcio della pubblicazione sul Rilascio di Mercurio da Otturazioni in Amalgama del dr F.Ronchi (Tratto dalla Rivista Internazionale "Dental Cadmos, anno 66, n°19, 15 Dicembre 1998 - Per gentile concessione della Masson Editore)
SINTESI Il dibattito circa la tossicità dellamalgama dargento si sta finalmente spostando dallarea dentale verso altri settori della medicina e della biologia. I risultati delle ricerche svolte negli ultimi ventanni stanno iniziando a fornire al dentista clinico una visione dinsieme degli effetti che questo materiale da otturazione altamente efficace, economico e diffuso ha sulla salute in genere. Il destino metabolico a cui va incontro il mercurio liberato dallamalgama e la sua capacità di depositarsi nei tessuti sono stati ampiamente documentati mentre nuovi dati suggeriscono la presenza di micromercurialismo nei pazienti odontoiatrici.
CARATTERISTICHE DEL MATERIALE La preparazione dellamalgama prevede la miscelazione di una componente liquida rappresentata dal mercurio con una componente solida costituita da fini particelle di una lega contenente argento ed altri metalli, tra cui lo stagno il rame ed a volte lo zinco. Le percentuali di ciascun metallo nella lega permettono di classificare i prodotti finale come amalgami tradizionali ed amalgami non gamma-2 o ad alto contenuto di rame, laddove i secondi rappresentano levoluzione merceologica dei primi, offrendo caratteristiche meccaniche e di resistenza alla corrosione nettamente superiori. Durante la miscelazione delle due componenti si assiste alla cosiddetta amalgamazione, ovvero alla dissoluzione delle particelle solide da parte del mercurio fino ad ottenere un prodotto plastico, il quale successivamente cristallizza formando appunto una amalgama di metalli. La micro struttura di questo materiale è complessa e dipende fortemente dalle caratteristiche delle particelle con cui è realizzata la polvere : in esso sono sempre riconoscibili dei nuclei della lega iniziale parzialmente disciolti ed intrappolati in una matrice di prodotti di reazione costituita da varie fasi metalliche. Negli anni lo studio delle reazioni di amalgamazione e della composizione finale dellamalgama ha portato a delineare lesistenza di un complesso sistema di fasi, che si differenziano notevolmente da quelle presenti nelle leghe per via della tendenza ad evolvere in senso dinamico, subendo importanti processi di riorganizzazione interna(30). Per lungo tempo si è ritenuto e professato che lamalgama, una volta completamente indurita, fosse un materiale assolutamente inerte e stabile, in cui tutto il mercurio libero viene interamente e permanentemente sequestrato allinterno di legami chimici con gli altri metalli, incapace di liberarsi nel cavo orale. Una simile rassicurante visione è frutto di approssimazioni notevoli, quali ritenere che i legami di tipo metallico che vengono a realizzarsi tra i componenti delle fasi siano paragonabili a forti legami di tipo covalente oppure, ancora, omettere il fatto che lamalgamazione non è un processo che avviene in rapporti stechiometrici bensì prevede un notevole eccesso di mercurio, il quale necessariamente permane in sovrabbondanza nella struttura dellamalgama cristallizzata, nonostante la più efficace condensazione. Daltra parte le reazioni descriventi il processo di amalgamazione di mercurio e lega si sono progressivamente complicate, con lintroduzione di nuove formulazioni per la fase gamma-1 e lidentificazione di una nuova fase metallica (30) nominata b1 (beta-uno), per la quale sono state proposte le composizioni 0.475Hg/0.45Ag/0.075Sn oppure 1Ag/1Hg La fase b1, contenente una quota minore di mercurio legato, rappresenta un evoluzione nel tempo della fase gamma 1 a cui consegue larricchimento della quota di mercurio libero nellamalgama, il quale può affiorare per capillarità verso la superficie sotto forma di gocce metalliche Il rilascio di mercurio da parte delle otturazioni in amalgama è da imputare quasi interamente a questo fenomeno fisico, mentre riveste un ruolo del tutto marginale la corrosione del materiale, i cui prodotti ne contengono solo minime percentuali. Contrariamente a quanto auspicato, laumento della resistenza alla corrosione degli amalgami non gamma-2 non ha affatto comportato una diminuita cessione di mercurio bensì esattamente il contrario, essendo stata eliminata proprio la fase più stabile dal punto di vista del sequestro di mercurio a favore di fasi più instabili. Lentità del mercurio introdotto in eccesso durante lamalgamazione, a cui si aggiunge progressivamente la quota che si libera per levoluzione del sistema di fasi, è presente in un quantitativo totale in grado di sostenere la cessione di mercurio per tutta la durata clinica dellotturazione.
RILASCIO DI MERCURIO IN VIVO Il rilascio di vapori di mercurio, ovvero della forma metallica Hg0, allinterno del cavo orale è ampiamente dimostrato a livello clinico ed è possibile ottenute precise misurazioni di concentrazione nei soggetti portatori di otturazioni in amalgama. I primi studi in tal senso, ad opera di Svare, hanno dimostrano concentrazioni basali almeno triple nellaria espirata da tali soggetti quando confrontati con soggetti privi di amalgame ed aumenti repentini nellemissione di mercurio durante la masticazione (25). Il protocollo sperimentale è stato successivamente migliorato da Vimy e Lorscheider, i quali hanno eliminato alcune variabili scarsamente controllabili legate alla misurazione del mercurio nel flusso daria espirato ed hanno sviluppato una metodica di campionamento direttamente dellaria intraorale (26). La nuova procedura di rilevamento ha conseguentemente permesso di arrivare ad una precisa determinazione del quantitativo di mercurio liberato dalle otturazioni in condizioni basali, senza carico masticatorio, e durante la masticazione (fig. 1). I risultati a cui sono giunti i due autori dimostrano una differenza significativa tra il livello di vapori di mercurio nel cavo orale di soggetti con otturazioni in amalgama e soggetti di controllo, privi di restauri ; per i primi il livello medio basale é di 4.91 +/- 0.90 mg /m3, contro lo 0.54 +/- 0.37 mg /m3 dei soggetti di controllo. Tale valore resta pressoché invariato nei pazienti privi di restauri anche durante la masticazione di chewing gum per cinque minuti consecutivi, mentre si innalza drasticamente fino ad un valore medio di 29.10 +/- 6.07 mg /m3 nei portatori di amalgame. Un ulteriore studio effettuato dagli stessi autori ha fornito dati di grande interesse circa la dinamica del rilascio di mercurio durante la masticazione, dimostrando che esso aumenta rapidamente fin dai primi minuti in cui lotturazione viene caricata (fig 2) e poi impiega un tempo eccedente i 90 minuti per ritornare a livelli basali (27). Numerosi altri fattori fisici possono esacerbare lemissione di vapori di mercurio tra cui i rialzi termici determinati dallingestione di cibi o bevande calde, le forze occlusali che si esercitano sulle superfici del restauro a seguito del bruxismo, lo spazzolamento, tutte le forme di bimetallismo orale ed anche lesposizione a campi elettromagnetici ad alta frequenza.
ESPOSIZIONE ED ASSORBIMENTO La principale via di assimilazione del mercurio liberato dalle otturazioni in amalgama è rappresentata dalla inalazione del vapore(fig 3), il quale è in grado di diffondere, con una efficienza prossima al 100%, a livello del letto alveolare ed è complessivamente assorbito, tenuto conto degli spazi morti funzionali, nella misura del 80% per via polmonare (33). La via intestinale, tipica delle forme organiche del mercurio, quale il metilmercurio contento nel pesce, non sembra essere particolarmente rilevante per lassorbimento della forma metallica Hg0. Tutte le altre forme chimiche di mercurio, tra cui gli ioni, sono scarsamente rappresentate nel quadro complessivo del rilascio da parte dellamalgama ed hanno, conseguentemente, un peso specifico pressoché irrilevante rispetto al vapore di mercurio. Altre vie di assorbimento note e documentate, anche se di modesta entità, sono per via della mucosa orale e direttamente tramite i tessuti dentino-pulpari esposti, al di sotto delle otturazioni, a concentrazioni elevatissime di mercurio. La dose di mercurio assorbita giornalmente, imputabile alle amalgame, è fortemente variabile da persona a persona e dipendente da numerosi fattori quali il numero di otturazioni nel cavo orale, la loro superficie complessiva e lo stile di vita. Esiste tuttavia il consenso nel ritenere che nel soggetto medio, con un numero medio di restauri, tale valore si attesti sui 10mg /die, con una variabilità individuale compresa fra 1.2 e 100 mg /die (27, 33). Tali valori sono da paragonare con i dati forniti dallOMS sullesposizione della popolazione generale alle varie fonti di mercurio(Tab I), da cui si evince che lamalgama è la principale sorgente di questo elemento, considerato che il consumo di pesce comporta un assunzione media di 2.4 mg /die, le altre fonti alimentari di 3.6 mg /die e linquinamento ambientale di 0.04 mg /die. (33)
DESTINO ORGANICO Il destino organico del vapore di mercurio, una volta assimilato, è la conversione nella forma ionica ad opera di una catalasi ematica o tissutale (13). La forma metallica Hg0 è fortemente liposolubile ed è in grado di superare direttamente la barriera emato-encefalica e placentare, dando origine a forme di sequestro dovute alla ionizzazione in tali tessuti ed alla conseguente impossibilità per la molecola di fuoriuscirne. Lemivita ematica del mercurio inorganico è particolarmente breve per via della rapida distribuzione ai tessuti ; la misurazione del mercurio ematico non rappresenta quindi un valido parametro di valutazione di forme di intossicazioni croniche (33, 3). Numerose sperimentazioni effettuate sugli animali impiegando traccianti radioattivi ed attraverso indagini autoptiche in soggetti portatori di amalgame hanno permesso di definire precisamente le caratteristiche di accumulo del mercurio inorganico, il quale, essendo un metallo pesante, è solo parzialmente eliminato attraverso le urine e le feci e presenta una forte tendenza a depositarsi nei tessuti. Tra i bersagli preferenziali di questo metallo si annoverano il Sistema Nervoso Centrale ed in particolare lipofisi, tutti gli organi parenchimatosi ed in particolar modo il rene, il fegato ed i tessuti ectodermici (33). Il sistema delle emivite del mercurio a livello tissutale è particolarmente complesso essendo un parametro sito specifico e risultante delle diverse forme biochimiche di sequestro che si realizzano nei diversi distretti dellorganismo. Bernard e Purdue hanno sviluppato delle equazioni empiriche che descrivono un modello multicompartimentale, caratterizzato da quattro sistemi con emivite diverse, compreso un compartimento con emivita pari a 27 anni (3). E da notare che i compartimenti non si identificano necessariamente con un tessuto bensì con un forma chimica di deposito che pertanto può esistere in diversi organi contemporaneamente. Vimy ha successivamente potuto sviluppare una routine di calcolo iterativo che simula la quantità totale di mercurio depositato nei tessuti dato un valore costante (fig 4) di assorbimento ed un lasso di tempo ed, al contrario, il tempo necessario al raggiungimento di un equilibrio (fig 5) nei quattro compartimenti descritti dalle equazioni (28) Se si considera una esposizione base di 30 mg /die, corrispondente, secondo gli autori, alla quantità di mercurio assorbita da un individuo portatore di 12 superfici ricostruite in amalgama i primi tre compartimenti raggiungono lequilibrio dopo 5, 100 e 300 giorni rispettivamente. La situazione é invece critica nel quarto compartimento, che non raggiunge lequilibrio prima dei 100000 giorni (270 anni !) ed incomincia a presentare un flesso solo dopo 10000 giorni (27 anni). Dai risultati si deduce che i primi tre compartimenti smettono di accumulare ulteriore mercurio dopo circa una settimana, tre mesi e mezzo e poco meno di un anno, mentre il quarto non si satura mai, determinando un crescendo continuo del contenuto totale corporeo. Sia gli studi su modelli animali (7) che gli esami tossicologici effettuati su tessuti prelevati da cadaveri (17) hanno confermato lesistenza di accumuli rilevanti di mercurio anche al livello di esposizione determinato delle otturazioni in amalgama ed hanno permesso una mappatura precisa degli organi bersaglio di questo fenomeno (fig 6).
CONSEGUENZE DELLINTOSSICAZIONE CRONICA : EFFETTI CLINICI E BIOLOGICI Le conoscenze scientifiche sulle conseguenze delle intossicazioni croniche di lunga durata sono tuttora limitate ed insufficienti. Molto è noto sulla tossicità acuta del mercurio, a cui si associa una sintomatologia franca, patognomonica e sovente drammatica, mentre scarsi sono invece i dati disponibili circa gli effetti clinici che si verificano a bassi livelli di esposizione, come nel caso dellamalgama. Il micromercurialismo è notoriamente un quadro patologico difficile da diagnosticare per via dellaspecificità e numerosità dei sintomi con i quali può presentarsi. A tuttora tutti gli studi epidemiologici hanno preso in considerazione popolazioni limitate ed una sintomatologia molto ampia, fornendo dati scarsamente significativi e mai conclusivi. Molto frequentemente esiste inoltre una notevole difficoltà nel valutare lentità e lesistenza stessa dei segni clinici : basti pensare a quanto sono difficilmente quantificabili alcuni sintomi di tipo psichiatrico quali la depressione e lirascibilità, a quanto é comune ed assolutamente non patognomonica la cefalea e di come sia del tutto soggettiva linterpretazione di stati quale laffaticamento. Da un punto di vista tossicologico non é possibile, allo stato attuale, definire un livello al quale si ha lassenza assoluta di effetti ne un livello di sicurezza per lesposizione della popolazione generale al mercurio, come si evince anche dai rapporti specifici dellOMS. Nella valutazione dei rischi connessi allesposizione cronica al mercurio occorre ricordare che può esistere patologia anche in condizioni di silenzio sintomatico, che certe manifestazioni possono non essere immediatamente riconducibili al mercurio a causa delle loro multifattorialità e che comunque può esistere il rischio di patologia, magari a lungo termine ed in via di possibilità. Nel caso specifico alcuni effetti sono dose dipendenti mentre altri, di natura allergica ed immunitaria, possono non esserlo. In alcuni casi esiste una notevole incertezza sullentità degli effetti in rapporto alla dose: come avviene per le radiazioni ionizzanti é possibile che esista una correlazione lineare tra dose ed effetto ma che, al di sotto di una certa soglia, gli effetti si perdano nel rumore statistico. In questi casi non necessariamente si potrà parlare di assenza di effetti ma piuttosto di impossibilità di misurazione. Come per le radiazioni, é probabile che anche per il mercurio esista un livello accettabile da un punto di vista del rapporto costi beneficio, ma non uno sicuro in senso assoluto.
REAZIONI ALLERGICHE Lallergia al mercurio sembra essere la sintomatologia legata dallamalgama con la maggiore incidenza nella popolazione e può presentarsi in forma localizzata, con reazioni confinate al cavo orale, oppure essere di tipo sistemico. Tipicamente possono comparire dermatiti, eczema, urticaria o reazioni eritematose, con linteressamento della faccia, del collo , delle braccia e delle gambe e del torace. La percentuale di pazienti palesemente allergici al mercurio contenuto negli amalgami si attesta su valori nellordine del 5%, ma occorre ricordare che vari studi hanno evidenziato reazioni di ipersensibilità cutanea al mercurio somministrato tramite patch test (tipicamente 0.5ml di una soluzione di cloruro di mercurio allo 0.1%) nel 2 - 35% dei soggetti portatori di otturazioni e che questi valori sono notevolmente maggiori nel caso vengano impiegate metodiche più sensibili quali il MELISA (Memory Lymphocyte Immuno Stimulatory Assey), originariamente sviluppato per lo screening degli epitopi allergenici dei farmaci a basso peso molecolare (23) Tale metodica é fortemente specifica e notevolmente più sensibile del patch test, riuscendo ad evidenziare anche soggetti normalmente negativi agli altri esami allergologici epicutanei. Attualmente molti casi di lichen planus sono attribuiti a reazioni di tipo allergico dipendenti dal otturazioni in amalgama ed una delle strategie terapeutiche frequentemente applicata prevede proprio la rimozione di tale materiale (21). Vari studi hanno cercato di perfezionare un protocollo diagnostico atto a predire il livello di beneficio atteso per il paziente affetto da lichen che si sottopone alla bonifica dei restauri in amalgama, ottenendo generalmente una sottostima dei risultati rispetto ai miglioramenti clinici successivamente registrati (20). In tal senso le reazioni dermocutanee ai test per contatto sembrano essere solo parzialmente correlate alla presenza di lesioni orali lichenoidi ed, in caso di negatività, non dimostrano lestraneità del mercurio nella eziopatogenesi del processo patologico.
EFFETTI SUL SISTEMA IMMUNITARIO Negli ultimi dieci anni grande attenzione é stata posta sulla capacità del mercurio inorganico di alterare la funzione del sistema immunitario. Ciò che sembra ormai certo é lesistenza di effetti dose dipendente coesistenti con altri dose indipendenti ma legati ad alcuni genotipi del complesso maggiore di istocompatibilità. La suscettibilità al mercurio é dunque anche un fatto di tipo soggettivo, per il quale non é possibile stabilire parametri e soglie certe. Attualmente si é a conoscenza del fatto che il mercurio mercurico é un potente stimolante dei linfociti T umani in vitro e che possiede, già alle concentrazioni riscontrabili comunemente nel sangue, notevoli capacità di legame sulla membrana cellulare e di captazione da parte del nucleo. Herrstrom ha dimostrato una bassa ma comunque significativa correlazione tra numero di otturazioni in amalgama ed alterazioni numeriche dei linfociti B e T, i T4 e T8, dei monociti ed dei granulociti, oltre che di fattori umorali quali le immunoglobuline di classe IgC, IgG1, IgC2, IgC3, IgG4, IgA, IgM, IgE, lalbumina, lalfa-1-antitripsina, loromucoside e gli anticorpi anti nucleo (8). Da tempo é nota la capacità del cloruro di mercurio e del mercurio metallico di indurre fenomeni di tipo autoimmune. A livello sperimentale sono stati impiegati in molti studi i ratti di razza Brown Norway come modello animale in quanto noti essere geneticamente suscettibili al mercurio. In questi ratti infatti basse dosi di cloruro di mercurio (50 mg /kg tre volte alla settimana) inducono una glomerulopatia autoimmune mentre a dosi più elevate (100 mg /kg tre volte alla settimana) compare anche proteinuria (9). Il meccanismo patogenetico con cui si instaura la patologia consiste in una attivazione policlonale dei linfociti B ad opera delle cellule T, con produzione di anticorpi diretti contro il self (membrana basale glomerulare, immunoglobuline, DNA, mieloperossidasi) che si dispongono poi in modo lineare lungo la membrana basale. Ad alti dosaggi di cloruro di mercurio si assiste alla comparsa di una glomerulonefrite membranosa con depositi subepiteliali di IgG che tende ad evolvere verso la sindrome nefrosica e la morte per insufficienza renale. Lo stato patologico é preceduto da un aumento della concentrazione di IgE circolanti. A tale proposito sembra essere un dato di particolare interesse il fatto che la specificità antigenica degli autoanticorpi antinucleolo isolati nei modelli sperimentali sia esattamente sovrapponibile con quella presentata dagli autoanticorpi circolanti nel siero di pazienti affetti da sclerodermia (14). In ulteriori esperimenti sullanimale é stata dimostrata la comparsa di reazioni autoimmuni anche a carico del polmone, con manifestazioni cliniche ed anatomia patologiche sovrapponibili alla sindrome di Goodpasture (1). Altri autoanticorpi che possono comparire nel ratto dopo esposizione al cloruro di mercurio sono gli anticorpi anti fosfolipidi (aPL), in particolare nelle forme anti cardiolipina (aCL) e lupus anticoagulante (LAC). Gli aPL possono avere un ruolo rilevante in alcune patologie tra le quali la trombosi vascolare, laborto spontaneo, la trombocitopenia, livedo reticularis ed affezioni neurologiche, mentre i LAC sono implicati nel lupus eritematoso sistemico. Gli effetti avversi dellamalgama sul sistema immunitario sono stati dimostrati da Hultman utilizzando un protocollo sperimentale che impiega il materiale in questione direttamente quale elemento sensibilizzante, impiantandolo nella cavità peritoneale di topi SJL/N in quantità variabili da 8 a 100 mg, per tempi complessivi di 10 settimane o 6 mesi. I risultati della ricerca hanno evidenziato ipergammaglobulinemia cronica, autoanticorpi circolanti anti nucleolo e depositi di immunocomplessi in tutti i soggetti con una distibuzione dose e tempo dipendente ed alterazioni della funzionalità delle cellule T e B spleniche (10). Lautore conclude il suo studio affermando che in condizioni di suscettibilità genetica e con un adeguato livello di esposizione, lamalgama può contribuire ad aberrazioni immunitarie che sfociano in fenomeni di autoimmunità. Tutti i dati sperimentali disponibili concordano nel sostenere il ruolo fondamentale della predisposizione genetica affinché si manifestino fenomeni autoimmuni. Tali effetti sono comuni a tutti i vertebrati ma dipendono da una suscettibilità legata a tre o quattro geni, alcuni dei quali facenti parte del complesso maggiore di istocompatibilità.
INTERAZIONI A LIVELLO DEL SISTEMA NERVOSO Le modalità con cui il mercurio provoca danni al sistema nervoso sono diverse da quelle riscontrabili a livello degli altri tessuti. Se a livello di altri organi il meccanismo tossico é legato principalmente alla inattivazione di enzimi a causa del legame con i gruppi sulfidrici, a livello della cellula nervosa il danno immediato del mercurio é da imputare alla sua azione perturbante la funzione elettrica. Come dimostrato sperimentalmente nei preparati di rana, lo ione mercurico é in grado di forzare il passaggio attraverso i canali del sodio e del calcio causando depolarizzione ed un marcato rilascio di neurotrasmettitori. A tale azione fa seguito da un blocco irreversibile dellemissione di neurotrasmettitore e quindi una paralisi funzionale del neurone stesso (15). La sintomatologia neurologica tipica dellintossicazione acuta é in parte spiegata dal repentino calo della concentrazione intrasinaptica di trasmettitori, mentre poco é noto in via di certezza per quanto riguarda le proporzioni e le conseguenze di questo fenomeno nelle esposizioni croniche a basso livello. Il rischio teorico di un effetto sommativo nel tempo é però ipotizzato ed altamente temibile, data la natura irreversibile della lesione. Tali preoccupazioni trovano una loro parziale conferma nella frequente osservazione che i danni neurologici derivanti da esposizioni professionali perdurano per tempi molto protratti, nellordine delle decine di anni, anche dopo la cessazione dellattività. Altri studi sulla biochimica della tossicità del mercurio hanno confermato lesistenza di inibizioni enzimatiche di notevole importanza ed in particolare della ADP ribossilazione, che costituisce un processo fondamentale del metabolismo delle proteine neuronali e della loro funzione nel contesto di reazioni formanti polimeri strutturali (31). Tramite linibizione dellenzima attuata dal mercurio viene impedita la formazione dellactina e della tubulina ribossilate, due proteine strutturali del citoscheletro, con conseguente produzione di intermedi inattivi e si altera la funzione di fattore di crescita della proteina B-50/43kDa. Leffetto finale dellinterferenza mercurio mediata sulla strutturazione terziaria delle proteine neuronali è la formazione di grovigli di neurofibrille anatomopatologicamente sovrapponibili a quelle riscontrate nel morbo di Alzheimer (18). Alcune delle ragioni per le quali non é possibile fissare un valore di sicurezza per lesposizione al mercurio risiedono proprio nellesistenza di questi gravi danni a carico di una popolazione cellulare permanente qualé quella neuronale, in cui ogni singolo insulto non viene compensato nel tempo ma anzi aggiunto ad i precedenti (16).
INTERFERENZA CON LA FUNZIONE RENALE La tendenza del mercurio derivante dalle amalgame ad accumularsi in notevole quantità nel rene è stata ampiamente dimostrata sia in animali quali la pecora e la scimmia sia nellumano ed ha indotto alcuni ricercatori a investigare gli effetto che tali innalzate concentrazioni di metallo provocano sulla funzionalità renale. Il fatto che il mercurio, già a bassissimi dosaggi, sia in grado di interferire con la funzione renale è un dato acquisito, al punto che attualmente una delle poche metodiche che permette di valutare con una approssimazione accettabile il livello di esposizione di un soggetto è basata proprio sulla analisi del profilo escretivo delle porfirine. Le porfirine sono una famiglia di molecole, intermedie nella biosintesi delleme, con un scheletro composto da un numero di atomi di carbonio variabile da cinque a otto che vengono escrete con le urine secondo un preciso pattern. Il mercurio, causando unalterazione del metabolismo delle porfirine a livello del tubulo prossimale, porta a delle alterazione del profilo escretivo con un progressivo e notevole innalzamento del livello delle porfirine con quattro e cinque atomi di carbonio e la comparsa di una porfirina anomala, denominata precoproporfirina, in modo fortemente dose dipendente con il livello esposizione (32). Limpiego di tale metodica valuta la dose di mercurio assorbita in base alleffetto su di un tessuto bersaglio, quale è appunto il parenchima renale, permettendo di superare le imprecisioni e la non linearità della quantificazione dellesposizione attraverso la misurazione del mercurio escreto con le urine. I danni renali mercurio mediati possono essere di vario tipo ed attribuibili a processi patogenetici diversi: oltre alla tossicità diretta possono comparire lesioni più gravi dipendenti dalla produzione di auto anticorpi diretti contro le componenti glomerulari, come dimostrato nei modelli animali. Le conseguenze di reazioni autoimmuni, tipicamente non dose dipendente, sono la comparsa di quadri di glomerulonefrite in soggetti geneticamente suscettibili. La nefrotossicità del mercurio è stata valutata attraverso la misurazione di alcuni enzimi cellulari tipici dellepitelio tubulare quali la g-glutamyl transferasi ed enzimi lisosomiali quali la b-galactosidasi renale, la b-glucuronidasi e la N-acetil-b-glucosaminidasi (NAG), rilevando un leggero aumento di questultimo nelle urine di pazienti con in amalgama (6). Maggiori informazioni circa limpatto del mercurio amalgamale sulla funzione renale è stato valutato da Boyd misurando la clearence dellinulina ed il riassorbimento degli elettroliti in 8 pecore a cui sono stati realizzate 12 otturazioni occlusali. Nelle pecore esposte allamalgama la clearence dellinulina raggiunge una perdita di efficienza pari al 54% già dopo 30 giorni, mentre aumenta lescrezione del sodio, quale indicatore di un impedimento funzionale nel riassorbimento tubulare (4). Le alterazioni riscontrate sembrano imputabili, secondo lautore, allinterazione tra il mercurio ed i gruppi sulfidrici presenti a livello di membrana, che porta a variazioni della permeabilità ed inattivazione enzimatica.
MUTAGENICITA DEL MERCURIO La potenziale mutagenicità del mercurio deriva dalla sua capacità di legame chimico con lacido ribodesossinucleico e quindi nella possibile alterazione dei meccanismi di replicazione del materiale genetico. Dati interessanti emergono dagli studi sperimentali di mutagenesi nelle cellule di ovaio di cavia (AS52), in cui si é osservato il legame del mercurio al DNA in modo dose dipendente. A concentrazioni di mercurio lontane dallessere citotossiche (da 0.1 a 0.4 microM) si assiste ad un aumento della frequenza di mutazione del gene gpt, variabile tra 1.7 e 3.1 volte rispetto ai controlli non trattati (10). In maniera similare il cloruro di mercurio è in grado di indurre mutazioni in cellule di linfoma murino e danni al DNA nel topo e nel ratto. Il quadro completo degli effetti possibili é complesso e dipende dalla forma chimica del mercurio: frequentemente si assiste ad una incapacità dei composti ad indurre mutazioni puntiformi nei batteri ma alla comparsa di effetti clastogenici nelle cellule eucariote, dovuti allazione inibitrice della superspiralizzazione attuata attraverso il legame del mercurio con gruppi sulfidrici. La conseguenza dellinterazione con i meccanismi di replicazione porta alla comparsa di figure mitotiche C e conseguente aplopia o poliplopia delle cellule emergenti (5). Altro fenomeno legato al mercurio capace di causare danni al DNA é linibizione delle reazioni che conferiscono alla cellula le capacità riparativa del materiale genetico.
EFFETTI SULLA FERTILITÀ FEMMINILE Vari studi effettuati sulle assistenti dentali hanno evidenziato un calo della fertilità legato alla quantità ed alle modalità con cui vengono preparati gli amalgami per otturazione. La più grande indagine di questo tipo é stata realizzata da Rowland, che ha inviato dettagliati questionari a 7000 assistenti dentali californiane ed ha successivamente selezionato una popolazione di 418 soggetti significativi in quanto rimaste incinte nei precedenti quattro anni. Informazioni dettagliate sul numero di amalgame preparate alla settimana, sulle modalità operative e sul numero di cicli mestruali privi di copertura contraccettiva richiesti per il concepimento sono state raccolte tramite intervista telefonica. La fecondabilità media, intesa come probabilità di concepire per ciclo mestruale, calcolata nelle assistenti dentali fortemente esposte é risultata essere del 63%, confrontabile con il 95% nelle colleghe non esposte al mercurio (19). Nessuno studio finora eseguito ha misurato quantitativamente lesposizione tramite campionamenti dellaria respirata o valutazioni dei livelli di mercurio escreti.
PASSAGGIO VERTICALE AL FETO E TOSSICITÀ FETALE La distribuzione del mercurio ai tessuti del feto é un evento che normalmente dipende dalla preventiva esposizione della madre, anche se questa può in effetti essere piuttosto lontana nel tempo a causa della lunga emivita dellelemento nei tessuti materni ed alla presenza di fenomeni di ridistribuzione. Diverse evidenze scientifiche dimostrano il passaggio del mercurio attraverso la barriera placentare, con modalità simili a quanto accade a livello della barriera ematoencefalica. Una di queste dimostrazioni é stata fornita da Vimy che ha monitorato in total body scan il passaggio verticale del mercurio in una pecora. I suoi risultati illustrano come i valori ematici del mercurio raggiungono un livello di picco nel sangue materno, nel liquido amniotico e nel sangue fetale dopo 48 ore dallesecuzione di restauri in amalgama contenenti il tracciante radioattivo 203Hg nella dentatura della pecora e come tali livelli rimangano costantemente elevati per tutta la durata dellesperimento, ovvero 140 giorni (29) Valori di mercurio riportati dallautore a fine esperimento sono stati di 4 ng/g per il sangue materno ed il liquido amniotico e 10 ng/g nel sangue fetale. Dallinsieme delle misurazioni comparative fatte a livello sperimentale nellanimale emerge, come del resto prevedibile, che non tutte le forme chimiche del mercurio hanno la stessa capacità di attraversare la barriera placentare. Le due forme in assoluto più diffusibili sono il mercurio metallico ed il metil mercurio a causa della loro liposolubilità. Per quanto riguarda la forma elementare, ovvero il mercurio metallico Hg0, il superamento della barriera placentare coincide con la rapida ossidazione alla forma divalente e, parallelamente a ciò che avviene a livello del sistema nervoso, al sequestro tissutale determinato dalla impossibilità a retrodiffondere per la molecola ionizzata. La concentrazione totale del mercurio nel sangue del nascituro risulta pertanto superiore a quello misurata nel sangue materno (11) Poco è noto su gli effetti determinati dal mercurio sullo sviluppo fetale. Alcune ricerche di particolare interesse indicano lesistenza di alterazioni nello sviluppo del sistema nervoso già a basse concentrazioni di mercurio nei tessuti, a livelli paragonabili a quelle potenzialmente riscontrabili nel cervello di feti umani. Soederstroem ha dimostrato lesistenza di alterazioni rilevanti nella distribuzione del NGF (Nerve Growth Factor) e dei sui recettori p75 a bassa affinità e p140 ad alta affinità nei tessuti cerebrali di feti di ratti esposti ai vapori di mercurio (22). Simili anomalie biochimiche sono presenti già ad una concentrazione tissutale di mercurio pari a 4 ng/g
INDUZIONE DI RESISTENZA BATTERICA La grande adattabilità dei batteri allambiente é ancora una volta dimostrata dalla loro capacità di sviluppare meccanismi di resistenza al mercurio. Mentre molte forme di resistenza ai metalli sono comuni a batteri che trovano il loro habitat nel terreno o negli scarichi di tipo industriale, la mercurio-indifferenza ai composti organici ed inorganici é una caratteristica frequente delle flore batteriche intestinali dei mammiferi. Il meccanismo biochimico che determina la diminuzione della tossicità nei confronti dei batteri resistenti é la conversione dello ione Hg++, particolarmente attivo, nella forma Hg0, meno dannosa per il metabolismo del microrganismo. La reazione avviene ad opera di una Hg++ riduttasi citoplasmatica ed un sistema di trasporto costituito da due oppure tre proteine che trasferiscono il mercurio dalla membrana cellulare allambiente intracellulare. Lintero sistema proteico é codificato da un operone mer, di origine plasmidica, ed é sotto il controllo sia positivo che negativo della proteina MerR, capace di legare il DNA e dotata di una spiccata affinità per il mercurio.
La comparsa di resistenze verso il mercurio, in apparenza poco rilevante per luomo, é invece un fenomeno allarmante e potenzialmente pericoloso in quanto associato ad una simultanea induzione di resistenze nei confronti di comuni antibiotici ampiamente utilizzati in medicina. La presenza di flora batterica resistente é un fattore individuale che presenta variazioni della percentuale di elementi resistenti comprese tra il 10% ed il 90%, ma la correlazione tra mercurio resistenza ed antibiotico resistenza é stringente. I lavori sperimentali della Summers dimostrano come lesecuzione di otturazioni nelle scimmie porti ad un prevedibile aumento della concentrazione fecale di mercurio accompagnato dalla comparsa di numerose speci batteriche resistenti. Sia i gram negativi appartenenti alla famiglia Enterobatteriaceae che gli enterococci gram positivi e gli streptoccocchi orali presentano un marcato aumento del numero di elementi resistenti nei confronti dellampicillina, della kanamicina, del chloramfenicolo e della tetraciclina già dopo due settimane dallesecuzione delle otturazioni, come verificabile tramite replica plating su terreni selettivi (24). Da un punto di vista biologico e molecolare la resistenza congiunta al mercurio ed agli antibiotici é facilmente spiegata dallesistenza di plasmidi che trasferiscono congiuntamente i geni responsabili della indifferenza a più sostanze. In questo caso il mercurio diventa un elemento di selezione per i batteri dotati di plasmidi e quindi del corredo genetico necessario alla sopravvivenza ma determina simultaneamente un arricchimento anche per quanto riguarda i geni cotrasportati relativi alla antibiotico resistenza (12) Il fatto che le trasmissione del genotipo resistente avvenga tramite plasmidi, e quindi tramite meccanismi di fertilità batterica, apre la possibilità che batteri saprofiti trasferiscano, nel contesto della loro stessa famiglia batterica, fattori di resistenza ad altri batteri invece patogeni.
CONCLUSIONE Il rilascio di mercurio da parte delle otturazioni in amalgama è oggi un fatto acquisito e ben documentato e ben documentabile con metodiche selettive, tipo Spettrofotometria ad Assorbimento Atomico per esempio. Molto utile il Test per la Ricerca dei Metalli Tossici Urino-Fecali (TMTUF) . Il meccanismo di assorbimento ed il destino biologico allinterno dellorganismo è ben conosciuto, cionondimeno le conseguenze dellintossicazione cronica che ne deriva sono tuttora poco comprese e studiate e necessitano di essere approfondite attraverso studi sperimentali ed epidemiologici affidati a specialisti dei diversi settori della medicina. Ulteriori dati sono necessari rapidamente circa la soggettività genetica della risposta immune ed allergica al mercurio, al fine di poter identificare quei soggetti che, in modo maggiore di altri, risentono dellimpiego dellamalgama quale materiale da otturazione. Alla luce dei dati scientifici oggi disponibili occorrerebbe iniziare a considerare lamalgama al pari di una farmaco e quindi dotato, in quanto tale, di specifiche indicazioni, di controindicazione ed, inevitabilmente, di effetti collaterali.
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Sono passati piu' di 50
anni da quando il Dott. Leo Kanner, uno psichiatra della Johns
Hopkins University, scrisse il primo articolo coniando il termine
'autismo' riferendosi ad un gruppo di bambini contraddistinti
dallatteggiamento comune di chiusura in loro stessi e da severi
problemi di socializzazione, di comunicazione e comportamentali. Lo studio Yokohama (Yokohama Rehabilitation Center, Giappone, 2005) ha riscontrato 1,61% di nati autistici (un nato su 62).
Attualmente secondo The
Lancet(Lancet Publishing Group), in Inghilterra nascerebbero 1,16 %
di bambini autistici. The Lancet (www.thelancet.com) è considerata
una delle cinque principali riviste mediche del mondo, assieme a New
England Journal of Medicine, Journal of the American Medical
Association, British Medical Journal e Canadian Medical Association
Journal. Negli U.S.A. Lincidenza
dellautismo è aumentata del 900% dal 1992 al 2001. Nel 2005 vi sono
stati 4,5 casi per 10.000 nati. (Fonte www.wikipedia.org). Lautismo nel Regno Unito
colpisce più di un bambino su 80. (Fonte
http://www.epha.org - European Public Health Alliance) Ms. Kathy Sinnott
(deputato irlandese del Parlamento Europeo, e militante per il
riconoscimento dei diritti dei diversamente abili) sottolinea come
lautismo possa considerarsi ormai endemico in Europa, tanto da
richiedere interventi istituzionali, in primis ad opera della
Comunità Europea. La commissione Europea ha già da tempo affermato che lautismo sta diventando la disabilità evolutiva con la maggiore incidenza.
In Italia secondo dati
Eurispess vi sono solo 6-10 nati autistici su 10.000. Il Corriere
della Sera del 19/2/07 riporta 60 nati su 10.000. Viste le grandi
discrepanze tra i dati italiani ed europei, sorge il dubbio, che a
causa delle difficoltà diagnostiche, in Italia il fenomeno sia
ancora sottovalutato e ridimensionato.
Migliora la diagnosi, aumentano i casi Lincidenza dellautismo
è un fenomeno considerato in crescita. In Italia, secondo i più
recenti dati Eurispes, sono autistici fra i 6 e i 10 bambini su
10mila. Un problema che se considerato allinterno dei disturbi
psichiatrici in età evolutiva, indica che il 3% dei soggetti fra i 3
e i 18 anni che soffrono di problemi mentali, è affetto da autismo.
Un fenomeno che incide pesantemente anche sui costi di assistenza.
Un resoconto pubblicato nel 2001 in Gran Bretagna sottolinea come il
costo sostenuto per individui autistici con ritardo mentale si
aggira intorno ai 1337 euro lanno; se, invece, le funzioni
cognitive e intellettive sono nella norma, la cifra scende a 405
euro. E proprio dalla Gran Bretagna arriva uno studio secondo il
quale il fenomeno è sottostimato. Il problema, dicono i ricercatori,
è capire se si tratti di un effettivo aumento della prevalenza o se
interferiscano altri aspetti come le modifiche ai criteri
diagnostici, i differenti metodi di accertamento o la variazione
nella valutazione di aspetti come larea di provenienza del soggetto
autistico nonché di parametri come letà o il quoziente
intellettivo.
RETE DELLA PESCA GENETICA
Un nuovo metodo statistico per le indagini genetiche ha permesso di
'intrappolare' un gene responsabile dell'autismo. Infatti, grazie ad
una tecnica di analisi di sottoinsiemi ordinati (ordered-subset
analysis, OSA) che integra i dati di famiglie in cui sono presenti
mutazioni simili, soprannominata anche 'rete per la pesca genetica',
e' stata isolata una variante genetica che predispone alle sindromi
autistiche nel gene per la subunita' 3 del recettore per l'acido
gamma-aminobutirrico (GABRB3). Lo studio statunitense, pubblicato
sulla rivista 'American Journal of Human Genetics', suggerisce che
potrebbe servire a trovare le cause di altre malattie, in cui i
fattori genetici si intrecciano a quelli ambientali, come la
sclerosi multipla, l'ipertensione e il diabete.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI
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E' la scienza che studia le interazioni
a livello psicofisico tra gli organismi viventi, vegetali, animali
ma soprattutto l'uomo, e il "sito" fisico dove essi si sviluppano e
soggiornano a lungo.
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La diagnosi di un esperto può rilevare eventuali nodi energetici nella tua abitazione, allontanandoti da radiazioni elettromagnetiche naturali disturbate e darti indicazioni per ridurre al minimo l'esposizione ai campi magnetici artificiali
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Si tratta di una malattia in forte aumento,
caratterizzata da dolori diffusi in buona parte dei muscoli e
giunture, ai quali si possono aggiungere altri disturbi come
rigidità, depressione, stanchezza, allergia, emicrania ed altri.
Circa il 4% della popolazione dei paesi industrializzati
delloccidente ne soffre, e l80-90% dei colpiti è di sesso
femminile. Poiché i sintomi della fibromialgia sono comuni anche ad
altre malattie è necessaria una diagnosi iniziale approfondita per
escludere lesistenza delle altre malattie con le quali la
fibromialgia potrebbe essere confusa.
ciò provoca una stimolazione eccessiva dei recettori del dolore ed un aumento dei fattori ossidanti e radicali liberi.
Utile il monitoraggio del gene del DNA che regola l'equilibro delle
inteleuchine 6 e10 (rsipettivanente inafiammatorie ed
antianfiammatorie) che allorchè positivo predisporrebbe all'ainsorgenza
della patologia. Integratori specifici per la Fibromialgia
Melatonina coniugata (2 mg di melatonina + 9 mg di Adenosina + 2 mg
di Glicina) -forte antiossidante; favorisce anche il miglioramento
del ciclo sonno-veglia, spesso disturbato in pazienti affetti da
fibromialgia. Si trova nelle farmacie, dosaggio consigliato 1 o 2
cps prima di andare a letto. Per la componente infiammatoria: Omega 3 -EPA, 2g al giorno . Ciclo di 2-3 mesi. Boswelia carteri 400mg. Fitoterapico specifico per affezioni autoimmuni ed infiammatorie; Enzimi; hanno un effetto benefico in molte patologie infiammatorie, sempre ad alte dosi e su prescrizione medica. Ciò vale anche per gli altri integratori sopraelencati che, per quanto naturali, se assunti (nelle elevate dosi necessarie per procurare un effetto benefico) senza la consulenza di un medico esperto in questa tematica, possono provocare problemi (ad es. la melatonina non deve essere assunta da chi soffre di depressione o sta cercando di avere un figlio, lOmega 3 non va assunto così come vitamian A ed E, se non sotto controllo medico, da coloro che soffrono di problemi nella coagulazione del sangue e comunque prima di interventi chirurgici, mentre, il magnesio è controindicato la sera per chi ha problemi d'insonnia ed irrequitezza o per chi ha sofferto di disturbi renali (sentite semore il Vs medico ), il D-Ribosio `non va assunto se concomitano livelli elevati di acido urico.
ATTENZIONE: le indicazioni sopra riportate hanno valore puramente informativo e sono rivolte al personale medico. Queste informazioni NON devono essere interpretate come prescrizione medica né come sostituzione al parere medico individuale. Rivolgetevi al proprio medico curante oppure al centro AIMO.
DISBIOSI INTESTINALE/CANDIDOSI
E' importante ripristinare l'integrità della mucosa intestinale. Vi
e' infatti una connessione tra numerose malattie e la "leaky gut
syndrome" (sindrome dell'intestino permeabile), in cui la mucosa
intestinale danneggiata e non perfettamente integra, permette a
varie particelle di cibo non completamente digerite, di passare nel
circolo sanguigno, dove provocano vari effetti dannosi (allergie ed
altri). Per ripristinare l'integrita' della mucosa intestinale: RESPIRAZIONE CUGNE'
Utilissima per svariati motivi: IL FERRO Vari studi dimostrano che livelli di ferro considerati "normali", ma
tendenzialmente alti peggiorano molti stati di malattie croniche. Il
ferro è un elemento ambiguo, in quanto è necessario per
l'emoglobina, ma se in eccesso, è tossico per le cellule. Non per
niente in passato si trattavano molte malattie con i salassi! Un
abuona norma è quella di assicurarsi che non vi sia ferro nei vari
integratori. IPOSSICO TERAPIA (vedi sempre sul sito l'articolo sulla rassegana stampa di Medicina Naturale - Maggio 2007) Vi è una vasta letteratura in merito. Utile nel contesto della
fibromialgia in quanto è uno stimolo potente per l'organismo ed i
processi metabolici a livello cellulare, migliorando il rilascio di
ossigeno a livello cellulare e dimuniendo l'acidosi metabolica
locale fonte di stimolo doloroso. METALLI PESANTI Vale la pena di effettuare il test dei metali tossici urinari, fecali ed il test degli aminoacidi urinari, mentre l'analisi del capello fornisce risultyati non sempre univoci, comunque da interpretare da parte di personale esperto.
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Negli ultimi anni si è assistito ad importanti progressi nelle metodiche diagnostiche e terapeutiche - si legge nella relazione - nell'anno 2003 le malattie gastroenteriche ed epatobiliopancreatiche hanno rappresentato la prima causa di ricovero in Italia: sono stati, infatti, 1 milione 557.136 quelli in regime ordinario e day hospital, pari al 12,16% dei ricoveri nazionali. Pur godendo di una diffusione non omogenea sul territorio nazionale, l'affermarsi delle tecniche endoscopiche ed ecografiche - commenta il ministero - ha permesso a un numero crescente di pazienti di ricevere trattamenti chirurgici sempre meno invasivi, dunque di ridurre l'ospedalizzazione degli ammalati", precisa. "Da un lato, quindi - conclude - si assiste ad una graduale diminuzione dei costi per la sanità pubblica, e dall'altro si riduce, oltre ai costi economici per le famiglie, anche lo stress psicologico legato alla degenza del familiare ammalato. Inoltre, le Unità operative di Gastroenterologia e i Servizi di Endoscopia digestiva sono fortemente coinvolti negli screening sulle malattie neoplastiche,e rappresentano dunque una risorsa strategica nella lotta ai tumori tout court, dal momento che il cancro al colon-retto, dal 1990, rappresenta il secondo tumore per incidenza sia fra gli uomini che fra le donne". Si tratta di una malattia in forte aumento, la cui prevenzione è possibile ed auspicabile attraverso la pratica diagnostica della colonoscopia.
Definizione
Una colonoscopia è un esame interno ed incruento del
grosso intestino realizzato per mezzo di uno strumento denominato
colonscopio che in sostanza è una piccola macchina fotografica
fissata ad un tubo flessibile.
E obbligatoria una pulizia completa intestinale. Le
istruzioni per fare questo esame verranno fornite dallesecutore
dellesame ed includerà,: clisteri evacuativi digiuno da alimenti
solidi 2 o 3 giorni prima della prova e lassunzione di lassativi.
Dieta di Preparazione alla colonscopia (da effettuarsi nel pomeriggio)
Il giorno precedente l'esame: Ore 7.00 sciogliere le 4 buste di SELG-ESSE in 4 litri di acqua. Bere un quarto di litro ogni quarto d'ora.
L' evacuazione inizia mediamente dopo 2-3 ore.
Durante l'esame
Lequipe di orienteering dispone di un esperto
anestesista che renderà questo esame praticamente indolore riducendo
al minimo qualsiasi tipo di stress, grazie alla somministrazione di
una blanda sedazione che garantisce un piacevole rilassamento e
lassenza assoluta di qualsiasi sintomo di fastidio successivo al
test.
Risultati Risultati normali corrispondono ad un intestine sano, ma cosa indicano dei risultati anormali?
Ulteriori condizioni nelle quali è opportuno ricorrere alla colonscopia
Rischi potenziali legati alla pratica della colonoscopia
Informazioni importanti
Nel settore dello screening la Colonscopia è una
delle più importanti armi per combattere il cancro del colon, è un
esame indispensabile in popolazioni a rischio (familiarità, diagnosi
pregressa di polipi o carcinomi colorettali, presenza di malattie
infiammatorie intestinali croniche). Nei tumori del grosso
intestino, la colonscopia è l'esame con maggiore accuratezza
diagnostica (sensibilità e specificità superiori al 96%). In
presenza di polipi, oltre alla diagnosi, è possibile il trattamento
delle lesioni.
Potete mangiare una prima colazione normale, ma
niente alimenti solidi dopo mezzogiorno. Bevete soltanto liquidi
liberi preferibilmente acqua per pranzo. Non bevete liquidi di
colore rosso, arancione o viola, compreso o gelatine o marmellate. Il giorno della colonoscopia
È importante bere molti liquidi prima della vs
colonoscopia per mantenervi idratati. Dovreste continuare a bere i
liquidi, preferibilmente acqua a basso residuo fisso (in feriore ai
50 mg/l) e/o caffè nero o the verde fino a 2 ore prima del vostro
esame. Dovrete interrompere i liquidi 2 ore prima dellesame.
Recupero dopo l'esame
Dopo la colonoscopia |
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L'intestino "irritabile" rappresenta un insieme di disturbi addominali concentrati a livello del basso intestino, nella zona del colon. I sintomi più diffusi sono :
Questi sintomi vengono spesso identificati con il termine generico di colon irritabile oppure di colite mentre il nome scientifico inglese è Irritable Bowel Syndrome (noto anche con labbreviazione I.B.S.). In realtà non si tratta di una vera e propria malattia, quanto piuttosto di una serie di fastidi collegati a disordini intestinali di varia natura, spesso dovuti a fattori di disagio come stress, ansia, alimentazione o abitudini di vita poco sane. Questo spiegherebbe perché, rispetto a 15 anni fa, le persone che oggi manifestano disturbi da intestino "irritabile" sono raddoppiate. Le statistiche dicono anche che almeno una volta nella vita, oltre 1/3 della popolazione adulta presenta sintomi ricollegabili all'intestino "irritabile".
Le più colpite sembrano essere le donne, in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini. Però bisogna considerare che le donne si recano dal medico più spesso. Lintestino "irritabile" non è una vera e propria malattia ma un insieme di disturbi. I sintomi sono molto comuni, quindi anche per il medico non è sempre agevole fare una diagnosi immediata. In generale, si manifesta con dolore o fastidio e tensione alladdome, percepito anche come sensazione di gonfiore accompagnato da meteorismo, con flatulenza ed eruttazione frequenti. Altri sintomi sono collegati ad alterazioni dellevacuazione.
Possono verificarsi le due situazioni opposte: più di
tre volte al giorno oppure meno di tre volte a settimana. Nella maggior parte dei casi, è stato riscontrato che le persone con intestino "irritabile" hanno un nemico comune: lo stress psicologico, spesso accompagnato da stati di ansia e di agitazione. Gli eventi stressanti, infatti, tendono ad acuire i dolori gastrointestinali. Allo stress si collegano anche alcune cattive abitudini che caratterizzano il nostro stile di vita: viviamo assecondando un ritmo frenetico e trascuriamo il nostro benessere. Tra le cattive abitudini, rientrano tutte quelle legate allalimentazione, cui non poniamo attenzione, commettendo comunissimi errori comportamentali, quali:
Tra gli errori legati alla dieta che influiscono sulla "irritabilità" dellintestino, i più comuni sono:
Altra pessima abitudine è la sedentarietà, che di solito attribuiamo alla mancanza di tempo. Anche la tendenza a non assecondare lo stimolo della defecazione per motivi sociali (limbarazzo o il rifiuto di utilizzare un bagno estraneo quando si trascorre molto tempo fuori casa) può contribuire.
Altre cause possono influire sull"irritabilità" dellintestino Anche alcuni farmaci possono risultare "irritanti" per lintestino. Gli antibiotici, per esempio, possono alterare la flora batterica intestinale, presente proprio nel colon e costituita da migliaia di microrganismi che proteggono il nostro sistema immunitario e contribuiscono alla regolarità delle funzioni intestinali.
Sulla scorta della Nutrigenomica sembrano sussistere correlazioni
predisposizionali all'intestino irritabile , dipendenti da fattori
genetici o ad una cosiddetta diatesi predisposizionale.
Consigli utili per guarire dalla IBS I sintomi dellintestino "irritabile" possono essere molto fastidiosi capaci di danneggiare la qualità di vita individuale, creando disagi nello svolgimento delle attività di tutti i giorni.
VI SIETE MAI SOTTOPOSTI AD UNA GASTROCOLONSCOPIA ?
Per alleviare i sintomi, si ricorre a farmaci: antispastici per i dolori acuti, antidiarroici oppure, nel caso contrario, con lassativi, sempre però sotto attento controllo medico. A volte, visto che lo stress è la causa più frequente, può essere d'aiuto anche l'utilizzo momentaneo di blandi sedativi che comunque non può e non deve essere protratta troppo a lungo nel tempo. Un abuso di lassativi, per esempio, al momento può alleviare un periodo di stipsi ostinata, ma alla lunga può provocare assuefazione e la cosiddetta Melanosi Intestinale (un pericoloso effetto collaterale dei farmaci lassativi che può sfociare in situazioni degenerative e talora cancro). La strategia più efficace è modificare lo stile di vita, correggendo soprattutto le abitudini alimentari.
Qualche indicazione utile:
Per chi ha lintestino "irritabile" è consigliabile l'esecuzione di uno studio delle flora saprofiotica fecale, sulla quale è possibile poi pianificare strategie e terapie probiotiche mirate. Inoltre nell'IBS è prevista una dieta personalizzata adeguata ai fabbisogni nutrizionali dellorganismo. Bisogna infatti tenere conto dei sintomi predominanti, che variano da persona a persona, ed evitare l'assunzione di quegli alimenti che potrebbero acuirli.
Di solito, per tutti è indicata unalimentazione a basso contenuto di grassi e con un maggior apporto di proteine e di fibra. La fibra, infatti, se assunta correttamente, migliora la regolarità intestinale. La fibra la si assume da cereali, ortaggi e frutta fresca, oppure da supplementi integrativi della dieta. Gli studi più recenti promuovono la terapia dietetica integrata con preparati a base di fibre idrosolubili non gelificanti. Si tratta di fibre, cioè, che hanno la caratteristica di rimanere sempre liquide nell'intestino e di evitare gli inconvenienti degli integratori di fibre tradizionali.
Se vuoi saperne di più, contatta AIMO allo 06.3115961/06.3315943, oppure scrivi ad aimo@aimo.it
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indice dei punti trattati:
L'intestino "irritabile" rappresenta un insieme di disturbi addominali concentrati a livello del basso intestino, nella zona del colon. I sintomi più diffusi sono :
1.0 Terminologia Il termine ³ortomelocolare² venne introdotto da Linus Pauling (premio Nobel: ³...la medicina ortomolecolare si occupa del mantenimento di una buona salute e della cura di alcune malattie tramite il cambiamento della concentrazione di sostanze che si trovano, per natura, nell¹organismo e gli sono necessarie²). Nel seguente testo sono trattati cinque dei frequenti disturbi metabolici con delle notevoli conseguenze psichiche e il loro trattamento, come proposto da PFEIFFER: - Istapenia: Scarsa produzione metabolica di istamina nell¹organismo. - Istadelia: Eccessiva produzione metabolica di istamina nell¹organismo. - Pirroluria: Esagerata escrezione di Zn e di vit. B6 nell¹urina. - Allergia cerebrale: Ipersensibilità dell¹organismo a determinate sostanze (spesso alimentari). - Ipoglicemia: Ipersensibilità regolatoria (insulina, glucagone) dell¹organismo ai carboidrati. Sintomi cerebrali: I cinque disturbi metabolici / ormonali / regolatori descritti sopra, possono creare sintomi che in psicopatologia si definiscono con forme psicotiche, schizoidi e più raramente nevrotiche.
2.0 Anamnesi per disturbi psichici Il seguente catalogo raccoglie domande relative allo stato psico-somatico di un paziente e permette poi di trarne delle conclusioni circa l¹inclinazione verso uno dei cinque disturbi metabolici citati.
Download "Anamnesi frequenti disturbi psichici" .pdf
Istapenia e istadelia si escludono a vicenda, negli altri casi ciascuna di loro può combinarsi liberamente. La valutazione dei sintomi dipende dal terapista. Personalmente tengo in considerazione solo ³forti incidenze²: se la percentuale dei sintomi di una voce è maggiore del valore medio della voce più la deviazione standard* di tutte le voci, è discutibile! Consigliamo vivamente un test di laboratorio (significante) per i diversi micronutrienti di cui si sospetta ci sia carenza in base all¹anamnesi e ad altri indici di visita. Deviazione standard è una misura per la variazione di singoli valori statistici intorno al valore medio che viene definito con una formula complicata. Visto che la mia calcolatrice, contrariamente a me, lo calcola automaticamente, nelle funzioni statistiche mi servo di lei per avere un criterio oggettivo di calcolo. In realtà non è più oggettivo dell¹occhio clinico del terapista che deve comunque valutare in base a dei criteri non oggettivabili se un valore incide o meno. 3.0 Esempio di valutazione Il Sig. Pinco Pallino (55 anni, artigiano in proprio, sposato senza figli) accusa stanchezza, irascibilità, cambiamenti d¹umore frequenti in giornata, nervosismo, dimenticanza, difficoltà di concentrazione, ansie, mal di testa, attacchi di sudore (freddo) e altri disturbi di percezione, emotività e comportamento. Negli ultimi tempi soffre spesso di vertigini, freddo e leggere parestesie alle gambe e mani. Si preoccupa perché ha sentito dire che è una conseguenza del fumo (20 sigarette al giorno). Mi dice inoltre che gli esami clinici fatti eseguire dal suo medico (check-up abituale) erano regolari e quest¹ultimo gli avrebbe consigliato di smettere di fumare e di evitare lo stress. Sospetto dei disturbi metabolici concernenti un regolare approvvigionamento energetico dell¹organismo ed eseguo prima di tutto un¹ ³anamnesi² come sopra citato con i seguenti risultati:
I sintomi di istapenia e istadelia sono equilibrati, anche se il paziente ha valutato ca. 1/3 ciascuno dei sintomi. Vuol dire che avverte anche sintomi ³deboli² oppure che la regolazione della produzione di istamina è piuttosto ipersensibile. Dei rimanenti tre, la pirroluria è valutata con ca. 1/3, l¹allergia cerebrale con ca. 1/4 dei relativi sintomi, valori che si trovano ³nell¹ambito caratteristico soggettivo di valutazione del cliente². Emerge però nettamente con 88% il valore per l¹ipoglicemia regolatoria. Secondo i miei criteri (discutibili) la soglia d¹incidenza è a 44%+25% = 69%. Per una semplice conferma del mio dubbio, ho misurato la temperatura corporea che era di 36.2 C, fatto che si incontra spesso in ipoglicemia. Inoltre, ho proposto un test in merito (tolleranza glucosio), da far eseguire dal suo medico di condotta e delle misure provvisorie immediate come descritte in seguito. 4.0 Oligoterapia per dei disturbi psichici La diagnosi sospettata in base all¹anamnesi va verificata con degli esami di laboratorio e di approfondimento diagnostico secondo il caso. Vengono trattati i seguenti temi: 4.1 Consigli per degli adulti con dei disturbi psichici 4.1 Consigli per degli adulti con dei disturbi psichici Per gli adulti con dei disturbi psichici si possono comunque tenere in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, se non ci sono controindicazioni di altre patologie. Dieta: - Se la dieta è scarsa di prodotti lattici: 5 gr di ³Dolomit²BURGERSTEIN (Ca/Mg) al giorno. - Se la pressione é normale: Gluconato di manganese 10 mg al giorno (ev. ascorbato corrispondente). - Se la frazione LDL del colesterolo è normale: un uovo (preferibilmente crudo, anche solo il tuorlo) al giorno. Olio di girasole o Cartamo o Germi di frumento: 1 cucchiaio da tè al giorno. Lievito di birra 3 gr mattina e sera. Vit. C: 12 gr per giorno. Betacarotene: 6 mg per giorno. Vit. E: 400 mg per giorno. Gluconato di zinco: 15 mg per giorno. 4.2 Istapenia Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici². In caso di sospettata istapenia si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie.
Dieta: Ricca di proteine animali (preferibilmente magro) e scarsa di rame. Sonno, se necessario: L-triptofane 500...1000 mg prima di dormire. Acido nicotinico (Vit.B3): 100 mg mattina e sera (arrossamento del viso). Niacinamida (Vit.B3): 500 mg mattina e sera. Acido folico: 1 mg la mattina. Vit. B12: 500 mcg per dì (se assorbimento difettoso: iniezione 3.5 mg per settimana). Zn e Mn: giornalmente secondo dati del laboratorio (p.es. Zn 30; Mn 20 mg per giorno).
4.3 Istadelia Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici². In caso di sospettata istadelia si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie.
Dieta: Scarsa di proteine animali e ricca di carboidrati (complessi con ballasto) e ricca di rame.
Gluconato (o altra forma organica) di calcio: 500 mg mattina e sera. Metionina: 500 mg mattina e sera. Vitamina B6 per ammortizzare gli effetti della metionina, controllo acidità urina.
In caso di forme spastiche: antiepilettici in dosaggi cauti (medico). 4.4 Pirroluria Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici². In caso di sospettata pirroluria si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie.
Dieta: Possibilmente ricca di vitamina B6, zinco e manganese.
Gluconato (o altra forma organica) di zinco: 30 mg mattina e sera. Gluconato (o altra forma organica) di manganese: 10 mg mattina e sera. Vit. B6: 3002000! mg la mattina (fino al ricordo dei sogni). Sorvegliare attentamente eventuali sintomi neurologici (medico). Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici². In caso di sospettata allergia cerebrale si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie:
Dieta: Chiarire cautamente il tipo di intolleranza/allergia e relativi provvedimenti!
Metionina: 500 mg mattina e sera. Vitamina B6 per ammortizzare gli effetti della metionina, controllo acidità urina. Gluconato (o altra forma organica) di calcio: 500 mg mattina e sera. Gluconato (o altra forma organica) di zinco: 15 mg mattina e sera. Gluconato (o altra forma organica) di manganese: 10 mg mattina e sera. Vit. B6: 3002000! mg la mattina (fino al ricordo dei sogni). Sorvegliare attentamente eventuali sintomi neurologici (medico). Vit. C: 12 g mattina e sera. 4.6 Ipoglicemia regolatoria Diagnostica vedi ³anamnesi per dei disturbi psichici². In caso di sospettata ipoglicemia regolatoria si tengono in considerazione le seguenti aggiunte alimentari, salvo delle controindicazioni provenienti da altre patologie:
Dieta: - Scarsa di zuccheri, alcool, farina bianca e caffè (vedi anche tabella ³indice di glucosio²). - Ricca di carboidrati complessi, minerali e ballasto (cereali integrali, legumi ricchi di carboidrati).
Cromo in forma ³fattore di tolleranza glucosio²: 330mcg mattina e sera. Lievito di birra: giornalmente min. 6 gr. Gluconato (o altra forma organica) di zinco: 15 mg mattina e sera. Gluconato (o altra forma organica) di manganese: 10 mg mattina e sera. Multivitamine: a basso dosaggio e preferibilmente senza rame.
5.0 Esempio illustrativo: Ipoglicemia regolatoria Mi permetto di discutere, in modo esplicito con questo esempio, anche la patologia stessa per i seguenti motivi: - Non penso che la patologia del disturbo sia molto conosciuta, anche se del tutto plausibile fisiologicamente. - Visto che si tratta di una ³medicazione² alimentare/dietetica, la motivazione del cliente è elementare. - Per persone colte come il mio cliente, la miglior motivazione è che capisca in modo plausibile come funziona ³la faccenda².
Vengono trattati i seguenti temi:
5.3 Meccanismo del disturbo ³ipoglicemia² 5.6 Proposte dietetiche e mediche
5.1 Metabolismo Il metabolismo è la trasformazione di nutrienti in energia e sostanze di costruzione per il funzionamento di un organismo: - Carboidrati e lipidi servono all¹organismo anzitutto per soddisfare le sue esigenze energetiche: movimenti (muscolari, cardiaci, respiratori), funzionamento cerebrale, temperatura corporea, processi metabolici.
- Proteine (animali e vegetali) servono all¹organismo prevalentemente a scopi di costruzione tessutale e cellulare. In casi d¹emergenza l¹organismo può usare proteine proprie per scopi energetici. - Acqua e ³micronutrienti² come minerali, oligoelementi, vitamine, lipidi essenziali e aminoacidi essenziali sono indispensabili per un funzionamento normale del metabolismo. Il termine ³essenziale² significa che la sostanza non può essere prodotta in dosi sufficienti dall¹organismo stesso. Trasformazione di lipidi e carboidrati in materiale di ³combustione² per il loro stoccaggio nonché uso come fonte di energia. L¹intestino trasforma i carboidrati in glucosio e i lipidi in trigliceridi. Vengono trattati i seguenti argomenti: 5.2.1 Metabolismo di carboidrati 5.2.1 Metabolismo di carboidrati Il metabolismo energetico dei carboidrati funziona più o meno così: - L¹intestino trasforma i carboidrati in glucosio. - Più è ³complesso² un carboidrato, più questo processo richiede del tempo. - Il glucosio viene assorbito dal sangue, che lo trasporta a tutte le cellule dell¹organismo. La concentrazione di glucosio nel sangue si misura come ³glicemia² (glucosio nel sangue). - I carboidrati complessi, che richiedono tanto tempo per la trasformazione in glucosio, forniscono un lento, regolare, continuo e lungo approvvigionamento mentre gli zuccheri semplici forniscono glucosio in abbondanza e vengono subito consumati. - La matrice basale del tessuto connettivo lasso e poi le cellule assorbono glucosio dal sangue nella misura in cui l¹insulina nel sangue lo permette e l¹adrenalina e i corticosteroidi non lo impediscono. - Certi organi come i muscoli, il fegato e il cervello riescono a trasformare modeste quantità di glucosio in una forma non solubile e a immagazzinarle per ritrasformarle e consumarle in caso di aumentato fabbisogno o scarso rifornimento. - Gli organuli nelle cellule trasformano il glucosio (con l¹aiuto di ossigeno) in energia, acqua e anidride carbonica. - Eccedenze di glucosio sono trasformate e immagazzinate dal fegato (e da diversi altri organi) in forme di riserva (grassi) e liberate a seconda delle necessità.
5.2.2 Metabolismo di lipidi Il metabolismo dei lipidi (oli, grassi) è molto più lento: - L¹intestino trasforma i grassi e i lipidi emulsionati dalla bile in trigliceridi. - La maggior parte di loro viene assorbita dal sistema linfatico che solo dopo ulteriori trasformazioni li fornisce al sangue in forma di trigliceridi, LDL (low density lipids) e HDL (high density lipids), forme di colesterolo e acidi grassi. - Il sangue li trasporta infine in tutte le cellule dell¹organismo. La concentrazione nel sangue si misura come tasso di trigliceridi, LDL, HDL, colesterolo nel sangue. - Le cellule usano i lipidi per varie funzioni: - Materiale di costruzione (p.es. colesterolo per le membrane cellulari, guaine per il tessuto nervoso, produzione di sostanze di trasmissione ormonali). - Come deposito in cellule lipidiche (di ammortamento, riserva). - Come materiale di combustione per il metabolismo energetico. - Eccedenze di lipidi vengono immagazzinate dal fegato (e da diversi altri organi) in forme di riserva, trasformate in glucosio e liberate a seconda delle necessità.
Nelle nazioni industrializzate durante gli ultimi decenni è nata una fobia dei grassi, ritenuti responsabili dell¹aumento di malattie cardiache e nemici di certi ideali di peso più estetici che fisiologici. Tale atteggiamento porta in certi casi persino a carenze di lipidi essenziali. Senza entrare più profondamente in merito è da notare: - Gli oli, specialmente quelli pressati a freddo, contengono in generale forme lipidiche più congrue al metabolismo umano dei grassi solidi (siano vegetali o animali). - Grassi e oli ³ossidati² per surriscaldamento, ripetuto uso o eccessiva esposizione a luce e aria non hanno solo un pessimo gusto, ma sono anche poco idonei alla digestione e al metabolismo. - Tanto meno i grassi e gli oli sono elaborati industrialmente, meglio li sa gestire l¹organismo e più contengono ³micronutrienti². 5.3 Meccanismo del disturbo ³ipoglicemia² Vengono trattati i seguenti argomenti: 5.3.1 Funzionamento dell¹ipoglicemia regolatoria 5.3.2 Test di tolleranza al glucosio e alle relative patologie 5.3.3 Caratteristiche del ³test di tolleranza glucosio² 5.3.1 Funzionamento dell¹ipoglicemia regolatoria Innanzitutto spiego al cliente il ³meccanismo² del suo disturbo metabolico/ormonale nel modo seguente: - Zuccheri e carboidrati raffinati (miele, zucchero, dextrosi, farina bianca, superalcolici, ) vengono assimilati molto rapidamente dal sistema digestivo. - In forma ³occulta² sono contenuti in molti alimenti raffinati ma anche naturali (cioccolato, ketchup, marmellata, dolciumi, bibite dolcificate, frutta, ) perché lo zucchero nell¹industria alimentare serve come ³conservante² e ³correttore dei gusti² e costa poco. - Assimilati dal sangue, aumentano la glicemia, il che mette in moto un meccanismo di smaltimento: il pancreas produce insulina per stimolare le cellule (specialmente del fegato) ad assimilare il glucosio, il che abbassa il tasso nel sangue. - Quando è basso il tasso nel sangue, si mettono in moto i meccanismi ³frenanti² dell¹insulina: il glucagone dal pancreas come antagonista dell¹insulina e l¹adrenalina e i glucocorticoidi dalle ghiandole surrenali (ormoni di stress) per mobilizzare il glucosio dal fegato nel flusso ematico. - In breve: un¹altalena tra stress (tensione) e ipoglicemia (esaurimento). 5.3.2 Test di tolleranza al glucosio e alle relative patologie Il test di tolleranza al glucosio viene normalmente eseguito dal medico che sospetta una malattia diabetica. A digiuno e dopo una misurazione del livello di glucosio nel sangue, viene somministrata una determinata quantità di glucosio. Viene poi misurato a intervalli regolari il tasso di glucosio nel sangue. Lo stesso test, ma con più misure e in tempi più ampi, può servire a scoprire i meccanismi di regolazione della glicemia. 5.3.3 Caratteristiche del ³test di tolleranza al glucosio² Con un metabolismo ³normale²: - La glicemia a digiuno è inferiore a 5.5 mmol/l. - Dopo la somministrazione di 75 gr di glucosio sale a mass. 11 mmol/l dopo un¹ora. - Scende per dei processi regolativi (insulina) sotto gli 8 mmol/l dopo due ore. - Torna poi lentamente per dei processi inibitivi (glucagone, adrenalina, corticosteroidi) sotto i 5.5 mmol/l nelle ore seguenti.
Un organismo con un diabete mellito presenta: - Una glicemia a digiuno già superiore a 7 mmol/l. - Con la somministrazione di 75 gr di glucosio sale al di sopra di 11 mmol/l dopo un¹ora. - Lo stesso valore è misurabile anche dopo due ore, visto che la produzione di insulina non è sufficiente o le cellule non gestiscono bene il segnale. - Torna poi molto lentamente a valori sopra i 7 mmol/l nelle ore seguenti. - Più lentamente ancora secondo la produzione di ³inibitori insulinici² come glucagone, adrenalina e glucocorticoidi. L¹organismo non è più capace di regolare in tempo utile la glicemia su un valore inferiore a 7 mmol/l.
Un organismo con l¹ipoglicemia regolatoria dimostra un comportamento del tutto diverso: - La glicemia a digiuno può essere del tutto ³normale² sotto i 5.5 mmol/l o anche ³troppo bassa² creando già i primi sintomi di ipoglicemia (sfinito già la mattina). - Dopo la somministrazione di 75 grammi di glucosio, la glicemia sale rapidamente (secondo il caso più come ³normale² o più come per il ³diabetico²). - In seguito, a causa dei processi di regolazione ipersensibili (sovraproduzione di insulina) scende rapidamente (anche dopo mezz¹ora) a valori molto bassi, che creano i primi sintomi di ipoglicemia come il mal di testa, il bisogno di dolci, le vertigini, e una sindrome da stress fisico. - Questa situazione a sua volta innesca la produzione di ormoni inibitori come glucagone, adrenalina e corticosteroidi, i quali stimolano il fegato (e altri organi) a liberare le loro riserve per aumentare di nuovo la glicemia. - Questo ³ping-pong² può alternarsi con la tipica evoluzione di un processo ³iper-regolato².
Ho introdotto una curva che fa vedere l¹evoluzione della glicemia quando al posto del glucosio (immediatamente reperibile dall¹organismo) la stessa persona ³ipoglicemica regolativa² assume un cereale integrale (esempio fiocchi d¹avena) al posto dell¹equivalente ³carboidrato²: - A causa della lenta decomposizione in glucosio dei carboidrati complessi nell¹intestino, il glucosio viene fornito al sangue ³a gocce² ma durante un lungo lasso di tempo. - Il che non provoca mai una reazione eccessiva del pancreas e di conseguenza nemmeno adrenalinica e surrenale.
Le seguenti curve sono illustrative e fatte per degli scopi didattici. La realtà individuale può essere diversa in molti punti e va interpretata dall¹esperto. Il seguente test di tolleranza al glucosio illustra la situazione di tre organismi nel caso in cui: - A digiuno viene misurata la glicemia (sangue integrale capillare). - Vengono somministrati 75 grammi di glucosio per via orale. - Si misura l¹evoluzione della glicemia nel tempo. Le curve mostrano una situazione molto diversa da un organismo all¹altro: - ³Normale². - Diabetico. - Ipoglicemico regolatorio. - Nonché la reazione dal momento in cui al posto del glucosio si somministra un cereale integrale come p.es. la quantità corrispondente di fiocchi d¹avena o meglio ancora della pasta.
5.4 Ruolo di alimenti critici Riassunto per il cliente. Il ruolo di idrocarburi, lipidi e proteine per la nutrizione: - Carboidrati e lipidi (grassi, oli) nel corpo servono soprattutto come ³combustibili² del metabolismo energetico, mentre le proteine (animali e vegetali) servono prevalentemente come sostanze di costruzione. - Nell¹intestino i carboidrati devono essere trasformati in glucosio e i lipidi in trigliceridi o acidi lipidici per essere assimilati dal sangue. - Questo richiede più tempo per i lipidi che per i carboidrati perché prendono in prevalenza le vie del sistema linfatico. - Più complesso è un carboidrato, più tempo richiede la sua decomposizione in glucosio. - La tabellina ³Indice di glucosio² da un¹ idea della rapidità di trasformazione di diversi alimenti in glucosio. 5.5 Possibilità dietetiche Sono qui riassunte ad uso del cliente le possibilità dietetiche per migliorare la situazione: - Sostituire in parte gli zuccheri e i carboidrati raffinati con quelli poco raffinati. Negli ultimi 100 anni il consumo di zuccheri è aumentato di quasi 20 volte (da 3.5 kg a 64 kg per persona e anno). In compenso, il consumo di alcool è notevolmente diminuito, ma non di pari passo. Il pancreas in 5 generazioni non è stato capace di adattarsi a questo difficile compito metabolico. - I carboidrati non raffinati sono contenuti per la maggior parte in alimenti con un indice di glucosio da moderato fino a bassissimo.
Indice glicemico: altissimo alto moderato basso bassissimo miele pane int. saraceno pasta noci patate riso nat. avena fagioli soia carote uvette granoturco arance lenticchie pane bianco banane piselli fruttosio cornflakes mele riso normale latticini birra, vino pomodoro zucchero
Delle tabelle esaurienti si trovano sotto: Indice glicemico per alimenti Download "Indice glicemico" .pdf
5.6 Proposte dietetiche e mediche È evidente che qualsiasi proposta dietetica deve essere scrupolosamente adattata alle esigenze della persona interessata. Se qui di seguito diamo un esempio, non può essere generalizzato, ma va modificato secondo i seguenti criteri: - Abitudini nutrizionali, culturali, sociali e individuali per non creare inutili disagi. - Esigenze famigliari e professionali per non rendere difficile l¹applicazione. - Non focalizzarsi su una patologia, ma tenere in considerazione tutta la fisiologia individuale del cliente con i suoi punti deboli e i suoi punti forti. - Rispettare simpatie e antipatie nutrizionali e trovare insieme al cliente delle soluzioni originali.
Con il Signor Pinco Pallino e sua moglie (essa si occupa personalmente della sua nutrizione) abbiamo trovato queste soluzioni:
Ogni mattina, per incominciare, una pappa (abbastanza buona, nonostante le apparenze) composta come segue: una manciata di fiocchi d¹avena combustibile lento, nervino, div. micronutrienti, ballasto un uovo crudo bianco: ballasto; tuorlo: div. micronutrienti, Vit.A due cucchiai da minestra di lievito di birra micronutrienti; spec. fattore di tolleranza glucosio, aminoacidi essenziali uno jogourt naturale Ca, Mg, Vit.D, diversi micronutrienti due cucchiai da tè di lecitina micronutrienti, emulsionante, lipidi essenziali un cucchiaio da tè di olio di germi di frumento micronutrienti, lipidi essenziali, Vit. E una presa di cumino carminativo (calma stomaco e intestino) frutta fresca e/o succhi di frutta a piacere. Il tutto mescolato bene in una grande tazza.
Ogni mattina ingerisce tre ³medicamenti² che sono in realtà ³aggiunte alimentari²: - Cromo in forma di GTF (fattore di tolleranza glucosio): 330 mcg (microgrammi). - Gluconato di zinco 15 mg (milligrammi). - Gluconato di manganese 10 mg.
Dopodiché il signor Pinco Pallino potrà fare la sua colazione abituale con la famiglia, evento sociale importante, senza correre il rischio di alimentarsi in modo scorretto, poiché non avrà più tanta fame. La sua brava moglie, nel frattempo, gli ha preparato un litro di acqua minerale aggiungendo 2 grammi di Vitamina C (acido ascorbinico) e un cucchiaio di ³zucchero di frutta² (fruttosio) per rettificare il gusto. Come artigiano, beve parecchio durante il giorno e questo fa già parte della terapia. Pasti e merende li fa come al solito; sua moglie è una bravissima cuoca, cura una cucina mediterranea e ha riguardo della salute della famiglia. Impara a non insistere quando il marito non ha più tanta fame dopo la base mattutina, perché capisce che ³la pappa² tiene la glicemia ed evita a lungo gli attacchi di appetito. Agli altri pasti aggiunge sempre ³carboidrati complessi² con tanta fantasia e gusto.
Il signor Pinco Pallino tenta di non esagerare con l¹alcool, il caffè e i dolciumi in giornata. Beve il suo bicchiere di vino rosso con i pasti e, alla sera un birrino per dormire meglio.
Prima di andare a dormire trova sul comodino gli stessi tre ³medicamenti² della mattina.
L¹istamina è un ormone tessutale coinvolto in processi immunitari come le reazioni infiammatorie e allergiche nonché in processi cerebrali come una sostanza neurotrasmettitrice. Le desinenze ³-delia² e ³-penia² significano rispettivamente una tendenza individuale di iper- o di ipo- reazione istaminica, cioè la tendenza a produrne in modo smisurato o scarso come una risposta ad uno stimolo. Evidentemente le due tendenze diagnosticamente si escludono a vicenda, anche se si notano spesso nelle anamnesi sintomi di ambedue: pare che ci siano delle persone con risposte istaminiche differenziate, così che a certi stimoli rispondono in modo esagerato mentre altri li ignorano. Questo si nota spesso in presenza di prevalenti sintomi di ³allergia cerebrale² e di ³ipoglicemia² e spariscono spesso quando vengono curate con successo queste patologie.
6.1 Istapenia Istapenia significa la scarsa sintesi di istamina nei tessuti dell¹organismo ed è quasi sempre legata a dei bassi tassi vitaminici del complesso B, specialmente B3, acido folico e B12, spesso anche di minerali come lo Zn e il Mn. 6.1.3.4 Suggerimenti dietetici 6.1.1 Sintomi Si trovano spesso dei sintomi di tendenza psicotica del tipo schizofrenico/paranoico in unione con delle caratteristiche fisiologiche come nel seguente elenco:
6.1.2 Terapia Indispensabile per la cura dell¹istapenia è la somministrazione di massicce dosi di vitamine del complesso B, specialmente B3, acido folico e B12 ma anche di zinco e manganese nonché una dieta relativamente ricca di proteine animali. Oltre a questo tentativo ³specifico², nel disordine istaminico sono da rispettare le seguenti regole: - Un cauto e professionale controllo dello stato generale somatico e ³micronutrizionale² (stato dei minerali, vitaminico, immunitario) perché spesso questi clienti soffrono anche di altre deficienze (che i medici clinici e gli psichiatri spesso non lo notano perché si trattano di sintomi ³subclinici²). - Stretta collaborazione con il medico e lo psichiatra curante per la coordinazione di terapie cliniche e complementari, se sono stati riscontrati rilevanti disturbi clinici e psichici. - Se necessario, anche un cauto accompagnamento psicoterapeutico professionale, in quanto i disturbi psichici non hanno solo una dimensione metabolico-ormonale-fisiologica, ma altrettanto sociale-relazionale-emotiva, che va curata con altrettanta professionalità.
6.1.2.1 Vitamina B3 La vitamina B3 (Niacina) esiste in due forme fisiologicamente abbastanza diverse ed è da somministrare in tutte e due le forme e più precisamente come: - Acido nicotinico: 100 mg mattina e sera (³flush²: arrossamento del viso per pochi minuti). - Nicotinamido: 500 mg mattina e sera, che corrisponde a 1¹200 mg di niacina per dì; il fabbisogno statistico per delle persone sane è di 1520 mg, contenuti in alimenti come il fegato di vitello, le spagnolette, il tonno, il pollo, i funghi, 6.1.2.2 Acido folico L¹acido folico (ritenuta una vitamina del complesso B): 1 mg la mattina; il fabbisogno statistico delle persone sane è di 0.150.3 mg per dì contenuti in alimenti come i germogli e la crusca di frumento, gli spinaci, il fegato di vitello, le uova, il lievito, 6.1.2.3 Vitamina B12 La vitamina B12 (cobolamina): 500 mcg per dì. La mancanza di cobolamina è spesso causata dall¹assorbimento intestinale carente, specie nelle persone anziane o con dei disturbi intestinali cronici. In questo caso è preferibile l¹iniezione di 3.5 mg per settimana. Il fabbisogno statistico delle persone sane è di 23 mcg contenuti in alimenti come il fegato di vitello, la carne di manzo, le uova, i formaggi È il classico micronutriente mancante dei vegetariani perché non figura negli alimenti vegetali. Per loro è comunque meglio che venga somministrato oralmente perché dispongono normalmente di un ottimo assorbimento intestinale. 6.1.2.4 Zinco e manganese (Zn e Mn) - Zn 30 mg per giorno. - Mn 15 mg per giorno. Perché anche questi sono coinvolti in una regolare sintesi di istamina da parte dell¹organismo.
Zn: il fabbisogno statistico delle persone sane è di 1215 mg di Zn al giorno, contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminacee, i cereali integrali, le uova
Mn: il fabbisogno statistico delle persone sane è di 25 mg di Mn al giorno, contenuti in alimenti come i cereali integrali e le nocciole, le mandorle e le noci.
6.1.2.5 Consigli dietetici La dieta proposta è ricca di proteine animali per l¹aumentato fabbisogno di micronutrienti prevalentemente contenuti in alimenti animali. La descrizione del contenuto di micronutrienti rilevanti per l¹istapenia fornisce ulteriori indicazioni per delle prevalenze nutritive. Un consiglio, da parte di dietisti sensibilizzati al disturbo metabolico ³istapenia², può essere utile per mettere in pratica una nutrizione adatta al disturbo. 6.1.2.6 Rame (controindicato per l¹istapenia) Il rame ha delle importanti funzioni metaboliche. Una mancanza accentuata può causare delle malattie anemiche, artritiche, infiammatorie, cardiovascolari, insonnia e dolori. D¹altronde un tasso troppo elevato per una somministrazione eccessiva, un¹impedita escrezione o un¹intossicazione può fra l¹altro creare dei seri sintomi psichici come la labilità emotiva, il nervosismo, la schizofrenia, le depressioni post-partum, l¹epilessia, l¹autismo, l¹iperattività, la sonnolenza, i disturbi di concentrazione e di sonno. L¹istapenia è spesso accompagnata da elevati tassi di rame (Cu) nei tessuti e quindi è necessario indicarlo al cliente e consigliare un rimedio.
Il fabbisogno statistico delle persone sane è di 1.53 mg di Cu al giorno, contenuti in alimenti come il fegato, il porto/ lo sherry/ il vermouth, le ostriche, i leguminosi, le noci, i volatili, il pesce di mare, La dose terapeutica è di 24 mg.
Si conoscono prevalentemente intossicazioni causate da pigmenti di colori, in agricoltura da fungicidi e pesticidi (verde rame), dalla spirale contraccettiva, da preparati multiminerali con troppo contenuto di rame (superiore a 2 mg) o relazione sbagliata di Zn/Cu (inferiore a 4:1) e dal fumo delle sigarette per gli accaniti fumatori.
Essendo lo Zn un concorrente metabolico del Cu si usa una combinazione di Zn, Vit. C, Mn e vitamina B6 (eventualmente completata da acido alfa-liponico, cisteina, metionina e DMG dimedilglicina) per l¹eliminazioni di intossicazioni di rame dai tessuti di deposito (fegato, cervello, reni). Questa disintossicazione mette per breve tempo in circolazione sanguigna il rame che appare come sintomo di intossicazione. Sono quindi da determinare a misura del cliente la combinazione e il dosaggio delle sostanze disintossicanti. 6.1.2.7 Insonnia e triptofane Se il sonno è impedito, in caso di istapenia, è consigliato l¹uso di L-triptofane (5001000 mg prima di andare a dormire) invece dei soliti sonniferi o calmanti. L¹unica controindicazione è la somministrazione di certi psicofarmaci (come benzoediazepami, inibitori di riciclaggio di serotonina e altri) che sono incopatibili fra di loro.
Il triptofane è un aminoacido essenziale coinvolto fra l¹altro nella sintesi di serotonina (neurotrasmettitore cerebrale). È interessante notare come l¹organismo riesce a trasformare il triptofane in niacina (vitamina B3). Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di ca. 3.5 mg per kg di peso corporeo (ca. 250 mg per un¹adulto di 70 kg), contenuto in alimenti come la carne di vitello, i semi e l¹olio di girasole, il tonno, il pollo, il manzo, l¹avena, le uova, i formaggi 6.1.3 Esempio di istapenia Si tratta di una signora di ca. 35 anni, di costituzione ³linfatica², che accusa dei seri disturbi psichici, prevalentemente depressioni in forma ³di attacco², intercalate da periodi senza alcun disturbo nei quali è in grado di lavorare. È ben medicata e seguita da uno psichiatra e si trova soddisfatta delle relative cure. Viene nel mio studio sperando di trovare una via d¹uscita dalla sua situazione nella quale accusa come grande disturbo la necessità di dover assumere psicofarmaci anche nelle fasi in cui sta bene.
Dopo una visita con una relativa anamnesi e diverse sedute di lavoro corporeo, in seguito alle quali ho iniziato a dubitare di un disturbo metabolico/ormonale, le propongo un approccio ortomolecolare complementare alle sue cure mediche/psichiatriche, spiegandole che secondo me bisognava anche trattare la dimensione organica che stava alla base del suo disturbo.
Di seguito e per motivi didattici/illustrativi, indico la procedura da me seguita. 6.1.3.2 Comunicazione al cliente
6.1.3.1 Diagnosi Oltre alla solita visita e all¹anamnesi ho sottoposto alla signora le domande del modulo allegato con i seguenti risultati:
Il risultato dimostra una netta incidenza dei sintomi per la sindrome di ³istapenia² (85% dei sintomi su una media 33%) che paragonata ad altre caratteristiche comportamentali, emotive e somatiche, mi sembrava sufficiente per fare alla cliente le seguenti proposte. 6.1.3.2 Comunicazione alla cliente Oltre a una spiegazione orale, che permette di chiarire scrupolosamente il sospettato disturbo regolatorio, ritengo importante anche scriverlo in forma sintetica. Non inizio mai una tale cura senza l¹approvazione del medico e dello psichiatra curante. Sia per lei, sia per il medico e lo psichiatra è abbastanza importante poter valutare una tale ³invasione terapeutica² da parte di un non addetto ai lavori, in base a una chiara e plausibile presa di posizione. In questo caso la cliente fece un tentativo e riuscì a convincere sia il medico, sia lo psichiatra che il ³santo valeva la candela². Questo non è sempre facile, perché a nessun medico, come nemmeno a me come terapista, piace troppo l¹idea di una proposta terapeutica insolita e sconosciuta da parte di un terzo.
Di seguito e sempre per motivi didattici/illustrativi riporto la lettera:
³Cara Signora, In base alla Sua terapia corporea, l¹anamnesi e il modulo da Lei compilato, sospetto che Lei sia soggetta ad un disturbo metabolico noto come ³istapenia²: la scarsa presenza di un ormone tessutale chiamato istamina e all¹alto tasso di rame nel sangue. Questo disturbo crea spesso dei sintomi cerebrali e psichici.
Nella medicina ortomolecolare si rimedia a questo disturbo con altissime dosi di specifici ³micronutrienti²: Acido nicotinico 200 mg Nicotinamido 1000 mg Acido folico 1 mg Vitamina B12 0.5 mg In più aggiungerei nel suo caso: Zinco 30 mg Manganese 15 mg Betacarotene 6 mg Vit. E 400 mg per giorno
come ³sonnifero² prima di andare a dormire ev. L-triptofane 5001000 mg (ma solo se non sono più necessari gli psicofarmaci) per depressione acuta ev. L-Fenilalanina o tirosina al giorno 5001500 mg
Noi naturopati chiamiamo queste sostanze spesso ³micronutrienti² perché si trovano anche negli alimenti (ma mai in queste alte dosi), perché sono liberamente reperibili in commercio e perché non hanno (in queste dosi) degli effetti collaterali patologici.
L¹esperienza insegna, che con grande probabilità un tale composto diminuisce notevolmente i sintomi psicopatologici. Lo svantaggio è che raramente questa cura è risolutiva. Ciò significa che spesso bisogna continuare a somministrare i rimedi a tempo indeterminato, o almeno durante le fasi psichicamente critiche. Gli effetti non desiderati possono (non devono) essere: un breve periodo di ³arrossamento del corpo² (flush) dopo la somministrazione dell¹ acido nicotinico.
Il primo problema (relativamente facile da risolvere) è che non si trova in commercio un prodotto composto in questa maniera; il mio collega farmacista Dr. Luca Milesi della farmacia San Provino ad Agno lo potrebbe preparare. Mi ha detto che si tratterebbero di 2 bustine al giorno (una alla mattina, una alla sera) al prezzo complessivo di ca. 140.-Fr. al mese. In allegato, un foglio con la ricetta da consegnare al farmacista, caso mai Lei dovesse decidersi a provare una cura del genere.
Le altre raccomandazioni dietetiche per questo Suo disturbo sarebbero: dieta ricca di proteine animali (latticini, uova, pesce, carne), ricca di proteine vegetali (verdura, legumi), con oli vegetali insaturi (invece di quelli saturi o dei grassi), somministrare lievito di birra, vitamina C ed ev. calcio/magnesio evitare la somministrazione di troppo rame; massimo 1.53 mg al dì Cu al dì, contenuto in alimenti come fegato, porto/sherry/vermouth, ostriche, leguminose, noci, volatili, pesce di mare, (veda anche foglio allegato).
Il secondo problema è più serio. Se Lei volesse affrontare un tentativo in questa direzione, io mi sentirei di seguirla, ma solamente con il consenso e in stretta collaborazione con la Sua psichiatra curante. La pregherei di discutere con lei la faccenda e di farmi eventualmente sapere le conclusioni. Sono a Sua completa disposizione per ulteriori domande in merito.²
6.1.3.3 Medicazione La medicazione pratica per queste circostanze è spesso problematica perché: - Nei preparati multivitaminici in commercio, le sostanze non si trovano in queste composizioni e dosaggi. - Come singoli prodotti sono anche reperibili, ma la somministrazione è scomoda perché sono tanti e il costo è abbastanza elevato (si paga il confezionamento di almeno una mezza dozzina di singoli prodotti). Ogni tanto procedo in questo modo durante una fase iniziale di poche settimane fino a quando l¹esito è chiaro. (Nell¹esempio sotto ho aggiunto dei prodotti finiti). - Sapendo come e dove, si riescono anche a trovare i singoli prodotti sciolti in forma di polvere e a prezzo modesto, ma la composizione e il dosaggio devono essere affidabili (necessità di una bilancia ad alta precisione che è molto costosa). - Chi ha la fortuna di conoscere un bravo farmacista disposto a fornire questo servizio, ha risolto il problema. Io personalmente mi trovo in questa confortevole situazione, perciò scrivo la ricetta p.es. come segue e lui si occupa di tutto il resto.
Visto anche altre deficienze metaboliche della mia cliente (non dipendenti dell¹istadelia), prendo l¹occasione della ricetta per aggiungere anche 6 mg di betacarotene e 400 mg di vitamina E dato che questo incide poco sul prezzo.
Medicazione per xxxxxx yyyyyyyy ³Istapenia²: mg mg alternativa confezionata Rp. matt. sera Acido nicotinico 100 100 HAENSELER past. 50 mg Nicotinamido 500 500 farmacista Acido folico 1 farmacista vit. B12 0.5 farmacista Zinco (in forma organica) 15 BS Zinkvital past. 15 mg Manganese (in forma organica) 10 farmacista Betacarotene 3 3 BS Betacarotene caps. 6 mg Vit. E (pulvis corrispondente) 200 200 BS vitamin E caps. 400 mg *m.f.pulvis D. ad chartam tal.dos. per XXX (mattina e sera) S. Ingerire il contenuto di una bustina alla mattina e alla sera in un po¹ di acqua tiepida.
*indicazione per il farmacista (mescola, fai una polverina. Dai in bustine questa dose per 30 volte. Indica ) in caso di insonnia: L-Triptofane 5001000 mg con 50 mg vit. B6 solo in caso di astinenza da psicofarmaci! p.es. Ardeytropin (Ardeypharm, D-58313 Herdecke) per depressioni acute: L-Fenilalanina o tirosina 5001500 mg per dì con 50 mg vit. B6 (farmacista) la mattina. 6.1.3.4 Suggerimenti dietetici Dieta: ricca di proteine animali
Visto anche altre condizioni metaboliche della mia cliente, propongo le seguenti ³aggiunte alimentari²:
- Usare il sale iodato: regione tendenzialmente ipotiroidale. - Olio di girasole o Cartamo: min. 1 cucchiaio da tè al giorno. - Lievito di birra: 3 gr mattina e sera p.es. BURGERSTEIN ³Primärhefe². - Vitamina C: 12 g per giorno Acido ascorbinico sciolto in farmacia.
- Se la dieta è scarsa di prodotti lattici: fino a 1 gr di Ca/Mg (2:1) per giorno p.es. BURGERSTEIN ³Dolomit². - Se la frazione LDL dei trigliceridi è normale: un uovo (preferibilmente crudo) al giorno. - Evitare dosi eccessive di rame (massimo 1.53 mg al dì) contenuto prevalentemente in alimenti come il fegato, il porto, lo sherry, il vermouth, le ostriche, i leguminosi, le noci, i volatili, il pesce di mare,
6.2 Istadelia L¹istadelia è una smisurata sintesi di istamina nell¹organismo che si regola prevalentemente con un aminoacido essenziale (la metionina) e il calcio, aggiungendo la vitamina B6 per ³tamponare² gli effetti collaterali della metionina. 6.2.1 Sintomi Si trovano spesso sintomi di tendenza depressiva/maniacale e ansiosa/nervosa in unione con delle caratteristiche fisiologiche come gli spasmi, i dolori, le allergie stagionali come nel seguente elenco:
6.2.2 Terapia di istadelia Centrale per la cura dell¹istadelia è la somministrazione di massicce dosi di metionina, completata dal calcio e dalle vitamine del complesso B, eventualmente dello zinco per la disintossicazione dai metalli pesanti. - Effettuare un cauto e accurato controllo dello stato generale somatico e ³micronutrizionale² (stato minerali, vitaminico, immunitario) perché spesso questi clienti soffrono anche di altre deficienze (che i medici clinici e gli psichiatri sovente non notano o valutano come sintomi ³subclinici²). - Intrattenere una stretta collaborazione con il medico e lo psichiatra curante per la coordinazione delle medicazioni cliniche e complementari. - Se necessario, anche un cauto accompagnamento psicoterapeutico professionale in quanto i disturbi psichici non hanno solo una dimensione metabolica-ormonale-fisiologica ma altrettanto sociale-relazionale-emotiva che va curata con altrettanta professionalità.
6.2.2.5 Consigli dietetici per l¹istapenia 6.2.2.6 Dolori e stati spastici e convulsivi 6.2.2.7 Antiistaminici genuini 6.2.2.1 Metionina La metionina è un aminoacido essenziale contenente dello zolfo, coinvolto fra l¹altro nella sintesi di ormoni come epinefrina (adrenalina) e melatonina e direttamente nella forma di SAM (S-Adenosil-Metionina) come neurotrasmettitore cerebrale e dispone di un diretto effetto antiistaminico. È il precursore metabolico di cisteina e taurina.
Il fabbisogno statistico di persone sane è di ca 13 mg per kg di peso corporeo (1 grammo per 77 kg di peso), contenuto in alimentari come il pesce, i volatili, la soia, il manzo, i germogli di frumento, i formaggi e le uova,
Agli afflitti dall¹istadelia si prescrive ca. un altro grammo di metionina al giorno, combinato con sufficiente vitamina B6 per compensare la susseguente sovraproduzione di omocisteina e di calcio come antiistaminico e anche per compensare l¹aumentata perdita per via della maggiore acidità dell¹urina, provocata dalla decomposizione della metionina.
Le controindicazioni sono: - Grave acidosi metabolica. - Grave insufficienza epatica. - Calcoli di acido urico e diatesi calcoli cisteinici. - Oxalosi. - Acidosi renale tubulare primaria e secondaria. - Disturbi innati del metabolismo di aminoacidi (omocistinuria).
6.2.2.1.1 Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina
6.2.2.1.1 Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina I pazienti che assumono la metionina hanno una tendenza all¹acidosi, anche se ho notato spesso che si trattava di metabolismi costituzionalmente ³alcalinici² che con la metionina raggiungono normali livelli di acidità urinaria.
L¹acidità urinaria è facilmente controllabile e regolabile dal paziente stesso: - Con cartine indicatrici p.es. URALYT . - Con sostanze alcaliniche come citrati di diversi minerali (p.es. URALYT, BASICA).
Si misura l¹acidità urica 3 volte al giorno, tenendo una striscia indicatrice nel getto urinario. Il cambiamento di colore della striscia indica l¹acidità riferita ad un valore corrispondente chiamato ph: - Tra 5.25.8 piuttosto acido. - Tra 6.26.8 ideale. - Tra 7.07.4 piuttosto alcalinico.
I singoli valori variano e devono variare perché sono gli indicatori di un buon funzionanto metabolico. Normalmente alla mattina l¹urina è più acida della sera, perché durante la notte il corpo elimina il ³troppo acido². I singoli valori di acidità urinaria dicono poco. Ai miei clienti faccio fare le misurazioni per una settimana al fine di determinare il valore medio e le deviazioni. In base a questo si può stabilire il dosaggio dei citrati (1 cucchiaio da tè corrisponde ca. a 0.4 punti) e quando somministrarlo (se tendenzialmente la mattina è più acida, si somministra alla sera prima). Si va avanti a misurare finché si ha trovato il dosaggio e il momento ideale per una eventuale somministrazione. 6.2.2.2 Calcio Il calcio per una sua funzione fisiologica regola (tramite regolazione basale) anche la trasmissione di segnali tra le cellule nervose (la sua mancanza rende ipersensibili) e nel medesimo tempo è un rilevante antiistaminico.
Il fabbisogno statistico di persone sane è di 8001¹200 mg per dì, contenuto in alimenti come tutti i prodotti lattici, soprattutto il formaggio duro, e in certe acque minerali. Il contenuto di calcio nella verdura, nei legumi e cereali dipende dal suolo sul quale sono cresciuti. In Ticino, solo poche regioni sono calcari perciò anche l¹acqua e i prodotti agrari del posto (salvo quelli lattici) sono scarsi di calcio e quindi secondo la mia esperienza ci sono dei deficit endemici nella popolazione. Io lo devo prescrivere spesso (specialmente a chi non sopporta bene i prodotti lattici).
Agli ³istadelici² indico secondo le loro abitudini nutritive da 11.5 g di calcio al dì, a lungo come preparato della ditta BURGERSTEIN ³Dolomit² ( che contiene 1/3 di magnesio) e per attacchi acuti Calzium-Sandoz effervescenti che ha un effetto immediato.
Parzialmente serve anche a compensare le aumentate perdite di calcio dovute all¹eccesso dell¹acidità dell¹urina a causa della somministrazione di metionina. L¹opinione che la somministrazione di calcio promuovi la formazione di calcoli renali e/o l¹arteriosclerosi è stata sfatata già tanti anni fa da uno studio epidemiologico statunitense, ma l¹idea persiste purtroppo ancora in tante persone.
6.2.2.3 Complesso vitamina B La somministrazione di metionina aumenta la produzione di un prodotto intermediario metabolico, l¹omocisteina il quale viene decomposto in collaborazione con la vitamina B6 (min. 6mg) e anche di acido folico (0.4...0.65 mg) e B12 (min. 6mcg). Per praticità e perché le dosi non sono massicce, preferisco un preparato combinato del complesso di vitamine B p.es. BURGERSTEIN Vitamin-B-Complex che contiene anche tutte le altre sostanze del complesso vitaminico. 6.2.2.4 Zinco Lo zinco è coinvolto in dozzine di funzioni metaboliche in tutto l¹organismo. Nel contesto, incide in particolare per l¹attivazione della vitamina B6, ma anche per il metabolismo di diversi ormoni glandotropi e tessutali.
Le dosi terapeutiche indicate sono da 20 a 100 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 1215 mg al dì, contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova,
Nel contesto, aggiungo un preparato di zinco quando ho il sospetto di un¹intossicazione di metalli pesanti che sono spesso coinvolti in sintomi di spasmi e convulsioni fino all¹epilessia. Somministrando a lungo lo zinco in dosi intorno ai 15 mg e in collaborazione con la metionina e la vitamina C, si riesce a far staccare i metalli pesanti che si trovano nei tessuti, così che possono essere eliminati dal sistema urinario. 6.2.2.5 Consigli dietetici per l¹istadelia Alimentazione piuttosto scarsa di proteine animali e ricca di carboidrati (complessi con ballasto). Notare un sufficiente tasso di rame (vedi ³istapenia²). 6.2.2.6 Dolori e stati spastici e convulsivi Spesso, con gli interventi descritti in precedenza si riescono a diminuire notevolmente gli stati spastici, di dolore e di convulsioni, ma altrettanto spesso ci vuole troppa pazienza per raggiungere un equilibrio metabolico e di regolazione ormonale. In questi casi servono: - Se necessario: antiepilettici in dosaggi cauti (medico). - Per interrompere il circolo vizioso di spasmo e dolore: Tinct. Petasiti orale fino a 10 ml al giorno. - Malauguratamente sono proibiti e quindi non reperibili sul mercato, anche se per questi casi si tratta di ottimi medicamenti: Tinct. Fl. Cannabis orale 10 ml al dì; e spalmare Oleum Nigellae extr. fl. cannabis sulle parti dolenti e irritate. 6.2.2.7 Antiistaminici genuini Parecchi oli con un alto contenuto di acidi linoleici, oltre agli effetti prosta-glandinici, danno rilevanti effetti antiistaminici (somministrati e spalmati). I più importanti: - Nigellae, ma anche (in grado decrescente). - Olio di seme di canapa, olio di enotera, olio di lino, olio di cartamo e di girasole. 6.2.3 Esempio di istadelia Si tratta di un uomo di ca. 50 anni di costituzione gracile/atletica con dei dolori a una gamba e all¹anca, che per lunghi periodi gli impediscono qualsiasi attività, in alternanza anche di ore o giorni con dei periodi senza alcun dolore. Dagli esami clinici non si riesce, con certezza, a stabilirne la causa. Antiflogistici, steroidi, non steroidi, persino oppiacei non mostrano rilevanti effetti. Viene da me con ben poche speranze di potersi liberare dal proprio dolore praticando dei trattamenti corporei.
Incontro un organismo molto teso, cosa che dopo i lunghissimi periodi di dolore non mi meraviglia (perché il circolo vizioso di spasmo e dolore non è facile da interrompere). Il paziente è dotato di una disciplina e di una volontà ferrea e di una notevole ambizione, arrivato a bei successi e posizioni di relativo potere (fino al punto che il dolore fisico e l¹età mettono tutto questo insopportabilmente in discussione).
È evidente che le riflessioni mediche si muovono su diversi strati, non solo somatici, e non sapendo bene dove incominciare ho iniziato dove ancora nessuno dei miei tanti precursori terapeuti aveva tentato. 6.2.3.2 Comunicazione al cliente 6.2.3.3 Medicazione per l¹istadelia 6.2.3.4 Suggerimenti dietetici
6.2.3.1 Diagnosi Oltre alla solita visita e anamnesi ho sottoposto al cliente le domande del modulo allegato con i seguenti risultati:
Appare una leggera incidenza per ³istadelia² e il risultato mostra anche che, probabilmente questa leggera deviazione regolativa nel contesto di relativamente pochi sintomi totali, non è il nucleo della questione. Normalmente, a queste condizioni cercherei altri approcci, ma essendo la situazione ³disperata² non voglio tralasciare niente. 6.2.3.2 Comunicazione al cliente Visto che apparentemente non si trattava di disturbi psichici, in quanto tenuti sotto controllo psichiatrico, né di cure mediche con medicazione da rispettare, ho fatto un ampio colloquio con il cliente per comunicare la mia presa di posizione e le proposte nonché un programma terapeutico, della quale la terapia ortomolecolare sarebbe stata solo una parte. L¹ho comunque pregato di informare alla prossima occasione il suo medico delle terapie in corso. 6.2.3.3 Medicazione per l¹istadelia Gli ho proposto la seguente medicazione: unità mattina. unità sera Gluconato di calcio p.es. BURGERSTEIN ³Dolomit² 200mg compresse 3 2
Metionina p.es. BURGERSTEIN DL-Methionin 500 mg compresse 1 1
BURGERSTEIN Vitamin B-Complex compresse 1
a necessità Tinct. Cannabis/Petasites aa ...10 ml per giorno 6.2.3.4 Suggerimenti dietetici Piuttosto scarsa di proteine animali. Piuttosto ricca di carboidrati complessi con fibre.
Visto lo stato generale, i dolori e gli spasmi nonché il tenore di vita del mio cliente, gli ho dato anche i seguenti consigli dietetici: Olio di girasole o Cartamo e Nigella: 1 cucchiaio da tè al giorno Lievito di birra 3 gr mattina e sera (BURGERSTEIN ³Primärhefe²) Vit.C: ascorbato di calcio 12 gr per giorno (farmacia sciolto) Betacarotene: 6 mg per giorno Vit. E: 400 mg per giorno Gluconato di zinco: 15 mg per giorno Pressione normale: Gluconato di manganese 7.5 mg al giorno
7.0 Pirroluria Pirroluria: Esagerata escrezione di Zn e di vit. B6 nell¹urina con dei sintomi cerebrali perché crea una accentuata deficienza di vitamina B6 e di Zn nel metabolismo.
La deficienza (rispettivamente l¹aumentato fabbisogno) di B6 può creare dei sintomi nel sistema nervoso periferico come parestesie delle estremità, nevralgie e impedimento del passo. Deficienze di B6 e Zn nel sistema nervoso centrale possono creare dei disturbi spastici e convulsivi, depressione, irascibilità, ansia, mal di testa, confusione, insonnia, psicosi, schizofrenia, letargia, aggressività, iperattività, debolezze di percezione.
Le persone afflitte da pirroluria vengono trattate con massicce dosi di vitamina B6 e zinco, accompagnate dal manganese. 7.1 Sintomi Gli indicatori per la pirroluria si trovano spesso nei seguenti complessi di sintomi:
La pirroluria è misurabile nell¹urina fresca con degli adatti metodi di laboratorio. Un indicatore di controllo è una goccia di reagente di EHRLICH in un bicchiere di urina fresca che la tinge di colore malva.
7.2 Terapia (piridossinuria) Essendoci una smisurata escrezione dei seguenti elementi, la pirroluria si cura in particolare con vitamina B6 e zinco, accompagnato da manganese ed eventualmente da vitamina B2. 7.2.1 Vitamina B6 La vitamina B6 (piridossina) viene assorbita dagli alimenti e trasformata nella forma attiva di coenzima piridossal-5-fosfato (PLP). L¹attivazione richiede un sufficiente stato di Zn e B2. Fra le tante altre funzioni, la vitamina B6 coopera nella sintesi di neurotrasmettitori come la serotonina (con triptofane, B3), dopamina e norepinefrina (noradrenalina).
La deficienza (o l¹aumentato fabbisogno) di vitamina B6 nella patologia della pirroluria ne richiede la somministrazione in dosi massicce da 300 a 2¹000! mg al dì. Il fabbisogno statistico per le persone sane è di 1.62 mg al dì contenuti nel fegato di vitello, le patate, le banane, le lenticchie, il lievito, i pesci d¹acqua dolce, gli spinaci,
Le dosi terapeutiche indicate da Werbach (1990) sono di 10 a 200 mg. PFEIFFER cita per la pirroluria dosi tra 300 e 2¹000 mg per dì. Dosi < 500 mg durature per persone del resto sane non hanno degli effetti collaterali. Per delle dosi alte in pirroluria è eventualmente da considerare la somministrazione della parte eccedente i 500 mg in forma di PLP.
La vitamina B6 è meglio non somministrarla la sera, perché in certe persone può disturbare il sonno. Poiché in caso di pirroluria non si conosce l¹entità esatta della ³perdita², si determina il dosaggio adatto con un semplice metodo: si aumenta la dose di giorno in giorno fino a quando si ricordano dei sogni: questa è più o meno la dose ³giusta². È importante controllare eventuali sintomi collaterali neurologici (medico). 7.2.2 Zinco Lo zinco è coinvolto in centinaia di funzioni metaboliche in tutto il corpo. Nel contesto incide soprattutto per l¹attivazione della vitamina B6, ma anche per il metabolismo di diversi ormoni glandotropi e tessutali.
Le dosi terapeutiche indicate normalmente sono dai 20 ai 100 mg: per la pirroluria di 600 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 12...15 mg al dì contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, 7.2.3 Manganese Il manganese, tra le sue altre funzioni, nel contesto è coinvolto nella modulazione di neurotrasmettitori, per esempio facilita la trasmissione di impulsi nervosi alle cellule muscolari. Visto che gli stati spastici e convulsivi accompagnano spesso la pirroluria, conviene usare il manganese per alleviare questi sintomi. Le dosi terapeutiche indicate normalmente sono dai 2 ai 50 mg: per la pirroluria di 20 mg. Il fabbisogno statistico di un adulto sano è tra 25 mg contenuti in alimenti come i fiocchi d¹avena, il frumento integrale, le leguminose, le noccioline, i fagioli, 7.2.4 Vitamina B2 La vitamina B2 (riboflavina) ha tante importanti funzioni nel metabolismo dei carboidrati, lipidi e proteine, ma nel contesto è indicata soprattutto per l¹attivazione della vitamina B6, sostanza chiave per la cura della pirroluria.
Le dosi terapeutiche indicate sono tra i 10 e 100 mg. Per la pirroluria spesso non è un fattore critico, ma conviene garantire almeno il fabbisogno statistico negli adulti sani tra 1.21.8 mg, contenuti in alimenti come il fegato di vitello, il lievito, i funghi, gli spinaci, i prodotti lattici, le uova In casi di rilevante pirroluria, con un¹alta necessità di vitamina B6, aggiungo 2550 mg di vitamina B2 per facilitare l¹attivazione della B6. Non intendo riportare un esempio completo, perché i rari casi che mi sono capitati erano lievi come pirroluria e in concomitanza con altre patologie più rilevanti di prevalenza ³somatica² e meno metabolica. Questi falsificherebbero e complicherebbero didatticamente la faccenda.
Riporto però a titolo indicativo una medicazione e una raccomandazione dietetica per una pirroluria accentuata secondo PFEIFFER. 7.3.1 Medicazione A titolo indicativo, un esempio di medicazione per un paziente con la pirroluria che per il resto non mostra altri disturbi, disordini o patologie (caso ipotetico). mattina mezzogiorno sera prezzo indicativo Vitamina B6 STAUEBLI 300 mg past. 14 02 100/50.- Mangan BURGERSTEIN 15 mg past. 1/2 1/2 Zinkvital BURGERSTEIN 15 mg past. 2 2 ev. Vitamina B2 ALLSAN 50 mg past. 1/2 1/2 100/25.- oppure Multivitamin MIGROS 1 7.3.2 Dieta per la pirroluria L¹aggiunta alimentare di vitamina B6 e Zinco è indispensabile, il manganese evita tendenze spastiche e convulsive, la vitamina B2 migliora l¹utilizzo della vitamina B6. Volendo rispettare un¹alimentazione ricca di questi micronutrienti, una cucina mediterranea potrebbe essere adatta.
L¹allergia cerebrale è in pratica un¹allergia alimentare che non mostra necessariamente evidenti sintomi di allergie cutanee o intestinali, ma si manifesta piuttosto con dei sintomi ³psichici², perché disturba prevalentemente o anche il metabolismo cerebrale. 8.3 Esempio di allergia cerebrale 8.1 Sintomi Degli indicatori per delle allergie cerebrali si trovano spesso nei seguenti complessi di sintomi:
8.2 Terapia La terapia è basata su due pilastri: - Trovare ed evitare l¹alimento o le sostanze nutritive intollerate. - Abbassare la sensibilità per via di processi allergici sistemici.
Il primo pilastro si indirizza verso una dieta a eliminazione, il secondo con una gamma di sostanze che aumentano la tolleranza sistemica per gli allergeni in generale e del cervello in modo specifico: - Metionina 500 mg mattina e sera. - Vit. B6: 3002000! mg alla mattina (fino al ricordo dei sogni). - Calcio: 500 mg mattina e sera. - Zinco: 15 mg mattina e sera. - Vit. C: 12 g mattina e sera. - Manganese: 10 mg mattina e sera.
È evidente che i processi allergici sono strettamente connessi con la produzione istaminica e quindi si notano spesso anche dei sintomi di una istadelia e/o di pirroluria (perdita di vitamina B6 e Zn) in pazienti afflitti dall¹allergia cerebrale. 8.2.1 Dieta eliminatoria Per determinare l¹alimento ³allergene² si lasciano via uno dopo l¹altro quelli che contengono le sostanze più sospettate, per almeno 5 giorni. Se si nota un miglioramento, si prosegue, fino a che sono spariti i sintomi (può dur-are fino a 4 settimane). Per confermare il sospetto si riprende l¹alimento per ca. tre giorni per vedere se peggiora di nuovo. Se non si nota un miglioramento dopo 5 giorni, si riprende l¹alimento e si prosegue con la stessa procedura per il prossimo alimento sospetto. Conviene tenere un ³diario dietetico² durante questo periodo, annotandosi la nutrizione, i sintomi e gli orari.
8.2.2 Metionina La metionina è un aminoacido essenziale zolfatato, coinvolto fra l¹altro nella sintesi degli ormoni come l¹epinefrina e la melatonina e direttamente nella forma di SAM (S-Adenosil-Metionina) come neurotrasmettitore cerebrale e dispone di un diretto effetto antiistaminico. È un precursore metabolico della cisteina e della taurina.
Il fabbisogno statistico di persone sane è di ca 13 mg per kg di peso corporeo (1 grammo per un adulto di 77 kg), contenuto in alimenti come il pesce, i volatili, la soia, il manzo, i germogli di frumento, i formaggi, le uova,
A coloro che soffrono di allergie cerebrali, si prescrive ca. un altro grammo di metionina al giorno, combinato con una dose sufficiente di vitamina B6 per compensare la sovraproduzione di omocisteina nonché l¹aumentata perdita di calcio a causa della maggiore acidità dell¹urina.
8.2.2.1 Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina Le controindicazioni sono:
8.2.2.1 Controllo e regolazione dell¹acidità dell¹urina nelle allergie cerebrali. I pazienti che assumono la metionina hanno una tendenza all¹acidosi, anche se ho notato spesso che si trattava di metabolismi costituzionalmente ³alcalinici² che con la metionina raggiungono normali livelli di acido urico.
L¹acidità urinaria è facilmente controllabile e regolabile dal paziente stesso: - Con cartine indicatori p.es. URALYT. - Con sostanze alcaliniche come citrati di diversi minerali (p.es. URALYT, BASICA).
Si misura l¹acidità dell¹urina 3 volte al giorno, tenendo una striscia indicatrice nel getto urinario. Il cambiamento di colore della striscia indica l¹acidità riferita a un valore corrispondente chiamato pH:
I singoli valori variano e devono variare perchè sono l¹espressione di un metabolismo funzionante. Normalmente alla mattina l¹urina è più acida della sera, perché durante la notte il corpo elimina il ³troppo acido². Singoli valori di acidità dell¹urina dicono poco. Ai miei clienti faccio fare le misurazioni per una settimana, al fine di poter determinare il valore medio e le loro deviazioni. In base a questo si può determinare il dosaggio dei citrati. Si somministra (1 cucchiaio da tè corrisponde ca. a 0.4 punti) nel caso in cui (l¹urina tendenzialmente la mattina è più acida, la sera prima). Si va avanti a misurare finché si ha trovato il dosaggio e il momento ideale per una eventuale somministrazione.
8.2.3 Vitamina B6 La vitamina B6 (piridossina) viene assorbita da alimenti e trasformata nella forma attiva di coenzima piridossal-5-fosfato (PLP). L¹attivazione richiede uno stato sufficiente di Zn e B2. Fra tante altre funzioni, la vitamina B6 coopera nella sintesi di neurotrasmettitori come la serotonina (con triptofane, B3), dopamina e norepinefrina (noradrenalina). La deficienza (o l¹aumentato fabbisogno) di vitamina B6 nella patologia dell¹allergia cerebrale, richiede la somministrazione di massicce dosi da 300 a 2¹000! mg al dì. Il fabbisogno statistico per persone sane è di 1.62 mg al giorno, contenuto nel fegato di vitello, patate, banane, lenticchie, lievito, pesci d¹acqua dolce, spinaci. Le dosi terapeutiche indicate da Werbach (1990) sono da 10 a 200 mg. PFEIFFER cita per l¹allergia cerebrale dosi tra 300 e 2¹000! mg per dì. Dosi < 500 mg per lunghi periodi per delle persone che non hanno altri disturbi, senza effetti collaterali. Per delle dosi alte in pirroluria è eventualmente da considerare la somministrazione della parte eccedente i 500 mg in forma di PLP. È meglio non somministrare alla sera la vitamina B6, perché in certe persone può disturbare il sonno. Poiché nell¹allergia cerebrale non si conosce l¹entità della perdita di vitamina B6, si determina il dosaggio adatto con un semplice metodo: si aumenta la dose di giorno in giorno fino a che si ricordano i sogni. È indicato di osservare cautamente eventuali sintomi collaterali neurologici (medico). 8.2.4 Calcio Il calcio per la sua funzione fisiologica regola (tramite regolazione basale) anche la trasmissione di segnali tra le cellule nervose (la sua mancanza rende ipersensibili) e nel medesimo tempo è un rilevante antiistaminico. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 8001¹200 mg per dì, contenuto in alimenti come tutti i prodotti lattici, soprattutto il formaggio duro. Il contenuto di calcio nella verdura, legumi e cereali dipende dal suolo sul quale il prodotto viene coltivato. In Ticino, sono poche le regioni calcaree e quindi anche l¹acqua e i prodotti agrari del posto (salvo i latticini) sono scarsi di calcio. Secondo la mia esperienza, ci sono dei deficit endemici nella popolazione e lo devo prescrivere spesso (specie a chi non sopporta bene i prodotti lattici). A coloro che soffrono di allergia cerebrale indico secondo le loro abitudini nutritive da 1 a 1.5 g di calcio al dì, da assumere a lungo termine come preparato della ditta BURGERSTEIN ³Dolomit² ( che contiene anche 1/3 di magnesio) e per attacchi acuti Calzium-Sandoz effervescente che ha un effetto immediato.
In piccola parte serve anche a compensare l¹aumentata perdita di calcio dovuta alla maggiore acidità dell¹urina causata dalla somministrazione di metionina.
L¹opinione che la somministrazione di calcio promuovi la formazione di calcoli renali e/o arteriosclerosi è stata sfatata già tanti anni fa da uno studio epidemiologico statunitense, ma resiste purtroppo in tante persone. 8.2.5 Zinco Lo zinco è coinvolto in centinaia di funzioni metaboliche in tutto l¹organismo. Nel contesto incide soprattutto per l¹attivazione della vitamina B6, ma anche per il metabolismo di diversi ormoni glandotropi e tessutali.
Le dosi terapeutiche indicate sono da 20 a 100 mg. Per le allergie cerebrali prescrivo ca. 30 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 1215 mg al dì contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, 8.2.6 Vitamina C La vitamina C è coinvolta in tantissimi processi metabolici e può essere sintetizzata da quasi tutti gli animali. I primati, l¹uomo e i criceti non dispongono di questa capacità, perché è andato perso nella loro evoluzione il gene che comanda la produzione di un enzima, il quale media la sua sintesi. Quindi deve essere somministrata tramite gli alimenti.
Nel contesto, la vitamina C è coinvolta nel controllo del tasso istaminico e nella produzione di due neurotrasmettitori: norepinefrina (noradrenalina) e serotonina.
Le dosi terapeutiche indicate sono tra 50 e 10¹000 mg, per le allergie cerebrali da 1¹000 a 2¹000 mg (12 grammi). Il fabbisogno statistico di persone sane è di 6075 mg al dì, contenuti in alimenti come la frutta, la verdura e i legumi.
Il riassorbimento di vitamina C diminuisce quando è somministrata in alte dosi. Per esempio dei 1¹500 mg giornalmente somministrati, il corpo assorbe ca. 800 mg; meglio se ripartiti sulla giornata.
L¹organismo riesce a immagazzinare fino a 5 grammi (200 mg di somministrazione giornaliera) e quindi i prodotti a effetto ritardato servono solo a incrementare le vendite e a far aumentare i guadagni dei produttori.
La forma più economica è la polvere di ascorbato sciolta, reperibile a basso prezzo in farmacia come: - Acido ascorbinico asproforma ³normale², aggiungibile a bevande. - Ascorbato di sodio salato: prescrivo ai ³dispeptici² e ai pazienti con mucose o flora intestinale lesa. - Ascorbato di calcio amaro: lo prescrivo a chi ha un forte bisogno di calcio (osteoporosi, allergie). LLe persone sane che si nutrono ³normalmente² non hanno bisogno di assumere la vitamina C, perché viene aggiunta in forma di acido ascorbinico a tanti alimenti ³industriali² trattandosi di un ottimo conservante innocuo e a buon mercato. Se occorre l¹aggiunta di vitamina C per motivi che richiedono anche l¹aggiunta di calcio, la prescrivo volentieri come ascorbato di calcio, diminuendo così la dose di calcio. 8.2.7 Manganese Il manganese, tra le altre funzioni, è coinvolto nella modulazione di neurotrasmettitori, per esempio, facilita la trasmissione di impulsi nervosi alle cellule muscolari. Visto che degli stati spastici e convulsivi accompagnano spesso le allergie cerebrali, conviene usare il manganese per alleviare questi sintomi.
Le dosi terapeutiche indicate sono da 2 a 50 mg, per le allergie cerebrali 20 mg. Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di 25 mg contenuti in alimenti come fiocchi d¹avena, frumento integrale, leguminose, noccioline, fagioli,
8.3 Esempio di allergia cerebrale Riporto come esempio didattico il caso di un 50-enne padre di famiglia, occupato in una piccola azienda come dipendente e capo squadra. Accusa dei sintomi psichici come l¹iperattività, l¹umore instabile, l¹impazienza, l¹irascibilità, la confusione, le paranoie, le ansie e le idee ripetitive combinati con diversi sintomi somatici del tipo crampi e allergie. Combatte questi disturbi con scarso successo e sporadicamente usando calmanti, ansiolitici, sonniferi, ricostituenti in parte proposti dal medico di condotta ³qualche anno fa². Durante l¹anamnesi noto anche degli atteggiamenti piagnucolosi, in contrasto ad altri maniacali/megalomani. Il coinvolgimento del ³suo medico² in questo caso era illusorio, perché si rivolge a diversi terapisti per trovare la ricetta che modifichi la sua vita quando si trova in una ³fase acuta². 8.3.2 Comunicazione al cliente 8.3.1 Diagnosi L¹anamnesi tipo rivela un¹elevata incidenza alle allergie alimentari e un¹inclinazione all¹istadelia.
8.3.2 Comunicazione al paziente In questo caso mi sono deciso di lavorare sui tre livelli: - Consiglio di rivedere la sua situazione professionale-sociale con l¹aiuto di un professionista psico-sociale, perché mi sembrava di notare situazioni conflittuali, non chiare e malgestite. - Considerando anche la dimensione metabolica, propongo la ³ricerca di alimenti per lui allergeni² tramite una dieta per esclusione che ho scrupolosamente spiegato e documentato. - Visto che questo può durare a lungo, propongo nel frattempo la somministrazione di micronutrienti atti ad ammorbidire i suoi sintomi psichici e somatici. Come era da aspettarsi, l¹idea della ³polverina magica² risulta convincente, mentre le altre due proposte vennero prese in considerazione più per cortesia che per convinzione e come medico ho da rispettare (anche se con tanta malavoglia) l¹²habeas corpus² del mio cliente. Come disse mia nonna curatrice: ³Si può portare l¹asino alla fontana, ma bere deve farlo da solo.² Mi sono poi sbagliato nel pregiudizio per i consigli dietetici e psicoterapeutici. Ha scoperto abbastanza in fretta una sua allergia ai funghi ³in ogni salsa². Con un buon amico più anziano ha poi discusso il suo comportamento e la sua situazione. 8.3.3 Medicazione Vista la situazione e le (non) intenzioni del mio cliente, mi sono deciso a trattare paliativamente l¹allergia e ad affrontare contemporaneamente i sintomi ³istadelici². Perché si tratta tutto sommato di una gamma di sostanze, ho preferito raggruppare quelle incisive in una ricetta e farle preparare dal mio farmacista. mattina sera Rp. mg mg Calcio forma organica 400 400 Vitamina C: ascorbato di calcio 500 Metionina 500 500 Vitamina B6 500 Zinco in forma organica 15 15 Manganese in forma organica 10 10 * m.f. pulvis tal. dos. XXX ad chartam. S. Ingerire mattina e sera il contenuto di una bustina indicata per ³mattina² risp. ³sera² in un po¹ di acqua tiepida. * Istruzione al farmacista (mescola e fai una polverina di questa dose 30 volte in bustine. Indica ). 8.3.4 Consigli dietetici L¹unico consiglio dietetico che ho dato in questo caso erano le indicazioni esatte per una dieta eliminatoria. Del resto, dopo un breve controllo delle abitudini nutrizionali della famiglia (cucina prevalentemente mediterranea) non ho trovato nessuna particolarità da correggere.
L¹ipoglicemia regolatoria è un¹iper-reattività di ormoni glandotropi coinvolti nel metabolismo del glucosio. Nelle forme gravi induce a dei sintomi psichici anche molto gravi, che assomigliano somaticamente all¹ipoglicemia di un diabetico che si è iniettato erroneamente una dose troppo alta di insulina. Va curata con cromo in una determinata forma organica (GTF: Glucose Tolerance Factor), sostenendo l¹assorbimento con del lievito di birra e accompagnato da zinco e manganese. Per dei casi gravi e a titolo palliativo si usano anche ³psicofarmaci ortomolecolari² come la triptofane, fenilalanina (o tirosina) e vitamina B6.
Un esempio illustrativo per un caso è descritto all¹inizio di questo testo.
9.1 Sintomi Si trovano spesso i sintomi di tendenza depressiva, attacchi di panico, ansia/nervosismo in unione con caratteristiche fisiologiche come esaurimento/debolezza, pressione e temperatura bassa. Anche dei sintomi come i seguenti:
Centrale per la cura dell¹ipoglicemia è la somministrazione di cromo in una specifica forma organica (GTF Glucose Tolerance Factor), sostenuta dalla somministrazione di lievito di birra per migliorare l¹assorbimento intestinale e accompagnata da zinco e manganese e una dieta che tiene in considerazione ³l¹indice di glucosio² degli alimenti, cioè la rapidità di trasformazione di carboidrati in glucosio nel tratto gastrointestinale. - Un cauto e accurato controllo dello stato generale somatico e ³micronutrizionale² (stato minerali, vitaminico, immunitario), dato che questi clienti spesso soffrono anche di altre deficienze (che i medici clinici e i psichiatri spesso non notano o valutano come ³subclinici²). - Visto che tanti ipoglicemici si nutrono prevalentemente di carboidrati, si prescrive spesso un preparato combinato minerale-vitaminico a basso dosaggio e preferibilmente senza rame (antagonista dello zinco). La somministrazione di un preparato di lievito fa lo stesso effetto (combinato con il GTF). Altri minerali spesso critici per gli ipoglicemici sono spesso il potassio (patate e brodo) , il magnesio e nella nostra regione il calcio. La vitamina C per finire migliora l¹assorbimento del cromo. - Importante la stretta collaborazione con il medico e lo psichiatra curante per la coordinazione delle medicazioni cliniche con quelle complementari. - Se necessario, prendere anche un accompagnamento psicoterapeutico professionale, in quanto i disturbi psichici non hanno solo una dimensione metabolica-ormonale-fisiologica, ma anche sociale-relazionale-emotiva che va curata con altrettanta attenzione.
9.2.8 Triptofane per l¹insonnia 9.2.9 Fenilalanina contro le depressioni/il panico 9.2.1 Cromo, lievito di birra, GTF per l¹ipoglicemia Cromo in forma GTF (Glucose Tolerance Factor) ha una funzione centrale nel metabolismo dei carboidrati-glucosio. Non si conosce ancora esattamente il meccanismo, ma pare che catalizzi la reazione tra l¹insulina e il suo specifico ricettore cellulare. Questo spiegherebbe anche perché serve in egual misura sia per l¹ipoglicemia che per i diabetici. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 50200 mcg (microgrammi: 1¹000mcg = 1 mg), contenuto in alimenti come le carne di maiale, i cereali integrali, la melassa nera, il lievito di birra e il pollo. A coloro che soffrono di ipoglicemia si prescrivono 300700 mcg di GTF più 6 g di lievito di birra (saccharomyces cervisiae) al giorno. Il lievito di birra contiene, oltre al GTF, anche tanti altri minerali e le vitamine del complesso B in dosi rilevanti. Con un prodotto controllato (p.es. BURGERSTEIN ³Primärhefe²), del quale si conosce la composizione esatta si può risparmiare il prodotto multiminerale-vitamine. La vitamina C sostiene l¹assorbimento del cromo e viene normalmente aggiunta per questo motivo. 9.2.2 Zinco Lo zinco è coinvolto in dozzine di funzioni metaboliche in tutto l¹organismo. Nel contesto ha delle funzioni nel metabolismo dell¹insulina.
Le dosi terapeutiche indicate sono dai 20 ai 100 mg. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 1215 mg al dì contenuti in alimenti come il fegato, le ostriche, le leguminose, i cereali integrali, le uova, Per gli ipoglicemici prescrivo una dose di 30 mg al giorno. 9.2.3 Manganese Il manganese, tra le altre funzioni, nel contesto è coinvolto nel metabolismo del glucosio e anche nella modulazione di neurotrasmettitori: per esempio facilita la trasmissione di impulsi nervosi alle cellule muscolari. Visto che stati spastici e convulsivi accompagnano spesso l¹ipoglicemia, conviene usare il manganese per alleviare questi sintomi. Le dosi terapeutiche indicate sono da 2 a 50 mg: per l¹ipoglicemia di 20 mg. Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di 25 mg, contenuti in alimenti come i fiocchi d¹avena, il frumento integrale, le leguminose, le noccioline, i fagioli, 9.2.4 Magnesio (ev. calcio) Il magnesio, tra le tante funzioni, è coinvolto nella glicolisi (ritrasformazione di glicogene in glucosio) e nell¹ordinario funzionamento del sistema nervoso e muscolare. Conviene quindi controllare e compensare eventuali deficienze. Vista anche la frequente deficienza di calcio nella nostra regione e il fatto che quest¹ultimo è coinvolto anche nella trasmissione di stimoli nervosi, normalmente prescrivo un preparato combinato Ca/Mg come BURGERSTEIN ³Dolomit². Il fabbisogno statistico di magnesio nelle persone sane è di 280350 mg per dì, contenuto in alimentari come la soia e altre leguminose, cereali integrali, cioccolato, noci e acque minerali ricche di magnesio. Agli ipoglicemici che abitano in Ticino (a causa della mancanza di calcio nel suolo) prescrivo spesso 6 compresse di ³Dolomit² per dì corrispondenti a 720 mg di calcio e 360 mg di magnesio al giorno. 9.2.5 Vitamina C Nel contesto, la vitamina C è coinvolta nella produzione di due neurotrasmettitori: norepinefrina (noradrenalina) e serotonina e facilita l¹assorbimento di cromo nel tratto gastrointestinale. Le dosi terapeutiche indicate sono tra 50 e 10¹000 mg, per l¹ipoglicemia da 1¹0002¹000 mg (12 grammi), normalmente come acido ascorbinico. Il fabbisogno statistico di persone sane è di 6075 mg al dì contenuti in alimenti come la frutta, la verdura e i legumi. 9.2.6 Complesso vitamina B Autori come BURGERSTEIN, ZIMMERMANN, SCHURGAST propongono per l¹ipoglicemia almeno 50 mg di vitamina B1, B3 e B6, probabilmente come palliativo per diversi dei rispettivi sintomi. Personalmente preferisco insistere sulla somministrazione del lievito di birra, che contiene (e a buon mercato) in 6 grammi non solo un approvvigionamento base di vitamine del complesso B, ma anche diversi minerali e aminoacidi. Poi preferisco, secondo il caso e la dieta, ³correggere il tiro² individualmente, se necessario.
9.2.7 Potassio per l¹ipoglicemia Tra le tante funzioni del potassio la sua funzione è rivolta alla trasformazione di glicogene in glucosio. Le dosi minimali per un adulto sano sono stimate a ca. 2 g al dì, la media statistica assunta con gli alimenti è di 23 g, le dosi di prevenzione cardiovascolare da 4 a 5 g. Alimenti ricchi di potassio sono le leguminose, le banane, le patate, il pesce, la carne. La somministrazione di un eccesso di potassio può creare sintomi come aritmie cardiache, debolezza, stanchezza, nausea e diminuzione della pressione. Personalmente lo prescrivo molto raramente e solo dopo aver visto dei valori di laboratorio; parecchio inferiori ai 100mmol/RBC. Questo dato è un indicatore affidabile di mancanza di potassio nei tessuti, la quale ha ben altre conseguenze di quelle che può avere l¹ipoglicemia. 9.2.8 Triptofane per l¹insonnia ipoglicemica Il triptofane è un aminoacido essenziale coinvolto, fra l¹altro, nella sintesi di serotonina (neurotrasmettitore cerebrale). È interessante come l¹organismo riesca a trasformare il triptofane in niacina (vitamina B3). Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di ca. 3.5 mg per kg di peso corporeo (ca. 250 mg per un adulto di 70 kg), contenuto in alimenti come la carne di vitello, i semi e olio di girasole, il tonno, il pollo, il manzo, l¹avena, le uova, i formaggi
Se il sonno è impedito, in caso di ipoglicemia si usa l¹ L-triptofane (500...1000 mg prima di andare a dormire) invece dei soliti sonniferi o calmanti. L¹unica controindicazione è la somministrazione di certi psicofarmaci (come benzoediazepami, inibitori di riciclaggio di serotonina e altri) che non sono compatibili tra di loro. 9.2.9 Fenilalanina o tirosina contro le depressioni e il panico È un aminoacido essenziale coinvolto nella sintesi di molteplici neurotrasmettitori (tiramina, dopamina, norepinefrina, epinefrina) e ormoni (tiroidali) e ha effetti antidolorifici perché inibisce la decomposizione di encefaline. È un concorrente metabolico del triptofane e ha l¹effetto contrario. In forme gravi di ipoglicemia viene usato contro gli stati depressivi e di panico alla mattina perché aumenta notevolmente la resistenza contro lo stress e migliora l¹umore. Per i suoi meccanismi metabolici, non è compatibile con diversi psicofarmaci. Il fabbisogno statistico di un adulto sano è di ca. 14 mg per kg di peso corporeo (ca. 1 grammo per un adulto di 70 kg), contenuto in alimenti come soia, mandorle, pesce, manzo, prodotti lattici, uova. Per le depressioni e il panico ipoglicemico servono solo le forme di L-fenilalanina o di tirosina in dosi da 200 a 8¹000 mg alla mattina a stomaco vuoto. Superfluo dire che vanno prescritti da un professionista addetto. 9.2.10 Consigli dietetici Alimentazione piuttosto scarsa di carboidrati con un indice di glucosio alto, nonché l¹alcool e il caffè. 9.2.10.1Indice glucosio per alimenti scelti 9.2.10.1 Indice del glucosio per gli alimenti scelti La seguente tabella mostra ³l¹indice glucosio² per i diversi alimenti. Un indice alto significa che i carboidrati contenuti nell¹alimento si trasferiscono molto rapidamente nel sangue (ordine di grandezza decine di minuti, in forma di glucosio) mentre un indice basso significa che ciò avviene lentamente (ordine di grandezza ore). Per un ipoglicemico significa che la somministrazione di alimenti con un indice di glucosio basso garantisce un rifornimento lento e costante di glucosio nel sangue ed evita di chiamare una regolazione insulinica smisurata. Si può imparare tanto dai diabetici in merito perché si servono del medesimo meccanismo, gestendo il disturbo contrario. altissimo alto moderato basso bassissimo miele pane int. saraceno pasta noci patate riso nat. avena fagioli soia carote uvette granoturco arance lenticchie pane bianco banane piselli fruttosio cornflakes mele riso normale lattici birra, vino pomodoro zucchero
Sembrano curiosi due fatti: - La pasta ha un indice basso, mentre il pane (fatto dello stesso frumento) ne ha uno altissimo: la pasta è fatta di ³semolino² che nel tratto gastrointestinale si decompone molto più lentamente della finissima farina del pane. L¹ipoglicemico informato preferisce quindi la pasta al pane. - Il saccarosio dello zucchero di rape o di canna, così come del miele hanno un indice altissimo, mentre il fruttosio (apparentemente uguale salvo il prezzo) ne ha uno basso: la trasformazione di fruttosio in glucosio impegna parecchio di più gli enzimi carboidrolitici del tratto gastrointestinale che il saccarosio. Per l¹ipoglicemico conviene quindi la sostituzione.
Si tratta di una signora di ca. 35 anni, di costituzione gracile. Nei periodi in cui non necessita di un soggiorno in una clinica psichiatrica o dai familiari disposti a ospitarla nelle fasi acute dei suoi disagi di ansia, paura e panico che iniziarono durante i suoi studi, essa vive da sola con una rendita di invalidità. Nelle fasi non cliniche è soprattutto curata con rilevanti dosi di benzodiazepine (amplificano gli effetti inibitori dell¹acido gamma-butirico GABA nel sistema nervoso centrale). È seguita regolarmente da un medico e da una psichiatra.
Viene da me in fase di forte ansia, su consiglio dei familiari, durante le vacanze della sua psichiatra (che è irreperibile). Valutando la situazione come critica, dopo un colloquio, suggerisco l¹intervento delle istituzioni psicosociali perché non mi sento all¹altezza di soccorrerla. Dopo un periodo di ospedalizzazione e durante un soggiorno dai familiari, essa si dichiara disposta a provare la seguente procedura di terapia ortomolecolare con il consenso e dopo valutazione delle mie proposte da parte del suo medico. La presa di posizione della sua psichiatra non mi è stata molto chiara; pareva una specie di ³nulla osta². Che esito terapeutico ci si può aspettare da una situazione simile? - In base alla valutazione, sono convinto della presenza di un rilevante disturbo metabolico che con un po¹ di pazienza, riflessione, tentativi, impegno e con degli strumenti abbastanza banali, sarebbero anche rimediabile. - Mi interrogo anche sul ruolo che può avere ³un¹emarginata sociale², finora condizionata a ³povera vittima², alla quale non è mai stata data la possibilità di autogestirsi e che quindi viene gestita dalle istituzioni e dalla famiglia, se si trovasse ³guarita² dai suoi problemi e immersa nella competizione sociale, oppressa da responsabilità che mai aveva avuto e priva delle competenze necessarie per adempierle. - Non le fa forse più paura l¹ignoto che l¹aspetta, piuttosto che le ansie che oramai conosce? - Che motivazione potrebbe avere per affrontare un compito talmente mostruoso con la sua esperienza personale di impotenza e di fallimenti?
Non riesco a immaginarmelo e mi resta il dubbio che sarebbe stato meglio non aver accettato la richiesta, creando forse la base per un¹ulteriore delusione. Mi sono deciso però così, pensando a una frase di Marcuse: ³ la speranza ci è data a favore dei disperati.²
9.3.1 Diagnosi Oltre alla solita visita e anamnesi, ho sottoposto alla cliente le domande del modulo allegato con i seguenti risultati:
9.3.3 Medicazione per l¹ipoglicemia Micronutrienti consigliati: mg mg grassetto: indispensabile; resto secondo abitudini alimentari mattina sera BIOFRID (D-27316 Hoya): Organic cromium GTF 330 mcgr caps. 1 1 BURGERSTEIN: Primärhefe 1 gr compresse 4 4 BURGERSTEIN: Zinkvital 15 mg compresse 1 1 BURGERSTEIN: Mangan 15 mg compresse 0.5 0.5 BURGERSTEIN: Betacarotene 6 mg compresse 1 BURGERSTEIN: Vit. E 400 mg capsule 1 VIT. C effervescente 1 gr compresse 1 ev. BURGERSTEIN Dolomit (Ca/Mg) 200 mg compresse) 3 3
Suggerimenti per la somministrazione di micronutrienti dopo una verifica:
9.3.4 Suggerimenti dietetici per l¹ipoglicemia Suggerimenti dietetici:
Proposta per il muesli mattutino:
10.0 Strumenti di lavoro Come strumento di lavoro principale si usa il modulo di Anamnesi analitica: Tavola anamnestica Download "Anamnesi frequenti disturbi psichici" .pdf
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COS'E' L'OZONO E' un
gas; è composto da molecole di ossigeno che vengono "elettrificate"
attraverso il passaggio in apposite apparecchiature medicali. Da tre
molecole di ossigeno se ne formano due di ozono e mentre l'ossigeno
ha la formula chimica O2, l'ozono ha la formula chimica O3. Per
questa ragione è una molecola molto instabile e la sua efficacia
terapeutica dev'essere garantita da un'immediata inoculazione
rispetto al prelievo dall'apparecchiatura. L'ozono ha un odore
caratteristico, a differenza dell'ossigeno che non ne ha alcuno; ed
è, rispetto a quest'ultimo, irritante e dannoso per le vie
respiratorie e gli occhi. Per questo motivo si deve porre attenzione
a non disperderne nell'ambiente, anche se ciò è molto improbabile;
infatti, nel caso si prelevi con siringa dall'apparecchio,
l'erogazione avviene solo premendo questa sull'apposito valvolino a
tenuta. Una fuoriuscita accidentale può accadere se non si fa
attenzione alla pressione di erogazione, trattenendo lo stantuffo
della siringa, che potrebbe altrimenti essere spinto verso l'alto ed
espellere il gas nell'aria circostante. Per quanto concerne
l'erogazione di ozono su lesioni ulcerose cutanee attraverso
sacchetti a tenuta, la dispersione è evitata dall'azionare appositi
sistemi di aspirazione dell'ozono nello stesso apparecchio che lo
eroga, prima di rimuovere il sacchetto. La CEE ha stabilito che la
concentrazione "tossica" di ozono nell'ambiente è di 0,3 milligrammi
per metro cubo. La percezione olfattiva dell'ozono avviene a
concentrazioni di molto inferiori a questa (0,02 mg/m3) e perfino
una perdita accidentale di piccole quantità di gas è del tutto
innocua e non deve assolutamente allarmare.
L'assurda
possibilità di embolie
La capacità ossidante ed irritante dell'ozono Per
quanto concerne gli effetti irritativi dell'ozono sulle vie
respiratorie e gli occhi, abbiamo già detto che la dispersione
accidentale, se si dispone di apparecchiature a norma e si agisce
con perizia è praticamente impossibile. Per quanto concerne i
presunti effetti tossici dell'ozono qualora iniettato e la
produzione di radicali liberi, occorre dire che le dosi e le
concentrazioni terapeutiche non hanno alcun effetto tossico. In ogni
caso, l'organismo è perfettamente in grado di neutralizzare anche
una certa quantità di radicali che dovessero formarsi, possedendo i
sistemi biologici adatti.
La disidratazione dei dischi intervertebrali Il disco intervertebrale invecchia naturalmente e si disidrata; l'ozono non ha l'effetto della discolisi con chimo papaina e no disidrata il disco. Questo forse sarebbe ipotizzabile con la tecnica intradiscale ma è improbabile perché, iniettato nel disco, l'ozono essendo un gas diffonde subito nelle zone adiacenti. Va detto inoltre che questa tecnica è stata quasi totalmente abbandonata a favore di quella nella zona paravertebrale e paravertebrale profonda lamino-foraminale.
Il semplice effetto antidolorifico, antiinfiammatorio L'ozono agisce sulla causa del dolore e dell'infiammazione e non per via diretta. Vengono strumentalmente indicati questi effetti, dagli scettici e disinformati, per giustificare il miglioramento della sintomatologia. Se l'ozono avesse solo effetti sintomatici palliativi, i sintomi dovrebbero ripresentarsi all'interruzione della terapia; i successi (che superano ampiamente il 90% dei casi trattati di patologie discali erniarie) e le rarissime recidive confermano l'efficacia terapeutica e non semplicemente sintomatica del trattamento.
L'intervento chirurgico per ernia discale è innocuo e privo di rischi Anche questa è l'ennesima leggenda da sfatare. L'intervento chirurgico, per quanto sia bravo l'operatore, presenta i rischi generali dell'anestesia e delle trombosi post-operatorie, nonché i rischi locali legati sia all'azione traumatica sulle strutture vascolo nervose, sia sulla stabilità della colonna, sia per i fenomeni cicatriziali che possono andare a comprimere definitivamente il nervo, anche dopo un anno o più dall'intervento. In caso di intervento di microdiscectomia, i dischi superiore ed inferiore al livello operato vengono sottoposti a carico anomalo e si deteriorano, la colonna si inclina dal lato in cui manca il disco e la scoliosi conseguente causa artrosi, restringimento del canale ed ulteriore dolore che quindi diventa cronico. Possono formarsi anche beccucci artrosici (osteofiti) che causano lombalgie refrattarie a qualunque terapia. In conseguenza di ciò vengono riproposti altri interventi e così si instaura un circolo vizioso con grande sofferenza dei pazienti. Il trattamento con ossigeno ozono (in una bassissima percentuale di casi può essere inefficace ma) NON E' MAI DANNOSO. Per questo motivo, quando è praticabile (e lo è nella stragrande maggioranza dei casi ), è una validissima alternativa all'intervento chirurgico; non è cruento, non è pericoloso, non ha postumi, può essere ripetuto senza problemi e rischi, è ambulatoriale e a paziente sveglio.
COME
SI APPLICA
INCONVENIENTI
TEMPI
DI TERAPIA
RACCOMANDAZIONI
LA
PROPAGANDA MEDIATICA
PROSPETTIVE FUTURE
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Il muscolo piriforme è un muscolo piuttosto sottile, inizialmente è appiattito e poi si trasforma in un ventre dalla forma rotondeggiante. È costituito da tre fasci che originano dal secondo e terzo forame sacrale. È posizionato sia all'interno che all'esterno della pelvi (regione anatomica costituita dalle ossa delle anche, dal sacro e dal coccige). La parte intrapelvica è posizionata contro la parete laterale e ha di fronte il plesso sacrale, i vasi ipogastrici e il retto; la parte extrapelvica decorre fra il margine inferiore del piccolo gluteo posizionato superiormente e i muscoli gemelli e il muscolo otturatore interno che sono invece posizionati inferiormente. Le arterie glutee e il nervo ischiatico possono passare al di sopra o al di sotto del muscolo.
La sindrome del muscolo piriforme è una patologia che provoca un dolore di tipo sciatalgico (alcuni autori la definiscono anche "falsa sciatalgia"). Se fra le cause di tale dolore si possono escludere patologie quali un'ernia del disco, una stenosi lombare, una massa neoplastica o un ematoma a livello dei muscoli ischio-crurali è opportuno effettuare indagini a livello del muscolo piriforme; è possibile infatti che una sofferenza del piriforme (che può essere dovuta ai motivi più svariati) sia il responsabile della dolorabilità sciatalgica. Il primo autore a ipotizzare il ruolo del muscolo piriforme quale causa di dolore di tipo sciatalgico fu W. Yoeman, nel 1928 (The relationship of arthritis of the sacro-iliac joint to sciatica), ma non fu lui, contrariamente a quanto viene riportato in più fonti, a parlare di "sindrome del piriforme" bensì D. Robinson, nel 1947 (Piriformis muscle in relation to sciatic pain. Am J Surg 1947;73;355-8). La sintomatologia causata da questa condizione può derivare dalla compressione del nervo sciatico contro l'arcata ossea del grande forame ischiatico o dalla strozzatura dello stesso nervo nel ventre del muscolo.
L'eziologia della sindrome del muscolo piriforme è multifattoriale;
dai dati presenti in letteratura sembra che la causa più frequente
sia di tipo traumatico; altre cause sono le dismetrie degli arti
inferiori, le miositi del piriforme, gli interventi chirurgici per
l'anca. Sintomi La sintomatologia della sindrome del piriforme è alquanto variegata. Spesso si avverte dolore, talvolta accompagnato da parestesie, al tratto lombare, alla regione dei glutei, nelle zone posteriori della gamba e della coscia e anche alla pianta del piede; altri sintomi che possono comparire sono deficit di tipo motorio, riduzioni della sensibilità in alcune zone degli arti inferiori e gonfiore esteso nella zona che va dal sacro al gran trocantere. La sintomatologia è spesso acutizzata se il soggetto è rimasto a lungo seduto (in particolar modo con il femore intraruotato) oppure se si sono svolte attività sportive o lavorative caratterizzate da notevole intensità (corsa, danza ecc.).
La diagnosi della sindrome del muscolo piriforme viene effettuata,
di norma, attraverso un esame di tipo clinico; talvolta può essere
necessario ricorrere a indagini supplementari (elettromiografia per
valutare la conducibilità nervosa del nervo sciatico, TAC e
risonanza magnetica). Fra i test clinici maggiormente usati per la
diagnosi della patologia in questione ricordiamo il test di Freiberg
e il test di Pace e Nagle. Terapia Esistono diverse modalità di trattamento di questa patologia sia di tipo farmacologico sia di tipo fisico. I trattamenti di tipo farmacologico comprendono l'assunzione orale di farmaci antinfiammatori non steroidei e di farmaci miorilassanti, inoculazione diretta di tossina botulinica di tipo A e iniezioni locali di farmaci anestetici e di corticosteroidi. Le terapie fisiche consigliate sono gli ultrasuoni, i massaggi trasversali profondi e lo stretching, sono inoltre stati effettuati alcuni studi per valutare l'efficacia della tecarterapia nel trattamento della sindrome del piriforme. La ripresa dell'attività sportiva (o lavorativa) deve avvenire in modo graduale. Durante il periodo di trattamento può essere utile, nelle ore di sonno, posizionare un cuscino tra le ginocchia allo scopo di favorire il rilassamento del muscolo.
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Nei salotti chic, sotto l'ombrellone dal parrucchiere
nella lista degli argomenti di conversazione formale lo stato del
nostro intestino è probabilmente all'ultimo posto. Guardiamo in
faccia le cose: la sindrome da intestino irritabile, la stitpsi, i
gas e il cancro al colon non sono argomenti dei quali parleremmo
volentieri eppure, come recita l'antico aforisma : la morte comincia
nel colon. Non ci credete? Domandate a un qualsiasi anatomo-patologo.
Le autopsie dimostrano che in genere nell'80% il colon è ostruito da
materiali di scarto." - Vegetarian Times, Marzo, 1998
Al lavoro o a casa siamo esposti a svariati veleni e
a migliaia di sostanze chimiche, che respiriamo tramite l'aria o
introduciamo nell'organismo tramite il cibo, l'acqua potabile e i
preparati dell'industria farmaceutica, gas, particelle sottili ed
ultrasottili. Per giunta consumiamo molti più zuccheri, cibi
artificialmente trattati , geneticamente manipolati come mai prima
nella storia dell'umanità . Basti pensare che annualmente ogni
essere umano ingurgita dai 5 ai 10 kg di pesticidi (Curl et Al -
Environmental Health Perspectives , 111, 377-382 . 2008). Le tossine e i cibi artificiali "senza vita" causano una cattiva digestione che conduce alla creazione di formazioni tossiche, soprattutto nel colon. Queste sostanze tossiche nell'intestino sono in grado di lacerare la Linea Maginot della flora batterica dell'apparato immunitario difensivo intestinale (Malt e Galt) rendendoci più vulnerabili nei confronti di altri batteri e parassiti, come per esempio la candida.
Quando c'è bisogno di sottoporsi ad un'idrocolonterapia?
Se questa è la prima volta che vi confrontate con
questo tipo d'informazione, probabilmente significa che non vi siete
mai posti il quesito : Vi sentite puliti dentro?
Il colon è la "rete fognaria" del corpo umano" e va mantenuta efficiente!
Il fegato e altri organi abbiano bisogno d'una
regolare pulizia, così come è necessario per una macchina il cambio
del filtro dell'olio.
Se tra tutti quelli elencati qui sotto ne segnalate
uno o più, allora è il momento di disintossicarsi e sottoporvi ad
un'idrocolonterapia
Adesso che sappiamo perchè è così importante la pulizia e la disintossicazione regolare dell'organismo, bisogna sapere anche come possiamo eseguirle in modo adeguato. Ecco un breve riassunto:
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NOTE LEGALI >> |
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